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Consiglio di Stato, Sez. V, 16/4/2013 n. 2084
Sull'illegittimità dell'utilizzazione di capitali di una società strumentale per partecipare, attraverso la creazione di una società di terzo grado, a gare ad evidenza pubblica.


L'utilizzazione di capitali di una società strumentale per partecipare, attraverso la creazione di una società di terzo grado, a gare ad evidenza pubblica comporta, sia pure indirettamente, l'elusione del divieto di svolgere attività diverse da quelle consentite a soggetti che godano di una posizione di mercato avvantaggiata. Né può costituire valido argomento a contrario la previsione dello scorporo di attività non più consentite alle società strumentali di cui al c. 3 dell'art. 13 del "Decreto Bersani", dovendosi tale disposizione intendere nell'unico senso compatibile con il divieto imposto alle società strumentali di partecipare ad enti, sancito dal c. 1 del medesimo articolo e cioè come volta a costituire un nuovo soggetto societario, destinato a concorrere in pubbliche gare per lo svolgimento di un servizio di interesse generale, che non comporti l'intervento finanziario dell'ente strumentale. Su tale base, è agevole affermare che la partecipazione al confronto concorrenziale mediante una partecipata (nel caso di specie al 100%) consente alla controllante di essere attiva sul mercato, ed il fatto che ciò avvenga formalmente mediante un soggetto distinto costituisce un'evidente elusione del dettato normativo. Né può sostenersi, nel caso di specie, che le società finanziarie, (categoria alla quale appartiene Finmolise s.p.a.), sono escluse dall'ambito di applicazione dell'art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, ai sensi del suo primo comma, ultima parte (le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti). La norma richiamata infatti legittima le suddette società ad assumere partecipazioni in altre società o enti, strumento spesso indispensabile per lo svolgimento della loro attività. Il che non consente la costituzione di una società controllata stabilmente operante sul mercato, ma solo l'assunzioni di partecipazioni minoritarie e tendenzialmente temporanee.


Materia: società / partecipazione pubblica

N. 02084/2013REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4268 del 2012, proposto da:

Regione Molise, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Anello, con domicilio eletto presso l’avv. Pietro Anello in Roma, via Po’, 102;

 

contro

Confidi Rating Italia, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Nerio Carugno, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Largo Arenula, 34;

 

nei confronti di

Unicredit Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Tozzi, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Nunziante Magrone in Roma, piazza di Pietra, 26;

MR Investments di Vittorio Morelli & C, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Anello, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Po’, 102;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE – CAMPOBASSO, SEZIONE I n. 00213/2012, resa tra le parti, concernente provvedimenti strutturati per contrastare la crisi economica e finanziaria – mcp.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Confidi Rating Italia e di Unicredit Spa e di MR Investments di Vittorio Morelli & C;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Anello, Carugno e Tozzi;

 

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, con la sentenza n. 509 del 4 ottobre 2012, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellata Confidi Rating Italia s.p.a., annullando i seguenti atti: delibera della Giunta Regionale del Molise n. 542 datata 11 maggio 2009, avente ad oggetto “provvedimenti strutturati per contrastare la crisi economica e finanziaria che colpisce la Regione Molise, linee di indirizzo operativo” e relativi allegati; delibera di G.R. n. 812 datata 3 agosto 2009 e relativo allegato A-1 contenente il Regolamento della convenzione e lo schema di convenzione; delibera di G.R. n. 813 datata 3 agosto 2009, non pubblicata, avente ad oggetto “attivazione del Fondo unico anticrisi e approvazione della convenzione con Finmolise S.p.A.” e relativi allegati; delibera di G.R. n. 413 datata 15 aprile 2009, avente ad oggetto la trasformazione in house di Finmolise, non pubblicata integralmente; delibera di G.R. n. 1240 datata 21 dicembre 2009, avente ad oggetto “DRG n. 815 del 3 agosto 2009 – determinazione e approvazione degli schemi di convenzione”; delibera di Consiglio regionale n. 168 datata 12 agosto 2011 avente ad oggetto “Finmolise S.p.A., sentenza del TAR Molise n. 412 del 24 giugno 2011 – provvedimenti”; delibera di G.R. n. 564 datata 26 luglio 2011.

 

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che parte ricorrente in primo grado aveva partecipato alla gara per l’affidamento del servizio di gestione del Fondo di garanzia della Regione Molise, finalizzato ad agevolare l’accesso al credito delle PMI., indetta dalla Regione Molise, in esecuzione della misura 4.4 del POR Molise 2000-2006 e si era aggiudicata una quota della sezione del Fondo di garanzia, stipulando la relativa convenzione, con durata fino al 31 dicembre 2008; successivamente, la Regione Molise, nel 2009 istituiva il Fondo unico anticrisi, affidandone la gestione in house alla Finmolise S.p.A. ed attivando contestualmente un sistema di garanzie, che pure veniva affidato alla società finanziaria regionale Finmolise.

 

Rileva il TAR, in via preliminare, come sia evidente che: il ricorrente in primo grado avesse interesse a contestare la decisione della Regione Molise di procedere con il predetto affidamento in house, oggetto del gravame, in luogo del procedimento di evidenza pubblica nell’aggiudicazione del nuovo servizio finanziario, avente cospicuo valore economico.

 

Rileva il TAR, sempre in via preliminare, che la Regione Molise, nel 2009, con alcune delibere di Giunta Regionale, aveva già istituito il Fondo unico anticrisi, affidandone la gestione in house alla Finmolise S.p.A., e attivando contestualmente un sistema di garanzie, che pure era dato in gestione alla società finanziaria regionale Finmolise (fondi per complessivi 50 milioni di euro e gestione di servizi di prestazione di garanzie e controgaranzie); tuttavia, su ricorso del medesimo ricorrente in primo grado il TAR aveva annullato tali atti giuntali regionali, con la sentenza n. 411 del 24 giugno 2011, rilevando l’incompetenza funzionale dell’organo giuntale): il Consiglio Regionale ha riproposto il contenuto degli atti annullati, con la delibera di Consiglio Regionale n. 168 del 12 agosto 2011, oggetto del presente giudizio.

 

Rileva il TAR, ancora in via preliminare, che l’impugnazione, contenuta nel ricorso di primo grado, delle delibere di Giunta Regionale del 2009 appare superflua, trattandosi di atti già annullati in via giurisdizionale, di guisa che, per tale aspetto, il gravame è tempestivo e ammissibile, anche sotto il profilo della novità dell’impugnazione e del rispetto del principio ne bis in idem; l’attenzione del Collegio si è, quindi, concentrata sull’impugnata delibera di Consiglio Regionale n. 168-2011.

 

Secondo il TAR, l’art. 3, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008), subordinando l’assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle partecipazioni attuali nelle società pubbliche o miste alla previa deliberazione dell’organo competente (che per l’art. 6 dello Statuto regionale del Molise spetta al Consiglio regionale ), l’organo regionale competente a decidere l’acquisizione di quote del capitale sociale di Finmolise S.p.A. non è la Giunta Regionale, ma il Consiglio e il Consiglio Regionale non può ratificare il deliberato giuntale dopo l’annullamento giurisdizionale del medesimo.

 

Infatti, per il TAR, per ovviare alle conseguenze dell’annullamento giurisdizionale, la Regione avrebbe dovuto reiterare e rpi comunitari e nazionali in tema di libero mercato e di trasparenza degli appalti e contratti pubblici, conclude il TAR, la Regione Molise deve seguire, per l’affidamento del servizio di gestione del Fondo di garanzia della Regione Molise, la regola della gara pubblica.

 

L’appellante Regione contestava il dispositivo del TAR, richiamando integralmente tutti i motivi di impugnazione già rappresentati nell’atto introduttivo del presente giudizio: inammissibilità, irricevibilità del ricorso di primo grado - violazione del principio del “ne bis in idem” - consumazione del diritto all’impugnazione in primo grado; carenza di legittimazione al ricorso da parte del ricorrente. Difetto d’interesse; inammissibilità/infondatezza del ricorso di primo grado - adeguamento della Regione alle statuizioni della precedente sentenza del TAR Molise n. 411-2011 in merito all’acquisto delle azioni di Finmolise; violazione e falsa applicazione degli artt. 119 e 120 del codice del processo amministrativo.

 

L’appellante Regione, con motivi aggiunti, contestava la sentenza del TAR successivamente depositata per i seguenti profili: illegittimità della sentenza - violazione del principio del ne bis in idem, difetto di motivazione - errata valutazione dell’interesse a ricorrere, errata valutazione dei presupposti di fatto. Illegittimità della sentenza, difetto e incongruità della motivazione - violazione dei principi sulla qualificazione degli atti amministrativi - contraddittorietà per travisamento dei fatti. Errata applicazione delle norme sulla competenza della Giunta Regionale, violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 22 dello Statuto della Regione Molise e dell’art. 5 della l.r. 1-2009. Error in iudicando, violazione del divieto di extra petizione e ultra petizione ex art 39 c.p.a. e 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del “decreto Bersani” - violazione e falsa applicazione delle regole che disciplinano la c d “cross-subsidization” e l’attività delle società di “terza generazione”.

 

Si costituiva la parte appellata Confidi Rating Italia ed i controinteressati MR Investments s.a.s. e Unicredit s.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello.

 

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato.

 

Il Collegio deve preliminarmente rilevare che questa Sezione, con la sentenza n. 3954 del 6 luglio 2012, ha accolto l’appello proposto dalla Regione Molise avverso la sentenza del TAR Molise n. 411 del 24 giugno 2011, che aveva annullato gli atti giuntali regionali descritti in parte narrativa, rilevando l’incompetenza funzionale dell’organo giuntale, atti che il Consiglio Regionale ha riproposto e che sono oggetto di questo giudizio (in particolare, la cit. delibera di Consiglio Regionale n. 168 del 12 agosto 2011).

 

Questa Sezione, con la cit. sentenza n. 3954 del 6 luglio 2012, ha inoltre accolto l’appello incidentale e confermato, con diversa motivazione, la sentenza gravata, accogliendo il ricorso di primo grado ed annullando i provvedimenti impugnati.

 

In quel giudizio, la Sezione ha stabilito che, ove pure la Finmolise possa essere, in proprio, in possesso dei requisiti per essere affidataria di servizi “in house” ex art 13, non lo è la controllata, che continua a svolgere attività finanziaria operando sul mercato, con la conseguenza che è esclusa in radice la possibilità di effettuare l’operazione societaria in oggetto, a prescindere dalla competenza amministrativa ad assumere i relativi atti.

 

Si osserva, infatti, in parallelo con quanto già stabilito da questa Sezione con la predetta sentenza n. 3954 del 6 luglio 2012 che Confidi rating Italia è un consorzio tra imprese ex art. 2602 c.c., avente per oggetto sociale la gestione di contributi, garanzie e finanziamenti da parte di terzi, enti pubblici, privati, imprese consorziate e quindi soggetto operante nel medesimo settore economico della Finmolise s.p.a..

 

Quest’ultima è stata costituita dalla Regione Molise con legge regionale n. 11 del 1979, ed è stata successivamente disciplinata con legge regionale del Molise n. 28 del 7 novembre 2003, come società mista a maggioranza pubblica (disciplina poi modificata con l.r. n. 27 del 26 ottobre 2009, nel senso della trasformazione in società a totale partecipazione pubblica regionale).

 

In data 27 giugno 2008, Finmolise s.p.a. con delibera assembleare ha trasferito alla propria controllata Finmolise sviluppo e servizi s.r.l. il ramo d’azienda preposto all’esercizio di quella parte dell’oggetto sociale che riteneva, in virtù del cd. decreto Bersani (d.l. n.223 del 2006), non potesse essere oggetto di attività svolta in house.

 

In data 15 aprile 2009, la Giunta regionale del Molise ha, quindi, deliberato l’acquisto dell’intero pacchetto azionario, modificando così la partecipazione di maggioranza in totalitaria e in data 3 agosto 2009, la costituzione di un fondo regionale di garanzia, al fine di favorire, nel periodo di crisi economica, l’accesso al credito delle imprese.

 

Nell’articolo 6 della convenzione, con la quale la Giunta regionale ha conferito in via diretta la gestione di detto fondo di garanzia alla Finmolise s.p.a., è stata inserita una clausola risolutiva espressa in caso di venir meno di uno dei presupposti legittimanti la concessione in house di tale servizio.

 

Con l’articolo 9 della citata l.r. Molise n. 27 del 26 ottobre 2009, inoltre, è stata introdotta una modifica dello statuto della Finmolise s.p.a., in particolare, al comma 2 della previgente l.r. n. 28 del 2003, nel senso che “socio unico di Finmolise s.p.a. è la Regione, la quale esercita sulla società, oltre che attività di direzione e coordinamento, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2497 e seguenti del codice civile, un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi"; al comma 3 nel senso che “la partecipazione azionaria non è cedibile"; sempre al comma 3 nel senso che “qualora per una qualsiasi ragione venga meno la partecipazione totalitaria della Regione, la Finmolise s.p.a. si scioglie a norma dell'articolo 2484, primo comma, n. 7, del codice civile".

 

La controversia di allora e del presente giudizio riguarda la legittimità, alla stregua della normativa pro tempore, degli atti con i quali la Regione Molise ha acquisito al proprio patrimonio l’intero capitale sociale di Finmolise s.p.a., in precedenza detenuto in parte da privati con assetto tale da consentirle l’affidamento di servizi senza il previo esperimento di procedimenti di raffronto fra gli operatori del settore, secondo le previsioni dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, cosiddetto decreto Bersani.

 

La Regione appellante contesta la carenza dell’interesse a ricorrere in capo alla parte ricorrente in primo grado in relazione alla delibera (n. 413/2009) con la quale è stato deciso l’acquisto della parte del capitale sociale di Finmolise s.p.a. di proprietà di privati, in tal modo rendendola società in house a totale partecipazione pubblica.

 

Il motivo di appello non può essere condiviso, poiché l’odierna appellata, in quanto operatrice attiva nel mercato del finanziamento alle imprese anche attraverso la gestione di fondi pubblici ha un evidente interesse personale e qualificato a che il settore resti aperto alla concorrenza, fermo restando l’ambito di discrezionalità a disposizione delle amministrazioni per l’impostazione delle proprie scelte.

 

E’ vero quindi, osserva il Collegio, che le deliberazioni in vertenza costituiscono esplicazione delle scelte discrezionali dell’amministrazione in ordine all’organizzazione del servizio di cui si tratta, ma esse sono collegate in sequenze procedimentali volte anzitutto a costituire una società strumentale per la gestione del servizio “in house” e quindi all’affidamento diretto ad essa di specifiche attività (gestione di fondi e prestazione di garanzie in particolare) e quindi alla sottrazione del medesimo alla concorrenza.

 

Deve, di conseguenza, essere riconosciuto l’interesse ad agire dell’appellata, che in base a puntuale previsione statutaria, per quanto consta agli atti, ha gestito e gestisce tuttora fondi pubblici erogati da Enti come la Regione Molise, la provincia di Campobasso, il Comune di Termoli ed altre istituzioni (così per affermazione del Consorzio non contestata dalla Regione).

 

Né può sostenersi la tardività dell’impugnazione della medesima delibera n. 413-2009, preordinata all’affidamento “in house” del servizio, in quanto l’effetto lesivo nei confronti del ricorrente in primo grado è avvenuto con l’affidamento di servizi alla Società, divenuta ad integrale partecipazione pubblica, senza provocare il confronto con altri operatori del mercato.

 

La deliberazione di cui si tratta costituisce atto che è preordinato all’affidamento di servizi senza gara e che correttamente la Confidi ha impugnato come atto con il quale la lesione si è poi tradotta in atti definitivamente lesivi in relazione a specifici servizi.

 

E la Confidi, ha impugnato le successive delibere sopravvenute in termini di cui non è contestabile la tempestività, nemmeno in questo giudizio, atteso che, come è stato ben messo in rilievo dal TAR, la sentenza di annullamento oggetto del presente giudizio ha cancellato gli atti impugnati ex tunc, cioè retroattivamente, determinandone l’eliminazione dal mondo giuridico, sicché una volta caducati essi non possono costituire legittimo presupposto di un successivo provvedimento di convalida o di ratifica o di conferma.

 

L’eccezione di violazione del ne bis in idem, che può svolgersi in parallelo ed in controluce rispetto a quella di tardività e che è oggetto dell’atto d’appello, potrebbe essere apprezzata solo laddove nella prima sentenza del TAR, quella che ha dichiarato l’incompetenza, fossero stati esaminati tutti i motivi di ricorso; i motivi sostanziali, invece, sono stati assorbiti e, se pure riemersi con l’appello incidentale nel giudizio concluso con la sentenza cit. di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2012, essi sono stati e rimangono assorbiti, con la conseguenza che su di essi non può formarsi il giudicato preclusivo di un successivo ricorso al TAR; l’eccezione di violazione del ne bis in idem potrebbe essere apprezzabile in questo grado di giudizio, solo in relazione al diverso esito del primo giudizio avanti al TAR per effetto della sentenza cit. di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2012 che ha accolto i motivi assorbiti; ma l’apprezzamento di tale eccezione deve intendersi non nel senso di far ritenere inammissibile il ricorso, ovvero l’appello, bensì, semmai di rafforzare l’impianto decisorio della sentenza del TAR qui impugnata, poiché la sentenza predetta di questo Consiglio, come anticipato, ha stabilito che non è possibile in radice compiere l’operazione di affidamento senza gara in oggetto, operazione, dunque, che non può essere completata né a livello di giunta, né a livello di Consiglio regionale, con la successiva delibera di Consiglio Regionale n. 168 del 12 agosto 2011; delibera, quest’ultima che sarebbe, anzi, emessa in violazione della sentenza di questa Sezione n. 6525 del 6 luglio 2012 e, una volta passata in giudicato quest’ultima, recisamente e giuridicamente nulla ex art. 21-septies l. 241 del 1990 (ed ex art. 34, comma 4, c.p.a., in relazione alla sua rilevabilità d’ufficio).

 

La sentenza di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2012 ha stabilito, peraltro, che la Giunta ha utilizzato il potere espressamente attribuitole dalla legge regionale, in osservanza dell’art. 22, lett. m), dello Statuto, ai sensi del quale essa è chiamata ad “esercitare ogni altra funzione ad essa conferita dalla Costituzione, dal presente Statuto e dalle leggi”, rendendo così irrilevante l’attività svolta dal Consiglio regionale dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado.

 

Nel merito e nella sostanza della controversia la sentenza di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2014 ha osservato che la scelta di affidamento in house alla Finmolise (intervenuto prima della vigenza della l.r. n. 27-2009, non applicabile quindi pro tempore nella odierna vertenza) non esplicita sul piano amministrativo una ponderata riflessione sulle ragioni per le quali si ritiene di non avvalersi dell’ordinario ricorso al mercato, come emerge dai principi comunitari e di legislazione esclusiva statale (di cui è espressione l’articolo 23 bis, commi 3 e 4 del d.l. n. 112 del 2008, richiamato dal TAR e abrogato dal 21 luglio 2011° seguito di referendum; arg. sul punto da C.S., V, 8 febbraio 2011, n. 854). Come esattamente affermato dal TAR , con riflessione però assorbita dal rilievo della incompetenza giuntale: nel caso di specie, non si rinviene una specifica motivazione che espliciti, in tal senso, le ragioni di una scelta che, peraltro, viste le restrizioni e le incertezze che desta sul piano applicativo, deve senz’altro essere valutata in termini di eccezione alla regola.

 

La Regione obbietta che tale motivazione emerge dalle deliberazioni in vertenza che però, osserva il Collegio, non approfondiscono tale specifico tema. D’altra parte non sono suscettibili di considerazione (cfr. C.S, VI, 18 ottobre 2011, n. 5598 e 19 agosto 2009, n. 4993) le generiche argomentazioni integrative svolte in sede processuale circa il contenimento dei costi per il sovvenzionamento delle imprese e, in particolare, per la Regione “la quale, nella ipotesi di ricorso al mercato, avrebbe sicuramente sopportato gli ingenti costi di una procedura ad evidenza pubblica…”

 

Ma al di là di tale carenza, il quadro operativo di riferimento, per vero complesso, appare caratterizzato da interventi, che prestano il fianco a rilievi sostanziali.

 

Come rilevato dall’appellante l’itinerario regionale non appare rispettoso dei principi di concorrenza ai quali si ispira il decreto legge n. 223/2006 cd. Decreto Bersani.

 

L’art. 13 del predetto decreto, nel testo pro tempore (prima della vigenza della legge modificativa recata dall’art. 48 della legge 99-2009), stabilisce infatti che:

 

- (comma 1 ) al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti.

 

Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti

 

- (comma 2) le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.

 

- (comma 3) al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società …

 

Anzitutto la Finmolise s.p.a. non ha le caratteristiche della società strumentale, fornendo anche servizi rivolti al pubblico, in particolare in favore delle piccole e medie imprese e quindi attività non consentite nel contesto della strumentalità delineato pro tempore dal decreto Bersani.

 

E’ stato affermato in giurisprudenza che l’enunciato dell'art. 13 D.L. 223-06 rende evidente che la limitazione della legittimazione negoziale delle società strumentali si riferisce a qualsiasi prestazione a favore di soggetti terzi rispetto agli enti costituenti, partecipanti o affidanti

 

La qualificazione differenziale tra attività strumentali e gestione di servizi pubblici deve essere riferita all'oggetto sociale delle imprese. Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, colpisce le società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società destinate a gestire servizi pubblici locali, che esercitano attività d’impresa di enti pubblici: esso è posto al fine di separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione (Corte cost., sentenza n. 328 del 2008; così C.S., V, 22 marzo 2010, n.1651).

 

Il Collegio osserva anzitutto che la normativa statale pro tempore (gli atti in vertenza sono stati adottati prima della entrata in vigore della legge 23 luglio 2009, n. 99, avvenuta dopo l’ordinaria “vacatio legis” seguita alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 31 luglio 2009, eccetto la delibera giuntale n. 1240, peraltro attuativa delle precedenti delibere e quindi viziata in via derivata) per la configurazione della strumentalità richiede un rigoroso requisito di esclusività (le società strumentali devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti).

 

Quanto alla legislazione regionale, nello statuto originario della Finmolise (l.r. 7 novembre 2003, n. 28) erano previste numerose attività d’impresa, a carattere finanziario, verso terzi rivolte al mercato (v. art. 4), divenute incompatibili in relazione d.l 223-2006.

 

Lo statuto con le modifiche avviate con DGR 20 marzo 2009 e con delibera dell’assemblea degli azionisti FINMOLISE 27 marzo 2009 successivamente ha ridimensionato tali attività, che tuttavia sia pure in collegamento con la Regione sembrano rivolte almeno per alcuni aspetti al mercato e non esclusivamente limitate ai rapporti con la Regione., derogando allo schema originario della strumentalità ex art. 13.

 

Sono sopravvenute disposizioni legislative statali (23 luglio 2009, n. 99) e regionali (26 ottobre 2009, n. 27) che hanno da un lato espunto l’avverbio esclusivamente (ferma restando la esclusività dell’oggetto sociale, ex comma 2 dell’art. 13 citato) e dall’altro hanno modificato lo statuto della Finmolise.

 

Tali disposizioni nella specie non sono rilevanti perché non riconducibili alla normativa pro tempore e risultano se mai applicabili in sede di rinnovazione procedimentale. In questi limiti e salve le predette rinnovazioni, sono condivisibili alcune annotazioni critiche dalla Confidi in ordine alla strumentalità della Finmolise ex art. 13.

 

La Finmolise ha provveduto a scorporare le attività non consentite agli enti strumentali, affidandole alla propria controllata Finmolise sviluppo e servizi e successivamente ha concentrato nella Regione le proprie azioni per potere diventare società in house della stessa Regione e beneficiare dei relativi affidamenti diretti; ma lo ha fatto creando una società di terzo grado, estranea al decreto Bersani, e sostanzialmente sovrapponibile, quanto agli organi, al personale e alla sede, alla nuova Finmolise:

 

- la Regione Molise ha reso totalitaria la sua partecipazione in Finmolise s.p.a.;

 

- in data 27 giugno 2008 Finmolise s.p.a. con delibera assembleare ha poi trasferito alla propria controllata Finmolise sviluppo e servizi s.r.l. il ramo d’azienda preposto all’esercizio di quella parte dell’oggetto sociale che riteneva, in virtù del decreto Bersani (d.l. n. 223 del 2006, sopra citato), non potesse essere oggetto di attività svolta in house;

 

- peraltro, Finmolise non ha rescisso il rapporto di controllo con Finmolise sviluppo e servizi s.r.l., così che lo scorporo del 2008 allo stato degli atti appare, per quel che qui rileva, meramente formale, impedendo di considerare come separata la società Finmolise sviluppo e servizi s.r.l..

 

- in particolare, oltre a numerosi elementi di sovrapponibilità organizzativa e operativa tra le due società (evidenziati dalla appellante incidentale), come affermato dalla stessa Regione, solo successivamente agli atti in vertenza si è proceduto alla nomina di un Consiglio di amministrazione di Finmolise S.p.a.(verbale d’assemblea del 9 aprile 2010) con tutti i membri diversi da quelli che detenevano cariche della Finmolise sviluppo e servizi s.r.l.;

 

- di conseguenza, ove pure la Finmolise possa essere, in proprio, in possesso dei requisiti per essere affidataria di servizi “in house” ex art 13, non lo è la controllata, che continua a svolgere attività finanziaria operando sul mercato.

 

In via di principio va considerato l’insegnamento della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che con sentenza 4 agosto 2011, n. 17, ha affermato che l’utilizzazione di capitali di una società strumentale per partecipare, attraverso la creazione di una società di terzo grado, a gare ad evidenza pubblica comporterebbe, sia pure indirettamente, l’elusione del divieto di svolgere attività diverse da quelle consentite a soggetti che godano di una posizione di mercato avvantaggiata (V Sez., n. 1037/10 cit.).

 

Né può costituire valido argomento a contrario la previsione dello scorporo di attività non più consentite alle società strumentali di cui al comma 3 dell’art. 13 del “Decreto Bersani”, dovendosi tale disposizione intendere nell’unico senso compatibile con il divieto imposto alle società strumentali di partecipare ad enti, sancito dal comma 1 del medesimo articolo e cioè come volta a costituire un nuovo soggetto societario, destinato a concorrere in pubbliche gare per lo svolgimento di un servizio di interesse generale, che non comporti l’intervento finanziario dell’ente strumentale (cfr. dec. n. 1037 cit.).

 

Su tale base, è agevole affermare che la partecipazione al confronto concorrenziale mediante una partecipata (nel caso di specie al 100%) consente alla controllante di essere attiva sul mercato, ed il fatto che ciò avvenga formalmente mediante un soggetto distinto costituisce un’evidente elusione del dettato normativo.

 

Né può sostenersi che le società finanziarie, categoria alla quale appartiene Finmolise s.p.a., sono escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, ai sensi del suo primo comma, ultima parte (le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti).

 

La norma richiamata infatti legittima le suddette società ad assumere partecipazioni in altre società o enti, strumento spesso indispensabile per lo svolgimento della loro attività,.

 

Il che non consente la costituzione di una società controllata stabilmente operante sul mercato, ma solo l’assunzioni di partecipazioni minoritarie e tendenzialmente temporanee (v. art. 4 comma 1 lett. a dello statuto Finmolise del 2003, al riguardo non modificato dalla legge regionale n. 27 del 2009).

 

Pertanto, si deve ritenere sia l’irrilevanza degli atti regionali successivi, come deciso dalla sentenza di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2012, rispetto ai quali si deve confermare, incidentalmente il percorso argomentativo relativamente agli atti presupposti, già oggetto del giudizio della predetta sentenza di questa Sezione n.3954 del 6 luglio 2012); sia il fatto che tali atti regionali non avrebbero comunque potuto incidere sulla decisione amministrativa oggetto del presente giudizio, sia sotto il profilo della competenza (come stabilito, si ribadisce dall’anzidetta sentenza di questa Sezione n. 3954 del 6 luglio 2012), sia sotto il profilo della inammissibile convalida di un provvedimento già annullato dal TAR, come correttamente sancito dalla sentenza qui impugnata.

 

Pertanto, alla luce delle suddette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

 

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza in favore dell’appellato Confidi Rating Italia, e possono essere compensate con le restanti parti, sussistendo giusti motivi.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

 

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore dell’appellato Confidi Rating Italia, spese che liquida in euro 5000,00, oltre accessori di legge, compensando le spese con le restanti parti.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere   

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/04/2013

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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