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Corte di Cassazione, SS.UU., 29/5/2012 n. 8511
Sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario per le controversie concernenti le gare indette da Poste Italiane che hanno ad oggetto attività svolte in regime di concorrenza.

L'art. 211, c. 1 del D.Lgs. n. 163/2006, sottopone all'applicazione del codice dei contratti pubblici e, quindi, alla disciplina dell'evidenza pubblica sia i servizi postali in senso stretto e i servizi diversi svolti dall'ente postale, tra cui quelli finanziari. L'art. 219 del cit. D.Lgs. n. 163/2006, tuttavia, individua un criterio oggettivo al fine di valutare se un appalto, in quanto afferente a quella attività, debba o no essere assoggettato alla disciplina del codice e segnatamente a quella dell'evidenza pubblica. Ciò significa che la disciplina del codice non si applica a quelle attività che, pur svolte da soggetti in ipotesi tenuti, per la loro qualità di ente aggiudicatorio all'osservanza del codice, svolgano in concreto "attività" direttamente esposte alla concorrenza sul mercato. La Commissione europea, alla quale la Repubblica italiana ha chiesto di stabilire se determinati servizi svolti da Poste italiane fossero direttamente esposti alla concorrenza, con decisione del 5 gennaio 2010, ha risposto positivamente, giudicando inapplicabile la dir. 2004/17/CE ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione in Italia dei servizi di: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro. A tale decisione è seguito il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, il quale ha stabilito che "Il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti servizi in Italia: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro". Pertanto, l'obbligo di seguire l'evidenza pubblica sussiste solo per gli appalti aggiudicati per lo svolgimento dei servizi postali in senso stretto, cioè non (del tutto) liberalizzati (art. 211, c. 2, lett. b) e ciò fino a quando non sarà completato il processo di liberalizzazione dei servizi postali tout court, cui è indirizzata la direttiva 2008/6/CE, recepita con D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58. Ne consegue che, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie concernenti le gare indette da Poste Italiane che hanno ad oggetto attività svolte in regime di concorrenza.

Materia: appalti / appalti pubblici nei settori esclusi

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           

Dott. VITTORIA  Paolo                     -  Primo Presidente Agg.  -

Dott. ADAMO     Mario                        -  Presidente Sezione  -

Dott. SALME'    Giuseppe                            -  Consigliere  -

Dott. SEGRETO   Antonio                             -  Consigliere  -

Dott. MACIOCE   Luigi                               -  Consigliere  -

Dott. BUCCIANTE Ettore                              -  Consigliere  -

Dott. IANNIELLO Antonio                             -  Consigliere  -

Dott. PETITTI   Stefano                        -  rel. Consigliere  -

Dott. TIRELLI   Francesco                           -  Consigliere  -

ha pronunciato la seguente:                                          

ordinanza

 

sul ricorso proposto da:

WINCOR  NIXDORF s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  per  procura  speciale  in  calce  al  ricorso, dagli  Avvocati  D'Antone  Carmelo,  Rinaldi  Egidio, Mendolia Carmelo e Lazzaretti Andrea,  elettivamente  domiciliata  presso  lo studio legale Rinaldi e Associati,  in  Roma,  Largo Argentina n. 11;

                                                       - ricorrente -

 

contro

NCR  ITALIA  s.r.l.  (C.F.: (OMISSIS) e P.I.: (OMISSIS)),  in  persona  del  legale rappresentante pro tempore, e  MORE  ONE  s.r.l.  (C.F.:  (OMISSIS)),  in persona del  legale  rappresentante  pro  tempore,  entrambe in proprio e quali mandataria  e  mandante  di  un  costituendo  RTI,  rappresentate e difese,  per  procura  speciale  a  margine  del  controricorso, dagli Avvocati  Francesco  Cardarelli  e  Filippo  Lattanzi, presso lo studio dei quali in Roma, via  Pierluigi  da Palestrina n. 47, sono elettivamente domiciliate;

                                                 - controricorrenti -

 

e nei confronti di:

POSTE ITALIANE s.p.a (C.F.: (OMISSIS) e P.I.: (OMISSIS)),  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa,  per  procura  speciale a margine  del  controricorso,  dagli  Avvocati  Filippo Satta e Andrea Sandulli, elettivamente  domiciliata  in Roma, Foro Traiano 1/A, presso lo studio Satta & Associati;

                                                 - controricorrente -

per  regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio  pendente dinnanzi al Tribunale Regionale Amministrativo per il Lazio,  sezione 3 ter, R.G. n. 7742/2010.

Udita  la relazione della causa svolta nella camera di consiglio  del  25 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;  sentiti gli Avvocati Carmelo D'Antone, Francesco Cardarelli e Filippo  Satta;

lette  le  conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore  Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per la dichiarazione  della giurisdizione del giudice ordinario.

                

RITENUTO IN FATTO

Poste Italiane ha indetto una gara per la fornitura di distributori automatici di banconote (postamat), consegna del software, installazione, avvio in esercizio e servizio di manutenzione in garanzia.

L'aggiudicazione provvisoria è avvenuta in favore di Wincor Nixdorf s.r.l..

NCR Italia s.r.l. e More One s.r.l. hanno depositato ricorso al Tar Lazio in data 8 settembre 2010, con motivi aggiunti del 28 settembre 2010, impugnando il provvedimento di aggiudicazione e chiedendo l'accertamento dell'inefficacia dell'eventuale contratto stipulato nelle more tra Poste Italiane e Wincor e de loro diritto a subentrare nell'esecuzione della fornitura e delle relative opere.

Nel procedimento che ne è seguito Wincor e Poste Italiane hanno eccepito il difetto di giurisdizione del G.A. La Wincor, in data 21/25 gennaio 2011, ha presentato ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo che venga dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A..

Con ordinanza depositata il 3 febbraio 2011, il Tar Lazio ha disposto la sospensione del giudizio ritenendo l'istanza di regolamento preventivo "non manifestamente inammissibile o improcedibile, essendo dubbio per l'appalto in questione, in quanto afferente ad attività da esplicarsi nel regime di libera impresa, che Poste Italiane possa essere qualificata ex lege come Ente aggiudicatore, sottoposto alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, e che pertanto la presente controversia rientri nella giurisdizione del Giudice amministrativo".

Poste Italiane, in data 4 marzo 2011, ha presentato controricorso con conclusioni analoghe a quelle della Wincor.

NCR e More One, in data 4 marzo 2011, hanno presentato controricorso nel quale hanno chiesto invece affermarsi la giurisdizione del Tar adito.

Successivamente alla notificazione del ricorso per regolamento, con ordinanza 25 febbraio 2011 n. 757, il Tar ha respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, ritenendo che la controversia esulasse dalla giurisdizione del G.A. "in quanto l'appalto in questione è afferente ad attività da esplicarsi nel regime di libera impresa e Poste Italiane non può essere qualificata ex lege come Ente aggiudicatore sottoposto alla disciplina del codice dei contratti pubblici".

Con ordinanza del 9 marzo 2011 n, 1086, il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello avverso la suddetta ordinanza del Tar.

Il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La ricorrente Wincor Nixdorf s.r.l. sostiene che la controversia debba essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

In proposito, rileva che Poste Italiane, oltre a svolgere servizi postali in forza di specifica concessione, svolge attività inerenti il mercato bancario, tra cui quella, rilevante nella specie, dei "servizi di pagamento e trasferimento di denaro", atteso che la procedura selettiva oggetto di giudizio riguarda l'attribuzione di un contratto per la fornitura di distributori automatici di banconote, e quindi per la fornitura di apparecchiature idonee a consentire a Poste Italiane l'esecuzione dei servizi di pagamento e trasferimento di denaro.

La ricorrente rileva quindi che l'art. 211 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006), collocato nella parte 3^ relativa ai settori speciali, dispone che a disciplina del codice si applica all'attività relativa alla fornitura dei servizi postali ovvero di altri servizi diversi da quelli postali a condizione che tali servizi siano effettuati da un ente che fornisce servizi postali e che i presupposti dell'art. 219 del medesimo codice non siano soddisfatti (e cioè che l'attività degli stessi non sia esposta direttamente alla concorrenza). L'art. 219, infatti, prevede che gli appalti destinati a svolgere un'attività indicata negli artt. da 208 a 213 (e quindi anche quelli di cui all'art. 211) non sono soggetti all'applicazione del codice se l'attività è direttamente esposta a concorrenza su mercati liberamente accessibili.

Orbene, la ricorrente osserva che l'art. 219 prevede una procedura volta ad accertare se un'attività sia direttamente esposta alla concorrenza, individuando nella Commissione Europea l'organo deputato ad assumere determinazioni al riguardo, e che la Commissione, interpellata dalla Repubblica Italiana, si è pronunciata con decisione del 5 gennaio 2010, n. 12, accertando che "la condizione della diretta esposizione alla concorrenza prevista dall'art. 30, paragrafo 1, della direttiva 2004/17/CE è considerata soddisfatta in Italia riguardo ai seguenti servizi: a) raccolta del risparmio tramite i conti corrente; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro", e stabilendo conclusivamente che "la direttiva 2004/17/CE non si applica ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti servizi in Italia: (...) servizi di pagamento e trasferimento di denaro". Ricorda quindi che, in attuazione di tale decisione, è stato adottato il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, con il quale si è statuito che "Il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti servizi in Italia: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro".

Pertanto, osserva la ricorrente, poichè l'art. 244 del citato codice dei contratti pubblici (oggi sostituito dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133), assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, e poichè Poste italiane non è da qualificarsi come soggetto tenuto all'applicazione della procedura di evidenza pubblica, nel caso di specie non potrebbe affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.

1.1. Nè la applicazione al contratto oggetto della controversia delle disposizioni della evidenza pubblica potrebbe essere desunta dall'art. 27 del codice dei contratti, a norma del quale "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto" (comma 1). Una simile interpretazione, oltre a contrastare con le richiamate statuizioni relative ai servizi di pagamento e trasferimento di denaro, non troverebbe neanche conferma in una interpretazione sistematica delle norme in materia. I contratti esclusi, invero, ai sensi dell'art. 3, comma 18, del codice, "sono i contratti pubblici di cui alla parte 1, titolo 2 (artt. da 16 a 26 del codice), sottratti in tutto o in parte alla disciplina del presente codice, e quelli non contemplati dal presente codice", mentre il contratto oggetto della controversia sarebbe espressamente contemplato nella parte 3, all'art. 211, ma non assoggettato alla disciplina del codice in forza del richiamato art. 219.

Una volta accertato che al contratto in questione non è applicabile la normativa del codice dei contratti pubblici, la circostanza che Poste Italiane abbia a detta normativa comunque fatto riferimento non potrebbe determinare l'insorgere della giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo la giurisdizione suscettibile di essere determinata per effetto di scelte autonome di natura privatistica, quale potrebbe essere il richiamo nel bando di alcune delle norme del codice.

1.2. L'applicazione delle norme di evidenza pubblica e la conseguente affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non potrebbero poi essere desunte dalla natura giuridica di Poste Italiane. In proposito, la ricorrente rileva che la Commissione europea, depositarla degli elenchi forniti dagli Stati membri per l'individuazione degli organismi di diritto pubblico, ha escluso dalle procedure di evidenza pubblica proprio Poste Italiane con riferimento ai servizi di pagamento e trasferimento di denaro.

Peraltro, dovrebbe escludersi che Poste Italiane possa essere oggi configurato come organismo di diritto pubblico, soggetto, in quanto tale, all'applicazione della normativa di evidenza pubblica. Una simile qualificazione non potrebbe in primo luogo essere sostenuta sulla base di una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata prima che, con la direttiva 2004/17/CE, della quale il codice dei contratti costituisce attuazione, i servizi postali fossero inclusi nei settori speciali. Del resto, nel vigore del nuovo contesto normativo la Commissione europea, con la decisione n. 1642 del 2008 relativa ai servizi di corriere espresso, ha qualificato. Poste Italiane non già come organismo di diritto pubblico, ma come impresa pubblica, e quindi come soggetto privato. Poste Italiane, del resto, per effetto del D.P.R. n. 144 del 2001, è stata equiparata alle banche italiane ai fini dell'applicazione delle norme del testo unico bancario e del testo unico della finanza specificamente richiamate, nonchè della L. n. 287 del 1990, essendosi altresì previsto che per l'esercizio dell'attività di bancoposta Poste Italiane si avvalesse di strutture organizzative autonome e fosse tenuta ad istituire un sistema di separazione contabile dell'attività di bancoposta rispetto alle altre attività. Situazione, questa, resa ancor più evidente dalla specifica destinazione dei finanziamenti pubblici unicamente a far fronte agli oneri del servizio universale.

Non si comprenderebbe, quindi, ad avviso della ricorrente, la ragione per la quale Poste Italiane dovrebbe essere considerato come organismo di diritto pubblico, atteso che siffatto organismo deve essere istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (art. 1, comma 9, direttiva 2004/18/CE), risultando invece presenti tutte le condizioni per poterla qualificare come impresa pubblica, come del resto affermato dalla Commissione europea nella ricordata decisione n. 1642 del 2008 che, proprio sul rilievo di tale natura, ha esonerato i servizi di corriere espresso dall'applicazione della direttiva 2004/17/CE. In sostanza, conclude la ricorrente, non sussisterebbe alcun interesse per l'ordinamento, neanche quello pro concorrenziale, a che le controversie insorte tra Poste Italiane e i partecipanti a procedure di selezione da quest'ultima indette per forniture connesse ad attività direttamente esposte alla concorrenza - come per i servizi di pagamento e trasferimento di denaro - "vengano sottratte al loro giudice naturale ed attratte nella sfera di competenza del giudice amministrativo".

2. Il regolamento deve essere risolto nel senso che la giurisdizione sulla controversia pendente dinnanzi al Tar Lazio spetta al giudice ordinario.

2.1. Occorre premettere che la direttiva sui cd. settori speciali, 2004/17/CE, n. 17 ha una portata limitata ai settori specificamente definiti negli artt. da 3 a 7 della medesima (acqua, energia, elettricità, trasporto, servizi postali).

Sotto il profilo soggettivo, la direttiva n. 17 si applica ai cd. Enti aggiudicatoti, categoria nella quale sono comprese sia le cd. amministrazioni aggiudicatrici (Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico, associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico), sia le ed, imprese pubbliche, sia gli altri soggetti che "non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche annoverano tra le loro attività una o più attività tra quelle di cui agli artt. da 208 a 213 (tra cui i servizi postali ex art. 211) e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente" (art. 2, comma 2, della direttiva n. 17; D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 29 e art. 207, nella parte 3^ sugli appalti pubblici nei settori speciali, che alle citate direttive ha dato attuazione). Con la precisazione che, ai sensi dell'art. 2, comma 3, della direttiva n. 17 e del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 207, comma 2, "sono diritti speciali o esclusivi i diritti costituiti per legge, regolamento o in virtù di una concessione o altro provvedimento amministrativo avente l'effetto di riservare a uno o più soggetti l'esercizio di una attività di cui agli artt. da 208 a 213 e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri soggetti di esercitare tale attività".

La direttiva generale 2004/18/CE, invece, si applica alle sole cd. "Amministrazioni aggiudicatrici", così individuate: Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico e associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico (art. 1, comma 9, della direttiva e art. 3, comma 25, del codice).

2.2, L'elemento che, ai fini del presente giudizio, assume un rilievo particolare è costituito dal fatto che soltanto la direttiva n. 17 sui settori speciali fa riferimento alla impresa pubblica, mentre entrambe le direttive fanno riferimento all'organismo di diritto pubblico.

Le imprese pubbliche sono quelle su cui le amministrazioni aggiudicatrici "possono esercitare, direttamente o indirettamente un'influenza dominante perchè ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione. L'influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all'impresa: - detengono la maggioranza del capitale sottoscritto dall'impresa, oppure - controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall'impresa, oppure - hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa" (art. 2, lett. b, direttiva n. 17; art. 3, comma 28, del codice). E' invece organismo di diritto pubblico "qualsiasi organismo: - istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, - dotato di personalità giuridica, e - la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi o il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico" (art. 2, lett. a, direttiva n. 17;

art. 1, comma 9, direttiva n. 18; art. 3, comma 26, del codice).

L'opportunità di operare un distinguo tra le due nozioni (impresa pubblica e organismo di diritto pubblico) è sottolineata dalla Corte di giustizia CE che, nella sentenza 15 maggio 2003, in causa C- 214/00, Commissione C. Regno di Spagna, punto 44, ha affermato "occorre inoltre rammentare che la nozione di impresa pubblica è sempre stata diversa da quella di organismo di diritto pubblico, in quanto quest'ultimo è creato per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale privi di carattere industriale o commerciale, mentre le imprese pubbliche operano per rispondere ad esigenze di carattere industriale o commerciale.

Tale distinzione, si può soggiungere, risponde ad una precisa logica, nel senso che la mancata previsione dell'impresa pubblica tra le amministrazioni aggiudicatrici di appalti nei settori ordinari (direttiva n. 18) si giustifica in considerazione del fatto che la ratio della disciplina dell'evidenza pubblica (consistente nella necessità di garantire la competizione tra soggetti operanti sul libero mercato in sede di approvvigionamento di beni, servizi e forniture) non trova motivo di applicazione in relazione alla figura dell'impresa pubblica che si trova ad operare nel mercato in condizioni di normale concorrenza, sopportando i rischi connessi al mercato stesso, rendendo superfluo il ricorso all'evidenza pubblica.

Ove, invece, come nei cd. settori speciali, gli operatori beneficino di diritti speciali o esclusivi che riservano solo ad alcuni l'esercizio di determinate attività, si rende concreto il rischio di un'alterazione delle regole della concorrenza, con la conseguenza che appare indispensabile il rispetto di tali regole, che si ha con l'applicazione della procedura di evidenza pubblica.

2.3. Il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 211, comma 1, sottopone all'applicazione del codice dei contratti pubblici e, quindi, alla disciplina dell'evidenza pubblica sia i servizi postali, di cui al comma 2, lett. b), includenti "la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali", sia gli "altri servizi diversi dai servizi postali" (da intendersi in senso stretto), e cioè quelli elencati dal comma 2, lett. c) - tra cui i "servizi finanziari, quali definiti nella categoria 6 di cui all'allegato 2^ A del presente codice (id est "Servizi finanziari: a) servizi assicurativi; b) servizi bancari e finanziari") e all'art. 19, lett. d) del presente codice, compresi in particolare i vaglia postali e i trasferimenti da conti correnti postali" - "a condizione che siano forniti da un ente che fornisce anche servizi postali ai sensi del comma 2, lett. b), e i presupposti di cui all'art. 219 non siano soddisfatti per quanto riguarda i servizi di cui al citato comma 2, lett. b)".

In sostanza, il codice prevede l'attrazione, nella sfera pubblicistica propria dei servizi postali in senso stretto (riservati o che possono esserlo) dei servizi diversi svolti dall'Ente postale.

Infatti, benchè l'art. 211, comma 3, del codice prevedesse l'applicazione del codice ai contratti riguardanti i servizi diversi da quelli postali fino a quando non fosse interamente liberalizzato il settore dei servizi postali in senso stretto (cioè quelli di cui all'art. 211, comma 2, lett. b), includenti "la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali"), l'art. 219, comma 1, del codice, dispone che "gli appalti destinati a permettere la prestazione di un'attività di cui agli artt. da 208 a 213 (tra i quali i servizi postali, compresi quelli "diversi") non sono soggetti al presente codice se, nello Stato membro in cui è esercitata l'attività, l'attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili". Ne consegue che, per escludere l'applicazione del codice dei contratti sull'evidenza pubblica agli "altri servizi diversi dai servizi postali" forniti dall'Ente postale, di cui all'art. 211, comma 2, lett. c) del codice e art. 6 della direttiva n. 17, è sufficiente che sia liberalizzato anche soltanto uno di essi, senza necessità di attendere che siano interamente liberalizzati i servizi postali (in senso stretto) di cui all'art. 211, comma 2, lett. b).

L'art. 219 del codice appalti, con il riferimento ad un'"attività (...) direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili", individua un criterio oggettivo al fine di valutare se un appalto, in quanto afferente a quella attività, debba o no essere assoggettato alla disciplina del codice e segnatamente a quella dell'evidenza pubblica. Ciò significa che la disciplina del codice non si applica a quelle attività che, pur svolte da soggetti in ipotesi tenuti, per la loro qualità di ente aggiudicatorio all'osservanza del codice, svolgano in concreto "attività" direttamente esposte alla concorrenza sul mercato.

2.3.1. In applicazione dell'art. 30, comma 1, della direttiva n. 17 (il quale così recita: "Gli appalti destinati a permettere la prestazione di un'attività di cui agli artt. da 3 a 7 non sono soggetti alla presente direttiva se, nello Stato membro in cui è esercitata l'attività, questa è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili"), l'art. 219, comma 5, del codice dispone che "quando sulla base delle condizioni di cui ai commi 2 e 3, si ritiene che il comma 1 sia applicabile ad una data attività, il Ministro delle politiche comunitarie di concerto con il Ministro competente per settore ne da notifica alla Commissione e le comunica tutti i fatti rilevanti e in particolare ogni legge, regolamento, disposizione amministrativa o accordo che riguardi la conformità con le condizioni di cui al comma 1, nonchè le eventuali determinazioni assunte al riguardo dalle Autorità indipendenti competenti nella attività di cui trattasi".

Orbene, in attuazione di tale procedura la Commissione europea, alla quale la Repubblica italiana ha chiesto di stabilire se determinati servizi svolti da Poste italiane fossero direttamente esposti alla concorrenza, con decisione del 5 gennaio 2010, ha risposto positivamente, giudicando inapplicabile la direttiva n. 17 ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione in Italia dei servizi di: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro (quali sono quelli che hanno dato origine al contenzioso nella controversia in esame).

2.3.2. A tale decisione è seguito il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, il quale ha stabilito che "Il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti servizi in Italia: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro".

Pertanto, l'obbligo di seguire l'evidenza pubblica sussiste solo per gli appalti aggiudicati per lo svolgimento dei servizi postali in senso stretto, cioè non (del tutto) liberalizzati (art. 211, comma 2, lett. b) e ciò fino a quando non sarà completato il processo di liberalizzazione dei servizi postali tout court, cui è indirizzata la direttiva 2008/6/CE, recepita con D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58.

3. Le considerazioni sin qui svolte consentono di affermare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

In contrario, non appaiono condivisibiii ed utili per pervenire ad una diversa soluzione le deduzioni svolte dalle resistenti NCR Italia e More One s.r.l., argomentate con riferimento sia alla natura di organismo di diritto pubblico di Poste Italiane, sia agli effetti dell'applicazione, in ogni caso, della disciplina di cui all'art. 27, comma 1, del codice, a norma del quale, per quanto qui rileva, "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità".

3.1. Quanto al primo profilo, si assume dunque che Poste italiane s.p.a. sarebbe un organismo di diritto pubblico, comunque tenuto ad applicare la procedura di evidenza pubblica, con conseguente attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo, non rilevando che il detto organismo svolga anche attività di carattere imprenditoriale (industriale o commerciale) e che il contratto da aggiudicare sia inerente all'attività dallo stesso svolta nell'ambito di un servizio liberalizzato (come quello di pagamento e trasferimento di denaro).

Un simile assunto non può essere condiviso, in primo luogo, perchè, come già rilevato, la direttiva n. 17 non si applica ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione in Italia, tra l'altro, dei servizi di pagamento e trasferimento di denaro, secondo quanto affermato dalla Commissione europea nella citata decisione del 5 gennaio 2010. Siffatta decisione muove dal rilievo che la fornitura dei servizi finanziari rientra nel campo di applicazione della direttiva solo a condizione che tali servizi siano forniti da soggetti che forniscono anche servizi postali ai sensi dell'art. 6, paragrafo 2, lettera b) della direttiva stessa (considerando 7). In tal modo, si riconosce che l'aspetto più rilevante ai fini della applicabilità o meno della direttiva è il contenuto dell'attività svolta piuttosto che la qualità soggettiva dell'ente che svolge quella attività. In sostanza, Poste Italiane s.p.a., che per lo svolgimento dei servizi postali in senso proprio è tenuta all'osservanza della direttiva, non è alla stessa assoggettata (considerando 26) quando attribuisca contratti destinati a consentire l'esecuzione in Italia dei servizi di cui alle lettere da a) a d) del considerando 25, nè quando vengono organizzati concorsi di progettazione per l'esercizio di tale attività nel paese.

Siffatte conclusioni sono poi state trasfuse nell'ordinamento interno con il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, che ha escluso l'applicazione del codice dei contratti pubblici agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione in Italia, tra l'altro, del servizio di pagamento e trasferimento di denaro.

Sotto altro profilo, va qui evidenziato che in una precedente decisione della Commissione europea, la n. 1642 del 2008, con riferimento allo svolgimento del servizio di corriere espresso, Poste Italiane s.p.a., come "impresa pubblica" ai sensi dell'art. 2, paragrafo 1, lett. b), della direttiva 2004/17/CE, "è un ente aggiudicatore ai fini della direttiva 2004/17/CE". Tuttavia, accertata la condizione di cui all'art. 30, paragrafo 1, della citata direttiva, e cioè la libera accessibilità del mercato, la Commissione ha statuito che la direttiva non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a permettere la prestazione di servizi di corriere espresso,nazionali e internazionali, in Italia.

3.2. Nè può condividersi l'assunto che Poste Italiane s.p.a. sarebbe un organismo di diritto pubblico, sicchè il conferimento di appalti finalizzati all'acquisizione di mezzi e servizi per lo svolgimento delle sue attività sarebbe comunque assoggettato alle regole dell'evidenza pubblica. Una simile possibilità, invero, postulerebbe che, esclusa, per le ragioni prima viste, la applicabilità ai servizi di pagamento e trasferimento di denaro, la detta attività possa rientrare nell'ambito della direttiva ordinaria (2004/18/CE), che si riferisce alle "Amministrazioni aggiudicatrici", individuandole (art. 1, comma 9), in: Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico e associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico. Per organismo di diritto pubblico, invero, "s'intende qualsiasi organismo: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriate o commerciale, b) dotato di personalità giuridica, e c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico".

In proposito, deve rilevarsi che nella giurisprudenza comunitaria si ritiene che il confronto tra la direttiva generale (direttiva n. 18) e quella speciale (direttiva n. 17) richiede che "le disposizioni di quest'ultima siano interpretate restrittivamente" (Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06, p. 27). Infatti, "le frontiere tra gli ambiti di applicazione di queste due direttive sono altresì tracciate da disposizioni esplicite. Così, l'art. 20, n. 1, della direttiva 2004/17 dispone che questa non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori assegnano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli artt. 3-7 della medesima direttiva.

Il pendant di tale disposizione nella direttiva 2004/18 è l'art. 12, primo comma, il quale dispone che tale direttiva non si applica agli appalti pubblici che le amministrazioni aggiudicatrici, che esercitano una o più attività di cui agli artt. 3-7 della direttiva 2004/17, aggiudicano per tali attività" (Corte giustizia 10 aprile 2008, C-393/06, p. 28). La Corte di giustizia ha concluso affermando (p. 31 e p. 33) che "nel campo di applicazione della direttiva 2004/17 rientrano solo gli appalti che un ente, avente la qualifica di "ente aggiudicatore" ai sensi di tale direttiva, aggiudica in relazione e per l'esercizio di attività nei settori enumerati negli artt. 3-7 della detta direttiva" e pertanto "che un ente aggiudicatore, ai sensi della direttiva 2004/17, è tenuto ad applicare la procedura prevista da tale direttiva unicamente per l'aggiudicazione degli appalti che sono in relazione con attività che tale ente esercita in uno o più dei settori considerati negli artt. 3-7 della detta direttiva".

In sostanza, ove un ente aggiudicatore sia assoggettato alla disciplina di cui alla direttiva n. 17 e in base a tale disciplina non trovino applicazione le regole dell'evidenza pubblica, non può poi affermarsi la operatività di dette regole per effetto della operatività, comunque, della disciplina di carattere generale posta dalla direttiva n. 18.

Orbene, gli appalti di Poste Italiane s.p.a. sono assoggettati alla direttiva n. 17 e alle corrispondenti disposizioni del codice degli appalti; per effetto di tale disciplina, nella quale Poste Italiane s.p.a. assume la veste di ente aggiudicatore in qualità di "impresa pubblica" per le attività svolte dai detto ente in regime di concorrenza (previa valutazione sulla effettiva esistenza di una condizione di libera accessibilità dei mercati effettuata dalla Commissione europea), la disciplina interna, conformemente a quella comunitaria oggetto di attuazione, esclude l'applicazione del codice;

non può dunque ipotizzarsi che le regole della evidenza pubblica, escluse per specifici e individuati settori di attività dell'ente aggiudicatore, possano riespandersi per effetto della direttiva generale, l'applicazione della quale postula la riconduzione dell'ente aggiudicatore nella categoria delle "amministrazioni aggiudicataci", alle quali sono equiparate gli organismi di diritto pubblico, dotati delle caratteristiche prima evidenziate, ma non le imprese pubbliche.

3.3. Il Collegio è consapevole dell'esistenza di un orientamento della giurisprudenza comunitaria in base al quale l'assoggettamento al regime dell'evidenza pubblica per l'affidamento degli appalti riguarda tutte ovvero l'insieme delle attività svolte dall'organismo di diritto pubblico (cd. teoria del contagio), cioè sia le attività industriali o commerciali, comprese quelle in regime di libero mercato, sia le attività volte a soddisfare bisogni generali di carattere non industriale o commerciale (in tal senso Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06; 13 dicembre 2007, C-337/06).

Tuttavia sembra che, nel caso di specie, non possa affermarsi l'operatività di tale regola. Essa, invero, muove dalla sicura identificazione di un ente aggiudicatore come organismo di diritto pubblico; in presenza, invece, di un soggetto costituito nella forma di società privata, ancorchè a capitale pubblico, la detta espansione non può essere predicata in via generale, dovendosi verificare la sussistenza di tutte le condizioni che consentono di qualificare il detto soggetto di diritto comune come organismo di diritto pubblico. In tal senso, deve ritenersi che ove per il settore di riferimento sia prevista la possibilità di individuare attività non assoggettate alle regole della evidenza pubblica, in quanto svolte in condizione di libera accessibilità dei mercati, e ove tali attività siano svolte da un soggetto di diritto privato, ancorchè a partecipazione pubblica, operi un criterio inverso di individuazione delle regole applicabili. In altri termini, in presenza di un soggetto di diritto privato che per alcune attività da esso svolte usufruisce di una posizione che potrebbe influire sulle regole della concorrenza, perchè opera in uno dei settori speciali in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi dall'autorità competente, le regole della evidenza pubblica non possono che essere rigorosamente limitate a quelle attività direttamente interessate dalla esistenza di diritti speciali o esclusivi, dovendosi invece presumere che le residue attività del detto soggetto di diritto privato vengano svolte nelle forme ad esso proprie del diritto comune.

Del resto, se le giustificazioni poste a sostegno della necessità di assoggettare l'intera attività di un organismo di diritto pubblico alla disciplina pubblicistica attengono alla difficoltà di operare una separazione tra le diverse attività di un ente che costituisca un'unica persona giuridica, alla necessità di evitare finanziamenti incrociati e all'esigenza di garantire le ragioni di certezza del diritto, trasparenza e prevedibilità (in tal senso, con riguardo agli organismi di diritto pubblico, Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06 cit., pp. 52-53), risulta evidente come simili preoccupazioni non valgano allorquando il soggetto del quale si discute sia costituito nella forma della società per azioni. In questo caso, infatti, ciò che deve trovare giustificazione è la deroga all'ordinario operare delle regole di diritto privato, e l'assoggettamento dell'azione della società alle regole dell'evidenza pubblica.

In questa direzione, dunque, l'operatività di dette procedure si giustifica con riferimento ai soggetti che operano nei settori speciali, sempre che per dette attività non siano riscontrate, secondo le procedure comunitarie, condizioni di libera accessibilità ai mercati. Ove tali condizioni siano rispettate, operano nuovamente le regole comuni. In sostanza, la disciplina degli appalti nei settori speciali si fonda sulla sussistenza sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo; ove quest'ultimo, anche per singoli e specifici settori di attività, non operi, perchè le attività vengono svolte in condizioni di libera accessibilità ai mercati, viene meno la ragione dell'assoggettamento della specifica attività di detti soggetti alle regole dell'evidenza pubblica.

In proposito, si deve qui ricordare che queste Sezioni Unite hanno di recente affermato che, "ai fini della qualificazione di un ente come organismo di diritto pubblico, il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 26, dev'essere interpretato, alla stregua della giurisprudenza comunitaria, nel senso che devono sussistere cumulativamente i seguenti tre requisiti: a) l'ente dev'essere dotato di personalità giuridica; b) la sua attività dev'essere finanziata in modo maggioritario ovvero soggetta al controllo o alla vigilanza da parte dello Stato o di altro ente pubblico territoriale o di organismo di diritto pubblico; c) l'ente (anche in forma societaria) dev'essere istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale. In particolare, quest'ultimo requisito non sussiste quando l'attività sia svolta nel mercato concorrenziale e sia ispirata a criteri di economicità, essendo i relativi rischi economici direttamente a carico dell'ente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del Consiglio di Stato, che aveva affermato la propria giurisdizione in una controversia avente ad oggetto l'impugnazione della esclusione dalla gara indetta da una Società consortile per azioni per l'affidamento dei lavori per la realizzazione di infrastrutture varie, sull'erroneo presupposto che la predetta società, la cui attività statutaria aveva ad oggetto la costruzione e gestione di mercati agro-alimentari, fosse tenuta a seguire il procedimento ad evidenza pubblica nell'affidamento degli appalti, in quanto organismo di diritto pubblico)" (Cass., S.U., n. 8225 del 2010).

Se, dunque, deve escludersi la ricorrenza delle caratteristiche di un organismo di diritto pubblico allorquando faccia difetto uno dei requisiti ora indicati, e segnatamente quello della istituzione dell'ente per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, e si sia in presenza di un'impresa che opera, sia pure per un settore definito, in regime di concorrenza ed esposta a funzionamento naturale del mercato, non vi è necessità di fare ricorso alle regole volte a favorire la concorrenza.

In questa prospettiva, l'assoggettamento delle imprese pubbliche alle regole degli appalti nei settori speciali costituisce un'eccezione, giustificata dal fatto che in tali settori la presenza di particolari interessi pubblici altera le condizioni di concorrenza in cui le imprese pubbliche normalmente opererebbero, mentre, fuori da tali settori, le regole dell'evidenza pubblica non hanno ragione di esistere poichè operano quelle del mercato.

In applicazione di tale principio, si deve quindi ritenere che, quand'anche a Poste Italiane s.p.a. volesse riconoscersi la natura di organismo di diritto pubblico - il che, peraltro, non pare possa sostenersi sulla base delle considerazioni sin qui svolte -, non per questo potrebbero ritenersi operanti le regole della evidenza pubblica, con la conseguente attrazione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo certo che la procedura oggetto di causa si riferisce all'acquisizione di mezzi per lo svolgimento di un'attività - quella di pagamento e trasferimento di denaro - svolta in condizioni di libera accessibilità dei mercati, e cioè in una situazione nella quale l'assoggettamento a quelle regole sarebbe superfluo, atteso che le finalità perseguite sono già presenti nell'ordinario modo di svolgimento dell'attività dell'ente aggiudicatore.

3.4. Non può essere condiviso neanche l'argomento che fa leva sull'art. 27 del codice dei contratti.

In proposito, appare sufficiente rilevare che il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 16 del 2011, sulla base di una ampia ricognizione della normativa e della giurisprudenza, segnatamente di quella comunitaria, ha affermato che l'art. 27 del codice - il quale nel testo modificato dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 luglio 2011, n. 106, fa ora specifico riferimento ai "contratti esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice" -, "estende l'applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della concorrenza anche ai contratti "esclusi in tutto" dal codice, e cioè ai soli contratti dallo stesso codice "nominati", ancorchè al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli. Infatti sarebbe paradossale che il codice apprestasse una disciplina per una categoria residuale e illimitata di contratti da esso non contemplati".

La norma, invero, "intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte: a) da un lato solo ai soggetti che ricadono nell'ambito di applicazione del codice appalti e delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i contratti esclusi comunque menzionati nel codice; b) dall'altro lato ai contratti nominati ma esenti, e non anche ai contratti estranei".

Orbene, la procedura rilevante nella presente controversia ha ad oggetto attività che, per essere svolte in condizioni di libera accessibilità ai mercati, esulano dall'ambito di operatività della direttiva n. 17, relativa ai settori speciali, e del codice degli appalti, come accertato dalla Commissione (decisione del 5 gennaio 2010) e statuito dal Presidente del Consiglio dei ministri (D.P.C.M. 25 gennaio 2010). Si è dunque in presenza di un appalto "estraneo" all'ambito di operatività del codice e non "escluso", ai sensi degli artt. da 18 a 26 dello stesso codice.

4. Da ultimo, giova rilevare che non costituisce ostacolo alla dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che Poste Italiane s.p.a. abbia volontariamente fatto ricorso ad alcune delle regole previste dal codice.

L'art. 244 del codice devolve(va) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale". Il predetto art. 244 è stato sostituito dall'art. 3, comma 19, lett. c), dell'Allegato 4 al codice del processo amministrativo, il quale stabilisce che "Il Codice del processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici". Tra le suddette controversie, analogamente ai citato art. 244, sono comprese quelle "relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative" (art. 133, comma 1, lett. e), cod. proc. amm.).

Orbene, è giurisprudenza costante (a partire da Cass., S.U., n. 17635 del 2003; Cass., S.U., n. 18954 del 2003; Cass., S.U., n. 6771 del 2009; in tal senso, v. anche Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 16 del 2011, cit.) che "in tema di riparto di giurisdizione sugli appalti pubblici, la L. 21 luglio 2000, n. 205, artt. 6 e 7 non attraggono nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie relative all'affidamento di appalti da parte di soggetti che, pur non tenuti all'applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbiano scelto comunque di adottarlo, in tal guisa procedimentalizzando l'individuazione in concreto dell'appaltatore".

In altri termini, "la sottoposizione o meno dell'appalto per cui è processo al regime pubblicistico divisato dal D.Lgs. n. 163 del 2006 discende dalle caratteristiche oggettive dell'appalto e soggettive della stazione appaltante, e dunque dall'esistenza di un vincolo "eteronomo" e non dalla dichiarazione della stazione appaltante (cd.

autovincolo)"(così, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 16 del 2011, cit.).

5. In conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario, con rimessione delle parti dinnanzi al Tribunale competente per territorio. A tale giudice è rimessa altresì la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimette le parti davanti al Tribunale competente per territorio, al quale rimette altresì la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 25 ottobre 2011.

 

Depositato in Cancelleria

il 29 maggio 2012

 

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