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TAR Lazio, sez. II ter, 30/10/2013 n. 9274
Sull'informazione antimafia cd. atipica.

L'atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell'informativa prefettizia, receda dal contratto di appalto è espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica e la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.
L'informativa antimafia supplementare o atipica si distingue dall'informativa antimafia tipica in quanto costituisce un atto meramente partecipativo di circostanze di fatto.
Come tale l'informativa antimafia atipica non determina di per sé un divieto legale a contrarre e non comporta, necessariamente ed inevitabilmente, l'adozione di provvedimenti pregiudizievoli per il privato, essendo questi rimessi alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.
Una volta ricevuta l'informativa atipica, la Stazione appaltante è tenuta a valutare gli elementi in essa contenuti; ed, eventualmente, fornire idonea motivazione in ordine all'assenza dei requisiti soggettivi in capo all'impresa, sì da giustificare la risoluzione del contratto.
Il potere di revoca ha, sì, portata generale, rappresentando una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica, ma non è illimitato, dovendo comunque sottostare alla valutazione circa l'esistenza in concreto del pubblico interesse, in cui si sostanzia il legittimo esercizio dell'autotutela decisoria.


Materia: appalti / autotutela

N. 09274/2013 REG.PROV.COLL.

N. 10976/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 10976 del 2012, proposto da C.E.A.P.P. – Costruzioni Edili Appalti Pubblici e Privati s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Candido Di Gioia e Domenico Oropallo, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, piazza Mazzini n. 27;

contro

- Metro C Società di Progetto S.c.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Marco Annoni, Leonardo Fratesi, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, alla via Udine n. 6;

- Roma Metropolitane s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Lilli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, alla via di Val Fiorita n. 90;

- Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

- U.T.G. – Prefettura di Roma, in persona del Prefetto p.t.;

per l'annullamento

-           del provvedimento della Società Metro C prot. 7963-12 dell’8 novembre 2012, con il quale è stata unilateralmente disposta la risoluzione dei contratti: AL 151 Aut. Rup 162/2011; AL 192 e AL 192 01 Aut. Rup 203/2012; AL194 Aut. Rup 201/2012;

-           del modulo inviato in data 19 novembre 2012 prot. n. 0021339 da Roma Metropolitane all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici per l’aggiornamento del Casellario Informatico;

-           della comunicazione Metro C datata 13 novembre 2012 prot. n. 8112/12;

-           della comunicazione Metro C datata 22 novembre 2012 prot. n. 8315-12;

-           dell’informativa antimafia della Prefettura di Roma 23 ottobre 2012 prot. n. 179323/Area 1 Bis O.S.P.;

-           dell’informativa atipica della Prefettura di Roma 6 novembre 2012 prot. n. 190110/Area 1 Bis O.S.P.;

-           nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, tra i quali la nota di Roma Metropolitane n. 19287 del 17 ottobre 2012 e, ove occorrente, l’art. 5 del Protocollo di Intesa tra Metro C, Roma Metropolitane e Prefettura di Roma in data 31 maggio 2006 e gli artt. 8 e 29 delle Condizioni generali di contratto, nonché l’art. 14 dei contratti intercorsi fra la società ricorrente e Metro C.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Metro C Società di Progetto S.c.p.a., di Roma Metropolitane s.r.l. e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2013 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Premette parte ricorrente che l’ATI fra Astaldi s.p.a., Ansaldo trasporti Sistemi Ferroviari s.p.a., Consorzio Cooperative Costruzioni e Vianini Lavori s.p.a. è risultata aggiudicataria della licitazione per l’affidamento a contraente generale della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione e direzione lavori per la nuova Linea C della Metropolitana di Roma.

Le predette società provvedevano, nel 2006, a costituire apposita società di progetto, denominata Metro C s.p.a., e successivamente trasformatasi in Metro C S.c.p.a.

Metro C ha, quindi, invitato la ricorrente C.E.A.P.P. a presentare apposita richiesta di offerta (RDO) alla quale ha fatto seguito la stipula di taluni contratti, analiticamente individuati nell’atto introduttivo.

Nel dare atto che Metro C è divenuta destinataria di tutti gli obblighi del Protocollo di Intesa sottoscritto il 31 maggio 2006 con Roma Metropolitane e la Prefettura di Roma (ivi compresi gli adempimenti antimafia), parte ricorrente soggiunge che quest’ultima, con informativa del 23 ottobre 2012, rappresentava a Metro C la presenza di elementi riferibili a C.E.A.P.P., aventi rilevanza a tali fini.

Con successiva nota del 6 novembre 2012, il medesimo Ufficio qualificava espressamente come “atipica” l’informazione contenuta nella precedente comunicazione del 23 ottobre, sollecitando l’applicazione dell’art. 5 del Protocollo di Intesa.

Con nota dell’8 novembre 2012, Metro C comunicava alla ricorrente la risoluzione di tutti i contratti in essere, assumendo la vincolatività dell’informativa atipica ai sensi dell’anzidetto Protocollo.

Nell’assumere, quanto alla controversia in esame, la spettanza al giudice amministrativo della relativa cognizione giurisdizionale, parte ricorrente ha articolato i seguenti motivi di censura:

1) Violazione dell’art. 7 della legge 241/1990, nonché dell’art. 10 n. 8 e n. 9 e dell’art. 1 del D.P.R. 252/1998. Violazione del cd. Protocollo di Intesa.

Rilevata la mancata comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’adozione della gravata determinazione, C.E.A.P.P. esclude che nella fattispecie ricorressero speciali ragioni di urgenza, ulteriormente rilevando il superamento del termine di cui all’art. 11 del D.P.R. 252/1998.

2) Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 10, comma 9, del D.P.R. 252/1998, dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994. Violazione del Protocollo di Intesa per gli appalti pubblici tra Prefettura di Roma, Metro C e Roma Metropolitane, richiamato nei contratti di affidamento. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento e sviamento, contraddittorietà, illegittimità manifesta, difetto di motivazione.

Nel dare atto della distinzione, tratteggiata dalla giurisprudenza, tra informativa antimafia cd. “tipica” ed “atipica”, osserva parte ricorrente come soltanto alla prima sia ricongiungibile un effetto automaticamente “estintivo” sui rapporti contrattuali in essere; laddove all’informativa “atipica accederebbe, diversamente, un potere discrezionale in capo alla Stazione appaltante di valutare autonomamente il contenuto delle informazioni ricevute.

Né, rispetto a quanto sopra riportato, rivelerebbe contenuto ostativo la previsione di cui all’art. 5 del Protocollo di Intesa, atteso che non potrebbe ravvisarsi in essa alcuna equiparazione fra informativa tipica ed atipica.

Ciò posto, parte ricorrente osserva come il provvedimento gravato, reso a fronte di informativa prefettizia “atipica”, non rechi alcun apparato motivazionale idoneo a dar conto della decisione assunta da Roma C; rilevando come nella determinazione si dia – in maniera asseritamente erronea – atto dell’assenza di alcun margine di discrezionalità in capo alla Stazione appaltante e dell’effetto automaticamente interdittivo scaturente dall’informativa di che trattasi.

3) Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 10, comma 9, del D.P.R. 252/1998, dell’art. 1-septies del D.Lgs. 629/1982, dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994. Violazione del Protocollo di Intesa per gli appalti pubblici tra Prefettura di Roma, Metro C e Roma Metropolitane, richiamato nei contratti di affidamento. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento e sviamento, contraddittorietà, illegittimità manifesta, difetto di motivazione.

Nel ribadire come la comunicazione in data 8 novembre 2012 sia essenzialmente incentrata sull’art. 5 del Protocollo di Intesa, parte ricorrente evidenzia che tale disposizione ricongiunge alle informazioni cd. “atipiche” una mera facoltà di risoluzione dei rapporti contrattuali in essere, escludendo alcun automatismo, diversamente previsto dal precedente art. 4 per le informative “tipiche”.

Da quanto sopra, viene ad assumere carattere di accentuata obbligatorietà la motivazione dell’atto, nella fattispecie – come denunciato da C.E.A.P.P. – carente.

4) Violazione dell’art. 41 della Costituzione, dell’art. 10, comma 9, del ad.p.r. 252/1998, dell’art. 1-septies del D.Lgs. 629/1982, dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento e sviamento, contraddittorietà, illegittimità manifesta, difetto di motivazione.

Laddove l’interpretazione del suindicato art. 5 potesse consentire di argomentare, anche nel caso di informativa prefettizia atipica, l’obbligatoria ed automatica estromissione delle imprese interessate, parte ricorrente assume l’illegittimità di tale clausola del Protocollo di Intesa per violazione della normativa precedentemente citata.

Con motivi aggiunti ritualmente notificati alle controparti e depositati in giudizio il 15 gennaio 2013, C.E.A.P.P. – a seguito dell’acquisizione dell’informativa antimafia da parte della Prefettura di Roma recante data del 23 ottobre 2012 (intervenuta per effetto dell’esercitato accesso) – ha contestato la legittimità dell’informativa stessa sulla base delle seguenti, ulteriori, censure:

5) Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, nonché del diritto di libertà di impresa di cui all’art. 41 della Costituzione. Violazione dell’art. 10, comma 9, del D.P.R. 252/1998, dell’art. 1-septies del D.Lgs. 629/1982, dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994, dell’art. 3 della legge 241/1990- Violazione del Protocollo di Intesa per gli appalti pubblici tra Prefettura di Roma, Metro C s.p.a., Metropolitane di Roma in data 31 maggio 2006. Eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento e sviamento, contraddittorietà, illegittimità manifesta, difetto assoluto di motivazione.

Nel rilevare come l’informativa prefettizia abbia escluso, a carico della ricorrente, la presenza delle cause interdittive di cui al D.Lgs. 159/2011 (con conseguente preclusione all’adozione di provvedimenti aventi carattere vincolato), parte ricorrente sottolinea che – in presenza di elementi favorevoli per la posizione del sig. Ludovisi (legale rappresentante di C.E.A.P.P.) – verrebbe in considerazione l’esigenza, per l’Autorità, di fornire stringente apparato motivazionale, fuori dalla mera esplicitazione di elementi fondati su meri sospetti o congetture.

6) Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione, nonché del diritto di libertà di impresa di cui all’art. 41 della Costituzione. Violazione dell’art. 10, comma 9, del D.P.R. 252/1998, dell’art. 1-septies del D.Lgs. 629/1982, dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994, dell’art. 3 della legge 241/1990- Violazione del Protocollo di Intesa per gli appalti pubblici tra Prefettura di Roma, Metro C s.p.a., Metropolitane di Roma in data 31 maggio 2006. Eccesso di potere per incompetenza, illogicità, errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria, travisamento e sviamento, contraddittorietà, illegittimità manifesta, difetto assoluto di motivazione.

Nel ribadire l’esclusa equiparabilità fra informativa antimafia tipica ed atipica, parte ricorrente evidenzia che spetta all’Amministrazione destinataria dell’informativa stessa l’autonoma valutazione discrezionale in ordine alle indicazioni in quest’ultima contenute: per l’effetto assumendosi l’illegittimità degli atti gravati, nella parte in cui la stessa nota prefettizia ha evocato l’automatica applicabilità dell’art. 5 del Protocollo di Intesa di cui in epigrafe.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Sollecita ulteriormente parte ricorrente il riconoscimento del pregiudizio sofferto a seguito dell'esecuzione dell'atto impugnato, con riveniente accertamento dei seguenti profili di danno:

-           mancato utile, nella misura del 10% del valore di ciascun contratto;

-           danno commerciale, nella misura del 2% del valore di ciascun contratto;

-           danno non patrimoniale (perdita di chance per l’impossibilità di far valere nelle future contrattazioni il valore economico dell’appalto non eseguito: 2% del valore di ciascun contratto; nonché danno esistenziale per lesione dell’immagine dell’appaltatore: con riserva di quantificazione in corso di giudizio).

e condanna dell'Amministrazione intimata alla liquidazione delle somme ai titoli di cui sopra spettanti.

Si sono costituitisi in giudizio, Metro C Società di Progetto S.c.p.a., Roma Metropolitane s.r.l., ed il Ministero dell'Interno, sostenendo l’infondatezza delle censure articolate con il presente mezzo di tutela e sollecitando, conclusivamente, il rigetto del gravame.

La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale accolta con ordinanza n. 413, pronunziata nella Camera di Consiglio del 30 gennaio 2013.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 16 ottobre 2013.

DIRITTO

1. Va, in primo luogo, dato atto della spettanza della cognizione giurisdizionale relativamente alla proposta controversia al giudice amministrativo.

L’atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell’informativa prefettizia, receda dal contratto di appalto è, infatti, espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica, diretto a soddisfare l'esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con imprese nei cui confronti emergano sospetti di legami con la criminalità organizzata.

Pertanto, trattandosi di atto estraneo alla sfera del diritto privato, in quanto espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. Civ., SS.UU. 29 agosto 2008 n. 21928).

In altri termini, alla risoluzione del contratto non può attribuirsi natura privatistica e negoziale, in quanto esso è conseguenza diretta di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente.

La risoluzione in discorso non trova, infatti, fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma è conseguenza all'informativa del Prefetto, sicché deve ritenersi espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica, diretto a soddisfare l'esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con soggetti e imprese nei confronti dei quali emergano sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata.

L’appartenenza della giurisdizione al giudice amministrativo, relativamente alle controversie di che trattasi, è del resto affermata ormai in modo unanime dalla giurisprudenza più recente (ex multis: T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 4 giugno 2012 n. 461; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 4 maggio 2011 n. 372; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 1° febbraio 2011 n. 77; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 24 giugno 2010 n. 2519; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 15 febbraio 2010 n. 1866; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 8 febbraio 2010 n. 98; Cass. SS.UU., 28 novembre 2008 n. 28345; Cons. Stato, sez. VI, 17 luglio 2008 n. 3603).

2. Quanto sopra preliminarmente posto, si dimostra fondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata da Roma Metropolitane s.r.l.

Roma Metropolitane, infatti, è il soggetto aggiudicatore dei lavori di progettazione e realizzazione della linea C della metropolitana di Roma ed ha disposto l’affidamento a Contraente Generale dei relativi interventi, mentre la presente controversia concerne esclusivamente il rapporto tra il Contraente Generale Metro C e la ricorrente C.E.A.P.P., affidataria di taluni rapporti contrattuali inerenti la realizzazione dell’infrastruttura di che trattasi.

Gli atti impugnati, adottati da Metro C, per quanto attiene alla risoluzione del contratto, e dall’Autorità Prefettizia, per quanto attiene all’informativa antimafia, non coinvolgono in alcun modo Roma Metropolitane: la quale, in ragione della rilevata carenza di legittimazione passiva, deve conseguentemente essere esclusa dal giudizio.

3. Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto con riferimento alle censure relative agli atti afferenti alla risoluzione del contratto.

Con l’impugnata nota dell’8 novembre 2012, la Metro C ha comunicato all’odierna ricorrente che la Prefettura di Roma, con nota del 23 ottobre 2012, forniva informazioni antimafia riguardanti C.E.A.P.P., “in relazione al cui contenuto veniva espressamente richiamata l’applicazione dell’art. 5 del Protocollo di Legalità”.

A seguito di una riunione tenutasi il successivo 6 novembre, la Prefettura di Roma in pari data trasmetteva un fax nel quale si dava atto trattarsi di informativa antimafia cd. atipica e si ribadiva, altresì, la già formulata richiesta di applicazione dell’anzidetto art. 5 del Protocollo, sottolineando che “tale disposizione prevede che le informazioni cd. atipiche producono gli stessi effetti delle informazioni negative ai fini dell’interdizioni o dell’estromissione dell’impresa cui dette informazioni si riferiscono”.

Conseguentemente:

- in affermata “attuazione degli obblighi derivanti dalle disposizioni impartite dalla Pubblica Autorità, nella rigorosa osservanza della vigente normativa in materia di antimafia e del Protocollo di Intesa del 31 maggio 2006”;

- e “viste le clausole risolutive espresse contrattualmente stabilite in caso di informative antimafia, sia di carattere interdittivo che atipico, ai sensi del combinato disposto degli articoli 8 e 29 delle Condizioni Generali di Contratto sottoscritte tra le parti” Metro C ha disposto “l’immediata risoluzione di tutti i contratti in essere” con C.E.A.P.P.

4. Rileva il Collegio che l'informativa antimafia supplementare o atipica si distingue dall'informativa antimafia tipica perché rimette alla valutazione autonoma e discrezionale dell'Amministrazione destinataria dell’informativa l’efficacia interdittiva.

L’articolo 10 della legge 575/1965 prevede la “decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni …, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione e relativi subcontratti”,nei confronti delle "persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione”.

L'articolo 4 del D.Lgs. 490/1994 stabilisce che, qualora siano acquisite "informazioni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate" (comma 4), “le amministrazioni ... non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti” (comma 6).

Il D.P.R. 252/1998, nel dare esecuzione alla normativa delegata, ha stabilito all'art. 10, con analoga previsione, che “quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti” (comma 2).

Accanto alle due ipotesi testé menzionate (in cui la causa interdittiva è tipizzata e le amministrazioni destinatarie dell'informativa sono dunque prive di qualsiasi potere discrezionale in merito alla valutazione dei fatti oggetto della stessa), è configurabile, secondo l'insegnamento della giurisprudenza formatasi sul punto, una terza fattispecie, di carattere generale e residuale, comprensiva di tutte le ipotesi in cui, pur non emergendo la prova certa del tentativo di infiltrazione mafiosa, risultino comunque elementi di gravità e di sospetto tali da incidere sull'affidabilità morale dell'impresa.

In tal caso, peraltro, l'informativa è priva di efficacia interdittiva automatica, ma consente l'attivazione degli ordinari poteri discrezionali di autotutela.

Il fondamento normativo di tale terza figura di informativa (cd. atipica) è rinvenibile nel combinato disposto delle disposizioni di cui all'articolo 1-septies del decreto legge 6 settembre 1982 n. 629 (convertito in legge 12 ottobre 1982 n. 726) ed all'articolo 10, comma 9, del D.P.R. 3 giugno 1998 n. 252.

In virtù della prima disposizione, “l'Alto Commissario può comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni..., elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione, nell'ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione o la revoca delle licenze, autorizzazioni, concessioni e degli altri titoli menzionati".

In virtù della seconda, “le disposizioni dell'articolo 1-septies..., non si applicano alle informazioni previste dal presente articolo, salvo che gli elementi o le altre indicazioni fornite siano rilevanti ai fini delle valutazioni discrezionali ammesse dalla legge”.

Le informative prefettizie antimafia previste dalla disciplina generale si distinguono, dunque, in tre diverse categorie:

a)         ricognitive di cause di divieto ex art. 4, comma 4, del D.Lgs. 490/1994 ed automaticamente interdittive [categoria che si identifica con “le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa” desunte dall'art. 10, comma 7, lettere a) e b) del d.p.r. n. 252 del 1998;

b)         relative a tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefetto;

c)         supplementari o atipiche, la cui efficacia interdittiva è rimessa ad una valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria dell'informativa.

L'aspetto distintivo delle informative supplementari rispetto alle prime due consiste, quindi, nel fatto che esse si risolvono nella messa a disposizione dell'Amministrazione, cui spetta decidere sulla misura interdittiva, di elementi e situazioni che denotano il pericolo di legami tra impresa e criminalità, da cui eventualmente desumere l'inaffidabilità, intesa nel suo complesso, dell'impresa aggiudicataria dei lavori.

Esse, in sostanza, assolvono la funzione di accrescere il bagaglio conoscitivo della Pubblica Amministrazione ai fini di un più ponderato esercizio dei propri poteri discrezionali nel corso del procedimento di evidenza pubblica e di esecuzione del rapporto contrattuale, integrando una forma anticipatoria della soglia di difesa sociale nel campo del contrasto alla criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici.

Ne consegue che le informative atipiche, in quanto atti meramente partecipativi di circostanze di fatto, non determinano di per sé un divieto legale a contrarre e non comportano, necessariamente ed inevitabilmente, l’adozione di provvedimenti pregiudizievoli per il privato, essendo questi rimessi alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Come chiarito dalla giurisprudenza, l'informativa dalla quale emergano elementi relativi ad infiltrazioni mafiose, resa in base all'art. 4 del D.Lgs. n. 490 del 1994 ed all'art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998 ha carattere vincolante per le stazioni appaltanti ed automatica efficacia interdittiva in ordine alla capacità della Pubblica Amministrazione a negoziare con il soggetto interessato, a differenza dell'informativa c.d. atipica (emessa ex art. 1-septies del decreto legge 629 del 6 settembre 1982 (convertito nella legge 12 ottobre 1982 n. 726, aggiunto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988 n. 486), in cui invece l’Amministrazione destinataria conserva la potestà discrezionale di valutare autonomamente le informazioni ricevute.

Se in presenza di un'informativa cd. tipica, il sistema normativo non offre alle stazioni appaltanti strumenti e capacità per apprezzare la correttezza e la rilevanza “antimafia” degli elementi e delle indicazioni fornite dalla Prefettura, alla quale spettano le funzioni connesse alla classificazione, analisi, elaborazione e valutazione delle notizie e dei dati specificamente attinenti ai fenomeni di tipo mafioso, allora l’effettivo ambito della discrezionalità riservata alle Amministrazioni destinatarie dell'interdittiva antimafia ne esce sostanzialmente depotenziato per quanto riguarda i contenuti delle suddette informative, per cui le ragioni di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata sono motivate per relationem facendo riferimento all'informativa prefettizia (e, se fondate, sono normalmente sufficienti a giustificare la risoluzione del contratto: cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013 n. 4467.

Se, quindi, nel caso nel caso di informativa antimafia “tipica” (artt. 4 e segg. del D.Lgs. 8 agosto 1994 n. 490 e art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998 n. 252), la misura interdittiva deriva direttamente dall'atto emanato dal Prefetto, diversamente la fattispecie dell’informativa prefettizia antimafia c.d. atipica (art. 1-septies del d. l. n. 629 del 6 settembre 1982, convertito nella legge 12 ottobre 1982, n. 726, aggiunto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486), preserva in capo all’Amministrazione la potestà discrezionale di valutare autonomamente le informazioni ricevute sull'impresa.

5. Nel caso di specie, l’art. 5 del Protocollo d’Intesa ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, relativo alla realizzazione della linea C della Metropolitana di Roma prevede che “le informazioni di cui all’art. 10, comma 9 del D.P.R. 252/98 (cd. informazioni atipiche) producono gli stessi effetti delle altre informazioni negative ai fini della interdizione o della estromissione della società o dell’impresa cui le informazioni si riferiscono, legittimando in questo caso il C.G. all’esercizio della facoltà di risoluzione del contratto o di revoca dell’autorizzazione al sub-contratto o sub-affidamento, esercitato ai sensi dell’art. 11, comma 3, del D.P.R. 252/1998”.

Va tuttavia escluso che tale previsione consenta l’equiparazione dell’informativa atipica, alla quale (come si è avuto modo di osservare) consegue l’esercizio di un potere discrezionale, all’informativa tipica, alla quale accede, invece, l’esercizio di un potere vincolato.

L’articolato fa riferimento, infatti, all’esercizio della “facoltà di risoluzione del contratto”: e, quindi, con chiarezza sottende l’esercizio di un potere discrezionale.

Né potrebbe essere altrimenti, atteso che, ai sensi della fonte normativa primaria, vale a dire dell’art. 1-septies del D.Lgs 629/1982, all’informativa c.d. atipica non accede una valenza automaticamente interdittiva, piuttosto imponendosi che gli elementi di fatto e le indicazioni dalla stessa forniti formino oggetto di valutazione nell’esercizio della discrezionalità ammessa dalla legge.

Ne consegue che, una volta ricevuta l’informativa atipica, la Stazione appaltante avrebbe dovuto valutare gli elementi in essa contenuti; ed, eventualmente, fornire idonea motivazione in ordine all’assenza dei requisiti soggettivi in capo all’impresa, sì da giustificare la risoluzione del contratto.

È ben vero che l'intera normativa antimafia (ed in particolare l'articolo 11, comma terzo, del D.P.R. n. 252/1998) attribuisce al Prefetto un generale potere di accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa, ma è altrettanto vero che, in siffatta ipotesi, in base alla stessa giurisprudenza, “l’Amministrazione e gli organismi ad essa assimilati hanno l'obbligo di pronunciare la risoluzione... in presenza di ragioni di pubblico interesse capaci di supportare detta revoca” (Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2001 n. 4724).

In tali casi quindi, l'esercizio del potere di revoca ha portata generale, rappresentando una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica, ma non è illimitato, dovendo comunque sottostare, in applicazione dei medesimi suddetti criteri, alla valutazione circa l'esistenza in concreto del pubblico interesse, in cui si sostanzia il legittimo esercizio dell'autotutela decisoria (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 19 gennaio 2012 n. 197).

6. Diversamente, Metro C non ha fornito alcuna motivazione della decisione assunta, limitandosi:

- per un verso, a sostenere che la Prefettura di Roma ha richiesto di dare corso alla conseguente applicazione dell’art. 5 del Protocollo di Legalità del 31 maggio 2006

- e, per altro verso, a dare conseguentemente applicazione alla clausola risolutiva espressa contemplata nel contratto, senza aver tuttavia compiuto qualsivoglia attività istruttoria e/o valutativa in ordine all’idoneità soggettiva dell’impresa destinataria dell’atto a proseguire il rapporto contrattuale.

Né può assumere rilievo che l’art. 8, comma 2, delle condizioni generali di contratto abbia stabilito che “il Contraente espressamente riconosce ed accetta che, qualora le informazioni antimafia di cui agli artt. 10 e 11 del D.P.R. 252/1998 diano esito ‘positivo’, il contratto sarà dichiarato dal Committente risolto di diritto e ciò anche nell’ipotesi di cui all’art. 10, comma 9, del citato D.P.R. 252/1998 (c.d. informazioni atipiche)”: e ciò per l’evidente ragione che la norma contrattuale non può porsi in contrasto con la norma primaria sovraordinata, la quale ha effetto eterointegrativo del contratto, di talché la previsione negoziale deve essere interpretata, così come il protocollo di legalità, nel senso che il contratto sarà dichiarato risolto diritto a seguito delle valutazioni di legge compiute dalla stazione appaltante una volta ricevuta la c.d. informativa atipica, valutazioni che, nella fattispecie in esame, non sono state compiute.

7. Alle considerazioni precedentemente esposte – confermative delle indicazioni dalla Sezione già fornite con sentenza n. 7701 del 12 settembre 2012, con la quale è stata definita una vicenda contenziosa recante contenuti sovrapponibili rispetto alla presente controversia – accede la fondatezza del gravame, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure, nei limiti in cui parte ricorrente ha dedotto che l’informativa supplementare o atipica non avrebbe carattere automaticamente interdittivo, ma consentirebbe l’attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l’avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizioni di contraente con la P.A.; e che, a differenza delle informative tipiche, l’Amministrazione è onerata di valutare – in concreto e motivatamente – l’adozione di misure quali quella impugnata.

Il provvedimento con cui Metro C ha proceduto alla risoluzione del contratto, pertanto, è illegittimo per carenza di motivazione e di istruttoria.

All’accoglimento del ricorso segue, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati afferenti alla risoluzione del contratto.

8. Da ultimo, viene in considerazione l’istanza di risarcimento danni per equivalente patrimoniale, dalla parte ricorrente proposta in una con l’atto introduttivo del giudizio.

Va in proposito osservato come, sulla base della documentazione versata in atti a cura della stessa parte ricorrente (oltre che ad opera di Metro C), risulta essere stato stipulata, fra quest’ultima e C.E.A.P.P., una scrittura privata, datata 22 marzo 2013, sulla base della quale:

- Metro C si è impegnata ad affidare a C.E.A.P.P. “lavori analoghi a quelli oggetto dei contratti risolti … di importo complessivo pari ad € 4.000.000,00”;

- C.E.A.P.P. ha dichiarato di “non aver più nulla a pretendere nei confronti di Metro C, nonché delle Amministrazioni (Roma Metropolitane s.r.l. e Prefettura di Roma) evocate nel giudizio R.G. 10976/2012 pendente dinanzi al T.A.R. del Lazio, per qualsivoglia titolo o pretesa, non solo di carattere patrimoniale, in qualsiasi modo connesso e/o collegato con la risoluzione dei contratti d’appalto …”;

- la stessa C.E.A.P.P. ha dichiarato di “rinunciare espressamente alla domanda di risarcimento danni proposta nei confronti di Metro C dinanzi al T.A.R. del Lazio nel ricorso R.G. 10976/2012 …, nonché alla proposizione di qualsivoglia altra domanda risarcitoria e/o indennitaria per il medesimo e/o connesso oggetto e/o titolo, nella medesima ovvero in qualsivoglia diversa ed ulteriore sede giudiziaria”.

Con memoria di replica depositata in giudizio l’8 maggio 2013, C.E.A.P.P., dopo aver controdedotto alle argomentazioni difensive esposte da Metro C con memoria del 26 aprile 2013, ha espressamente enunciato l’intendimento di rinunziare alla pretesa risarcitoria precedentemente avanzata in giudizio (in conformità dell’accordo come sopra raggiunto con la stessa Metro C in data 22 marzo 2013), nondimeno insistendo per l’accoglimento del mezzo di tutela nella sua parte impugnatoria.

Di quanto sopra preso atto, e ribadita – in ragione della espressa delimitazione della formulata rinuncia alla sola pretesa risarcitoria – l’accoglibilità del gravame (alla quale, attesa la persistente immanenza, in capo alla ricorrente, dell’interesse alla delibazione della pretesa impugnatoria dedotta con il presente mezzo di tutela, accede l’annullamento degli atti con esso censurati), rileva il Collegio che la rinunzia stessa, come sopra formalizzata dalla parte ricorrente, non rivela carattere di ritualità, in quanto non notificata alle controparti ai sensi del comma 3 dell’art. 84 c.p.a.

Nondimeno, dal contenuto dell’anzidetta memoria è dato argomentare, con carattere di univoca concludenza, l’intento abdicativo dalla parte manifestato limitatamente alla pretesa risarcitoria, al quale accede la declaratoria di improcedibilità, in parte qua, del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

- estromette dal giudizio, in quanto carente di legittimazione passiva, Roma Metropolitane s.r.l.;

- accoglie il mezzo di tutela, nei limiti di cui in motivazione, e, per l'effetto, in tali limiti annulla gli atti con esso gravati;

- dichiara l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, limitatamente alla domanda risarcitoria con esso fatta valere.

Condanna Metro C Società di Progetto S.c.p.a., in persona del legale rappresentante, nonché il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente C.E.A.P.P. – Costruzioni Edili Appalti Pubblici e Privati s.r.l., in ragione di € 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00) per ciascuna delle anzidette parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi,     Presidente

Roberto Politi,            Consigliere, Estensore

Roberto Caponigro,    Consigliere

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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