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TAR Puglia, Lecce, sez. I, 23/5/2013 n. 1210
L'atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell'informativa prefettizia, recede dal contratto è espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica.

L'atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell'informativa prefettizia, recede dal contratto è espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica, diretto a soddisfare l'esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con imprese nei cui confronti emergano sospetti di legami con la criminalità organizzata. Pertanto, trattandosi di atto estraneo alla sfera del diritto privato, in quanto espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Materia: appalti / disciplina

01210/2013 REG.PROV.COLL.

 

N. 00751/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 751 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Antonio Turi, rappresentato e difeso dagli avv. Pierluigi Portaluri, Giusi Margiotta, con domicilio eletto presso Pier Luigi Portaluri in Lecce, via Imbriani 36;

 

contro

Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Anna Del Giudice, con domicilio eletto presso Federico Massa in Lecce, via Montello, 13/A;

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via Rubichi; U.T.G. - Prefettura di Lecce, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Agea, Ministero della Difesa, Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri di Lecce, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F.Rubichi 23;

 

nei confronti di

Organizzazione Produttori Olivicoli Oro di Puglia -Soc Coop Agricola A R L ed in Sigla Opoop Soc Coop Arl, Gruppo Alimentare Castellano Spa, Florpagano di Pagano Antonio& Co Societa' Semplice Agricola, Oliva Coop Bella di Cerignola Soc Coop Agricola, La Quercia Societa' Coop Agricola, Impresa Dibenedetto Francesco, Filiera Lattiero Casearia Pugliese della Capitanata, Impresa Saurino Ricciotti, Siva Arborelli Srl, Cantina e Oleificio Sociale di San Marzano, Puglia Best Wine, Consorzio Foresta Ambiente e Territorio Societa' Consortile Coop., Oleopuglia Societa' Coop. Agricola;

 

per l'annullamento

della nota della Regione Puglia - Area Politiche per lo Sviluppo Rurale - Servizio Agricoltura - Ufficio Sviluppo Filiere Agroalimentari prot. AOO030/12/03/12 n. 19580 avente ad oggetto <<PSR 2007-2013-Misura 121 "ammodernamento delle aziende agricole". Bando pubblicato nel BURP n. 102 del 10/06/2010. Fascicolo n. 345 - DECADENZA DAI BENEFICI>> a firma del Responsabile della Misura 121;

della nota della Prefettura di Lecce - Area 1 Ordine e Sicurezza Pubblica prot. n. 22566/2600/10/AM/Area I del 9/11/2011;

nonché nei limiti dell'interesse, di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi comprese l'informazione antimafia interdittiva rilasciata dalla Prefettura di Lecce alla Regione Puglia - Area Politiche per lo Sviluppo rurale nei confronti della ditta "Turi Antonio" e gli atti investigativi e istruttori su cui la stessa fonda; la nota prot. n. AGEA.A.S.R.2011.0065799 del 25/2/2011; la nota prot. n. AOO 0300111705 del 23/11/2010 con cui sono state chieste informazioni alla Prefettura di Lecce circa la ditta "Turi Antonio"; la nota Regione Puglia prot. AOO_030- 12/11/2010 n. 106779; le determinazioni del dirigente del Servizio Agricoltura della Regione Puglia 11/11/2010 n. 923, 9/10/2009 n. 2462 e ss.mm.ii. e 7/6/2010 n. 448 e ss.mm.ii.;

nonchè,per l'annullamento, della nota della Regione Puglia-Area Politiche per lo sviluppo rurale-PSR 2007/2013 prot.AOO_APSR-31/05/2012 n.2391 avente ad oggetto "Sviluppo rurale - Reg. CE 1698/2005-PRS 2007/2013 Regione Puglia - Bando pubblicato nel BURP 102 del 10/06/2010 - Fascicolo 345 - Richiesta bonaria restituzione aiuto anticipato su cauzione - Denuncia di sinistro", di ogni altro atto ad essi presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Lecce e di Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e di Agea e di Ministero della Difesa e di Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri di Lecce e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il dott. Claudia Lattanzi e uditi gli avv. prof. Portaluri e Margiotta, per il ricorrente, l’avv. Cantobelli, in sostituzione dell’avv. Del Giudice, per la Regione, e l’avv. Tarentini, per l’Avvocatura dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il ricorrente ha impugnato la nota della Regione del 12 marzo 2012, con la quale - preso atto dell’informazione antimafia interdittiva - è stato dichiarato decaduto dai benefici concessi con conseguente restituzione delle somme percepite, e la nota della Prefettura del 9 novembre 2011, posta a base del provvedimento regionale, con cui è stata rilasciata l’informativa antimafia interdittiva.

Il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione dell’art. 97 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 241/1990 anche in combinato disposto con il d.lgs. 490/1994 e con il d.p.r. 252/1998; eccesso di potere per carenza di istruttoria; erronea presupposizione. 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. 490/10994, dell’art. 10 d.p.r. 252/1998 e della l. 575/1965; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea presupposizione e travisamento. 3. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 490/1994 e del d.p.r. 252/1998; incompetenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990; eccesso di potere per difetto di motivazione; irragionevolezza e illogicità. 4. Violazione degli artt. 24, 27, 41, 42, 97 e 113 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l 241/1990 anche in combinato disposto con il d.lgs. 490/1994 e con il d.p.r. 252/1998; eccesso di potere per difetto di motivazione e per carenza di istruttoria; violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. 490/1994, dell’art. 10 d.p.r. 252/1998 e della l. 575/1965; erronea presupposizione; irragionevolezza; ingiustizia manifesta. 5. Nullità; violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l. 575/1965, del d.lgs. 490/1994, dell’art. 11 d.p.r. 252/1998 e del d.lgs. 159/2011; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990; eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà esterna e per difetto di motivazione; violazione dei principi di legalità e di tassatività degli atti amministrativi; violazione del principio di proporzionalità; irragionevolezza.

Il ricorrente ha altresì richiesto il risarcimento dei danni.

Sostiene il ricorrente: che non è stata data la comunicazione di avvio del procedimento; che non è stata data la prova che il sig. Turi, padre del ricorrente, gestisca di fatto l’impresa; che il sig. Turi non ha mai avuto legami con alcuna associazione mafiosa; che l’esistenza di un giudizio per usura non comporta automaticamente un tentativo di infiltrazione mafiosa; che il Prefetto non ha compiuto alcuna autonoma valutazione su quanto dichiarato dagli organi di polizia; che la nota prefettizia non è adeguatamente motivata; che la decadenza della concessione dei benefici non è stata adottata dal responsabile del procedimento; che la decadenza in questione è prevista solo in ipotesi tassativamente indicate, tra le quali non rientra quella in esame.

Le amministrazioni statali si sono costituite con atto del 31 maggio 2012.

La Regione si è costituita con atto del 13 giugno 2012 e, con separata memoria, ha eccepito il difetto di giurisdizione in relazione al ricorso avverso il provvedimento di decadenza. Nel merito ha rilevato che il provvedimento di decadenza è un atto vincolato a seguito dell’informativa preclusiva, che non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, che l’informativa si fonda su un quadro indiziario articolato, che la decadenza è stata firmata dal responsabile del procedimento, che in seguito all’acquisizione dell’informativa interdittiva deve essere revocato il finanziamento eventualmente già erogato.

La ricorrente, con motivi aggiunti del 19 luglio 2012, ha impugnato le successive note della Regione con le quali sono state comunicate le modalità per la restituzione delle somme già erogate.

Le parti hanno poi depositato ulteriori memorie.

Nella pubblica udienza del 20 marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1. Ha carattere pregiudiziale l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa regionale.

La giurisprudenza ha precisato che “In tema di provvedimenti a contenuto revocatorio incidenti su contributi, finanziamenti o sovvenzioni erogati da pubbliche amministrazioni, il criterio generale in tema di riparto di giurisdizione, in un contesto di non sempre agevole demarcazione tra situazioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo, si fonda sull'individuazione del tratto interessato dal provvedimento di revoca, tenendo conto della cd. causale del provvedimento stesso. Viene così ascritto alla giurisdizione amministrativa il ritiro del finanziamento, anche susseguente alla relativa erogazione, ove costituisca manifestazione di autotutela amministrativa in vista della tutela dell'interesse pubblico, con ponderazione dell'interesse pubblico sottostante all'erogazione del contributo. Spetta, invece, alla giurisdizione ordinaria, secondo il criterio di riparto fondato sulla distinzione della posizione soggettiva, il vaglio di provvedimenti di ritiro, comunque denominati, assunti in funzione della negativa verifica in ordine al raggiungimento dello scopo che si è voluto agevolare, ossia a situazioni riconducibili alla fase esecutiva del rapporto ed attinenti alle modalità di utilizzazione del contributo e al rispetto degli impegni assunti dal beneficiario” (Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2012, n. 2900).

Con riferimento al contratto di appalto, si è rilevato che l’atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell’informativa prefettizia, recede dal contratto è espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica, diretto a soddisfare l'esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con imprese nei cui confronti emergano sospetti di legami con la criminalità organizzata. Pertanto, trattandosi di atto estraneo alla sfera del diritto privato, in quanto espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. Civ., Sez.. Un,. 29 agosto 2008, n. 21928)

Posti questi principi, deve essere dichiarata la giurisdizione di questo giudice, dato che la controversia in esame riguarda un provvedimento fondato sull’esistenza di un’interdittiva antimafia e quindi posto a tutela di un interesse pubblico.

A ciò si deve aggiungere che l’art. 133, primo comma, lett. b), attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ad atti e provvedimenti attinenti a rapporti di concessione di beni pubblici e che l’art. 12 della legge n.241/1990 ricomprende nell’ambito dell’istituto concessorio l’attribuzione “di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari “, risolvendo così dubbio in ordine alla qualificazione come bene pubblico del denaro dell’erario.

2. Nel merito il ricorso è fondato.

Deve essere esaminata in primo luogo l’informativa prefettizia posta a fondamento del provvedimento di decadenza dai benefici, dato che una sua illegittimità comporterebbe in via consequenziale anche l’illegittimità del provvedimento di revoca.

Si deve al riguardo ricordare che, con riferimento alla cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall'art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall'art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. III, 19 gennaio 2012) ha affermato:

- che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;

- che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l'interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;

- che tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

- che, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazioni malavitose e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;

- che, anche se occorre che siano individuati idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l'interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l'ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;

- che di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell'impresa), ma occorre che l'informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l'autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l'impresa esercitata da loro congiunti;

- che, infine, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

Nel caso in esame, l’informativa si basa sull’asserita gestione di fatto dell’impresa in questione da parte del padre del ricorrente, soggetto verso cui è rivolta l’informativa.

In realtà, nel caso in esame, non sono stati individuati elementi che consentano di ritenere che l’attività imprenditoriale sia stata affidata al ricorrente, persona incensurata, allo scopo di elidere o eludere i controlli dell’autorità.

Infatti, è stato dimostrato in giudizio che il ricorrente è perito agrario, svolge l’attività di imprenditore agricolo da oltre 15 anni, e, con nota della Polizia municipale del comune di Melendugno, è stato attestato che lo stesso ricorrente “si dedica abitualmente e manualmente alla lavorazione della terra”.

A fronte di questo quadro probatorio l’Amministrazione non ha dimostrato l’effettiva gestione di fatto dell’impresa agricola da parte del padre, soggetto sul quale si attesta l’informativa antimafia, del ricorrente.

3. È invece da respingere la richiesta di risarcimento dei danni.

Per giurisprudenza consolidata, dalla quale il Collegio non ha motivo nella specie di discostarsi, all'azione di risarcimento danni spiegata dinanzi al giudice amministrativo si applica il principio dell'onere della prova previsto nell'art. 2697 c.c., in virtù del quale spetta al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, e segnatamente del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario (ex multis, C.G.A.R.S. 12 maggio 2010, n. 640; T.A.R. Lombardia, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 1787; T.A.R. Cagliari, sez. II, 5 febbraio 2010, n. 126). Conseguentemente, laddove la domanda di risarcimento danni si presenti genericamente formulata, e non sia corredata dalla prova del danno da risarcire, essa deve essere respinta (C.d.S., sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3592).

Nel caso in esame, i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento idoneo a dimostrare nell’an e nel quantum il pregiudizio del quale si invoca il ristoro

4. In conclusione, il ricorso deve essere accolto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari,      Presidente

Giuseppe Esposito,     Primo Referendario

Claudia Lattanzi,        Primo Referendario, Estensore

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/05/2013

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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