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Consiglio di Stato, Sez. III, 31/5/2013 n. 2990
Sulla normativa di cui all'art. 11 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, introdotta in materia di "potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica", nel quadro della liberalizzazione delle attività economiche.

La nuova formulazione dell'art. 2 della l. n. 475/1968 sembra riferirsi esplicitamente solo all'assegnazione delle "zone" alle farmacie di nuova istituzione, tacendo delle altre; ma stanti il contesto e la finalità dichiarata dalla legge, è ovvio che anche le farmacie preesistenti conservano il rapporto con le "sedi", ossia "zone", originariamente loro assegnate; e questo appunto dispone esplicitamente l'art. 13 del regolamento approvato con d.P.R. n. 1275/1971, che del resto esprime una implicazione naturale del sistema. Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale. Pertanto, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato "pianta organica", resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome.

La recente normativa di cui all'art. 11 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, introdotta in materia di "potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica", nel quadro della liberalizzazione delle attività economiche, non ha espunto la programmazione dal "sistema farmacie", in particolare la pianificazione numerica e territoriale, essendosi limitato a variarne taluni parametri, a snellirne le forme e ad assegnarne la competenza in via ordinaria ai comuni e non più alle regioni. Ciò appare non solo ragionevole sotto ogni aspetto, ma pienamente conforme al dichiarato intento dell'intervenuta normativa di rimuovere limiti e restrizioni a loro volta non ragionevoli e non proporzionati alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, e di ammettere solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni a valori costituzionalmente tutelati, quali il diritto alla salute, e possibili contrasti con obiettivi parimenti tutelati, quali l'utilità sociale, oltreché con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica. In particolare, la c.d. "liberalizzazione" delle farmacie attuata con la normativa in parola, nel mantenere una proporzione tra il loro numero e l'entità della popolazione e nel prescrivere che esse siano idoneamente ubicate, mira non solo all'adeguamento ai principi anzidetti anche di estrazione comunitaria, bensì essenzialmente a coniugare le esigenze dell'utenza di miglioramento nella fruizione del servizio farmaceutico e, in ultima analisi, le esigenze generali ad una più ampia copertura del territorio per finalità di tutela della salute dei cittadini, con quelle, commerciali, dell'esercente ad un bacino d'utenza ritenuto adeguato in relazione a quei principi.

Non è configurabile un'incompetenza dei comuni potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, tenuto anche conto che l'art. 118 Cost. attribuisce proprio ai comuni le funzioni amministrative primarie, fatto salvo il caso "che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza"; principi i quali, dunque, operano nel senso, favorevole all'assegnazione prioritaria della competenza in parola proprio ai comuni, i quali d'altra parte, ancora ai sensi dell'art. 118 Cost., "sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze". E nella specie la medesima attribuzione è stata conferita ai comuni appunto dalla legge statale "di principio" di cui all'art. 11 del d.l. n. 1 del 2012.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

N. 02990/2013REG.PROV.COLL.

 

N. 06930/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6930 del 2012, proposto da:

Elsa Hardardottir, titolare della farmacia di Beivars, rappresentata e difesa dagli avv. Laura Giordani e Bruno Riccardo Nicoloso, con domicilio eletto presso l’avv. Laura Giordani in Roma, via G. Avezzana n. 51;

 

contro

Comune di Udine, rappresentato e difeso dagli avv. Giangiacomo Martinuzzi, Nicolò Paoletti e Claudia Micelli, con domicilio eletto presso l’avv. Nicolò Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini n. 34;

Regione Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Crucil, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della medesima Regione in Roma, piazza Colonna n. 355;

Azienda per i servizi sanitari n. 4 "Medio Friuli";

Ordine dei farmacisti della Provincia di Udine;

nei confronti di

B.P. s.n.c. di Alessandra Forgiarini e Roberto Fresco;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE: SEZIONE I n. 00338/2012, resa tra le parti, concernente identificazione zone nuove sedi farmaceutiche

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Udine e di Regione Friuli Venezia Giulia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2013 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Nicoloso, Paoletti e Crucil;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La dott. Elsa Hardardottir, titolare della farmacia di Beivars, sede farmaceutica n. 21 del Comune di Udine, ubicata in via Beriglaria n. 230, ha impugnato davanti al TAR per il Friuli Venezia Giulia, in uno con gli atti presupposti e conseguenti, la deliberazione 16 maggio 2012 n. 183 della Giunta comunale di Udine, recante “identificazione delle zone per le nuove sedi farmaceutiche conseguenti alla modifica dello standard demografico di cui all’articolo 11 della legge 24 marzo 2012 n. 27”, nella parte in cui individua tra le cinque nuove circoscrizioni territoriali la zona “San Gottardo” identificata nella “area San Gottardo che include la strada convergente ed adiacente all’incrocio delle vie Cividale, Bariglaria e Tolmino”. Ha altresì avanzato domanda risarcitoria.

Con sentenza in forma semplificata 3 settembre 2012 n. 338 della sezione prima il ricorso è stato respinto, previa estromissione dell’evocata Regione in quanto non autrice di alcuno degli atti impugnati.

Con atto notificato i giorni 25, 28 settembre, 1 e 2 ottobre 2012 e depositato il 1° ottobre 2012 la dott. Hardardottir ha appellato detta sentenza.

A sostegno dell’appello ha dedotto:

1.- Error in procedendo, relativo alla estromissione della Regione Friuli Venezia Giulia dal giudizio.

La Regione non può dirsi estranea alla controversia, essendo coinvolta nel mantenimento dell’impugnato provvedimento per i successivi adempimenti ascritti alla sua competenza, attinenti all’assegnazione a concorso delle farmacie di nuova istituzione come individuate dai comuni.

2.- Error in judicando, relativo alla interpretazione data all’art. 11 del decreto n. 1/2012 convertito nella legge n. 27/2012 per contrasto con gli articoli 2, 3, 32, 38, 41 e 97 della Costituzione con ricaduta sugli articoli 117 e 118 della Costituzione. Questione di non manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale proposta al riguardo in questa sede ex articolo 23 della legge n. 87/1953.

In tema di pianificazione delle farmacie, la novella normativa ha modificato il criterio demografico, mantenendo il criterio topografico e quello urbanistico, così facendo sopravvivere la programmazione del servizio e dell’assistenza farmaceutica sul territorio mediante lo strumento flessibile della revisione periodica della pianta organica con procedimento analogo a quello in atto e che presuppone, pertanto, una delimitazione della zona di pertinenza di ciascuna farmacia. I primi giudici hanno negato ciò, così ponendosi in contrasto con l’intera normativa che disciplina il “sistema farmacia”. Ove così non fosse, si solleva questione di legittimità costituzionale, per violazione degli articoli in rubrica, dell’art. 11, co. 1, 2, 9 e 10, del d.l. n. 1 del 2012.

3.- Error in judicando, relativo alla incompetenza dei comuni cui viene affidata la funzione programmatoria nella pianificazione delle farmacie dall’articolo 11, commi 1, 2 e 9, del decreto legge n. 1/2012 convertito nella legge n. 27/2012 per violazione del principio di sussidiarietà verticale di cui all’articolo 118, comma 2, della Costituzione in riferimento agli articoli 1 e 32 della legge di principio n. 833/1978 e dell’articolo 14 della legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 20/2004 che sostituisce l’articolo 5 della legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 43/1981 con eccesso di potere per usurpazione di funzioni amministrative in riferimento alla ripartizione delle competenze legislative e amministrative concorrenti dello Stato e delle regioni in materia farmaceutica prevista dall’articolo 117, comma 3, e dall’articolo 118, comma 2, della Costituzione, ed altresì relativo alla incompatibilità dell’affidamento di tali funzioni programmatorie ai comuni per violazione dell’articolo 118, comma 2, in riferimento all’articolo 117, commi 1 e 3, della Costituzione per contrasto con i principi comunitari sul rapporto tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione di un servizio pubblico e sociale di interesse economico generale di cui al Libro Verde 21 maggio 2003 della Commissione europea – C-270 – in riferimento all’articolo 14 del TFUE e sulla tutela della concorrenza di cui all’articolo 101 del TFUE e sulla repressione dell’abuso di posizione dominante di cui agli articoli 102, 104 e 106 del TFUE nonché in violazione dei regolamenti e delle direttive stabiliti al riguardo a norma dell’articolo 103 del TFUE ed infine per violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’articolo 97 della Costituzione. Questione di non manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale proposta al riguardo in questa sede ex articolo 23 della legge n. 87/1953.

I primi giudici hanno ritenuto manifestamente infondata l’articolata questione di legittimità costituzionale proposta in quella sede, quando invece era evidente la necessità dello scrutinio del Giudice delle leggi sotto i profili indicati.

4.- Error in judicando, relativo alla mancata applicazione dell’articolo 11 della legge n. 27/2012 ed eccesso di potere per irrazionalità manifesta, difetto di istruttoria e carenza di congrua motivazione in contraddizione con precedente determinazione.

I primi giudici non hanno tenuto conto dei vizi di cui alle suindicate censure subordinate, che inficiano la contestata localizzazione.

Con memoria del 12 ottobre 2012 la dott. Hardardottir si è soffermata in ispecie sulla questione di legittimità costituzionale relativamente ai profili di incompetenza ed incompatibilità dei comuni.

Il Comune di Udine e la Regione Friuli Venezia Giulia si sono costituiti in giudizio ed hanno svolto ampie difese. Il primo ha altresì eccepito l’inammissibilità del terzo motivo, in quanto l’appellante pretenderebbe di sostituirsi agli organi comunali ed ai soggetti preposti a fornire pareri, nonché ribadito l’eccezione, non esaminata dal TAR, di carenza di interesse della ricorrente poiché le sedi farmaceutiche più prossime a quella di San Gottardo sono non la n. 21 ma altre due, come risulta dalla relazione propedeutica all’adozione della deliberazione impugnata e, in particolare, dalla tavola denominata “Individuazione grafica delle possibili sedi”.

L’appellante ha confutato l’ultima eccezione con memoria del 10 gennaio 2013, con la quale ha anche ulteriormente illustrato le deduzioni svolte. Ha inoltre dichiarato di voler abbandonare la domanda risarcitoria (peraltro non risultante riproposta nell’appello).

A sua volta, con memoria del 14 gennaio 2013 il Comune di Udine ha insistito per la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, di cui ha pure eccepito l’inammissibilità nella parte relativa ad un asserito conflitto di interessi dei comuni, atteso che esso non è titolare di alcuna farmacia.

L’appellante ha replicato con memoria del 25 seguente.

 

DIRITTO

1.- Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte dell’applicazione data dal Comune di Udine alla recente normativa di cui all’art. 11 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 introdotta in materia di “potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica”, nel quadro della liberalizzazione delle attività economiche “in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall’articolo 41 della Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell'Unione europea” (cfr. art. 1, co. 1).

2.- L’attuale appellante dott. Elsa Hardardottir, titolare della farmacia di Beivars sita in via Beriglaria n. 230, sede farmaceutica n. 21 del detto Comune, lamenta che, tra le cinque zone individuate dall’Ente per l’insediamento di nuove farmacie, sia compresa la “area San Gottardo che include la strada convergente ed adiacente all’incrocio delle vie Cividale, Bariglaria e Tolmino” in luogo della più distante area della frazione Laipacco. Risulta pertanto evidente come non possa non essere assegnata priorità di trattazione alle censure riguardanti l’assunta non corretta applicazione dell’anzidetta normativa rispetto alle altre doglianze concernenti questioni interpretative e di legittimità costituzionale della stessa normativa, le quali resterebbero ovviamente prive di rilevanza ove le prime fossero fondate.

3.- In questa sede viene perciò subito all’esame il quarto ed ultimo motivo d’appello, con cui si reiterano le censure di primo grado intese a far valere, in estrema sintesi, violazione di legge, difetto di istruttoria, difetto di motivazione ed irrazionalità della scelta comunale in quanto non assicurerebbe l’equa distribuzione delle farmacie nel territorio e l’accessibilità ai cittadini residenti in aree scarsamente popolate, sarebbe incoerente ed immotivata, nonché si baserebbe su pareri a loro volta incongruamente motivati e contraddittori.

Il motivo è infondato.

4.- Al riguardo, va premesso che sulla scorta di uno studio articolato e ponderato il Comune ha identificato nelle località San Gottardo e Laipacco, costituenti “un’alternativa mutuamente esclusiva, in ragione della loro prossimità e dunque della loro potenzialità di servizio comunque soddisfacenti per entrambi i nuclei abitati”, le zone di possibile ubicazione della quinta tra le istituende sedi. Ha quindi chiesto i prescritti pareri.

Mentre l’ASSL n. 4 Medio Friuli esprimeva parere positivo all’allocazione in San Gottardo in quanto, sostanzialmente, maggiormente in linea con l’intento di legge di favorire l’accesso al servizio di cittadini residenti in aree scarsamente popolate, l’Ordine dei farmacisti invitava l’Ente a definire la zona interessata anziché individuare un’alternativa, ricordando i criteri di legge.

Il Comune eseguiva ed inviava all’Ordine un “addendum all’istruttoria tecnica comunale”, in cui si poneva in luce, tra l’altro, come fosse preferibile la zona di San Gottardo in base al criterio della quantità di abitanti a breve accessibilità, stanti i valori demografici assoluti e di densità locale, tenuto anche conto che detta localizzazione avrebbe migliorato, in considerazione della viabilità esistente, anche il servizio in località Laipacco quale seconda alternativa alla più vicina farmacia già presente; su ciò concordava l’Ordine, esprimendo pertanto parere favorevole per la zona San Gottardo.

Con deliberazione 16 maggio 2012 n. 183, impugnata in primo grado, la Giunta comunale procedeva quindi all’individuazione delle cinque nuove zone, tra cui, come detto, quella di San Gottardo.

5.- Ciò posto, va dato atto che tale scelta risulta effettuata a seguito di puntuale verifica della sussistenza dei requisiti di legge, cioè l’idoneità della località conclusivamente individuata a soddisfare le esigenze di “equa distribuzione” che si traducono nella “maggior accessibilità al servizio farmaceutico” specie per “quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate” (co. 1 dell’art. 2 della legge n. 475 del 1968, nel testo sostituito appunto dall’art. 11, co. 1, del d.l. n. 1 del 2012).

Inoltre, da un lato siffatta scelta appare ampiamente sorretta da approfondita istruttoria e da accurata motivazione, quest’ultima da rinvenire ovviamente, come bene evidenzia il primo giudice, nei suaccennati atti istruttori comunali e negli acquisiti pareri omogenei, richiamati nella deliberazione, dai quali tutti, in particolar modo dai primi, non v’è dubbio che emergano puntualmente le ragioni da cui deriva la preferenza accordata alla località in parola rispetto all’altra, dapprima alternativamente ipotizzata. Di qui anche l’insussistenza di contraddittorietà.

Dall’altro lato, la stessa scelta, evidentemente caratterizzata da discrezionalità nell’ambito dei criteri di legge, non presenta profili di macroscopica irrazionalità, in particolare laddove con essa si privilegia l’entità del bacino di utenza della nuova farmacia e ciò in base ad un raggio di “breve accessibilità” (600 mt, pari a tre volte la prescritta distanza minima tra farmacie, percorribile a piedi in circa 10 minuti), piuttosto che un più ampio raggio su cui fa leva l’attuale appellante, trattandosi comunque, in entrambe le ipotesi alternative, di zone suburbane, non servite originariamente da una farmacia, nelle quali la fruizione del servizio farmaceutico risulterà in ogni caso migliorato.

E’ vero che fra le due località San Gottardo e Laipacco, quella più vicina alla località Beivars dove ha sede la ricorrente è la prima (comunque distante poco meno di 2 km). Se ciò giustifica che la ricorrente consideri lesivo del suo interesse che sia stata prescelta per la nuova farmacia la località San Gottardo invece di Laipacco, non è però sufficiente a far considerare viziata per manifesta illogicità, o travisamento dei fatti, etc., la soluzione conclusivamente adottata dopo l’articolata istruttoria di cui si è detto.

Ed è vero che l’appellante ha subìto (a quanto pare) una relativa riduzione dell’area territoriale di sua pertinenza, ma questa è una conseguenza inevitabile del fatto che la nuova legge, modificando i parametri demografici, consente un certo incremento del numero degli esercizi farmaceutici. Peraltro, i vecchi parametri erano stati fissati nel 1968 (legge n. 475) e si può ben dire che meritassero di venire aggiornati; da allora il consumo di farmaci pro capite è enormemente aumentato, per una serie di fenomeni ben noti (dalla riforma sanitaria del 1978 allo sviluppo della ricerca ed al crescente impiego, specie presso la generalità della popolazione anziana, dei farmaci assunti ogni giorno, vita natural durante, in funzione preventiva e di mantenimento): sicché non è affatto irragionevole che il legislatore abbia incrementato il numero delle farmacie, mantenendo per il resto inalterato il quadro normativo che attribuisce ai titolari di farmacia i vantaggi di un sistema sostanzialmente monopolistico.

Le censure dedotte dalla ricorrente attengono in realtà al merito insindacabile delle scelte discrezionali dell’autorità competente e si risolvono, in buona sostanza, in prospettazioni di parte meramente soggettive . A tacer d’altro, se fosse stata prescelta l’ubicazione di Laipacco, caldeggiata dalla ricorrente, è intuitivo che il danno sarebbe ricaduto su altri, che avrebbero avuto a quel punto non minori ragioni per dolersi.

6.- Si può passare ora all’esame del secondo motivo, col quale si ripropongono questioni interpretative del cit. art. 11 del d.l. n. 1 del 2012 in ordine al superamento del sistema programmatorio mediante pianta organica delle farmacie, comportante la delimitazione delle rispettive zone di pertinenza; e, ove le prime siano risolte negativamente, questioni di legittimità costituzionale della stessa normativa.

Al riguardo, tuttavia, si deve osservare che non è di immediata evidenza la rilevanza delle questioni sollevate dalla ricorrente rispetto alla materia del contendere ed all’interesse della ricorrente medesima.

Peraltro, per quanto possa rilevare, ad avviso del Collegio, le nuove disposizioni non cambiano realmente il quadro normativo.

E’ vero, infatti, che sono state soppresse le disposizioni che prevedevano la formazione e la revisione periodica delle piante organiche comunali, a cura di un’autorità sovracomunale (da ultimo, la Regione o la Provincia, a seconda delle norme regionali).

Tuttavia rimane invariato l’impianto generale della disciplina, a partire dal “numero chiuso” delle farmacie, pur se i criteri per la determinazione di tale numero sono alquanto modificati. Peraltro, il “numero chiuso” implica logicamente che la distribuzione degli esercizi sul territorio sia pianificata autoritativamente. E in effetti, il nuovo testo dell’art. 2 della legge n. 475/1968, come modificato dal d.l. n. 1/2012, dispone: «Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate».

Non si parla più di “sedi” ma di “zone”; ma questo mutamento non è rilevante, perché la giurisprudenza aveva già da tempo avvertito che quando la normativa previgente usava il termine “sede” si doveva intendere “zona”, perché questo era il significato che si desumeva dal contesto. Peraltro usa il termine “zona” anche l'art. 1, comma settimo (originariamente comma quarto) della legge n. 475/1968, del seguente tenore: «Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato (...) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona». A sua volta il regolamento approvato con d.P.R. n. 1275/1971, art. 2, elenca fra i contenuti necessari della pianta organica la «circoscrizione della zona di ciascuna delle sedi farmaceutiche»; e, ancora, l’art. 13, secondo comma, dispone: «Il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato (...) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona».

E’ vero che la nuova formulazione dell’art. 2 della legge n. 475/1968 sembra riferirsi esplicitamente solo all’assegnazione delle “zone” alle farmacie di nuova istituzione, tacendo delle altre; ma stanti il contesto e la finalità dichiarata dalla legge, è ovvio che anche le farmacie preesistenti conservano il rapporto con le “sedi”, ossia “zone”, originariamente loro assegnate; e questo appunto dispone esplicitamente l’art. 13 del regolamento, che del resto esprime una implicazione naturale del sistema.

Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale.

In conclusione, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome.

7.- Riassumendo, il legislatore del 2012 non ha espunto la programmazione dal “sistema farmacie”, in particolare la pianificazione numerica e territoriale, essendosi limitato a variarne taluni parametri, a snellirne le forme e ad assegnarne la competenza in via ordinaria ai comuni e non più alle regioni (se non in via straordinaria ed in funzione sostituiva, nel quadro della loro competenza in tema “di vigilanza sulle farmacie” di cui all’art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833).

Ciò appare non solo ragionevole sotto ogni aspetto, ma pienamente conforme al dichiarato intento dell’intervenuta normativa di rimuovere limiti e restrizioni a loro volta non ragionevoli e non proporzionati alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, e di ammettere solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni a valori costituzionalmente tutelati, quali il diritto alla salute, e possibili contrasti con obiettivi parimenti tutelati, quali l’utilità sociale, oltreché con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica.

In particolare, la c.d. “liberalizzazione” delle farmacie attuata con la normativa in parola, nel mantenere una proporzione tra il loro numero e l’entità della popolazione e nel prescrivere che esse siano idoneamente ubicate, mira non solo all’adeguamento ai principi anzidetti anche di estrazione comunitaria, bensì essenzialmente a coniugare le esigenze dell’utenza di miglioramento nella fruizione del servizio farmaceutico e, in ultima analisi, le esigenze generali ad una più ampia copertura del territorio per finalità di tutela della salute dei cittadini, con quelle, commerciali, dell’esercente ad un bacino d’utenza ritenuto adeguato in relazione a quei principi.

Ne deriva che si rivelano manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del ripetuto art. 11, co. 1, 2, 9 e 10, sollevate nel secondo punto del motivo qui in esame dalla dott. Hardardottir per violazione dei principi di solidarietà sociale (art. 2 Cost.), di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.), di tutela della salute quale diritto fondamentale alla qualità e dignità della vita (art. 32 Cost.), di funzionalità dell’attività economica all’utilità sociale (art. 41 Cost.), di trasparenza, razionalità, appropriatezza, imparzialità, sussidiarietà, proporzionalità, legittimo affidamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).

8.- Quanto al profilo di violazione del principio di ripartizione delle competenze legislative e amministrative concorrenti dello Stato e delle regioni in materia sanitaria (artt. 117 e 118 Cost.), pure enunciato nel secondo motivo ma sviluppato nel terzo, si osserva che è ben vero che ai fini del riparto della competenza legislativa la materia dell’organizzazione del servizio farmaceutico tocca solo marginalmente la tutela della concorrenza assegnata in via esclusiva allo Stato, e va ricondotta al titolo della tutela della salute, che ne costituisce il nucleo essenziale ed è ascritta alla competenza concorrente di Stato e regioni; ed in tema di competenza concorrente allo Stato spetta la normazione di principio, ossia concernente criteri ed obiettivi, ed alle regioni quella di dettaglio, ossia concernente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi.

Tuttavia, non è men vero che la specificità delle prescrizioni statali di per sé «non vale ad escludere il carattere “di principio” della norma, qualora esse risultino legate al principio stesso “da un evidente rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione” (sentenza n. 355 del 1994) », riscontrabile laddove «la specificità delle disposizioni è necessaria per esprimere la regola generale che deve presiedere alla vendita dei medicinali, al fine di garantire che avvenga con modalità che non siano pregiudizievoli della fondamentale esigenza della tutela della salute» (cfr. Corte cost., 14 dicembre 2007 n. 430, richiamata dalla stessa appellante, in tema di vendita dei medicinali non soggetti a prescrizione presso esercizi commerciali).

Orbene, nella specie è chiaro che proprio tale coessenzialità e necessaria integrazione giustificano l’inclusione di norme di dettaglio nella normativa recata dall’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012, di cui è altrettanto chiaro il carattere “di principio”, cioè contenente “principi fondamentali” dell’ordinamento. Ne consegue l’abrogazione della normativa della Regione Friuli Venezia Giulia in materia (in particolare il co. 1, lett. a, dell’art. 5 della l.r. 13 luglio 1981 n. 43, come sostituito dall’art. 14, co. 1, della l.r. 21 luglio 2004 n. 20, che trasferiva alle aziende per i servizi sanitari le funzioni amministrative relative alla formazione e la revisione delle piante organiche) ai sensi dell’art. 10, co. 1, della legge 10 febbraio 1953 n. 62, il quale, in conformità all’art. 117 Cost., dispone che “Le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali di cui al primo comma dell’articolo precedente abrogano le norme regionali in contrasto con esse”, laddove l’art. 9 stabilisce che in materia concorrente la potestà legislativa regionale “si svolge nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie e quali si desumono dalle leggi vigenti”, non diversamente dall’art. 5, co. 1, dello Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia.

9.- A fronte di ciò resta ovviamente privo di consistenza l’assunto contrasto con la legge 23 dicembre 1978 n. 833, il cui art. 32, co. 2, rimette alla legislazione regionale la disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica e nel cui contesto è stata adottata la citata l.r. n. 43 del 1981 che ascrive(va) la funzione programmatoria alle Asl e non ai comuni; basta aggiungere che la stessa legge n. 833 del 1978 è, sì, “di principio”, ma di carattere generale rispetto a quello speciale dell’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012, e che essa, oltretutto, riserva alle unità sanitarie locali l’erogazione dell’assistenza farmaceutica e la vigilanza sulle farmacie (art. 14, co. 3, lett. n) e non anche detta funzione programmatoria del servizio farmaceutico.

10.- Sotto questo aspetto, dunque, neppure è configurabile un’incompetenza dei comuni in tale materia, tenuto anche conto che, come bene rileva il Comune di Udine, l’art. 118 Cost. attribuisce proprio ai comuni le funzioni amministrative primarie, fatto salvo il caso “che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”; principi i quali, dunque, operano nel senso, contrario a quello prospettato dall’appellante, favorevole all’assegnazione prioritaria della competenza in parola proprio ai comuni, i quali d’altra parte, ancora ai sensi dell’art. 118 Cost., “sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. E nella specie la medesima attribuzione è stata conferita ai comuni appunto dalla legge statale “di principio” di cui al ripetuto art. 11 del d.l. n. 1 del 2012, per quanto detto da ritenersi costituzionalmente legittima ancorché in materia di legislazione regionale concorrente.

11.- Infine, con lo stesso terzo motivo si solleva l’ulteriore questione di legittimità costituzionale sotto il profilo della incompatibilità della pianificazione comunale del servizio farmaceutico in ragione del rapporto tra funzioni di regolazione e funzioni di gestione dello stesso servizio esercitate, mediante prelazione, da parte del medesimo soggetto, prospettandosi altresì la violazione del principio di trasparenza e quella “dei principi comunitari attinenti lo svolgimento di detto servizio anche in termini economici”, vincolanti l’ordinamento italiano.

Come giustamente obietta controparte, siffatte questioni difettano di rilevanza, dal momento che non solo la normativa censurata vieta espressamente la prelazione delle istituende farmacie o comunque vacanti, ma il Comune di Udine non è titolare di alcuna tra le farmacie esistenti, onde nell’attuazione in concreto della stessa normativa da parte del medesimo Comune nessun conflitto di interessi è allo stato ravvisabile.

Né evidentemente il difetto di rilevanza è superato dall’astratta ed ipotetica possibilità futura dell’Ente di esercitare la prelazione di farmacie ordinarie, ovvero di quelle che fossero parimenti in futuro istituite ai sensi del citato comma 1, lett. b), dell’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012 (che ha inserito l’art. 1 bis della legge n. 475 del 1968, il quale conferisce – significativamente - alle regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, sentite le aziende sanitarie, la facoltà di istituire a determinate condizioni farmacie aggiuntive presso stazioni ferroviarie, aeroporti, centri commerciali e altro), giacché, com’è noto, la legittimità dell’atto deve essere esaminata, in virtù del principio tempus regit actum, con riguardo alla situazione di fatto (oltreché di diritto) esistente al momento della sua adozione, nel caso in esame caratterizzata come innanzi. D’altronde, la natura incidentale del giudizio di costituzionalità delle leggi esige che le relative questioni siano collegate in via diretta e concreta al giudizio in corso e preclude, perciò, la proposizione di questioni sollevate in via ipotetica, in vista di una possibile evenienza futura e incerta, qual è quella in esame.

12.- In conclusione, le proposte questioni di legittimità costituzionale vanno dichiarate manifestamente infondate ovvero inammissibili. Pertanto, assorbita ogni eccezione in rito formulata dalle controparti ed altresì assorbito il primo motivo d’appello riguardante una siffatta eccezione sollevata in primo grado, stante la reiezione delle restanti doglianze l’appello non può che essere integralmente respinto.

Si può aggiungere che la domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente è chiaramente infondata: al di là della pur dirimente osservazione che, una volta esclusa l’illegittimità degli atti impugnati, non vi è luogo ad alcun risarcimento, sta di fatto che, allo stato, nessun danno può essersi ancora verificato in quanto la nuova farmacia ubicata in San Gottardo non è ancora assegnata e tanto meno messa in esercizio.

13. Le spese del grado faranno carico all’appellante in ragione del principio di soccombenza; non si ravvisano sufficienti ragioni per disporre diversamente, tenuto conto che tutte le doglianze dedotte risultano manifestamente infondate e a volte pretestuose, anche volendo ammettere che l’interpretazione della nuova normativa presenti qualche margine d’incertezza (non influente, peraltro, ai fini della presente controversia).

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore delle due controparti costituite, nella misura di euro 3.000 per ciascuna, oltre agli accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani,  Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri,     Consigliere, Estensore

Hadrian Simonetti,     Consigliere

Silvestro Maria Russo,           Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE                 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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