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Consiglio di Stato, Sez. VI, 29/5/2012 n. 3200
Sul potere dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di rilevare la pertinenza della notizia segnalata dalle stazioni appaltanti al fine di evitare il cosiddetto falso innocuo.

Sui presupposti richiesti ai fini dell'iscrizione nel casellario informatico.

L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici quando viene a conoscenza del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante e dell'eventuale dichiarazione non veritiera resa dall'operatore economico - procede alla puntuale e completa annotazione dei contenuti nel casellario informatico, "salvo il caso che consti l'inesistenza in punto di fatto dei presupposti o comunque l'inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante". Il potere dell'Autorità, però, è esclusivamente quello di rilevare la "pertinenza della notizia segnalata dalle stazioni appaltanti" al fine di evitare "il cosiddetto falso innocuo, cioè la falsa dichiarazione su fatti e circostanze irrilevanti ai fini della assegnazione della gara".

L'art. 4 del d.l. n. 70/2011 - oltre ad avere modificato l'art. 38, c. 1, lett. g), stabilendo che le violazioni ivi indicate devono essere gravi - ha introdotto il c. 1-ter nell'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede che l'Autorità dispone l'iscrizione soltanto se ritiene che la falsa dichiarazione (o falsa documentazione) sia stata resa con dolo o colpa grave "in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione". La nuova previsione - cambiando la natura dei poteri di verifica dell'Autorità mediante una chiara e netta differenziazione tra requisiti di partecipazione alle procedure di gara e presupposti richiesti ai fini dell'iscrizione nel casellario informatico - ha confermato che prima di tale modifica il potere dell'Autorità avesse una portata limitata.

Materia: appalti / Autorità Nazionale Anticorruzione

N. 03200/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8063 del 2009, proposto da Cilis Coop Interpreti di Lingua dei Segni Italiana s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso l’avvocato Giancarlo Viglione in Roma, via Lungotevere dei Mellini, 17;

 

contro

Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e fornitura, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi Onlus -Ens, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Fusillo e Fabrizio Pulino, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale delle Milizie, 22;

per la riforma

della sentenza 27 maggio 2009, n. 5284 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, Sezione III.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Ventrella, gli avvocati Clarizia, per delega dell’avvocato Viglione, e Fusillo.

 

FATTO e DIRITTO

1.– La Cooperativa C.I.L.I.S. (d’ora innanzi Cooperativa), in data 12 settembre 2007, ha presentato domanda di partecipazione alla gara d’appalto indetta dalla Provincia di Palermo per l’affidamento dei servizi di assistenza alla comunicazione di alunni audiolesi nell’ambito degli Istituti superiori di secondo grado.

La stazione appaltante – dopo avere, con atto del 20 settembre 2007, aggiudicato l’appalto alla Cooperativa – ha, con provvedimento del 14 novembre 2007, annullato in via di autotutela l’aggiudicazione per accertate irregolarità in materia contributiva e di imposte e tasse.

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (d’ora innanzi Autorità) – su segnalazione del 28 novembre 2007 dell’amministrazione – ha inserito nel casellario informatico, con atto del 3 marzo 2008, la notizia relativa all’annullamento dell’aggiudicazione per falsa dichiarazione relative alle suindicate irregolarità.

A seguito della proposizione di istanza di revoca, l’Autorità, con atto del 17 luglio 2008, ha confermato l’annotazione disposta, rilevando, per quanto interessa in questa sede, che la somma dovuta per il mancato pagamento di obbligazioni tributarie fosse pari ad euro 9.692,09. Gli «gli sgravi fiscali» sarebbero avvenuti, infatti, il 3 e il 12 dicembre 2007 e dunque successivamente al momento di presentazione della domanda. Nel provvedimento si aggiunge che risulterebbero comunque «degli importi non sgravati (euro 1.335,85; euro 495,20 ed euro 137,03)» oggetto di pagamento diretto da parte della Società in data 1° febbraio 2008. L’Autorità ha, invece, modificato la precedente determinazione nella parte in cui aveva inserito nel casellario anche il dato relativo alle irregolarità in materia contributiva, accertate inesistenti.

La Cooperativa ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, la predetta delibera.

1.1.– Il Tar, con sentenza del 27 maggio 2009, n. 5284, ha rigettato il ricorso rilevando, da un lato, che, anche volere considerare soltanto gli importi non sgravati, gli stessi giustificherebbero comunque l’annotazione non rilevando, alla luce della normativa del settore, che si tratti di soli interessi e di una irregolarità non grave.

2.– La Cooperativa ha proposto, con il ricorso indicato in epigrafe, appello avverso la predetta sentenza per il motivo indicato nel prosieguo.

2.1.– Si è costituita in giudizio l’Autorità chiedendo il rigetto del ricorso.

2.2.– Si è costituito anche l’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi Onlus, che aveva proposto intervento ad opponendum nel giudizio di primo grado, rilevando la infondatezza del gravame.

3.– L’appello non è fondato.

4.– Con un unico motivo l’appellante rileva la erroneità della sentenza atteso che, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, erano dovuti soltanto interessi moratori e che la somma ancora da corrispondere fosse in ogni caso esigua. In particolare, si rileva che l’Agenzia delle entrate competente, con atto acquisito al processo, del 27 febbraio 2009, ha affermato che il carico pendente fosse rappresentato soltanto da interessi moratori e che risulterebbero non pagate le somme, riferiti a periodi diversi, di euro 743,49 e 1.196,14.

L’analisi del motivo prospettato presuppone che si riporti: i) la normativa rilevante attributiva del potere all’Autorità; ii) l’interpretazione che di tale normativa è stata data dalla stessa Autorità e dalla giurisprudenza d questo Consiglio; iii) la valutazione della fattispecie in esame alla luce del quadro normativo così come interpretato.

4.1.– L’art. 7, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) prevede che presso l’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture è istituito un casellario informatico le cui modalità di funzionamento sono disciplinate dal regolamento di attuazione del codice.

Nelle more di approvazione del predetto regolamento ha trovato applicazione l’art. 27 del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell’articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), vigente ratione temporis, il quale stabilisce che il casellario informatico è formato, tra l’altro, «sulla base delle attestazioni trasmesse dalle SOA (…) e delle comunicazioni delle stazioni appaltanti». Nel predetto casellario sono inseriti in via informatica per ogni impresa qualificata i dati, tra l’altro, relativi ad «eventuali falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara» (lettera s; si veda, ora, art. 8 del d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207, recante «Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163»).

L’art. 38, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede, inoltre, sempre nella versione vigente all’epoca dei fatti, che sono esclusi dalla partecipazione, tra gli altri, «coloro che nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio».

4.2.– Con la determinazione del 10 gennaio 2008, n. 1, il cui contenuto è stato ribadito nella successiva determinazione del 21 maggio 2009, n. 5, l’Autorità ha affermato che – quando viene a conoscenza del provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante e dell’eventuale dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico – procede alla puntuale e completa annotazione dei contenuti nel casellario informatico, «salvo il caso che consti l’inesistenza in punto di fatto dei presupposti o comunque l’inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante».

Questo Consiglio, con recenti orientamenti, ha condiviso questa interpretazione riconsiderando «la tesi del carattere meramente consequenziale e necessitato dell’iscrizione nel casellario informatico» e stabilendo che «prima di disporre l’iscrizione nel casellario, l’Autorità procede (rectius: deve procedere) alle verifiche del caso» (Cons. Stato, sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243; nello stesso senso Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 782). La stessa giurisprudenza, con affermazione che questo Collegio condivide, ha, però, puntualizzato che il potere dell’Autorità è esclusivamente quello di rilevare la «pertinenza della notizia segnalata dalle stazioni appaltanti» al fine di evitare «il cosiddetto falso innocuo, cioè la falsa dichiarazione su fatti e circostanze irrilevanti ai fini della assegnazione della gara» (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2011, n. 3361).

4.3.– Nella vicenda in esame l’Autorità, nel provvedimento impugnato, ha stabilito che il credito tributario, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, fosse di euro 9.962,09. Nondimeno, anche a volere considerare gli sgravi fiscali successivi a tale momento e quanto contenuto nel richiamato documento dell’Agenzia delle entrate, risulta comunque dovuta all’amministrazione finanziaria la somma complessiva di euro 1.939,63 (pari alla sommatoria delle cifre indicate dall’appellante), a titolo di interessi moratori.

Occorre verificare se l’Autorità – facendo uso dei poteri così come sopra indicati – dovesse, avendo riguardo alla natura e all’entità del debito, non procedere alla iscrizione nel casellario informatico.

In relazione alla natura della somma dovuta, l’art. 38, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede, con norma vigente al momento dell’adozione degli atti impugnati, che sono esclusi dalla partecipazione alla procedura di gara, tra gli altri, coloro che «hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti».

L’espressione «imposte e tasse» ricomprende non soltanto la somma capitale ma anche gli interessi eventualmente dovuti su tale somma. Gli interessi rappresentano, infatti, un debito accessorio che partecipa della stessa natura del debito principale. La legislazione di diritto tributario ha confermato tale connessione considerando sempre compresa nella nozione di obbligazione tributaria anche il pagamento degli interessi come risulta, tra l’altro, dalla espressa previsione delle conseguenze che, in presenza di determinati presupposti, discendono sul pagamento del debito principale o degli interessi (si veda, ad esempio, art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 112).

Ne consegue, pertanto, che l’Autorità, in presenza della comunicazione della stazione appaltante, non aveva il potere di considerare «l’inesistenza in punto di fatto dei presupposti» relativamente alla natura della notizia comunicata dalla stazione appaltante.

Per quanto attiene all’entità della somma dovuta, anche a volere considerare soltanto quella indicata dall’appellante, la stessa non è tale da potere ritenere che si trattasse di un «falso innocuo».

4.4.– In definitiva, pertanto – una volta ricostruiti nei termini esposti i poteri di vigilanza che competono all’Autorità e stabilito che gli interessi per debiti tributari integrano gli estremi del requisito prescritto dall’art. 38, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006 e, infine, che la somma non fosse tale da fare ritenere che la falsità non avesse oggettivamente idoneità “offensiva” – l’amministrazione era tenuta a procedere all’iscrizione della notizia nel casellario informatico.

4.5.– Deve, infine, rilevarsi che l’art. 4 del decreto-legge n. 70 del 2011 – oltre ad avere modificato l’art. 38, comma 1, lettera g), stabilendo che le violazioni ivi indicate devono essere gravi – ha introdotto, con norma non applicabile nel giudizio in esame, il comma 1-ter nell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede che l’Autorità dispone l’iscrizione soltanto se ritiene che la falsa dichiarazione (o falsa documentazione) sia stata resa con dolo o colpa grave «in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione».

La nuova previsione – cambiando la natura dei poteri di verifica dell’Autorità mediante una chiara e netta differenziazione tra requisiti di partecipazione alle procedure di gara e presupposti richiesti ai fini dell’iscrizione nel casellario informatico – ha confermato che prima di tale modifica il potere dell’Autorità avesse una portata limitata ai soli accertamenti che presentavano la connotazione indicata nei precedenti punti.

5.– Per le ragioni sin qui esposte l’appello deve, pertanto, ritenersi non fondato. L’appellante è, pertanto, condannato, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000,00, oltre iva e cpa, di cui 1.500,00 a favore dell’Autorità e 500,00 a favore dell’Ente costituito.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000,00, oltre iva e cpa, di cui 1.500,00 a favore dell’Autorità e 500,00 a favore dell’Ente costituito.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini,   Presidente

Roberto Giovagnoli,   Consigliere

Gabriella De Michele,            Consigliere

Roberta Vigotti,         Consigliere

Vincenzo Lopilato,     Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/05/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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