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Consiglio di Stato, Sez. III, 9/5/2012 n. 2678
Sui prepupposti che devono sussistere ai fini dell'applicabilità dell'interdizione antimafia.

E' vero che l'informativa antimafia rappresenta il punto più avanzato di tutela preventiva dell'ordinamento rispetto ai fenomeni di delinquenza organizzata a carattere mafioso e che per tale sua connotazione di tutela preventiva non può fondarsi che su di un giudizio meramente prognostico dell'autorità prefettizia e che a tal fine non occorre che vengano acquisiti veri e propri mezzi di prova, essendo sufficiente un quadro indiziario d'insieme che, sulla base di una valutazione caratterizzata da un'ampia discrezionalità tecnica, faccia presumere l'esistenza di un condizionamento mafioso. Ma è altresì vero che la necessaria coerenza costituzionale di tale forma avanzata di tutela impone di non prescindere da un riscontro oggettivo dell'intuizione prognostica.
Ciò determina che l'interdizione antimafia non può fondarsi su semplici supposizioni che prescindono da un'oggettiva individuazione di un coerente, ancorché non perfezionato, quadro indiziario.


Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato  in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente                                          

                           

SENTENZA

sul  ricorso  numero  di  registro generale 294 del 2012, proposto da (omissis)    Società   Cooperativa, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Lentini,  con  domicilio  eletto  presso  Giuseppe  Placidi  in Roma,Lungotevere Flamino 46;                                             

contro

  Società   Autostrade Meridionali Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Abbamonte, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Terenzio, 7 c/o R. Titomanlio;                                  

Tangenziale di Napoli Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Abbamonte e Luigi D'Angiolella, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Terenzio, 7 c/o R. Titomanlio;                 Comune  di  Portici,  Comune  di  Sant'Anastasia, Consorzio Nazionale

Cooperative  Produzione  e  Lavoro  "Ciro Menotti" Scpa, Sinergie per costruire

  Società  Cooperativa; U.T.G.  - Prefettura di Napoli, Ministero dell'Interno, rappresentati e  difesi  dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge

in Roma, via dei Portoghesi, 12;                                    

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 05785/2011, resa  tra  le  parti,  concernente REVOCA AGGIUDICAZIONE A SEGUITO DI INFORMATIVA ANTIMAFIA                                               

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                  

Visti  gli  atti  di  costituzione  in giudizio di

                          Società  Autostrade

Meridionali  Spa  e  di  Tangenziale  di  Napoli  Spa  e  di U.T.G. -

Prefettura di Napoli e di Ministero dell'Interno;                   

Viste le memorie difensive;                                         

Visti tutti gli atti della causa;                                    

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;                  

Relatore  nell'udienza 

  pubblica   del  giorno 13 aprile 2012 il Cons. Alessandro  Botto  e  uditi per le parti gli avvocati Lentini, Andrea Abbamonte,  in  sostituzione dell'avv. Giuseppe Abbamonte e dell'avv. D'Angiolella, nonché l'avv. dello Stato Varrone;                    

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.             

 

FATTO

La società cooperativa (OMISSIS) propone appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui sono stati respinti i ricorsi presentati per l'annullamento dell'informativa antimafia del Prefetto di Napoli del 5 ottobre 2010 e della conseguente revoca degli affidamenti di contratti pubblici da parte di alcune stazioni appaltanti (comune di Sant'Anastasia, comune di Portici, Tangenziale di Napoli ed Autostrade Meridionali).

Il TAR adito, dopo aver ordinato incombenti istruttori con ordinanza n. 3968/2011, ha respinto i ricorsi, previa riunione degli stessi, poiché emergerebbero significativi elementi di contiguità con imprese a loro volta interdette, ossia (OMISSIS) ed (OMISSIS), e per l'esattezza:

la presenza di alcuni operai, già dipendenti di (OMISSIS), in rapporti di frequentazione con i fratelli (omissis);

la presenza di un revisore contabile (Pierluigi Pipolo), risultato essere il figlio di (omissis), già consulente fiscale di (OMISSIS) e ritenuto anello di congiunzione con i fratelli (omissis);

il rapporto di subappalto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest'ultima riconducibile ai fratelli Marinelli, segnalati ai fini antimafia).

Ad avviso dell'appellante la sentenza impugnata è meritevole di riforma e all'uopo deduce, innanzitutto, error in judicando, violazione di legge (artt. 2 e 10, comma 8, DPR n. 252/1998), travisamento, omessa pronuncia, motivazione apparente, conclusioni irragionevoli ed incongrue. Infatti, entrambi i gruppi familiari ritenuti fonte di pericolo di infiltrazione criminale non presenterebbero in realtà profili attuali di pericolosità. In particolare, i fratelli Carlo e Guido (omissis) risultano essere stati assolti con formula piena dal Tribunale di Nola fin dal 2004 (e la sentenza è passata in giudicato nel 2005) dal reato di partecipazione al clan Alfieri, peraltro disarticolato sin dal 1994.

Afferma l'appellante che, ai fini interdittivi, la rilevanza di una organizzazione camorristica deve presentare il requisito della idoneità, attuale ed effettiva, del vincolo associativo ad influenzare le iniziative e le decisioni del soggetto condizionato. Ebbene, l'intervenuta assoluzione sopra citata e lo scioglimento del clan Alfieri impedirebbero di individuare nel caso concreto tale potenziale condizionamento.

Quanto, poi, all'indizio consistente nel subappalto stipulato con (OMISSIS), evidenzia l'appellante che il Consiglio di Stato, con ordinanza VI n. 3733/2008, ha sospeso la presupposta informativa antimafia in danno di (OMISSIS) e i consequenziali atti applicativi. Inoltre, fin dal 4 novembre 2008, lo stesso Prefetto di Napoli avrebbe reso informativa liberatoria a favore di (OMISSIS) (oltre che di ITALSUD e degli stessi fratelli Marinelli).

Deduce, poi, l'appellante error in judicando, violazione di legge (artt. 2 e 10, comma 8, DPR n. 252/1998), travisamento, omessa pronuncia, motivazione apparente, conclusioni irragionevoli ed incongrue.

Ed invero, la ritenuta frequentazione tra i dipendenti di (OMISSIS) e i fratelli (omissis) sarebbe in realtà insussistente, non emergendo da alcuno degli accertamenti eseguiti e, quanto alla figura del revisore contabile, il TAR avrebbe addirittura sconfinato nell'amministrazione attiva. Infatti, il Prefetto ha invocato la presunta identità dell'organo di revisione di (OMISSIS) con quello di due società interdette, ritenendo di individuarlo nella figura di O.P. ((omissis)); peraltro, a fronte dell'evidente errore sul punto (in quanto il revisore di (OMISSIS) è Pierluigi Pipolo), il TAR ha confermato la prognosi interdittiva, sostituendo la figura di Pierluigi Pipolo a quella di (omissis), ma in questo modo il giudice di primo grado si sarebbe impropriamente surrogato al Prefetto.

Analogamente, in relazione al subappalto (OMISSIS)(OMISSIS), evidenzia l'appellante come la sopra citata pronuncia del Consiglio di Stato (VI, n. 3733/2008), unitamente alle informative liberatorie, del prefetto smentirebbero per tabulas la rilevanza a fini interdittivi. Infatti, ribadisce l'appellante, il tentativo di condizionamento mafioso dovrebbe scaturire da fatti oggettivi e non da mere congetture non suffragate da riscontri.

Quale terzo motivo di impugnazione, la società appellante deduce error in judicando, violazione di legge (artt. 2 e 10 DPR n. 252/1998 anche in relazione all'art. 91, comma 6, d.l. n. 159/2011), difetto dei presupposti, violazione dei principi nella valutazione della prova indiziaria (artt. 2727 e 2729 c.c.).

In proposito, afferma l'appellante che nella sentenza impugnata viene richiamata una "linea di continuità della gestione imprenditoriale" e un "quadro complessivo di opacità della gestione societaria e delle relazioni imprenditoriali" per pretesi collegamenti con imprese sospette ((OMISSIS) COSTRUZIONI, (OMISSIS) e (OMISSIS) SRL), ma anche queste affermazioni sarebbero delle semplici notazioni di colore prive di aggancio a fatti concreti.

Infatti, del tutto arbitrario sarebbe il tentativo di valorizzare il subappalto (OMISSIS)(OMISSIS) per i lavori sull'autostrada A3 (NapoliSalerno), atteso che il Consiglio di Stato, come più volte evidenziato, ha sospeso l'interdittiva antimafia nei confronti di (OMISSIS) (ordinanza VI, n. 3733/2008). Inoltre, non potrebbe comunque ravvisarsi un elemento sintomatico di infiltrazione mafiosa in un solo subappalto con un'impresa interdetta, specialmente ove il subappalto sia stato subito reciso da (OMISSIS) (per essere, poi, ripristinato dalla pronuncia cautelare del Consiglio di Stato, più volte richiamata).

Quanto alle asserite cointeressenze tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), afferma l'appellante, innanzitutto, che (OMISSIS) è estinta dal 3 giugno 2009 e che gli stessi organi ispettivi non hanno mai ritenuto che (OMISSIS) fosse riferibile ai fratelli Carlo e Guido (omissis) (sospettati nel 2004 di essere titolari effettivi di (OMISSIS) e di (OMISSIS)).

Né il prefetto di Napoli avrebbe mai invocato, a sostegno delle rassegnate conclusioni interdittive, il particolare contesto ambientale quale autonoma fonte di condizionamento mafioso, come invece ritenuto dal TAR. Secondo l'appellante, l'oggetto dell'indagine non potrebbe mai prescindere dal concreto modo di essere della singola impresa e il richiamo del contesto ambientale potrebbe rivelarsi una inaffidabile scorciatoia per colmare il deficit di prova.

Infine, rileva la società appellante che non sarebbe possibile individuare una propria presunta derivazione da (OMISSIS), dal momento che la stessa Prefettura di Napoli, in prosieguo, ha indirizzato a quest'ultima società una semplice informativa supplementare, senza efficacia interdittiva (oggi, oltretutto, abrogata dal nuovo codice antimafia).

La società appellante, poi, ripropone i motivi di censura proposti in primo grado e disattesi dal TAR:

1. violazione di legge (art. 4 D.LGS. n. 490/1994 - art. 10, comma 7, DPR 252/1998), violazione del canone dell'attualità, eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, travisamento, deficit istruttorio, motivazione apparente, sviamento, arbitrarietà);

2. violazione di legge (art. 4 D.LGS. n. 490/1994 - art. 10, comma 7, DPR 252/1998), violazione del canone dell'attualità, eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, travisamento, deficit istruttorio, motivazione apparente, sviamento, arbitrarietà);

3. violazione di legge (art. 4 D.LGS. n. 490/1994 - art. 10, comma 7, DPR 252/1998), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, travisamento, deficit istruttorio, illogicità manifesta, contraddittorietà)

4. violazione di legge (art. 4 D.LGS. n. 490/1994 - art. 10, comma 7, DPR 252/1998), violazione del canone dell'attualità, eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, travisamento, deficit istruttorio, motivazione apparente, sviamento, arbitrarietà).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno e la PrefetturaUTG di Napoli per resistere all'appello proposto. Essi evidenziano che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva che prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti destinatari ed è espressione di ampia discrezionalità sulla base di elementi che non vanno considerati (omissis)ratamente, quanto piuttosto nell'ambito di un quadro indiziario complessivo, dal quale possa evincersi l'attendibile esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Ebbene, il giudice di primo grado avrebbe effettuato le proprie valutazioni in piena coerenza con i predetti principi; in particolare, quanto ai rapporti con le società (OMISSIS) e ITALOCSTRUZIONI, le informative a suo tempo emanate nei loro confronti non si sarebbero fondate solo sul provvedimento di custodia cautelare a carico dei fratelli (omissis) (nell'ambito del procedimento penale poi conclusosi con la loro assoluzione), ma su di una serie di circostanze che avrebbero denotato con chiarezza la fortissima ingerenza di un importante sodalizio criminale sulle stesse. Decisivo, poi, sarebbe quanto accertato a carico di (OMISSIS), che ha iniziato ad operare nel 2005 (ossia in epoca di poco successiva alla interdittive che avevano raggiunto (OMISSIS) e ITALCOSTRUZIONI): essa, infatti, avrebbe assorbito una parte delle maestranze delle predette società e una parte considerevole dei mezzi dalle stesse utilizzati.

Aggiungono le amministrazioni appellate che, se è pur vero che la (OMISSIS) risulta estinta dal 2009, cionondimeno dalla relazione di accesso della DIA del 9 giugno 2010 sarebbe emerso che è stata riscontrata la presenza di tale società nel cantiere costituito per lavori affidati alla società appellata (recte: appellante).

In sostanza, ci si troverebbe di fronte ad elementi che, isolatamente presi, non giustificherebbero forse l'adozione dell'informativa, ma che collocati nel più ampio contesto in esame, sarebbero sufficienti a corroborare la prognosi interdittiva adottata.

Quanto, poi, al subappalto con (OMISSIS), osserva la Difesa erariale che l'ordinanza n. 3733/2008 ebbe sì a sospendere l'esecutività dell'informativa riguardante (OMISSIS), ma ciò sulla base dell'esigenza di effettuare alcuni approfondimenti nella sede di merito relativamente ad aspetti di particolare delicatezza e in ragione di circostanze sopravvenute. Inoltre, tale società sarebbe riconducibile ad un nucleo familiare che vede alcuni suoi componenti coinvolti in procedimenti penali di criminalità organizzata, mentre alcuni suoi soci e amministratori presentano precedenti per riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita; a ciò occorre aggiungere che lo stesso nucleo familiare controlla altre società (CAVE MARINELLI srl ed EDIL CALCESTRUZZI) raggiunte da interdittive antimafia e che controllano ciascuna il 50% del capitale di (OMISSIS).

Tutto ciò denoterebbe, come affermato dal TAR, un'opacità della gestione societaria, che non costituirebbe, quindi, una mera notazione di colore.

Con memoria la società appellante insiste nelle proprie argomentazioni, evidenziando che il personale proveniente dalla (OMISSIS) (sette unità, su un organico di settanta) rientrerebbe nel novero del personale specializzato per i lavori stradali, mentre per quanto concerne i mezzi, si tratterebbe di un solo contratto di nolo a freddo per un escavatore cingolato nell'ambito di un parco mezzi di oltre venti unità, tra macchine ed escavatrici.

In ordine, poi, alla pretesa ultrattività di (OMISSIS) dopo la sua estinzione, osserva l'appellante che nessun accertamento contemplerebbe la presenza della stessa società in un proprio cantiere, atteso che la citata relazione DIA del 9 giugno 2010 farebbe riferimento ad un precedente accesso sulla A3 in data 7 giugno 2004, ma in un cantiere gestito dalla stessa (OMISSIS).

Da ultimo, la società appellante evidenzia che, in sede di riesame della posizione di (OMISSIS) dopo la più volte richiamata ordinanza del Consiglio di Stato del 15 luglio 2008, il Prefetto di Salerno ha affermato che "allo stato non si ravvisano elementi che lascino presumere tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare scelte e indirizzi", con conseguente rilascio di informazione antimafia liberatoria.

Si sono altresì costituite in giudizio la Tangenziale di Napoli spa e la società Autostrade Meridionali p.a., entrambe per chiedere la reiezione dell'appello.

All'odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

 

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l'appello sia fondato e, pertanto, debba essere accolto, con conseguente riforma della sentenza di primo grado.

E’ vero che l'informativa antimafia rappresenta il punto più avanzato di tutela preventiva dell'ordinamento rispetto ai fenomeni di delinquenza organizzata a carattere mafioso e che per tale sua connotazione di tutela preventiva non può fondarsi che su di un giudizio meramente prognostico dell'autorità prefettizia e che a tal fine non occorre che vengano acquisiti veri e propri mezzi di prova, essendo sufficiente un quadro indiziario d'insieme che, sulla base di una valutazione caratterizzata da un'ampia discrezionalità tecnica, faccia presumere l'esistenza di un condizionamento mafioso. Ma è altresì vero che la necessaria coerenza costituzionale di tale forma avanzata di tutela impone di non prescindere da un riscontro oggettivo dell'intuizione prognostica.

Ciò determina che l'interdizione antimafia non può fondarsi su semplici supposizioni che prescindono da un'oggettiva individuazione di un coerente, ancorché non perfezionato, quadro indiziario.

Orbene, nel caso di specie il Prefetto di Napoli ha fondato la sua valutazione a carico della società odierna appellante sulle risultanze della relazione DIA del 9 giugno 2010 (richiamata nel verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia del 22 luglio 2010), la quale a sua volta aveva evidenziato l'esistenza di rapporti di cointeressenza tra la società (OMISSIS) e le società (OMISSIS) e, (OMISSIS) entrambe gravate da interdittiva antimafia del 18 novembre 2004 e riconducibili alla famiglia (omissis), che ha avuto contatti con esponenti della criminalità organizzata.

Al riguardo occorre evidenziare come le interdittive antimafia che hanno raggiunto le società (OMISSIS) e (OMISSIS) , risalgono al 2004, ossia a circa sei anni prima rispetto al provvedimento di cui si discute in questa sede. Pertanto, se tale presupposto ben poteva giustificare l'attivazione di un penetrante monitoraggio a carico della odierna appellata, non v'è chi non veda come l'Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad un aggiornamento delle informative del 2004, al fine di verificare la perdurante esistenza delle condizioni a suo tempo ritenute sussistenti.

A parte ciò, risulta acclarato in sede di giudizio che i fratelli Carlo e Guido (omissis) sono stati assolti con formula piena (con sentenza definitiva) dalla contestata partecipazione ad un noto clan camorristico e tale decisione del giudice penale non poteva non essere tenuta in considerazione dall'Amministrazione prefettizia, non nel senso di impedire l'emissione di una prognosi interdittiva nel caso di specie, ma di obbligare ad arricchire l'indagine di più penetranti elementi a riscontro del paventato pericolo di infiltrazione criminosa.

In altre parole, l'accertamento giurisdizionale in ordine alla estraneità dei fratelli (omissis) al clan camorristico di cui erano considerati sodali inevitabilmente riverbera efficacia sulla valutazione prefettizia di condizionamento da parte della criminalità organizzata delle società di loro riferimento, con conseguente necessità di ulteriori e maggiori approfondimenti istruttori al fine di individuare il pericolo di infiltrazione mafiosa nell'ambito di tali compagini societarie, che pur collocandosi su di un terreno diverso da quello dell'accertamento giurisdizionale in sede penale, rimane comunque a questo contiguo e, comunque, non del tutto estraneo allo stesso.

Quanto, poi, alla figura del revisore contabile, appare evidente come il riferimento ad (omissis), già consulente fiscale di (OMISSIS) e di (OMISSIS)ed asserito anello di congiunzione con gli interessi del gruppo in esame, fosse inesatto, dal momento che revisore contabile di (OMISSIS) è Pierluigi Pipolo Ed anche se quest'ultimo è risultato essere il figlio del primo, l'errata individuazione avrebbe dovuto anche in questo caso comportare maggiori approfondimenti istruttori, onde verificare se la presenza di Pierluigi Pipolo, anziché di (omissis), potesse rappresentare comunque un elemento di connessione con gli interessi del gruppo (omissis).

Resta da valutare l'elemento dell'acquisizione di un gruppo di dipendenti da (OMISSIS)(OMISSIS)(pari a sette unità, ossia circa il 10% della forza lavoro della società appellante), che potrebbe configurare, nell'ambito di un contesto ambientale caratterizzato dalla presenza pervasiva della criminalità organizzata, un elemento di possibile contiguità tra le due società . Peraltro, tale elemento, di per sé, non appare sufficiente per denotare un rapporto di contiguità tra le due società in questione e necessita di essere arricchito di ulteriori elementi istruttori, onde verificare se si tratti della semplice acquisizione di personale specializzato oppure della (per così dire) colonizzazione della impresa appellante da parte dell'altra società .

La presenza, poi, di un solo mezzo proveniente da (OMISSIS)(OMISSIS)(circostanza riferita dall'appellante e non contraddetta da controparte) nel parco veicoli di (OMISSIS), di per sé, appare circostanza irrilevante, se non inserita nell'ambito di un contesto che, anche sotto il profilo in esame, meriterebbe ulteriori approfondimenti.

Da ultimo, quanto al subappalto intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS), è sufficiente evidenziare come il Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 3733/2008 (citata più volte nella parte in fatto), abbia sospeso l'interdittiva antimafia a carico di quest'ultima società e, in sede di riesame da parte dell'Amministrazione prefettizia, sia stata addirittura rilasciata informativa antimafia liberatoria, non ravvisandosi elementi che lasciano presumere tentativi di infiltrazione mafiosa al riguardo.

Quest'ultima determinazione finisce con l'indebolire ulteriormente il quadro indiziario a carico di (OMISSIS), poiché viene in sostanza a sterilizzare la possibilità di utilizzare il subappalto stipulato con (OMISSIS) al fine di individuare ulteriori forme di contiguità con centri permeati da attività criminali di stampo mafioso.

Alla luce delle suesposte argomentazioni occorre, pertanto, accogliere l'appello in esame poiché fa difetto un idoneo quadro indiziario in ordine al paventato pericolo di inquinamento camorristico, ed annullare quindi, in riforma della sentenza di primo grado, i provvedimenti impugnati (interdittiva antimafia e conseguenti revoche degli affidamenti contrattuali)..

Resta ovviamente salva ed impregiudicata la possibilità per l'Amministrazione prefettizia di riesaminare funditus la situazione dell'odierna appellante, anche alla luce delle considerazioni svolte in questa sede, onde valutare se in effetti possa configurarsi quel tentativo di penetrazione da parte della criminalità organizzata che, allo stato, non appare sufficientemente delineato.

Giustificati motivi consentono di compensare tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla i provvedimenti originariamente impugnati.

Spese compensate dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Alessandro Botto, Consigliere, Estensore

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

IL 09 MAG. 2012

 

 

 

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