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Consiglio di Stato, Sez. III, 30/7/2013 n. 4026
Sulla legittimità del provvedimento con il quale la stazione appaltante procede, in autotutela, alla revoca dell'intera procedura di gara.

L'amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall'art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990, di revocare per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo e che, con riguardo ad una procedura di evidenza pubblica, deve ritenersi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, motivato anche con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, ciò in quanto la ricordata disposizione ammette un ripensamento da parte della amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. Anche di recente è stato affermato che, ai sensi del citato art. 21 quinquies, è legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante procede, in autotutela, alla revoca dell'intera procedura di gara dopo averne individuato i presupposti nei sopravvenuti motivi di pubblico interesse di natura economica, derivanti da una forte riduzione dei trasferimenti finanziari, nonché da una nuova valutazione delle esigenze nell'ambito dei bisogni da soddisfare, a seguito di una ponderata valutazione che ha evidenziato la non convenienza di procedere all'aggiudicazione sulla base del capitolato predisposto precedentemente ed al fine di ottenere un risparmio economico. Pertanto, nel caso di specie, sussistevano le ragioni di pubblico interesse all'esercizio del potere di autotutela dell'Amministrazione e che tali ragioni erano state chiaramente indicate dall'amministrazione negli atti impugnati.

Materia: appalti / disciplina

N. 04026/2013REG.PROV.COLL.

 

N. 01079/2007 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1079 del 2007, proposto da:

Tecnonet S.p.A. e Sire S.p.A., in proprio e quale imprese facenti parti di A.T.I. (con capogruppo Tecnonet), in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'avv. Federico Tedeschini, con domicilio eletto in Roma, Largo Messico n. 7;

 

contro

Azienda Sanitaria Locale CE/2, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Augusto Chiosi, con domicilio eletto presso Giovanna Buonavoglia in Roma, via Amiterno n. 3;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la CAMPANIA, Sede di Napoli, Sezione I, n. 8431 del 2 ottobre 2006, resa tra le parti, concernente la decisione di non procedere nella costruzione in project financing di un ospedale nella zona di Capua – S. Maria Capua Vetere.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2013 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avv. Arredi, su delega dell’avv. Federico Tedeschini, e l’avv. Augusto Chiosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- L’A.T.I. formata da Tecnonet S.p.A. (capogruppo mandataria), da Sire S.p.A. ed altre società mandanti, di seguito A.T.I. Tecnonet, con determina del Direttore Generale della ASL CE/2 n. 501 del 30 gennaio 2004, era stata dichiarata concessionaria per la costruzione, in project financing, di un ospedale nella zona di Capua – S. Maria Capua Vetere.

Il Direttore Generale della ASL CE/2, con delibera n. 489 del 29 dicembre 2004, annullava tuttavia in autotutela la predetta determina n. 501 del 2004 ritenendola viziata per diversi motivi.

2.- Con ricorso proposto davanti al T.A.R. per la Campania, l’A.T.I. Tecnonet impugnava quindi la delibera n. 489 del 2004, nonché gli atti presupposti, e l’ulteriore delibera, n. 69 del 25 febbraio 2005, con la quale il Direttore Generale della ASL CE/2 aveva annullato anche la delibera (n. 2845 del 20 novembre 2003), con la quale era stato dichiarato il pubblico interesse dell’opera, nonché la delibera (n. 496 del 28 febbraio 2003) con la quale l’Amministrazione aveva deciso di procedere alla costruzione del predetto ospedale con la formula del project financing.

3.- Il T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, con sentenza della Sezione I, n. 8431 del 2 ottobre 2006, ha respinto il ricorso.

Dopo aver ritenuto che la motivazione adoperata dall’amministrazione, a fondamento degli atti in autotutela, doveva «considerarsi prevalente sull’interesse privato alla conservazione dell’atto favorevole», tenuto anche conto della mancanza «di un effettivo svolgimento della gara pubblica per assenza di offerte», il T.A.R. ha ritenuto infondati i vizi di natura procedimentale ed ha ritenuto che non sussistevano le illegittimità riguardanti i presupposti dell’atto di autotutela, in particolare per tre profili.

In primo luogo, il T.A.R. ha ritenuto che correttamente l’Amministrazione aveva ritenuto che, nella fattispecie, si doveva procedere con una licitazione privata anziché con un pubblico incanto, ai sensi dell’art. 37 quater, comma 1 lett. A), della legge n. 109 del 1994.

Il T.A.R. ha poi ritenuto non viziata «la deduzione, contenuta nel secondo punto, relativa all’esistenza di un difettoso studio di fattibilità economica e di un inadeguato piano economico-finanziario», tenuto conto che «un piano economico-finanziario serio, completo e dettagliato costituisce un parametro indefettibile da porre a base di gara per la selezione delle due offerte economicamente più vantaggiose».

Il T.A.R., infine, ha affermato che «la mancanza di idonea copertura finanziaria costituisce evidentemente un limite invalicabile alla fattibilità del progetto di finanza dell’ospedale».

4.- L’A.T.I. Tecnonet ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili ed ha chiesto anche il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi.

In particolare l’appellante ha insistito nel sostenere che non sussistevano i presupposti dell’attività di autotutela esercitata dell’Amministrazione e che, comunque, gli elementi indicati erano del tutto insufficienti ad escludere la piena responsabilità della stessa, con la conseguente richiesta di risarcimento, sul quale la sentenza non si è espressa.

5.- L’appello non è tuttavia fondato. E ciò consente di prescindere dall’esame dell’eccezione pregiudiziale sollevata (anche in appello) dall’Amministrazione resistente, di carenza di legittimazione processuale delle appellanti in relazione alla loro avvenuta riunione in ATI (con le altre mandanti) ed all’avvenuta costituzione della società di progetto “CO.GE.R. 2004” S.p.A.

6.- Con il primo motivo di appello l’A.T.I. Tecnonet ha sostenuto che il T.A.R. ha omesso di considerare che, per ritenere legittimo un provvedimento di autotutela, devono coesistere una pluralità di elementi, da indicare in motivazione, quali il ripristino della legalità violata, l’attualità e la concretezza dell’interesse pubblico e il necessario contemperamento tra l’interesse pubblico e l’interesse privato, che nella fattispecie era particolarmente rilevante tenuto conto dell’avvenuto affidamento al promotore della concessione per la realizzazione dell’opera pubblica.

6.1.- La censura non è fondata.

E’ vero che, come affermato dall’appellante, l'annullamento d'ufficio di un atto amministrativo è il risultato di un'attività discrezionale dell'Amministrazione e non deriva in via automatica dall'accertata originaria illegittimità dell'atto essendo altresì necessaria la sussistenza di un interesse pubblico attuale al ripristino della legalità che risulti prevalente sugli interessi dei privati che militano in senso opposto (fra le più recenti: Consiglio di Stato, sez. IV n. 1605 del 19 marzo 2013).

Tuttavia, nella fattispecie, l’Amministrazione ha chiaramente indicato, negli impugnati provvedimenti di autotutela, dopo un approfondito esame della questione operato anche da parte di due legali esterni, sia i vizi che erano stati riscontrati nella procedura e negli atti che avevano condotto all’aggiudicazione alla appellante della concessione per la realizzazione, in project financing, di un ospedale nella zona di Capua – S. Maria Capua Vetere, sia le ragioni del concreto e prevalente interesse pubblico all’esercizio dell’attività di autotutela, derivante dalla evidente insufficienza del finanziamento regionale per sostenere le ingenti spese necessarie alla realizzazione ed alla gestione della nuova struttura ospedaliera.

6.2.- Ed invero, come risulta dagli atti, il modello di realizzazione e gestione proposto prevedeva la cessione in proprietà alla ASL CE/2 del nuovo immobile, con macchinari impianti ed arredi, in cambio di un canone annuale di € 3.666.667, oltre Iva al 10%, da corrispondere al concessionario per 15 anni a decorrere dalla realizzazione e consegna dell’opera; il versamento a favore del concessionario, in tre anni dall’inizio dell’opera, del contributo regionale pari ad € 38.499.514,30, oltre Iva al 10% (per un importo complessivo di € 42.349.465,73); ed un servizio, a carico del concessionario, di manutenzione, di ammodernamento tecnologico impiantistico, elettromedicale ed informatico, con decorrenza dalla data di consegna dell’opera, con un corrispettivo di € 9.037.500,00, oltre Iva, per 30 anni (con una eventuale sponsorizzazione da scomputare dal canone annuale per € 1.000.000).

A fronte di un finanziamento regionale di € 42.349.465,73, il progetto prevedeva quindi rilevantissimi ulteriori oneri che l’Amministrazione non era in grado di poter affrontare. L’opera sarebbe, infatti, venuta a costare oltre 100 milioni di euro, per la realizzazione strutturale, gli impianti e le attrezzature, e oltre 300 milioni di euro per la manutenzione e l’adeguamento tecnologico. In conseguenza il previsto finanziamento regionale, peraltro poi revocato (o meglio sospeso), risultava largamente insufficiente.

6.3.- Correttamente pertanto il T.A.R. per la Campania ha affermato che la mancanza di idonea copertura finanziaria costituiva «evidentemente un limite invalicabile alla fattibilità del progetto di finanza dell’ospedale».

6.4.- Si deve peraltro aggiungere che i dati esposti evidenziano anche una chiara insufficienza dello studio di fattibilità economica del progetto e un inadeguato piano economico finanziario, come pure sottolineato dal T.A.R. nella sentenza appellata.

6.5.- In ogni caso l’insufficienza delle risorse economiche avrebbe potuto giustificare anche una revoca (per motivi di opportunità) degli atti con i quali era stata rilasciata all’appellante la concessione per la realizzazione in project financing del nuovo ospedale.

Si deve, infatti, ricordare che l'amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall'art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, di revocare per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo e che, con riguardo ad una procedura di evidenza pubblica, deve ritenersi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, motivato anche con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, ciò in quanto la ricordata disposizione ammette un ripensamento da parte della amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (Consiglio di Stato, sez. V, n. 2418 del 6 maggio 2013).

Anche questa Sezione ha, in proposito, di recente affermato che, ai sensi dell'art. 21 quinquies, della legge n. 241 del 1990, è legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante procede, in autotutela, alla revoca dell'intera procedura di gara dopo averne individuato i presupposti nei sopravvenuti motivi di pubblico interesse di natura economica, derivanti da una forte riduzione dei trasferimenti finanziari, nonché da una nuova valutazione delle esigenze nell'ambito dei bisogni da soddisfare, a seguito di una ponderata valutazione che ha evidenziato la non convenienza di procedere all'aggiudicazione sulla base del capitolato predisposto precedentemente ed al fine di ottenere un risparmio economico (Consiglio di Stato, sez. III, n. 2838 del 24 maggio 2013).

6.6.- Si deve pertanto ritenere che, nella fattispecie, sussistevano le ragioni di pubblico interesse all’esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione e che tali ragioni erano state chiaramente indicate dall’amministrazione negli atti impugnati.

7.- Per quanto riguarda poi i presupposti dell’attività di autotutela, anche a voler ritenere non rilevante il vizio nella procedura riguardante la scelta del pubblico incanto in luogo della prevista licitazione privata (oggetto del secondo motivo di appello), restano insuperabili gli altri vizi riscontrati nella procedura e soprattutto le carenze del piano economico finanziario e della documentazione progettuale prodotta.

7.1.- Il provvedimento del Direttore Generale della ASL CE/2 n. 489 del 2004 (ed anche i pareri resi dai due legali interpellati dall’Amministrazione) hanno, infatti, evidenziato l’esistenza di diversi vizi nella procedura (la violazione dell’art. 37 bis, comma 2 bis, e 37 ter della legge n. 109 del 1994), e quindi non solo il vizio riguardante la scelta della procedura di evidenza pubblica, di cui all’allora vigente art. 37 quater della legge n. 109 del 1994, sulla quale il T.A.R. si è soffermato.

Ma soprattutto il citato provvedimento ha messo in evidenza le evidenti carenze del piano di finanziamento, che in una procedura di project financing ha un valore centrale, «difettando un adeguato studio di fattibilità economica della proposta formulata dal promotore» e la copertura finanziaria necessaria.

7.2.- Come è stato sottolineato in tale provvedimento (e come si è già ricordato), risultava, infatti, insufficiente il contributo regionale di € 42.349.465,73 a coprire i costi per la realizzazione dell’opera, nonché evidente «la mancanza di un piano economico finanziario atto a dimostrare la capacità dell’ASL CE2 a far fronte agli oneri gestionale del nuovo ospedale, quantificati nella medesima proposta in oltre 9 milioni di euro all’anno, e l’assenza di (una) previsione, sia pure approssimativa, di futuri introiti derivanti dall’apertura ed il funzionamento delle strutture» del nuovo ospedale, «tali da compensare l’oneroso canone annuale previsto per il servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria».

Inoltre era evidente la mancata previsione, nel progetto formulato dal promotore «di un potere di controllo del Concedente sull’operato del Concessionario e la mancata inclusione tra le prestazioni a carico del Concessionario di tutti i servizi indispensabili, tra i quali soprattutto quello volto all’adeguamento tecnologico periodico delle strutture sanitarie… con conseguente inevitabile aggravio dei costi di gestione…».

7.3.- A ciò si deve aggiungere che, come evidenziato dall’avv. Ezio Maria Zuppardi, nel parere reso all’Amministrazione, in assenza di adeguate correzioni alla proposta (riguardanti l’oggetto del contratto, le modalità di prestazione dei servizi, le modalità di pagamento, il potere del concedente di controllare l’operato del concessionario, l’inclusione fra le prestazioni a carico del concessionario di servizi essenziali), l’Amministrazione avrebbe corso il rischio di ricevere una prestazione «di valore notevolmente inferiore alla remunerazione riconosciuta al Concessionario».

7.4.- Ad un esame più attento della proposta era risultata quindi evidente una eccessiva onerosità dei costi che l’Amministrazione avrebbe dovuto sostenere, per giunta in assenza di una qualsiasi previsione sulle modalità attraverso le quali la stessa Amministrazione avrebbe dovuto conseguire le relative risorse, e la mancanza di adeguati poteri di controllo sulla realizzazione delle opere e sui servizi di manutenzione e adeguamento che dovevano essere affidati al concessionario per un canone superiore ai 9 milioni di euro annui, oltre Iva.

7.5.- In tale contesto l’ATI appellante, mentre ha insistito nel sostenere l’illegittimo esercizio dell’attività di autotutela posta in essere dall’Amministrazione e il suo diritto ad un risarcimento dei danni subiti (e subendi) per tale attività, non ha tuttavia dimostrato l’erroneità di quanto è stato affermato circa l’evidente inadeguatezza e la non convenienza per la stessa Amministrazione dell’operazione di project financing avviata, e si è limitata a sostenere che, comunque, il piano economico finanziario era stato già vagliato attentamente.

7.6.- I motivi di appello sollevati nei confronti della decisione del T.A.R. che ha ritenuto insuperabili le ragioni esposte dall’Amministrazione per giustificare l’esercizio dell’attività di autotutela devono essere pertanto respinti.

7.7.- Si deve solo aggiungere, in relazione al quarto motivo, con il quale l’appellante ha sostenuto che erroneamente il T.A.R. ha fatto riferimento ad una avvenuta (precedente) revoca del finanziamento, che non ha alcun rilievo la circostanza che effettivamente l’Arsan aveva deliberato, dopo l’emanazione degli atti di autotutela impugnati, di rinviare ad un successivo accordo di programma ogni decisione sulla realizzazione dei programmati interventi di edilizia sanitaria (fra cui quello per la realizzazione dell’Ospedale di S. Maria C.V.), risultando comunque evidente già in precedenza, come si è detto, l’insufficienza del contributo regionale per la realizzazione e la gestione dell’opera, nonché l’esistenza degli altri vizi riscontrati nella procedura e negli atti.

8.- Non può poi essere accolta la richiesta di risarcimento dei danni (anche di natura precontrattuale) subiti per l’azione dell’amministrazione, non solo perché non si sono ravvisati i lamentati vizi negli atti impugnati, ma anche perché la procedura in questione non era ancora giunta alla sua effettiva conclusione, con la stipula dei relativi contratti, ed anche perché si deve ritenere che stessi proponenti erano (almeno) corresponsabili per la predisposizione di un progetto nel quale non era stata tenuta nella adeguata necessaria considerazione la sostenibilità economico finanziaria (per l’Amministrazione) dello stesso progetto.

9.- Non essendo stato ancora stipulato fra le parti alcun contratto, non era possibile nemmeno far rifermento all’indennizzo previsto dall’allora vigente art. 37 septies della legge n. 104 del 1994.

10.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello proposto da Tecnonet S.p.A. e Sire S.p.A., in proprio e quale imprese facenti parti dell’A.T.I. Tecnonet, deve essere respinto e l’appellata sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione I, n. 8431 del 2 ottobre 2006 deve essere integralmente confermata.

Deve essere respinta anche la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dalle società appellanti.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le appellanti Tecnonet S.p.A. e Sire S.p.A. al pagamento, in solido, di € 4.000,00 (quattromila) in favore dell’Amministrazione resistente, per le spese e le competenze del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo,         Presidente

Roberto Capuzzi,       Consigliere

Dante D'Alessio,        Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza,   Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti,    Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/07/2013

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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