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Consiglio di Stato, Sez. III, 26/9/2014 n. 4854
Sulla causa di esclusione ex art. 38, c. 1, lett. g), del D.lgs 163/2006.

Solo i debiti tributari che mettano seriamente in dubbio la complessiva affidabilità patrimoniale e professionale del concorrente, e quindi che compromettano seriamente la prospettiva di una puntuale esecuzione dell'appalto, sono idonee ad integrare la causa di esclusione ex art. 38, c. 1, lett. g), del D.lgs 163/2006.

Materia: appalti / disciplina

N. 04854/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 01783/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1783 del 2014, proposto da:

Intesa Sanpaolo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, n. 142;

contro

A.S.L. della Provincia di Varese, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

 

nei confronti di

Credito Valtellinese Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro-tempore;

Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in persona dell’Autorità pro-tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE I, n. 02555/2013, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di cassa "gestione dei servizi socio assistenziali e socio-sanitari integrati".

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’avvocato Ferrari e l’avvocato dello Stato Palatiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. - Con ricorso al TAR Lombardia, Intesa Sanpaolo S.p.A. chiedeva l’annullamento della determinazione con cui l’ASL della Provincia di Varese aveva revocato l’aggiudicazione provvisoria, in precedenza intervenuta in suo favore, per l’affidamento del servizio di cassa in relazione alla gestione dei “servizi sanitari socio-assistenziali e socio-sanitari integrati” e dichiarato nullo il conseguente contratto stipulato in data 22 luglio 2009.

La ricorrente chiedeva, altresì, l’annullamento della nota con cui l’ASL aveva operato la segnalazione a fini sanzionatori all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

La stazione appaltante, in fase di riscontro circa il possesso da parte di Intesa Sanpaolo S.p.A.dei requisiti di partecipazione alla gara pubblica de qua, aveva accertato la mancanza del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 163/2006, in materia di regolarità tributaria, sulla base dell’acquisizione dei debiti esistenti presso l’Agenzia delle Entrate di Torino alla scadenza del termine per la partecipazione alla gara (1 aprile 2009).

2. - La sentenza rigettava il ricorso ritenendo che l’art. 38, comma 1, lett. g), del codice dei contratti, nella formulazione in vigore all’epoca della pubblicazione del bando di gara, stabiliva un’incapacità alla stipulazione del contratto per quei soggetti che avessero commesso violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato di stabilimento.

Successivamente, la norma è stata modificata dal d.lgs. n. 70/2011, che ha aggiunto al requisito della “definitività”delle violazione tributarie accertate anche quello della “gravità”, presuntivamente stabilita dallo stesso legislatore ("si intendono gravi le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore all'importo di cui all'articolo 48 bis, commi 1 e 2 bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602").

La sentenza ha ritenuto che, a fronte di tale dato di fatto incontestato, non assumesse rilievo che l’amministrazione abbia posto in evidenza nel suo decreto di annullamento dell’aggiudicazione la gravità della esposizione debitoria accertata dall’Agenzia delle Entrate. Tale requisito, infatti, non era ancora preteso dalla legislazione in materia di contratti pubblici, all’epoca della pubblicazione del bando.

Quanto alla censura afferente alla volontà della stazione appaltante di non dare alcuna rilevanza alla regolarizzazione delle pendenze fiscali, operata successivamente alla conclusione del contratto, il TAR ha evidenziato, da un lato, che l’art. 11, comma 12, del d.lgs. n.163/2006 consente all’amministrazione di chiedere l’esecuzione anticipata del contratto, dall’altro, che l’art. 38 dello stesso decreto, nella versione all’epoca dei fatti vigente, imponeva il divieto di sottoscrizione del contratto con chi avesse commesso violazioni definitivamente accertate in materia di pagamento di imposte e tasse. Con la conseguenza che, se pure la stazione appaltante aveva legittimamente anticipato la sottoscrizione e l’esecuzione del contratto, non per questo aveva anche implicitamente rinunciato all’esercizio del doveroso potere di controllo sui requisiti di legittimazione della società ricorrente.

La revoca dell’aggiudicazione provvisoria si è, infatti, imposta come obbligatoria all’esito del disposto accertamento fiscale e a seguito del contraddittorio instaurato con l’impresa interessata.

La sentenza ha, inoltre, respinto le censure concernenti il prospettato contrasto della norma interna con il diritto comunitario, nonché alcune censure riguardanti la legittimità del procedimento.

Quanto alla segnalazione all’Autorità di Vigilanza, infine, il TAR ha rilevato la mancata individuazione di alcun vizio proprio di tale atto, se non la sua intempestività, per cui dalla legittimità dell’atto di annullamento adottato discenderebbe la legittimità della segnalazione effettuata, ferme restando le autonome valutazioni che l’Autorità dovrà operare su presupposti e sussistenza della sanzione eventualmente da adottare.

3.- Propone appello Intesa Sanpaolo S.p.A. che articola i seguenti motivi:

A) Erroneità e contraddittorietà della motivazione. Erronea applicazione dell’art. 45, comma 2 ultimo paragrafo e comma 2 lett. f) della direttiva 2004/18/CE. Erronea applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. g), del D.Lgs 163/2006. Erronea applicazione dell’art. 5 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea ed erronea applicazione del principio comunitario di proporzionalità. Erroneità e contraddittorietà della motivazione. Mancato apprezzamento delle censure di primo grado e della documentazione di causa.

In sostanza, l’appellante critica la sentenza per avere avallato un’interpretazione formalistica dell’art. 38, comma 1, lett. g), del codice degli appalti, disancorata dai principi comunitari ( l’art. 45, comma 2, direttiva CE 18 del 2004, attribuisce “facoltà” e non obbliga gli Stati membri ad escludere gli operatori che non siano in regola con il pagamento di tasse).

Pertanto, l’esclusione non terrebbe conto della complessiva solvibilità del Gruppo ed è sproporzionata rispetto all’ammontare del debito.

La sentenza, a sua volta, non ha erroneamente attribuito rilievo né all’ammontare esiguo del debito, né al ravvedimento operoso, sostenendo che prima della riforma di cui al D. Lgs. 70/2011 era sufficiente qualunque inadempimento fiscale, a prescindere dalla “gravità”.

B) Erroneità della motivazione. Errata applicazione del divieto di rinegoziazione dell’offerta presentata nell’ambito delle gare d’appalto. Errata applicazione degli artt. 41 e 97 Cost..

Errata applicazione degli artt. 2, 11, 12, 121, 55, 57, 125 e 113 del D. Lgs. n. 163/2006 e s.m.i.. Errata applicazione degli artt. 1, 3, 10 bis della l. n. 241/1990 e s.m.i..

Errata applicazione dei principi generali di libera concorrenza e di trasparenza dell’azione amministrativa. Errata applicazione dei punti VI 3 e IV 3.7 del bando di gara. Errata applicazione dell’art. 10 del disciplinare di gara.

C) Difetto ed erroneità della motivazione. Erronea applicazione dell’art. 1418 c.c.. Erronea applicazione degli artt. 7, 8, 9, 10, 10 bis, 11, 21 septies, 21 octies e 21 nonies della l. 241/1990. Erronea applicazione dell’art. 121, comma 2, c.p.a. Mancato apprezzamento della censure di primo grado e della documentazione di causa.

D) Erroneità della motivazione. Erronea applicazione degli artt. 38, comma 1, lett. g) del D.Lgs 163/2006. Erronea applicazione dell’art. 45 della Direttiva n. 18/2004. Mancato apprezzamento della censura di primo grado e della documentazione di causa.

4. - Resistono in giudizio le Amministrazioni intimate, chiedendo il rigetto dell’appello.

5. - All’udienza del 15 maggio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. - L’appello merita accoglimento per la fondatezza del primo motivo.

2. - Secondo la prospettazione dell’appellante, la situazione di irregolarità fiscale rilevante ai fini del codice dei contratti pubblici non sarebbe stata grave, così come definita dall’amministrazione nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione in autotutela, ma di contenuto lieve e, comunque, totalmente diverso rispetto a quanto risultante agli atti dell’Azienda.

Risulta che a fronte di un importo contestato pari ad € 34.402.583,14, Intesa Sanpaolo S.p.A. riconosceva l’esistenza di un valore pari ad € 76.099,55 di pretese emerse e divenute definitive nel corso della gara e del procedimento di approvazione del contratto sottoscritto, da ridurre ulteriormente ad € 33.704,12 alla data del 22 febbraio 2010, somma definitivamente estinta prima che la ASL adottasse il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione.

Il TAR avrebbe ritenuto ingiustamente ostativo alla partecipazione in gara di ISP il mero inadempimento e tardivo adempimento delle obbligazioni tributarie come (erroneamente) risultanti dal certificato dei carichi pendenti del 28.8.2009 acquisito dall’Azienda Sanitaria presso l’Agenzia delle Entrate di Torino, prescindendo da ogni concreta valutazione sul loro esatto importo, sulla loro effettiva imputabilità e omettendo di condurre lo scrutinio sulla complessiva affidabilità patrimoniale e professionale dell’Istituto mediante il doveroso raffronto tra le emergenze procedimentali e la rilevante dimensione del Gruppo.

L’interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. g) del codice degli appalti fatta propria dal primo giudice appare all’appellante avulsa dalle disposizioni e principi comunitari invocati.

3. – Osserva il Collegio che l’art. 38, comma 1, lett. g), del D.lgs 163/2006 citato, nel testo vigente all’epoca di pubblicazione del bando e di svolgimento della gara di cui trattasi, prevedeva che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi i soggetti “che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

La ratio della norma risponde all'esigenza di garantire l'amministrazione pubblica in ordine alla solvibilità e alla solidità finanziaria del soggetto con il quale essa contrae ( C.d.S. A.P. 20.8.2013, n. 20).

Secondo l’interpretazione dell’A.P., inoltre ( riferita al nuovo testo della norma, che ha introdotto l’ulteriore elemento della “gravità” della irregolarità fiscale) l' attribuzione di un effetto rigidamente preclusivo all'inadempimento fiscale legislativamente qualificato risponde all'esigenza di contemperare la tendenza dell'ordinamento ad ampliare la platea dei soggetti ammessi alle procedure di gara, alla stregua del canone del favor partecipationis, con la necessaria tutela dell' interesse del contraente pubblico ad evitare la stipulazione con soggetti gravati da debiti tributari “che incidono in modo significativo sull'affidabilità e sulla solidità finanziaria degli stessi” ( C.d.S., A.P., 5.6.2013, n. 15).

La sentenza richiamata evidenzia, in altri termini, sebbene nell’esegesi del nuovo testo della lett. g) dell’art. 38 cit. e in una prospettiva più sostanzialistica fatta propria da ultimo dal legislatore, come solo i debiti tributari che mettano seriamente in dubbio la complessiva affidabilità patrimoniale e professionale del concorrente, e quindi che compromettano seriamente la prospettiva di una puntuale esecuzione dell’appalto, siano idonee ad integrare la causa di esclusione.

4. - Ritiene il Collegio che l’interpretazione più conforme alla ratio della norma, anche nel testo vigente nel 2009, tenuto conto della evoluzione legislativa successiva, e letta alla luce della norma europea che ne costituisce la fonte (l’art. 45, comma 2, lett. f) direttiva CE 2004/18), sia quella che tenga conto concretamente della sussistenza del requisito dell’affidabilità e solidità finanziaria del concorrente e attribuisca rilievo, pertanto, ancora prima della modifica legislativa di cui al D.L. 70/2011, che ha introdotto il detto requisito della “gravità” della violazione, sia all’importo del debito tributario, che non deve essere irrisorio in relazione alla complessiva dimensione societaria del concorrente, sia all’intervenuto ravvedimento operoso.

5. - Siffatta interpretazione conduce, nel caso in esame, all’accoglimento dell’appello.

L’importo imputabile a pretese fiscali divenute definitive nelle more della procedura di gara e del procedimento di verifica avviato con nota del 15.10.2009 si riduce in concreto ad euro 33.704,12. L’importo è stato interamente assolto già nelle more del procedimento di aggiudicazione e prima dell’adozione dei provvedimenti impugnati, anche se con riserva di ripetere quanto di giustizia in caso di errore sull’importo residuo assolto con il pagamento centralizzato ( doc. 19 fascicolo I grado).

Tutto ciò, se posto in relazione alle dimensioni dell’Istituto, ,sorto nel 2006 ad esito di fusione per incorporazione di Sanpaolo IMI S.p.a. con Banca Intesa s.p.a., Istituto che ha assunto il ruolo di primo gruppo bancario italiano ed opera sulla base di 5.353 filiali, con servizi assicurati in favore di 10,9 milioni di clienti retail e 377 filiali dedicate a 112.000 PMI, fa ritenere al Collegio non condivisibili le conclusioni cui è giunto il primo giudice.

Difatti, confrontando tali ultimi dati, rappresentati dall’appellante e non contestati dalle resistenti amministrazioni, con l’ammontare del debito residuo e con la circostanza dell’avvenuto pagamento, nel corso del procedimento di verifica del requisito, non si ritiene possa ragionevolmente riscontrarsi quella inaffidabilità e insolvibilità che rappresentano le cause fondanti della causa di esclusione e che possono sussistere solo in presenza di un effettivo inadempimento tributario in atto, di una certa consistenza in relazione alla complessiva situazione patrimoniale dell’Istituto di credito.

6. - Pertanto, l’appello va accolto per la fondatezza del primo motivo, con conseguente annullamento degli atti impugnati, in riforma della sentenza in epigrafe.

7.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti, attesa la peculiarità del caso.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo,       Presidente

Angelica Dell'Utri,     Consigliere

Hadrian Simonetti,     Consigliere

Silvestro Maria Russo,           Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti,    Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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