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TAR Piemonte, Sez. I, 13/6/2014 n. 1069
Società in house detenute congiuntamente da più enti pubblici.

I precedenti della Corte di Giustizia dell'UE hanno più volte chiarito che nel caso in cui venga fatto ricorso ad un'entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il "controllo analogo" può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse. Il concetto è stato ribadito dalla giurisprudenza nazionale, nel senso che il requisito del controllo analogo deve essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che la signoria della mano pubblica sull'ente affidatario, purché effettiva e reale, sia esercitata dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione dominante di ogni singolo ente. Peraltro, pur non richiedendosi che ciascun partecipante detenga da solo un potere di controllo individuale, nondimeno si esige che il controllo esercitato sull'entità partecipata non si fondi soltanto sulla posizione dominante dell'autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza del capitale sociale. È necessario, infatti, che anche il singolo socio possa vantare una posizione più che simbolica, idonea, per quanto minoritaria, a garantirgli una possibilità effettiva di partecipazione alla gestione dell'organismo del quale è parte; sicché, una presenza puramente formale nella compagine partecipata o in un organo comune incaricato della direzione della stessa, non risulterebbe sufficiente. La giurisprudenza comunitaria sottolinea inoltre la necessità che detto controllo analogo si esplichi sotto forma di partecipazione sia al capitale, sia agli organi direttivi dell'organismo controllato.

La giurisprudenza comunitaria non specifica attraverso quali sistemi operativi debba estrinsecarsi la presenza di ciascun socio negli organi direttivi e con quale modalità concreta quest'ultimo debba concorrere al controllo analogo. La prassi conosce svariate meccanismi, fondati ora sulla nomina diretta e concorrente di singoli rappresentanti (uno per ogni socio) in seno al consiglio di amministrazione della società; ora sulla partecipazione mediata agli organi direttivi attraverso la nomina da parte dell'assemblea di consiglieri riservati ai soci di minoranza. Valida alternativa è offerta dagli strumenti di carattere parasociale, che operano attraverso la predisposizione di organismi di controllo, costituiti dai rappresentanti di ciascun ente locale, muniti di penetranti poteri di verifica preventiva sulla gestione dell'attività ordinaria e straordinaria del soggetto in house, tali da rendere l'organo amministrativo privo di apprezzabile autonomia rispetto alle direttive delle amministrazioni partecipanti. E' dato pacifico in giurisprudenza, infine, che il controllo debba essere esercitato non solo in forma propulsiva ma anche attraverso l'esercizio - in chiave preventiva - di poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell'ente locale direttamente interessato al servizio.

In materia di società in house detenute congiuntamente da più enti pubblici, la giurisprudenza non manca di sottolineare la necessità che il relativo consiglio di amministrazione non abbia rilevanti poteri gestionali di carattere autonomo, e che l'ente pubblico affidante (la totalità dei soci pubblici) eserciti, pur se con moduli fondati su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario e caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria. Risulta a ciò indispensabile che le decisioni strategiche e più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante o, in caso di in house frazionato - come nella fattispecie in esame - all'approvazione della totalità degli enti pubblici soci.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

N. 01069/2014 REG.PROV.COLL.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 838 del 2013, proposto da:

Alessio S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Zoppolato, Laura Pelizzo e Antonella Borsero, con domicilio eletto presso quest’ultima in Torino, via Pietro Micca, 21;

 

contro

Azienda Ospedaliera Nazionale Ss. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo - Alessandria, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Dal Piaz e Francesco Russo, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via S. Agostino, 12;

 

nei confronti di

Amos S.C.R.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Teresio Bosco, Alberto Leone e Monica Beltramo, con domicilio eletto presso il primo in Torino, via Susa, 40;

 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

Gemeaz Elior S.p.A. ed Elior Ristorazione S.p.A., rappresentate e difese dall'avv. Riccardo Anania, con domicilio eletto presso Paola Costa in Torino, via Giacinto Collegno, 52;

Angem - Associazione Nazionale della Ristorazione e Servizi Vari, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso T.A.R. Piemonte Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;

 

per l'annullamento

della deliberazione n. 221 del 9.8.2013 del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera Nazionale SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, preannunciata alla ricorrente con nota in data 5.8.2013 prot. 17893 , di affidamento in house del servizio di ristorazione ad Amos s.c.r.l.;

della nota in data 5.8.2013 prot. 17983, con la quale l'ASO AL ha comunicato ad Alessio che a far tempo dal 15.9.2013 il servizio di ristorazione per degenti e dipendenti del presidio ospedaliero di Alessandria sarà svolto dalla società Amos s.c.r.l., con conseguente cessazione del contratto in corso con la ricorrente;

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso ai precedenti ed in particolare della deliberazione n. 192 del 27.6.2013, con la quale l'ASO AL ha manifestato la volontà di aderire alla società Amos s.c.r.l. di Cuneo;

per il risarcimento del danno.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera Nazionale Ss. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo - Alessandria e di Amos s.c.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2014 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. La ricorrente ha operato in qualità di aggiudicataria del “servizio di gestione cucina e mensa” affidatole dall’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio Cesare Arrigo di Alessandria (per brevità ASO AL) con deliberazione del 27 febbraio 2004 a seguito di procedura ad evidenza pubblica.

1.1 Il contratto, pervenuto a scadenza il 15 marzo 2012, è stato prorogato dall’ASO AL per ulteriori 18 mesi, sino al 14 settembre 2013, in vista dell’espletamento di “una eventuale nuova procedura di gara” (cfr. determina n. 261 del 25 maggio 2012).

1.2 Diversamente da quanto preannunciato nell’atto di proroga, con delibera n. 221 del 9 agosto 2013 l’ASO AL ha affidato il servizio di ristorazione “per un periodo di anni tre, eventualmente rinnovabili, con decorrenza dal 15 settembre 2013” ad Amos, società consortile a capitale interamente pubblico costituita per la fornitura di beni e prestazioni di servizi complementari e di supporto all’attività sanitaria, della quale l’ASO AL aveva in precedenza acquisito, in data 13 luglio 2013, una quota pari al 2,5% del capitale sociale.

1.3 Detta società AMOS s.c.r.l., oggi partecipata da cinque enti pubblici, è nata dalla trasformazione di una società per azioni costituita nel 2004 tra diverse amministrazioni pubbliche nell'ambito di un progetto di sperimentazione gestionale nel settore sanitario autorizzato dalla Regione Piemonte.

1.4 La volontà di aderire alla società consortile è stata manifestata dall’ASO AL nella delibera n. 192 del 27 giugno 2013, fatta oggetto di impugnazione nel presente procedimento quale atto presupposto della successiva delibera n. 221 del 9 agosto 2013, congiuntamente gravata.

2. In ricorso sono state dedotte le seguenti due censure.

2.1 Violazione degli artt. 43 e 49 del Trattato CE, degli artt. 22 e ss. della direttiva 2004/18/CE e 20 e 27 del d.lgs. 163/2006 - violazione dei principi generali in tema di contratti pubblici, dei principi di imparzialità, trasparenza, economicità ed efficienza, del principio di par condicio e concorrenza, - eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità - travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

- La ricorrente contesta la sussistenza del richiesto controllo analogo, incluso tra i presupposti necessari per fare luogo all’affidamento “in house providing”. A suo dire, nelle previsioni statutarie non è dato riscontrare l’attribuzione all’ente pubblico proprietario di poteri di ingerenza e condizionamento delle funzioni del c.d.a. maggiori rispetto a quelli normalmente previsti dal diritto societario.

- A sua volta, al socio minoritario non è riconosciuto alcun potere di nomina di propri rappresentanti nel c.d.a. e, più in generale, non è conferito alcun potere di influenza effettiva sull’operato della società, essendo le decisioni rimesse all’assemblea dei soci, che opera a maggioranza assoluta e con la partecipazione di tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale.

- I poteri di segnalazione e di veto attribuiti al singolo socio non sono vincolanti e confluiscono in decisioni finali dell’assemblea dei soci, nell’ambito della quale il peso specifico dell’amministrazione qui intimata è irrilevante, disponendo questa di una quota pari al 2,5% del capitale sociale, a fronte del 60% del capitale detenuto dalle sole aziende AO di Cuneo e ASL n. 1 di Cuneo.

- Gli stessi poteri di vigilanza attributi al singolo socio non superano quelli riconosciuti a qualsiasi socio dalle norme di diritto civile.

- Per contro, gli ampi e illimitati poteri gestionali del c.d.a., estesi all’ordinaria e alla straordinaria amministrazione, non risultano soggetti al vaglio preventivo degli enti affidanti.

- La società Amos s.c.r.l. ha vocazione “commerciale”, stante la facoltà, riconosciutale dall’art. 2 dello Statuto, di operare sul mercato, di compiere “tutte le operazioni commerciali, industriali, mobiliari e immobiliari, ritenute dall’organo amministrativo necessarie od utili al conseguimento dell’oggetto sociale”, ivi inclusa la facoltà di “acquisire strutture sanitarie”, senza ulteriori limiti di sorta.

- Sussiste un profilo di contrasto con l’art. 4, comma 7, del D.L. 95/2012, che ha reso più stringente l’obbligo di ricorso al mercato per l’approvigionamento di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.

2.2 Violazione dell’art. 97 Cost. - violazione dei principi di buon andamento della p.a., di economicità, trasparenza e par condicio - violazione dell’art. 27 del d.lgs. 163/2006 - eccesso di potere per sviamento dall’interesse pubblico - eccesso di potere per travisamento dei presupposti, illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria, irragionevolezza manifesta, contraddittorietà.

La ricorrente contesta la tesi secondo cui con l’affidamento ad Amos s.c.r.l. l’amministrazione realizzerebbe un risparmio economico e contesta analiticamente la comparazione di costi posta dall’amministrazione affidante a base di tale assunto.

2.3 In via subordinata: illegittimità della previsione di rinnovo/proroga del rapporto contrattuale, per violazione dell’art. 23 L. 62/2005, dell’art. 57 d.lgs. 163/2006 e dei principi generali in tema di evidenza pubblica.

La ricorrente lamenta l’illegittimità per violazione di legge della previsione, contenuta nella delibera di affidamento, della possibilità di “rinnovo” per un eguale periodo triennale del rapporto contrattuale, alla scadenza del primo affidamento diretto.

3. Si sono costituite in giudizio la Amos s.c.r.l. e l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio Cesare Arrigo di Alessandria, controdeducendo nel merito alle argomentazioni avversarie e chiedendone l’integrale reiezione.

5. La difesa dell’amministrazione resistente ha sollevato altresì diverse eccezioni preliminari, riferite, in particolare:

- all’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire e legittimazione alla proposizione del ricorso da parte della Alessio, stante la possibilità dell’azienda resistente, in ipotesi di annullamento dell’affidamento in house, di ricorrere a forme di approvigionamento alternative all’espletamento della gara pubblica (mercato elettronico Consip o di SCR Piemonte, gare bandite dalla Federazione Sovranazionale Piemonte Sud Est), parimenti inidonee a soddisfare le aspettative della ricorrente;

- all’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire in capo alla ricorrente, stanti i molteplici inadempimenti da quest’ultima posti in essere nel corso del precedente rapporto contrattuale con l’ASO AL, che la renderebbero comunque inidonea ad un ulteriore affidamento del servizio, per carenza del requisito di affidabilità professionale, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f);

- all’inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione della delibera n. 192 del 27 giugno 2013 (pubblicata sull’albo pretorio dell’ASO fin dal 1 luglio 2013), già recante la determinazione dell’ASO di non indire la procedura di gara per l’affidamento del servizio, di cui la delibera n. 221 del 9 agosto 2013 costituirebbe atto meramente consequenziale ed attuativo.

6. Hanno spiegato intervento ad adiuvandum le due società Gemeaz Elior s.p.a. ed Elior Ristorazione s.p.a., con atto notificato il 4 settembre 2013 e depositato il 6 settembre 2013, nonché la Angem – Associazione Nazionale della Ristorazione e Servizi Vari, con atto notificato il 4 settembre 2013 e depositato il 9 settembre 2013.

6.1 Le prime due sono intervenute in quanto titolari di un duplice interesse: a) alla partecipazione alla gara ad evidenza pubblica che l'ASO AL sarebbe tenuta ad espletare per l'affidamento servizio di ristorazione per degenti e dipendenti del presidio ospedaliero di Alessandria; b) all'accertamento dell'illegittimità dell’affidamento diretto, sussistendo il timore che in futuro possano essere sottratti al mercato ulteriori appalti analoghi a quello oggetto del presente giudizio, inclusi gli appalti attualmente gestiti da Gemeaz ed Elior nel settore della Sanità pubblica in Piemonte.

6.2 La Angem è intervenuta a sostegno degli interessi di categoria delle imprese associate, tutte operanti nel settore della ristorazione collettiva e interessate alla preservazione delle regole concorrenziali e di mercato.

7. L’amministrazione resistente ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di intervento spiegato da Gemeaz ed Elior, in quanto portatrici di un interesse identico a quello vantato dalla ricorrente e quindi gravate da un onere di impugnativa autonoma, non surrogabile mediante l’ingresso in giudizio ad adiuvandum. Detto intervento risulterebbe ulteriormente inammissibile nella parte in cui, oltre a contestare l’affidamento del servizio di ristorazione, estende le ragioni di censura ad atti non gravati, quali lo statuto della società e i provvedimenti regionali che hanno autorizzato la costituzione e la sperimentazione del modello gestionale della Amos, oltre ai successivi provvedimenti che ne hanno promosso l’estensione ad altre struttura sanitarie quali l’ASO di Alessandria.

8. Con ordinanza n. 56/2014 il Collegio ha disposto l’acquisizione istruttoria della delibera in data 8 gennaio 2014, con la quale sono state apportate modifiche allo statuto societario di Amos. A detta della parte resistente, dette modifiche supererebbero definitivamente i rilievi sollevati dalla ricorrente in ordine alla sussistenza dei requisiti del controllo analogo, rendendo l’impugnativa improcedibile per sopravvenuta cessazione dell’interesse alla sua definizione.

9. A seguito dello scambio di memorie e di repliche, la causa è stata discussa e introitata a decisione all’udienza pubblica del 22 maggio 2014.

 

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene di dover esaminare preliminarmente le eccezioni di rito sollevate dalla difesa dell’amministrazione resistente, riferite, in particolare all’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ed interesse ad agire in capo alla ricorrente.

1.1 Si afferma che questa difetterebbe di una posizione legittimante alla proposizione del ricorso, stante la possibilità dell’azienda resistente, in ipotesi di annullamento dell’affidamento in house, di ricorrere a forme di approvigionamento alternative all’espletamento della gara pubblica, parimenti inidonee a soddisfare le aspettative della ricorrente.

In ogni caso, poi, i molteplici inadempimenti imputabili alla ricorrente e verificatisi nel corso del precedente rapporto contrattuale con l’ASO, renderebbero la stessa Alessio comunque inidonea ad un ulteriore affidamento del servizio, per carenza del requisito di affidabilità professionale, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f).

Infine, il ricorso sarebbe inammissibile in ragione della mancata tempestiva impugnazione della delibera n. 192 del 27 giugno 2013 (pubblicata sull’albo pretorio dell’ASO fin dal 1 luglio 2013), già recante la determinazione dell’ASO di non indire la procedura di gara per l’affidamento del servizio, di cui la delibera n. 221 del 9 agosto 2013 costituirebbe atto meramente consequenziale ed attuativo.

1.2 Tutte le eccezioni risultano immeritevoli di accoglimento.

1.3 Il primo profilo di inammissibilità del ricorso si scontra con il consolidato indirizzo interpretativo che considera l'imprenditore operante nel medesimo settore economico inerente la procedura contestata, soggetto legittimato ad agire in sede giurisdizionale per censurare la illegittima determinazione dell'amministrazione di affidare la commessa senza ricorso alla procedura concorsuale. In capo a detto imprenditore, infatti, è ritenuta sussistente una situazione soggettiva di interesse legittimo, attivabile in sede giurisdizionale al fine di far valere in futuro, anche nell'ambito di un’ordinaria procedura concorsuale, l’aspettativa all'affidamento del contratto in questione o di altri analoghi contratti.

Le argomentazioni addotte in senso contrario dalla resistente e incentrate sulla possibilità di eludere le aspettative avversarie, attivando procedure di affidamento non concorsuale, non paiono risolutive, in quanto fondate su assunti meramente ipotetici, che quindi non intaccano il connotato “strumentale” dell’interesse dedotto dalla ricorrente, che non viene meno anche a fronte del connotato puramente discrezionale e non vincolato del potere della pubblica amministrazione di indire, o meno, nuove successive procedure di gara.

Né vi è prova, d’altra parte, della sussistenza di vincoli in capo all’ASO ad operare in futuro con modalità predefinite e tali da escludere a priori una eventuale partecipazione della società ricorrente.

L’interesse ad agire di quest’ultima si apprezza, inoltre, anche in considerazione dell’intento di scongiurare, più in generale, il consolidarsi di un modus agendi che potrebbe determinare la sottrazione al mercato di altri futuri appalti, analoghi a quello oggetto del presente giudizio, compromettendo ulteriormente le aspettative commerciali delle imprese del settore.

1.4 Anche l’ulteriore eccezione di carenza di interesse ad agire per difetto in capo alla ricorrente del requisito di affidabilità professionale, compromesso da pregressi inadempimenti contrattuali, non pare meritevole di accoglimento.

L’assunto fonda sul contenuto di una determina (n. 71 del 19 novembre 2012 - doc. 3 fasc. resist.) con la quale l’ASO, dando atto della “persistente inerzia” della Alessio nel provvedere alla “manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti” all’interno dei locali della cucina, ha disposto di far eseguire detti interventi in danno della controparte.

Quest’ultima, per contro, contesta gli addebiti che le vengono mossi, facendo presente di aver lamentato a propria volta inadempienze da parte dell’amministrazione (con nota in data 8 luglio 2011 ) e di essere addivenuta con quest’ultima ad una composizione transattiva (in data 23 maggio 2012 – doc. 9 fasc. ricorr.), nel contesto della quale l’azienda ha accettato di provvedere in proprio all’esecuzione dei lavori omessi.

Dunque, alla luce delle opposte deduzioni sin qui richiamate, in difetto di elementi probatori sulla base dei quali poter accertare la fondatezza delle reciproche e opposte doglianze contrattuali, nonché, infine, alla luce della documentata stipula dell’accordo transattivo che ha risolto in termini generali i motivi del contendere tra le parti, pare doversi concludere nel senso che l’asserita carenza del requisito di affidabilità professionale allo stato non è affatto dimostrata e, pertanto, non può costituire dato rilevante ai fini della valutazione dell’interesse ad agire in capo alla ricorrente.

1.5 E’ invece infondata nelle sue stesse premesse in fatto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione della delibera n. 192 del 27 giugno 2013.

Con essa si assume che a fronte della pubblicazione della delibera all’albo pretorio dell’ASO fin dal 1 luglio 2013, risulterebbe tardiva la notifica del ricorso, in quanto avvenuta (il 28 agosto 2013) oltre il termine di 30 giorni (previsto dall’art. 119 c.p.a.) dal dies a quo individuato nella data di pubblicazione medesima.

Così argomentandosi, tuttavia, si omette di considerare che l’art. 41 2° comma c.p.a. fa decorrere il termine di notifica del ricorso dalla scadenza, e non già dall’inizio, del termine di pubblicazione: detto termine di pubblicazione, nella specie, si è protratto per quindici giorni a decorrere dal 1 luglio 2013, ed è quindi scaduto il 16 luglio. Poiché la notifica del ricorso è avvenuta in data 28 agosto 2013, tenuto conto della sospensione feriale dei termini, essa è da ritenersi certamente tempestiva.

2. Va quindi esaminata l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento spiegato da Gemeaz ed Elior, argomentata sul rilievo che dette società risulterebbero portatrici di un interesse identico a quello vantato dalla ricorrente, sicché rispetto ad esse sussisterebbe un onere di autonoma impugnativa degli atti contestati, non surrogabile mediante atto di intervento ad adiuvandum.

2.1 L’eccezione è fondata, sotto il primo e assorbente profilo appena richiamato. Dall'esame degli atti di causa si evince, infatti, che Gemeaz ed Elior deducono una lesione diretta delle proprie rispettive sfere giuridiche in termini del tutto analoghi a quelli prospettati nel ricorso principale. In particolare, entrambe le società operano nel settore di competenza della Alessio e vantano un’aspettativa alla partecipazione alla gara ad evidenza pubblica che l'ASO AL sarebbe tenuta ad espletare per l'affidamento servizio di ristorazione per degenti e dipendenti del presidio ospedaliero di Alessandria. Le due società beneficiano quindi di una condizione, di fatto e di diritto, che le avrebbe legittimate, al pari della ricorrente, alla proposizione in via autonoma dell’impugnativa.

Ne deriva, in ossequio ad un principio giurisprudenziale consolidato, l'inammissibilità dell'intervento adesivo, in quanto spiegato da parte di soggetti legittimati alla proposizione dei ricorso autonomo e quindi in contrasto con la regola ermeneutica secondo cui l'intervento "ad adiuvandum" è ammesso se ed in quanto l'interveniente risulti titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall'accoglimento del ricorso. È, invece, inammissibile se spiegato da un soggetto ex se legittimato a proporre il ricorso in via principale, in quanto in tale ipotesi l'interveniente non fa valere, come è tipico per l'istituto dell'intervento, un interesse di mero fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione dell'atto gravato in via principale, immediatamente lesivo della sua posizione giuridica e, come tale, direttamente impugnabile nei prescritti termini di decadenza (Cons. St., sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3252 ; id., sez. V 08 marzo 2011, n. 1445; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sez. I 01 agosto 2013 n. 414; T.A.R. Molise, sez. I, 9 marzo 2012, n. 92).

3. Può quindi procedersi alla disamina delle censure dedotte in ricorso.

3.1 Va premesso, innanzitutto, che il Collegio ritiene di prescindere, nella decisione del caso, dalla valutazione del contenuto delle modifiche apportate allo statuto societario con delibera assembleare in data 8 gennaio 2014.

3.2 Dalle stesse modifiche statutarie la parte resistente pretende di far derivare una declaratoria di improcedibilità del ricorso, assumendo che, alla luce delle correzioni apportate all’assetto societario, non sussisterebbero più le criticità poste a fondamento del ricorso, sicché la parte ricorrente non vanterebbe alcun apprezzabile interesse alla definizione del giudizio.

3.3 Al contrario, ritiene la Sezione che la legittimità dell’affidamento debba essere vagliata, in applicazione del principio tempus regit actum, alla data della delibera di affidamento impugnata e, quindi, senza tenere conto delle variazioni sopravvenute nella struttura societaria.

3.4 L’impostazione qui accolta trova implicita conferma nella pronuncia della Corte di Giustizia CE, 10 novembre 2005, C-29/04, Modling, riferita ad un caso di affidamento diretto disposto in favore di una società neocostituita a capitale interamente pubblico. Nella fattispecie, si era verificata una dimissione di quote azionarie (nella misura del 49%) a sole due settimane di distanza dall’atto di affidamento. La Corte di Giustizia, ravvisando un chiaro intento elusivo della normativa comunitaria, ha ritenuto di dover esaminare l’aggiudicazione dell’appalto non limitandosi a considerare la situazione sussistente alla data dell’affidamento, ma estendendo la propria cognizione alla fattispecie nel suo insieme, e quindi anche agli effetti conseguenti alla successiva cessione di quote. La soluzione ha corrisposto ad un’esigenza primaria di salvaguardia dell’effetto utile della normativa comunitaria e ad un obiettivo di massima estensione applicativa dei principi comunitari di tutela del mercato e della concorrenza.

3.5 Dal precedente richiamato si evince, quindi, una regola ordinaria che impone di rapportare la valutazione di legittimità alla data di perfezionamento dell’affidamento contestato. A tale regola occorre qui attenersi, non configurandosi esigenze derogatorie del tipo sopra illustrato.

4. Come già esposto, il primo motivo di ricorso è incentrato sulla dedotta carenza di presupposti idonei a consentire il ricorso all’affidamento “in house providing".

Le criticità evidenziate atterrebbero, in particolare, sia all’assetto della struttura societaria, sia alla posizione specifica dell’ASO AL.

- Sotto il primo profilo, la ricorrente evidenzia la mancanza in capo all’ente pubblico proprietario di speciali poteri di ingerenza e di condizionamento delle funzioni del c.d.a., superiori per intensità a quelli normalmente previsti dal diritto societario.

- Per contro, gli ampi e illimitati poteri gestionali del c.d.a., estesi all’amministrazione ordinaria e straordinaria, non risulterebbero né limitati nella loro portata oggettiva, né soggetti al vaglio preventivo degli enti affidanti.

Con riferimento alla posizione del singolo socio (e in particolare dell’ASO AL) si fa rilevare, invece:

- la mancanza di alcun potere di nomina di propri rappresentanti nel c.d.a. e, più in generale, l’assenza di alcun potere di influenza effettiva sull’operato della società, essendo le decisioni rimesse all’assemblea dei soci, che opera a maggioranza assoluta e con la partecipazione di tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale;

- l’inconsistenza dei poteri di segnalazione e di veto, in quanto non assistiti da efficacia vincolante, essendo l’ultima parola sul punto rimessa alle decisioni finali dell’assemblea dei soci, nell’ambito della quale il peso specifico dell’amministrazione qui intimata è irrilevante, disponendo questa di una quota pari al 2,5% del capitale sociale, a fronte del 60% del capitale detenuto dalle sole aziende AO di Cuneo e ASL n. 1 di Cuneo.

5. Il motivo è fondato, sotto entrambi i profili sopra evidenziati.

5.1 I precedenti della Corte di Giustizia Europea hanno più volte chiarito che nel caso in cui venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il «controllo analogo» può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse (principio di diritto enunciato nel caso "Coditel Brabant SA" dalla Corte di Giustizia III Sezione 13 novembre 2008, punti 47 e 50). Il concetto risulta ribadito dalla giurisprudenza nazionale, nel senso che il requisito del controllo analogo deve essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che la signoria della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettiva e reale, sia esercitata dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione dominante di ogni singolo ente (cfr. Cons. St. sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082; 30 aprile 2009, n. 2675; 9 marzo 2009, n. 1365; 24 settembre 2010, n. 7092; 08 marzo 2011, n. 1447).

5.2 Peraltro, pur non richiedendosi che ciascun partecipante detenga da solo un potere di controllo individuale, nondimeno si esige che il controllo esercitato sull’entità partecipata non si fondi soltanto sulla posizione dominante dell’autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza del capitale sociale. È necessario, infatti, che anche il singolo socio possa vantare una posizione più che simbolica, idonea, per quanto minoritaria, a garantirgli una possibilità effettiva di partecipazione alla gestione dell’organismo del quale è parte; sicché, una presenza puramente formale nella compagine partecipata o in un organo comune incaricato della direzione della stessa, non risulterebbe sufficiente (v. C.Giust. Sez. III 29 novembre 2012 C-182/11 e C-183/11, Econord, punti 31-33; C.Giust. Sez. III 10 settembre 2009 C-573/07, Sea, punti 81-86; C.Giust. Sez. III 13 novembre 2008 C-324/07, Coditel Brabant, punto 46).

5.3 La giurisprudenza comunitaria sottolinea inoltre la necessità che detto controllo analogo si esplichi sotto forma di partecipazione sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’organismo controllato (cfr. Corte di Giustizia del 29 novembre 2012, n. C-183/11 Econord; sez. III, 29 novembre 2011, cause riunite C-182/11 e C-183/11).

5.4 La giurisprudenza comunitaria non specifica attraverso quali sistemi operativi debba estrinsecarsi la presenza di ciascun socio negli organi direttivi e con quale modalità concreta quest’ultimo debba concorrere al controllo analogo. La prassi conosce svariate meccanismi, fondati ora sulla nomina diretta e concorrente di singoli rappresentanti (uno per ogni socio) in seno al consiglio di amministrazione della società; ora sulla partecipazione mediata agli organi direttivi attraverso la nomina da parte dell’assemblea di consiglieri riservati ai soci di minoranza. Valida alternativa è offerta dagli strumenti di carattere parasociale, che operano attraverso la predisposizione di organismi di controllo, costituiti dai rappresentanti di ciascun ente locale, muniti di penetranti poteri di verifica preventiva sulla gestione dell’attività ordinaria e straordinaria del soggetto in house, tali da rendere l’organo amministrativo privo di apprezzabile autonomia rispetto alle direttive delle amministrazioni partecipanti.

5.5 E’ dato pacifico in giurisprudenza, infine, che il controllo debba essere esercitato non solo in forma propulsiva ma anche attraverso l’esercizio - in chiave preventiva - di poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio.

5.6 Nel caso di specie, nessuna delle menzionate modalità di controllo è prevista a garanzia del concorso effettivo alla direzione della società anche da parte dei soci minoritari:

- in particolare, lo statuto, dopo aver premesso che “i diritti sociali spettano a tutti i soci proporzionalmente alla partecipazione da ciascuno posseduta” (art. 7), non predispone nessun meccanismo di garanzia di rappresentanza dei piccoli soci all’interno del c.d.a.. I consiglieri sono infatti eletti (anche tra non soci) dall’assemblea dei soci (art. 11 e 18), la quale “è costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta” (art. 16);

- analoga assenza di apprezzabili poteri in favore del socio minoritario si riscontra all’interno del Comitato di controllo analogo. E’ vero, infatti, che ciascun socio nomina un proprio rappresentante all’interno di tale organismo; ma è al contempo previsto che le relative delibere vengano assunte “con voto favorevole della maggioranza assoluta dei propri componenti a condizione che rappresentino almeno il 51% del capitale sociale di Amos s.r.l.. A parità di voti, prevale la maggioranza del capitale sociale rappresentato”;

- quanto al potere di veto riconosciuto al singolo socio, esso è disciplinato dall’art. 8, ove si prevede che lo stesso possa essere esercitato non in via preventiva ma a fronte di servizi già prestati in suo favore;

- inoltre, il dissenso manifestato non ha carattere vincolante sull’operato del c.d.a., potendo solo determinare una remissione della questione all’assemblea dei soci, all’interno della quale la posizione del socio minoritario, come si è visto, è del tutto marginale (cfr. art. 16);

- ancora, la possibilità di recesso riconosciuta al singolo socio dall’art. 9 dello statuto è limitata ad ipotesi già previste dal codice civile (artt. 2437 e 2481 bis c.c.), mentre non è prevista alcuna possibilità di abbandono della società per l’ipotesi in cui vengano assunte decisioni incidenti sul servizio svolto in favore del singolo socio e sulle quali questi abbia manifestato un “motivato dissenso”;

- anche i poteri di verifica e controllo contabile riconosciuti al singolo socio dallo statuto (art. 29) non sono più stringenti di quelli regolamentati dalle norme civilistiche in materia societaria.

6. Ulteriori criticità paiono ravvisabili con riguardo all’assetto generale della società Amos s.c.r.l. e ai requisiti del controllo analogo sinteticamente riscontrabili in capo alla compagine dei soci pubblici nel suo insieme.

È bene premettere sul punto che, in materia di società in house detenute congiuntamente da più enti pubblici, la giurisprudenza non manca di sottolineare la necessità che il relativo consiglio di amministrazione non abbia rilevanti poteri gestionali di carattere autonomo, e che l’ente pubblico affidante (la totalità dei soci pubblici) eserciti, pur se con moduli fondati su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario e caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria.

6.1 Risulta a ciò indispensabile che le decisioni strategiche e più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato – come nella fattispecie in esame – all’approvazione della totalità degli enti pubblici soci (v. Cons. St., sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514; id., sez. V, 24 settembre 2010, n. 7092; 11 agosto 2010, n. 5620; 8 marzo 2011, n. 1447).

6.2 Le coordinate di principio sinora richiamate non trovano riscontro nel caso di specie.

- Innanzitutto, a mente dell’art. 25 dello statuto, l’organo di amministrazione di Amos “è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società”, sia pure nei limiti indicati dall’art. 8, e dispone della “facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per il conseguimento dell’oggetto sociale”.

- Il fatto che il c.d.a. vanti rilevanti poteri gestionali di carattere autonomo acquista una valenza particolarmente significativa se si tiene conto che l’oggetto sociale, come individuato dall’art. 2, oltre a non presentare limitazioni territoriali di operatività, è comunque molto ampio, come in particolare dimostrato dalla previsione secondo cui “la società può compiere tutte le operazioni commerciali, industriali, mobiliari e immobiliari, ritenute dall’organo amministrativo necessarie od utili per il conseguimento dell’oggetto sociale” (tra queste operazioni l’art. 2 include l’acquisto di strutture sanitarie).

- In più, lo stesso potere del c.d.a. non è soggetto a poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, posto che l’art. 11 attribuisce all’assemblea dei soci solo quanto già stabilito dall’art. 2363 c.c..

- Per contro, non sussistono meccanismi di vaglio preventivo sulle iniziative del c.d.a. (attuabili ad esempio mediante piani programmatici o singole autorizzazioni preventive), mentre l’unico limite operativo previsto dall’art. 25 rimanda all’art. 8 e attiene al potere propulsivo che il singolo socio può esercitare con riguardo al servizio che gli viene singolarmente reso (si sono già segnalati i limiti funzionali di questo anodino potere “di veto”).

6.3 Quanto alle funzioni del Comitato di controllo analogo, esse si traducono in un potere di indirizzo del C.d.a. assai blando, che si esplica attraverso la formulazione di proposte sui servizi resi dalla società ai singoli soci. Si consideri, tuttavia, che:

- l’art. 3 non configura la prospettazione di proposte come vincolante nei confronti dell’organo amministrativo;

- a questa prima attribuzione si aggiungono ulteriori poteri di analisi, audizione, verifica e controllo, che tuttavia vengono esercitati dal Comitato di controllo ex post, quindi su decisioni e attività già in precedenza compiute;

- dal punto di vista oggettivo, poi, detti poteri risultano circoscritti alle sole attività inerenti i servizi svolti in favore del singolo socio;

- sulla stessa materia dell’erogazione dei servizi, il Comitato manca di un potere di dissenso o di inibitoria, essendo questo riservato al singolo socio, sia pure sotto forma di dissenso ex post (cfr. le premesse del regolamento attuativo che rimandano all’art. 8 dello statuto);

- tutti gli altri poteri di gestione del c.d.a (di cui all’art. 2 dello statuto) risultano sottratti a controlli preventivi o di indirizzo vincolante, secondo le modalità richieste ai fini dell’integrazione del controllo analogo.

8. Conclusivamente, sotto tutti i profili evidenziati, il modello societario qui esaminato non pare soddisfare lo schema normativo di riferimento.

In accoglimento delle assorbenti censure esaminate, va quindi disposto l’annullamento dell’atto di affidamento impugnato.

9. Non può invece essere accolta l’ulteriore domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente, tenuto conto dell’effetto satisfattivo degli interessi pretensivi dedotti conseguente alla caducazione degli atti impugnati.

La peculiarità e la complessità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati ai sensi di cui in motivazione.

Respinge la domanda risarcitoria.

Dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato da Gemeaz Elior s.p.a. ed Elior Ristorazione s.p.a..

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani,   Presidente

Silvana Bini,   Consigliere

Giovanni Pescatore,   Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/06/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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