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Consiglio di Stato, Sez. V, 5/11/2012 n. 5589
Sulle caratteristiche del servizio di refezione scolastica.

La refezione scolastica attualmente assume le caratteristiche di servizio essenziale pur strumentale all'attività scolastica, in quanto funzionale a garantire l'attività didattica nelle forme di impegno temporale attualmente vigenti. Pertanto, l'attività in esame, pur in astratto ricadente tra le attività industriali, per il metodo di produzione adottato, non può ascriversi urbanisticamente e giuridicamente a tale categoria, in quanto è opera che assicura un servizio economico di interesse generale quale il servizio scolastico. Nel caso di specie, il fatto che alcuni pasti (600 previsti in convenzione) possano non essere acquistati dal Comune per le proprie scuole, bensì da altri istituti di istruzione e assistenza all'infanzia presenti nel Comune, non modifica e le caratteristiche e la natura giuridica del centro di produzione pasti. Pertanto, nel caso di specie, è legittima la scelta del Comune di realizzare un centro pasti anziché allestire delle cucine nelle singole scuole che nasce dalla necessità di abbattere i costi ed ampliare gli spazi dedicati all'attività didattica nelle singole strutture scolastiche.

Materia: servizi pubblici / disciplina

N. 05589/2012REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3326 del 2012, proposto da:

Maria Luigia Langella, Rosella Berselli, Riccardo Bigoni, Nadia Dondolini, Luciano Bigoni, Anna Apicella, Vincenza Zaccardo, Martino Formisano, Mario Matrone, Emanuela Pedduzza, Paolo Camurani, Valeria Fabbris, Leopoldo Camurani e Gabriella Luciana Barbieri, rappresentati e difesi dagli avv. Guglielmo Saporito e Barbara Predieri, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

 

contro

Comune di Sassuolo, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Giuffrè, Annamaria Grasso e Marina Baschieri, con domicilio eletto presso l’avv. Francesca Giuffrè in Roma, via dei Gracchi, 39;

Società Sassuolo Gestioni Patrimoniali, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Giuffrè, Marina Banchieri e Annamaria Grasso, con domicilio eletto presso l’avv. Francesca Giuffrè in Roma, via dei Gracchi, 39;

Markas Service Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Quadri e Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Lirosi in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

 

nei confronti di

Provincia di Modena;

CIR Food Soc. Coop. Italiana di Ristorazione, rappresentato e difeso dagli avv. Eugenio Dalli Cardillo e Arturo Cancrini, con domicilio eletto presso l’avv. Arturo Cancrini in Roma, via G. Mercalli, 13;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 00167/2012, resa tra le parti, concernente compatibilità urbanistico-edilizia per la realizzazione di un centro produzione pasti in area destinata ad attrezzature collettive.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Sassuolo e di Società Sassuolo Gestioni Patrimoniali e di Markas Service Srl e di CIR Food Soc. Coop. Italiana di Ristorazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 luglio 2012 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Giuffrè, Lirosi, Quadri e Dalli Cardillo;

 

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Bologna, sez. I, con la sentenza n. 167 del 5 marzo 2012, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dagli attuali appellanti per l’annullamento degli atti del Comune di Sassuolo preordinati alla realizzazione di un centro produzione pasti in Sassuolo e, in particolare, del titolo edilizio (permesso di costruire) rilasciato al soggetto esecutore dell'intervento edilizio; dei connessi atti di pianificazione diretta ed indiretta, nella parte relativa alla particella 269 del foglio 24 (Piano Operativo Comunale (POC) del Comune di Sassuolo, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 33 del 21 aprile 2009; RUE e del PSC del Comune di Sassuolo, adottati dal Comune con Delibera Consiliare del 23 ottobre 2007 e successivamente variati); della procedura di adozione ed approvazione, delle "modifiche d'ufficio" proposte dalla Soc. Sassuolo gestioni patrimoniali al RUE; degli atti che localizzano, con procedura mista di intervento pubblico privato, un centro di preparazione pasti; dei permessi, licenze ed autorizzazioni relativi a tale stabilimento produttivo, studi ed analisi dai quali si desume la realizzabilità dell'insediamento; della risposta negativa ad istanza di annullamento in autotutela, risposta contenuta nell'atto prot. n. 27 del 3 gennaio 2011; del piano economico finanziario relativo al centro di produzione relativo al centro di produzione pasti (ipotesi e risultati del piano), documento datato marzo 2010 e mai comunicato; degli atti che contraddicono la delibera di consiglio comunale 15 giugno 2006 n. 65 e la variante al PRG ivi prevista; dell'esecuzione dell'accordo stipulato ex art. 18 della L. R. 27 marzo 2000, n. 20, in data 15 giugno 2006 tra il Comune ed il Sig. Lauro Giacobazzi, in particolare dove (premesse ed art. 3, relazione illustrativa allegata, pag. 2) si prevede una cessione al Comune di un'area rendendo possibile il trasferimento di una mensa la cui localizzazione (via 28 Settembre) è incompatibile con il contesto residenziale (deliberazione di Consiglio Comunale n. 65 del 15 giugno 2006 e allegati); della delibera della giunta n. 212 del 1° settembre 2011 in tema di modifiche contrattuali al rapporto con l'impresa aggiudicataria della realizzazione e gestione del centro pasti; dell'atto integrativo alla convenzione 281 del 20 ottobre 2011.

 

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che il centro di produzione pasti costituisce un’opera pubblica, inserita nel piano triennale delle opere pubbliche, che dovrà essere realizzata mediante il sistema della finanza di progetto di cui agli articoli 153 del D. lgs 163 del 2006 con impresa individuata a seguito di gara pubblica.

 

Rilevava, inoltre, il TAR che il centro di produzione pasti dovrà garantire il servizio di refezione scolastica per tutte le scuole comunali, stimato in circa 200.000 pasti annui, e che era prevista la possibilità eventuale di fornire pasti anche a strutture private nella misura massima di 100.000 pasti annui.

 

Osservava ancora il TAR che l’area su cui sorge l’opera pubblica è urbanisticamente destinata a “spazi per attrezzature collettive”; anzi, per il TAR, pacificamente l’area è destinata ad attrezzature collettive e, quindi, alla realizzazione di opere pubbliche: la realizzazione di un centro pasti a servizio delle scuole comunali costituisca un’opera pubblica che rientra tra le attrezzature collettive contemplate dalla destinazione urbanistico-edilizia dell’area.

 

Per il TAR, il fatto che nella prescrizione urbanistica vi sia la precisazione “di quartiere” nella destinazione urbanistica originaria non muta il quadro normativo di riferimento essendo ben possibile realizzare un’opera pubblica funzionale alle scuole di diversi quartieri poiché la norma non preclude che le attrezzature collettive di quartiere non possono essere funzionali a più quartieri nella logica di un principio di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa.

 

Infine, per il TAR, non appare rilevante se la destinazione sia semplicemente Coll – L oppure Coll – L - istruzione e se in proposito vi sia stata una variante effettiva successiva oppure una semplice correzione dell’erronea indicazione originaria, che non muta la destinazione urbanistica originaria, come sostenuto dal Comune, in quanto l’attrezzatura pubblica costituita dal centro pasti è destinata alle scuole e, quindi, è del tutto funzionale all’istruzione rappresentandone un aspetto complementare necessario.

 

Il TAR ha, inoltre, ritenuto inammissibili i motivi aggiunti di ricorso nella parte in cui si contestano le condizioni contrattuali relative alla gara per l’individuazione del promotore ed esecutore dell’opera, per carenza di legittimazione dei ricorrenti, cittadini residenti, potendo, semmai, dette doglianze essere fatte valere solo dai concorrenti alla procedura di gara per l’affidamento della realizzazione dell’opera pubblica, estranei al presente giudizio.

 

L’appellante contestava la sentenza del TAR chiedendo l’accoglimento dell’appello.

 

Si costituivano il Comune, la stazione appaltante, Markas Service e Cir Food chiedendo il rigetto dell’appello.

 

All’udienza pubblica del 31 luglio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Rileva il Collegio che gli appellanti chiedono l’annullamento degli “atti della procedura edilizia” a partire dal permesso di costruzione “se e quando rilasciato dal Comune di Sassuolo”, al soggetto esecutore dell’intervento edilizio; una siffatta impugnazione, astratta, ipotetica e generica, equivale evidentemente ad un’assenza di impugnazione del titolo edilizio abilitativo alla costruzione, cosicché gli effetti di questo si sono ormai consolidati.

 

Le censure di illegittimità derivanti dagli atti presupposti dovevano, infatti, comunque essere fatti valere mediante espressa impugnazione del provvedimento finale, in mancanza della quale deve considerarsi consolidato e produttivo di effetti giuridici il titolo edilizio finale, non più suscettibile di annullamento giurisdizionale.

 

In particolare, gli odierni appellanti non hanno impugnato la delibera della Giunta Comunale n. 241 del 29 settembre 2011, con la quale è stato approvato il progetto definitivo-esecutivo relativo alla costruzione del centro cottura; l’approvazione di tale progetto, come è noto, ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.P.R. n. 380-01, costituisce il titolo abilitativo alla realizzazione dell’opera, titolo che, dunque, non è stato contestato, derivandone il consolidamento dei relativi effetti giuridici.

 

Come è noto, infatti, in materia di edilizia, anche le opere eseguite dai Comuni sono soggette all'obbligo di conformarsi alle disposizioni urbanistiche vigenti e ai relativi controlli salvo restando che, per effetto dell'art. 7 del d.P.R. n. 380 del 2001 e della contestuale abrogazione del D.L. n. 398 del 1993 e successive modifiche, per dette opere non è richiesto il previo rilascio del permesso di costruire, cui deve ritenersi equipollente, infatti, la delibera del consiglio o della giunta comunale accompagnata da un progetto riscontrato conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie (cfr. Cassazione penale, sez. III, 2 aprile 2008, n. 18900).

 

Pertanto, la mancata impugnazione del titolo edilizio, atto cui è ascrivibile la lesione dell’interesse legittimo ipotizzata dagli odierni appellanti, determina l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado e, di conseguenza, la reiezione del relativo appello.

 

Con riguardo agli atti della procedura di gara che interferiscono con gli aspetti edilizi e, in particolare, in relazione agli atti nei quali il Comune prevede la possibile produzione dei pasti per soggetti privati, estranei alle scuole di Sassuolo, cioè una produzione incompatibile con la destinazione urbanistica ad attrezzature di quartiere, si deve rilevare che gli atti di gara ed in particolare il PEF stabilivano che il centro produzione pasti era destinato a soddisfare le esigenze di refezione scolastica del comune di Sassuolo per un numero di pasti da quantificarsi in 1.400, che la produzione giornaliera non poteva superare 2.000 pasti e che i concorrenti avevano la facoltà di destinare i 600 pasti risultanti dalla differenza tra pasti per la refezione scolastica e pasti massimi producibili “alla fornitura di pasti a strutture analoghe” ossia asili nido o scuole primarie gestite da privati o ad attività di tipo ospedaliero o residenza per anziani.

 

La produzione di tali pasti era del tutto facoltativa e costituiva un’opportunità che gli offerenti potevano considerare.

Quindi i 600 pasti previsti non possono essere destinati a soddisfare esigenze di utenti/consumatori privati, ma esigenze di interesse generale ascrivibili agli alunni delle scuole sia private che pubbliche, purché insistenti sul territorio comunale.

In relazione a tale precisazione, non può derivare alcun pregiudizio agli attuali appellanti, poiché il centro cottura non può servire per preparare pasti destinati a servizi non ascrivibili a quelli di interesse strumentale alla comunità scolastica.

Ogni violazione costituirebbe un abuso edilizio, di rilievo anche penale, oltre che sanzionabile sotto il profilo amministrativo.

 

Occorre aggiungere, in via generale, che la refezione scolastica attualmente assume le caratteristiche di servizio essenziale pur strumentale all’attività scolastica, in quanto funzionale a garantire l’attività didattica nelle forme di impegno temporale attualmente vigenti.

 

Pertanto, l’attività in esame, pur in astratto ricadente tra le attività industriali, per il metodo di produzione adottato, non può ascriversi urbanisticamente e giuridicamente a tale categoria, in quanto è opera che assicura un servizio economico di interesse generale quale il servizio scolastico.

 

Il fatto che alcuni pasti (600 previsti in convenzione) possano non essere acquistati dal Comune per le proprie scuole, bensì da altri istituti di istruzione e assistenza all’infanzia presenti nel Comune, non modifica evidentemente le caratteristiche e la natura giuridica del centro di produzione pasti in contestazione.

 

Fermo restando tali assunti, che rivelano la non contrarietà alla legge delle scelte pianificatorie e di destinazione urbanistica effettuate dal Comune, si deve altresì precisare che queste ultime sono a carattere tecnico e implicano valutazioni di merito sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo il caso in cui le stesse siano viziate da arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza, ovvero dal travisamento di fatti in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1191).

 

Nel caso di specie tali elementi non si ravvisano poiché il centro cottura pasti per le scuole deve essere collocato in una posizione tale da consentire una rapida consegna dei pasti al fine di mantenere l’integrità degli stessi, la migliore qualità possibile e soprattutto il rispetto degli orari di mensa; esso non può essere collocato in una zona industriale generale per il ragionevole rischio di alterazione dei cibi e delle materie prime che li compongono; la scelta del Comune di realizzare un centro pasti anziché allestire delle cucine nelle singole scuole nasce dalla necessità di abbattere i costi ed ampliare gli spazi dedicati all’attività didattica nelle singole strutture scolastiche; infine, del tutto ragionevolmente il Comune ha eliminato il riferimento al quartiere per il centro cottura per rendere aderente la pianificazione alla realtà sociale e territoriale di Sassuolo.

 

Infatti, la suddivisione COLL-U e COLL-L dei servizi a scala comunale appare eccessivamente articolata per la dimensione territoriale a cui si riferisce con l’illogica conseguenza di dover collocare le scuole primarie nelle aree a destinazione COLL-L e le scuole secondarie inferiori nelle aree a destinazione COLL-U, quando entrambe sostanzialmente servono il medesimo bacino di utenza.

 

Pertanto, la modifica riguarda l’intero territorio e trova giustificazione in finalità di interesse generale e non nella supposta volontà di pregiudicare gli odierni ricorrenti.

 

Infine, in relazione alla contestazione delle condizioni contrattuali relative alla gara per l’individuazione del promotore ed esecutore dell’opera, si deve confermare quanto affermato dal TAR circa la carenza di legittimazione dei ricorrenti, poiché dette doglianze possono essere fatte valere solo dai concorrenti alla procedura di gara per l’affidamento della realizzazione dell’opera pubblica.

 

Alla luce delle suesposte argomentazioni l’appello deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto in quanto infondato.

 

Le spese di lite possono essere compensate sussistendo giusti motivi.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

 

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.

 

Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente

 

Manfredo Atzeni, Consigliere

 

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

 

Doris Durante, Consigliere

 

Nicola Gaviano, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/11/2012

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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