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Consiglio di Stato, Sez. V, 14/9/2012 n. 4894
Nessun addebito può muoversi all'operato della p.a per aver revocato la gara di appalto per la gestione del servizio calore degli immobili comunali e per averlo successivamente affidato direttamente ad una propria società controllata.

La giurisprudenza ha escluso ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno la sufficienza del solo annullamento del provvedimento lesivo, ritenendo necessaria anche la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Tuttavia, nel caso di specie, pur sussistendo ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento l'elemento oggetto della fattispecie risarcitoria (acclarata illegittimità dell'atto amministrativo, astrattamente foriero di danno), non si rinviene invece l'elemento soggettivo della colpa. Infatti, nessun addebito può muoversi all'operato dell'amministrazione sotto il profilo della negligenza, dell'imperizia o dell'imprudenza per aver revocato (con la delibera ritenuta illegittima) la gara di appalto per la gestione del servizio calore degli immobili comunali e per averlo successivamente affidato, con separata deliberazione, direttamente ad una propria società controllata: tale scelta, infatti, tutt'altro che improvvisa, estemporanea ed ingiustificata (ancorchè ritenuta illegittima), è stata determinata dalla convinzione della ricorrenza, nel caso di specie, delle condizioni per poter procedere all'affidamento diretto del servizio, condizioni consistenti nell'effettivo esercizio da parte dell'ente locale di un controllo sull'affidatario analogo a quello svolto sui propri servizi e nello svolgimento da parte dell'affidatario della maggior parte della propria attività con l'ente locale controllate. Il fatto che tali criteri, in quanto meramente formali non siano stati ritenuti di per sé sufficienti alla configurazione del "controllo analogo" (solo in presenza del quale può procedersi all'affidamento diretto di un servizio ad una propria controllata), così determinando l'illegittimità della delibera di revoca della gara, non è sufficiente a far ritenere la sussistenza della colpa, giacché all'epoca in cui l'amministrazione ha operato quella scelta non vi era sul punto un sicuro e consolidato indirizzo giurisprudenziale ed interpretativo.

Materia: pubblica amministrazione / responsabilità

N. 04894/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1419 del 2008, proposto da:

CARBOTERMO S.P.A.,in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Gabriele Pafundi, Paolo Sansone e Arianna Sansone, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, n. 14 Sc A/4;

 

 

contro

AGESP S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;

COMUNE DI BUSTO ARSIZIO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Carla Caputo, con domicilio eletto presso Lorenzo Grisostomi Travaglini in Roma, via Antonio Bosio, n. 2;

 

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, Sez. III, n. 06360/2007, resa tra le parti, concernente REVOCA PROCEDURA DI GARA E AFFIDAMENTO DIRETTO GESTIONE CALORE;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Busto Arsizio;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Paolo Sansone e Carla Caputo;

 

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con delibera n. 857 del 10 dicembre 2003 la Giunta comunale del Comune di Busto Arsizio revocava la gara d’appalto per la “gestione calore degli immobili comunali”, indetta con la propria precedente delibera n. 541 del 7 agosto 2003 (gara già sospesa con delibera n. 804 del 21 novembre 2003), disponendo con separato provvedimento l’affidamento diretto del predetto servizio ad AGESP S.p.A., azienda controllata dalla stessa amministrazione comunale ed in possesso dei requisiti di cui alla sentenza del Consiglio di Stato 18 settembre 2003, n. 5316.

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, con la sentenza n. 6360 dell’11 dicembre 2007, accogliendo il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto da Carbotermo S.p.A.(che aveva partecipato alla ricordata gara) ha annullato la predetta delibera n. 857 del 10 dicembre 2003, ma ha respinto la domanda di risarcimento del danno.

 

In particolare il tribunale, ricordato di aver sollevato innanzi alla Corte di Giustizia della Comunità Europea la questione pregiudiziale di interpretazione della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993 n. 93/36/CEE decisiva ai fini della risoluzione della controversia, questione definita con sentenza della Corte di Giustizia in data 11 maggio 2006, e respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per un vizio della procura, ha ritenuto illegittimo l’affidamento diretto del servizio oggetto dell’appalto (revocato) in favore di AGESP S.p.A. per contrasto con i principi comunitari indicati nella sentenza della Corte di Giustizia, in quanto l’assetto statutario della predetta società non era “…inidoneo a consentire all’amministrazione comunale l’esercizio di poteri di controllo aventi intensità corrispondente a quella esercitata sui propri servizi”; quanto alla pretesa risarcitoria i primi giudici hanno tuttavia ritenuto insussistente l’elemento della colpa, atteso che le determinazioni impugnate erano state “…adottate in un contesto interpretativo non ancora pervenuto all’affermazione dell’insufficienza degli strumenti propri dell’azionista di maggioranza ai fini dell’esercizio del controllo analogo”, come si evinceva anche dalle conclusioni rassegnate dall’Avvocato generale nella procedura di rinvio pregiudiziale.

 

2. Carbotermo S.p.A. ha appellato tale sentenza, chiedendone la riforma alla stregua di tre articolati motivi di gravame, rubricati rispettivamente “Erroneità della sentenza appellata per violazione dell’art. 112 cpc, per omessa decisione in merito alla domanda di condanna per responsabilità precontrattuale dell’amministrazione appellata, violazione e falsa applicazione degli art. 1136, 1337 e 2043 cod. civ.; carenza assoluta di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. c), della direttiva 89/665/CE e del principio della effettività della tutela”; “Erroneità della sentenza appellata per error in iudicando, in relazione alla domanda risarcitoria proposta ex art. 2043 cod. civ. e al giudizio di non colpevolezza dell’Amministrazione appellata, per il danno arrecato alla ricorrente. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. c), della direttiva 89/665/CE e del principio di effettività della tutela giurisdizionale” e “Erroneità della sentenza appellata per violazione dell’art. 112 cod. civ., in ragione dell’assorbimento di tutte le censure non accolte. Riproposizione delle censure assorbite, al solo fine di corroborare il giudizio di colpevolezza dell’Amministrazione”.

In sintesi, ad avviso dell’appellante, l’amministrazione aveva tenuto nella vicenda controversa un comportamento contrario ai fondamentali doveri di diligenza, correttezza e buona fede, comportamento di cui i primi giudici avevano completamente omesso ogni valutazione, omettendo di pronunciarsi sul denunciato profilo di responsabilità, anche di natura precontrattuale.

Il Comune di Busto Arsizio ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.

 

3. Le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie tesi difensive, confutando puntualmente le argomentazioni avversarie.

All’udienza pubblica del 29 maggio 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

4. I motivi di doglianza, che per loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

 

4.1. Posto che con la sentenza impugnata è stata annullata la deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Busto Arsizio n. 857 del 10 dicembre 2003 (recante la revoca della precedente delibera n. 541 del 7 agosto 2003 di indizione della gara per la gestione del servizio calore degli immobili comunali, provvedendosi con altra delibera all’affidamento diretto dello stesso servizio alla AGES S.p.A., società controllata dall’amministrazione appaltante) e precisato che tale capo della sentenza non è stato oggetto di gravame ed è pertanto passato in giudicato, la Sezione deve ribadire che se è vero, per un verso, che la giurisprudenza ha escluso ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno la sufficienza del solo annullamento del provvedimento lesivo, ritenendo necessaria anche la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa (C.d.S., sez. V, 24 giugno 2011, n. 3814), non può peraltro sottacersi, per altro verso, che è stato ripetutamente affermato che, in caso di acclarata illegittimità dell’atto amministrativo, asseritamene foriero di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della specie, potendo egli invocare l’illegittimità del provvedimento quale presunzione (semplice) della colpa, spettando poi all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una fonte normativa di formulazione incerta o di recente entrata in vigore ovvero di notevole complessità del fatto o di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti (C.d.S., sez. V, 23 gennaio 2012, n. 265; 2 novembre 2011, n. 5837).

 

Applicando tali principi al caso in esame, la sentenza impugnata non merita critiche atteso che, pur sussistendo ai fini dell’ammissibilità della domanda l’elemento oggetto della fattispecie risarcitoria (acclarata illegittimità dell’atto amministrativo, astrattamente foriero di danno), non si rinviene invece l’elemento soggettivo della colpa.

 

Nessun addebito invero può muoversi all’operato dell’amministrazione sotto il profilo della negligenza, dell’imperizia o dell’imprudenza per aver revocato (con la delibera ritenuta illegittima) la gara di appalto in questione e per averlo successivamente affidato, con separata deliberazione, direttamente ad una propria società controllata: tale scelta, infatti, tutt’altro che improvvisa, estemporanea ed ingiustificata (ancorchè - si ripete - ritenuta illegittima proprio dalla sentenza impugnata), è stata determinata dalla convinzione della ricorrenza nel caso di specie delle condizioni per poter procedere all’affidamento diretto del servizio, secondo i principi indicati dalla decisione di questo Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2003, n. 5316, condizioni consistenti nell’effettivo esercizio da parte dell’ente locale di un controllo sull’affidatario analogo a quello svolto sui propri servizi e nello svolgimento da parte dell’affidatario della maggior parte della propria attività con l’ente locale controllate.

In particolare, giusta quanto emerge dalla motivazione della delibera della Giunta comunale n. 804 del 21 novembre 2003 (di sospensione della procedura di gara), espressamente richiamata nella successiva delibera n. 857 del 10 dicembre 2003 (di revoca della gara), l’amministrazione ha ritenuto sussistente sia “…una dipendenza funzionale tra AGES Spa ed il Comune di Busto Arsizio, mediante la partecipazione detenuta in AGES Holding Spa (quest’ultima è infatti partecipata al 99,98% dal Comune di Busto Arsizio e controlla AGES Spa al 100%)”, sia “..il requisito della dipendenza finanziaria: ciò in considerazione del fatto che la parte largamente maggioritaria del fatturato annuo di AGES Spa consegue all’esercizio di attività per le quali la stessa è titolata in forza di affidamenti diretti ricevuti dal Comune di Busto Arsizio”.

Il fatto che tali criteri, in quanto meramente formali non siano stati ritenuti di per sé sufficienti alla configurazione del “controllo analogo” (solo in presenza del quale può procedersi all’affidamento diretto di un servizio ad una propria controllata), così determinando l’illegittimità della delibera di revoca della gara, non è sufficiente a far ritenere la sussistenza della colpa, giacché all’epoca in cui l’amministrazione ha operato quella scelta non vi era sul punto un sicuro e consolidato indirizzo giurisprudenziale ed interpretativo, tant’è che, peraltro, gli stessi giudici di primo grado hanno ritenuto indispensabile chiedere una pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia.

Né sussistevano, sempre sul punto controverso, contrasti dottrinari e giurisprudenziali tali da far ragionevolmente ritenere dubbio o incerto o poco plausibile l’indirizzo giurisprudenziale delineato dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2003, n. 865, solo in presenza dei quali avrebbe potuto pretendersi dall’amministrazione appaltante di supportare la propria scelta con pareri legali o della Corte dei Conti, come preteso dall’appellante.

 

4.2. La domanda risarcitoria non può trovare accoglimento neppure sotto il profilo della dedotta responsabilità precontrattuale, prospettata dall’appellante ex art. 1337 c.c. per aver l’amministrazione appaltante ingenerato un ragionevole ed incolpevole affidamento nella conclusione del procedimento di gara e nella successiva aggiudicazione dell’appalto.

 

Giova rilevare che, in linea di principio, i doveri di correttezza e buona fede, di cui è espressione l’art. 1337 c.c., nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, consistono nell’obbligo di rendere al partecipante alla gara in modo completo e tempestivo tutte le informazioni necessarie e sufficienti a salvaguardare la sua posizione, circa fatti o sulla rinnovata valutazione dell’interesse pubblico alla gara, che possano far ipotizzare fondatamente la revoca dei relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un ragionevole ed incolpevole affidamento sulla invece incerta conclusione del procedimento (C.d.S., sez. VI, 2 settembre 2011, n. 4921; 5 settembre 2011, n. 5002).

 

Sennonché nel caso in esame non solo l’amministrazione appaltante con la ricordata delibera di giunta comunale n. 804 del 21 novembre 2003 aveva disposto la sospensione della gara d’appalto indetta con la precedente delibera n. 541 del 7 agosto 2003 per l’affidamento della gestione del servizio calore degli immobili comunali, prima ancora che scadesse il termine per la presentazione delle offerte (termine fissato per il 24 novembre 2003), informandone tempestivamente in pari data la società appellante (giusta nota prot. n. 68350 del 21 novembre 2003), così che alcun legittimo e ragionevole affidamento può essersi ingenerato circa la conclusione del procedimento di gara e tanto meno sull’aggiudicazione della stessa (revocata con la delibera n. 857 del 10 dicembre 2003), per quanto i presunti comportamenti fonte di responsabilità precontrattuale finiscono sostanzialmente con il coincidere con quelli (o quanto meno ne costituiscono la fonte diretta) che hanno determinato la illegittimità della ricordata delibera di revoca, annullata con la sentenza impugnata, fatti in relazione ai quali non è stato rinvenuto sussistente il profilo soggettivo della responsabilità dell’amministrazione (sul punto si rinvia a quanto esposto sub 4.1.).

 

5. In conclusione l’appello deve essere respinto.

 

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Carbotermo S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, n. 6360 del 14 novembre 2007, lo respinge.

 

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

 

Francesco Caringella, Consigliere

 

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

 

Manfredo Atzeni, Consigliere

 

Doris Durante, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/09/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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