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Consiglio di Stato, Sez. VI, 18/1/2012 n. 174
Sul principio di pubblicità delle gare per i contratti pubblici.

Il principio di pubblicità delle gare per i contratti pubblici è radicato in canoni di diritto comunitario ed interno, costantemente applicati dalla giurisprudenza amministrativa, a norma delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, nonché dell'art. 2, c. 1 del D.Lgs. n. 163/2006, in applicazione dei principi di par condicio dei concorrenti e di trasparenza dell'azione amministrativa. Nella sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 13/11 del 28.7.2011, si chiarisce anche come debba operarsi in seduta pubblica la verifica dell'integrità dei plichi e la presa d'atto del contenuto dei medesimi, con rinvio alla seduta riservata delle valutazioni di natura tecnico-discrezionale. In tale ottica i partecipanti alla gara debbono essere garantiti dal fatto che la documentazione, prodotta in sede di gara, non abbia subito e non possa ulteriormente essere oggetto di manomissioni o alterazioni, ferme restando la successiva disamina delle offerte, da parte della commissione aggiudicatrice, in seduta non pubblica e la concomitante possibilità per i concorrenti di più approfondita conoscenza della documentazione stessa, ove ritenuto necessario, in sede di accesso agli atti, a norma degli artt. 22 e seguenti della l. n. 241/1990. Pertanto, nel caso specie, la procedura non può che ritenersi corretta, non risultando contestato che la commissione abbia in seduta pubblica consentito di verificare l'integrità dei plichi, dato lettura del contenuto degli stessi e siglato, quindi, tutte le buste in modo tale da escluderne la successiva manomissione: nulla di più in effetti, doveva ritenersi richiesto, sia dal bando che dalla normativa - nazionale e comunitaria - di riferimento.

Materia: appalti / disciplina

N. 00174/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5054 del 2011, proposto dalla società Pulitori ed Affini Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Antonio Bertoloni n. 26/B;

 

contro

Universita' degli Studi di Cagliari, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti di

Consorzio Effe Group;

per la riforma della sentenza del T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI, SEZIONE I, n. 00429/2011, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di pulizia degli edifici universitari;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Universita' degli Studi di Cagliari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Brugnoletti e l’avvocato dello Stato Soldani.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Attraverso l’atto di appello in esame (n. 5054/11, notificato il 16.6.2011 e depositato il giorno successivo), la società Pulitori & Affini s.p.a. impugnava la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, sez. I, n. 429/11 del 21.4.2011 (che non risulta notificata), con la quale veniva accolto il ricorso del Consorzio Effe Group avverso l’aggiudicazione, a favore dell’attuale appellante, del contratto di appalto di cui al bando di gara pubblicato su G.U. n. 63 in data 1.6.2007, concernente servizi di pulizia presso gli edifici dell’Università degli Studi di Cagliari, per il triennio 2010/2013, da assegnare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

Nella citata sentenza si ritenevano condivisibili le argomentazioni difensive del consorzio ricorrente, che – classificato al terzo posto per il lotto di Cagliari e al quarto posto per il lotto di Monserrato – aveva prospettato la violazione del principio di pubblicità delle sedute, con conseguente richiesta di annullamento dell’intera procedura di gara. Tale prospettazione era ritenuta fondata, risultando operata dalla Commissione aggiudicatrice, in seduta pubblica, solo l’apertura dei plichi e l’accertamento del relativo contenuto, con successivo esame della documentazione amministrativa, prodotta dalle ditte concorrenti, in seduta non pubblica. Tale procedura era ritenuta contrastante del principio di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, in quanto le uniche operazioni, che avrebbero potuto svolgersi in seduta riservata, sarebbero state quelle inerenti la valutazione tecnico-qualitativa delle offerte.

 

In sede di appello, si eccepiva in primo luogo l’inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse, avendo la ricorrente superato sia la fase di qualificazione successiva alla domanda di partecipazione, sia la successiva verifica dei documenti allegati all’offerta, con conseguente insussistenza di qualsiasi lesione, riconducibile alle modalità di svolgimento della procedura; altra ragione di inammissibilità, inoltre, sarebbe stata individuabile nella omessa impugnazione della disposizione del bando, che prevedeva in seduta pubblica solo l’apertura dei plichi, contenenti la documentazione amministrativa richiesta e l’offerta economica; correttamente pertanto, dopo avere accertato la regolare allegazione di tutti i documenti richiesti, la Commissione si sarebbe riservata la relativa valutazione per una seduta successiva, di cui poteva essere escluso il carattere pubblico.

 

Come risultante dal verbale n. 1 del 16.2.2010, infatti, nella prima seduta la Commissione aggiudicatrice aveva proceduto “esclusivamente all’apertura dei plichi, presentati dalle ditte in gara”, per accertare che i medesimi contenessero “tutta la documentazione richiesta, riservandosi, in un’altra seduta, di verificare la regolarità o meno dei documenti prodotti e di darne, poi, comunicazione alle ditte”. Detti documenti, peraltro, riguardavano non i requisiti di partecipazione richiesti dal bando (già valutati in una prima fase di qualificazione degli aspiranti e non oggetto di contestazione), ma ulteriori allegazioni inerenti alla gara: offerta economica, offerta tecnica e altri atti, specificamente elencati, previsti a garanzia del rapporto da instaurare: (1) presa visione delle condizioni influenti sul prezzo; 2) capitolato sottoscritto per accettazione; 3) dichiarazione di assunzione del personale presente nell’appalto; 4) dichiarazione di avvenuto sopralluogo; 5) impegno a dotare il personale di cartellino di riconoscimento; 6) dichiarazione di accensione di polizza assicurativa in caso di sottoscrizione del contratto; 7) ricevuta dei versamenti del contributo all’Autorità di vigilanza; 8) dichiarazione di avvenuta considerazione degli oneri della sicurezza nella formulazione dell’offerta; 9) cauzione provvisoria; 10) impegno a versare i diritti per il rogito notarile; 11) indicazione del tariffario, per i prezzi da applicare per servizi a chiamata e/o straordinari).

Nel caso di specie la Commissione avrebbe assicurato tutte le garanzie prescritte a tutela della trasparenza, consentendo la pubblica verifica dell’integrità dei plichi, contenenti le offerte, nonché della documentazione nei medesimi contenuta, di cui veniva data lettura.

La richiesta declaratoria di inefficacia del contratto da stipulare con l’impresa aggiudicataria, infine, non potrebbe sortire alcun effetto, in quanto riferita ad atti non ancora esistenti, alla data di notifica del gravame.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene di dover respingere, in primo luogo, le eccezioni preliminari di inammissibilità in precedenza riportate: ove le garanzie da assicurare attraverso la pubblicità fossero state disattese, infatti, la mera ammissione alla gara dell’attuale appellante non avrebbe sanato il vizio, non potendosi escludere che l’aggiudicazione fosse avvenuta a seguito di successiva manipolazione delle offerte; anche l’omessa impugnazione del bando, inoltre, non appare di per sé rilevante, postulandosi nel caso di specie che la pubblicità, prevista nel bando stesso, implicasse anche pubblica valutazione della regolarità dei documenti prodotti (ove fosse questa l’accezione di pubblicità, da ritenere prescritta a livello normativo). Nel merito, tuttavia, detta accezione non appare condivisibile, con conseguente fondatezza dell’appello, peraltro in conformità alle argomentazioni, contenute nella recente sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 13/11 del 28.7.2011.

 

Nella predetta sentenza si ricorda infatti, in primo luogo, come il principio di pubblicità delle gare per i contratti pubblici sia “radicato in canoni di diritto comunitario ed interno, costantemente applicati dalla giurisprudenza amministrativa”, a norma delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, nonché dell’art. 2, comma 1 del D.Lgs. n. 163/2006, in applicazione dei principi di par condicio dei concorrenti e di trasparenza dell’azione amministrativa (cfr. anche, in tal senso, Cons. St., sez. V, 11.1.2006, n. 2820.3.2006, n. 1445, 7.11.2006, n. 6529, 12.11.2009, n. 7042, 13.7.2010, n. 4520).

 

Nella citata sentenza dell’Adunanza Plenaria si affronta in particolare il tema della pubblica apertura di tutti i plichi contenenti l’offerta, ivi compresa quella tecnica (problema, quest’ultimo, non specificamente sollevato in questa sede), ma si chiarisce anche – in senso non conforme alle conclusioni della sentenza appellata – come debba operarsi in seduta pubblica la verifica dell’integrità dei plichi e la presa d’atto del contenuto dei medesimi, con rinvio alla seduta riservata delle valutazioni di natura tecnico-discrezionale. In tale ottica i partecipanti alla gara debbono essere garantiti dal fatto che la documentazione, prodotta in sede di gara, non abbia subito e non possa ulteriormente essere oggetto di manomissioni o alterazioni, ferme restando la successiva disamina delle offerte, da parte della Commissione aggiudicatrice, in seduta non pubblica e la concomitante possibilità per i concorrenti di più approfondita conoscenza della documentazione stessa, ove ritenuto necessario, in sede di accesso agli atti, a norma degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241/1990.

 

Per le ragioni esposte la procedura, espletata nella situazione in esame, non può che ritenersi corretta, non risultando contestato che la Commissione abbia in seduta pubblica consentito di verificare l’integrità dei plichi, dato lettura del contenuto degli stessi e siglato, quindi, tutte le buste in modo tale da escluderne la successiva manomissione: nulla di più in effetti, doveva ritenersi richiesto, sia dal bando che dalla normativa – nazionale e comunitaria – di riferimento.

 

Il Collegio ritiene pertanto, in conclusione, che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della complessità delle valutazioni, riconducibili alla vicenda dedotta in giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto dalla ditta Effe Group.

Compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/01/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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