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TAR Lombardia, Brescia sez. I, 15/10/2014 n. 1058
Sulla possibilità di effettuare le nomine di competenza dei comuni anche in assenza degli indirizzi ex art. 42 c. 2 m del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267

Le nomine di competenza dei comuni possono essere effettuate legittimamente anche in assenza di indirizzi ex art. 42 c. 2 m del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267, in quanto l'ordinamento generale contiene dei criteri-guida che si impongono anche se non sono recepiti dai singoli enti. Tra questi, i due principali sono certamente, in positivo, la preparazione professionale e, in negativo, l'assenza di conflitti di interesse. La contestazione delle nomine dunque deve avere come fondamento la dimostrazione di un deficit curricolare o di una situazione di incompatibilità, elementi che nel caso di specie non sono stati forniti. (Fattispecie inerente la nomina con decreto del sindaco dei componenti del consiglio di amministrazione di una fondazione, già IPAB).

Materia: enti locali / ordinamento

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 520 del 2012, proposto da:

LUIGI DONADONI, rappresentato e difeso dall'avv. Ferruccio Orlandi, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

 

contro

COMUNE DI ALMENNO SAN SALVATORE, FONDAZIONE GIOVANNI CARLO ROTA ONLUS, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Benedetti, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

 

nei confronti di

LUCIANA FROSIO RONCALLI, non costituitasi in giudizio;

 

per l'annullamento

- dei decreti del sindaco n. 52/2008, 53/2008, 54/2008, 55/2008 e 56/2008 del 31 dicembre 2008, con i quali sono stati nominati i nuovi componenti del consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus;

- della deliberazione consiliare n. 82 del 21 dicembre 1995, con la quale sono stati fissati gli indirizzi per la nomina dei rappresentanti del Comune in enti, aziende e istituzioni;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Almenno San Salvatore e della Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2014 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio si inserisce in una lunga vicenda (iniziata nel 1968) che vede contrapposti da un lato il ricorrente Luigi Donadoni e dall’altro il Comune di Almenno San Salvatore e la Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus (fino al 2004 Opera Pia Giovanni Carlo Rota).

2. Al centro del conflitto con il Comune vi è l’edificazione abusiva da parte del ricorrente degli ultimi tre piani fuori terra dell’edificio situato in via Repubblica sul mappale n. 1870 (ex 1351/b). I diversi profili della questione sono stati esaminati più volte da questo TAR (per una sintesi, v. la sentenza n. 2565 del 14 dicembre 2009; v. anche CS Sez. IV 6 maggio 2013 n. 2431). Per quanto riguarda la Fondazione, invece, il contenzioso è focalizzato sulla servitù di non edificazione che grava sull’area dove è stato costruito l’edificio.

3. Da ultimo, il Comune e la Fondazione hanno promosso davanti al Tribunale di Bergamo un’azione (RG 1973/2011) diretta a ottenere la demolizione dell’intero edificio del ricorrente, compresa la parte abusiva acquisita dal Comune, per violazione della servitù di non edificazione. Il ricorrente si è costituito nel suddetto giudizio eccependo, nel merito, la prescrizione della servitù e, in via preliminare, la nullità del mandato alle liti conferito al difensore della Fondazione, a causa della mancata preventiva autorizzazione da parte del consiglio di amministrazione.

4. Allo scopo di superare quest’ultima eccezione la Fondazione si è nuovamente costituita in data 15 novembre 2011 davanti al Tribunale di Bergamo depositando la ratifica del consiglio di amministrazione.

5. Da qui prende spunto il presente giudizio, notificato il 16 aprile 2012 e depositato l’11 maggio 2012. Il ricorrente sostiene che gli atti del Comune con cui sono stati nominati i consiglieri di amministrazione della Fondazione (v. decreti del sindaco n. 52-53-54-55-56 del 31 dicembre 2008) sarebbero illegittimi, e che pertanto, a causa dell’illegittima composizione dell’organo, tutti gli atti dello stesso, compresa la ratifica della costituzione in giudizio descritta sopra, sarebbero parimenti illegittimi. Nella tesi del ricorrente, gli atti di un organo illegittimamente composto decadrebbero, venendo posti nel nulla, una volta che siano stati annullati dal giudice i provvedimenti di nomina. La conseguenza, nel contenzioso radicato davanti al Tribunale di Bergamo, sarebbe l’inefficacia ex tunc della costituzione in giudizio della Fondazione, e a cascata di tutti gli atti processuali successivi.

6. La ragione dell’illegittimità degli atti di nomina dei consiglieri di amministrazione consisterebbe nella violazione della regola statutaria che consente la conferma degli stessi consiglieri per una sola volta (v. art. 4 comma 2 dello statuto dell’Opera Pia; art. 8 comma 4 dello statuto della Fondazione). Nello specifico, invece, quattro dei cinque consiglieri erano già stati componenti del consiglio di amministrazione dell’Opera Pia (v. decreto del sindaco n. 1 del 7 gennaio 2004) e sono stati confermati sia al momento della trasformazione dell’ente in Fondazione (v. decreti del sindaco n. 7-8-9-10-11 del 10 marzo 2004) sia alla successiva scadenza (v. decreti del sindaco n. 52-53-54-55-56 del 31 dicembre 2008, oggetto del presente giudizio). Complessivamente, quindi, i suddetti consiglieri avrebbero beneficiato di tre mandati, contro i due consentiti.

7. Sono inoltre proposti altri due profili di contestazione. Da un lato, si lamenta la violazione dell’art. 8 comma 1 dello statuto della Fondazione, che nella scelta dei componenti del consiglio di amministrazione prescrive il rispetto delle minoranze. Dall’altro, si sostiene che mancherebbero dei veri indirizzi per la nomina dei rappresentanti del Comune in enti, aziende e istituzioni, perché l’atto che dovrebbe servire a tale scopo (ossia la deliberazione consiliare n. 82 del 21 dicembre 1995, parimenti oggetto di impugnazione) contiene solo criteri generici (persona di specchiata condotta, rappresentativa dell’intera cittadinanza, dotata di competenze tecniche adeguate all’incarico).

8. Il Comune e la Fondazione si sono costituiti in giudizio eccependo la tardività e l’inammissibilità del ricorso, e chiedendone la reiezione nel merito.

9. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Sulle eccezioni preliminari

10. Per quanto riguarda il problema della tempestività del ricorso, si deve richiamare la regola generale secondo cui, finché l’interesse ad agire non sia attuale, il termine di impugnazione non può decorrere.

11. Nello specifico, al ricorrente non si può imputare di aver atteso anni prima di impugnare gli atti di nomina dei consiglieri di amministrazione, che risalgono al 2008, in quanto la prima occasione in cui la questione è divenuta rilevante nel suo lungo contenzioso con il Comune e la Fondazione è stata l’azione promossa da questi enti contro di lui nel 2011 davanti al Tribunale di Bergamo. L’interesse difensivo è sorto appunto in questo momento: rispetto a tale data l’iniziativa assunta dal ricorrente con il presente ricorso appare tempestiva, tenuto conto del tempo necessario per acquisizione dei documenti, e specificamente dei singoli atti di nomina.

12. Ancora in via preliminare, la circostanza che la deliberazione consiliare n. 82 del 21 dicembre 1995, contenente gli indirizzi per la nomina dei rappresentanti del Comune in enti, aziende e istituzioni, non fosse più efficace al momento dell’adozione dei decreti di nomina da parte del sindaco (31 dicembre 2008), in quanto sostituita dalla deliberazione consiliare n. 24 del 1 luglio 2004, appare irrilevante. In realtà, le due deliberazioni hanno sostanzialmente il medesimo contenuto, per quanto interessa il presente giudizio. Nella seconda i criteri di scelta sono stati riscritti con formule equivalenti (specchiata moralità, buona condotta civile, provata esperienza tecnica e professionale nel settore in cui deve essere svolto l’incarico). Gli stessi atti di nomina oggetto del presente giudizio fanno riferimento alla deliberazione consiliare n. 82/1995: questo dimostra che neppure il Comune percepiva la nuova disciplina come innovativa.

13. Non può quindi essere chiesta alla parte ricorrente una particolare diligenza nell’individuazione degli atti da impugnare, quando la stessa amministrazione fa riferimento agli stessi in modo impreciso. Condizione di ammissibilità del ricorso è unicamente che siano individuate le ragioni di contrasto tra le parti. Chiarito questo punto, se la posizione dell’amministrazione è esposta in un atto più recente non indicato nel ricorso, l’eventuale pronuncia favorevole alla parte ricorrente provocherà la caducazione anche di tale atto.

Sulla regolarità delle nomine

14. La Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus è il risultato del percorso di riorganizzazione delle IPAB disciplinato dall’art. 3 della LR 13 febbraio 2003 n. 1. La trasformazione della preesistente Opera Pia Giovanni Carlo Rota in fondazione di diritto privato è stata disposta dalla Regione con DGR 27 febbraio 2004 n. 7/16544, mediante la quale è stato anche approvato il nuovo statuto. La decorrenza della trasformazione è stata fissata al 1 marzo 2004. In tale data è quindi decaduto il consiglio di amministrazione nominato dal sindaco il 7 gennaio 2004. Il sindaco ha poi provveduto alla nomina dei nuovi consiglieri il 10 marzo 2004, confermando i soggetti già presenti nel consiglio di amministrazione dell’Opera Pia.

15. In proposito, si osserva che il passaggio da IPAB a fondazione di diritto privato comporta una trasformazione sostanziale. Anche se il nuovo ente subentra in tutti i rapporti in essere, non si può ritenere che la carica di consigliere di amministrazione, con il relativo limite ai mandati, sia un elemento che passa dal vecchio al nuovo ordinamento. In realtà, dopo la cesura costituita dalla decadenza del consiglio di amministrazione dell’Opera Pia, lo status giuridico dei nuovi consiglieri rientra esclusivamente nella disciplina dello statuto della Fondazione. Dunque, in assenza di una norma transitoria in senso contrario, i mandati già svolti per conto dell’Opera Pia non valgono per la Fondazione.

16. L’unica disposizione transitoria che (indirettamente) regola il passaggio tra gli organi istituzionali è l’art. 26 comma 3 dello statuto della Fondazione, il quale ha previsto per il primo consiglio di amministrazione una durata inferiore ai normali cinque anni, precisamente fino al 31 dicembre 2008. Questa norma si può intendere come un implicito riconoscimento della possibilità di sommare l’ultimo mandato presso l’Opera Pia (nomine del 7 gennaio 2004) con il primo presso la Fondazione (nomine del 10 marzo 2004), in quanto complessivamente non viene superata la durata di cinque anni.

17. Ne consegue che, sia argomentando in generale sia esaminando le disposizioni che hanno regolato la transizione nel caso concreto, non vi sono impedimenti al terzo mandato dei consiglieri di amministrazione.

18. Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, l’osservazione relativa al mancato rispetto delle minoranze appare generica. I decreti del sindaco del 31 dicembre 2008 affermano che la scelta dei componenti del consiglio di amministrazione è stata effettuata rispettando lo statuto della Fondazione, e quindi anche la regola sulle minoranze. Il ricorso sostiene che non sarebbe così, ma non indica sotto quali profili.

19. È vero che anche gli atti di nomina sono generici sul punto, ma poiché l’art. 8 comma 1 dello statuto della Fondazione non precisa in che modo vadano garantite le minoranze (se attribuendo alle stesse un potere di designazione o di veto, oppure con l’espressione di un gradimento non vincolante, o attraverso una semplice consultazione preventiva), non vi sono parametri certi per censurare la procedura seguita dal sindaco.

20. Allo stesso modo, mancano dei parametri puntuali per sostenere che la scelta del sindaco sconfinerebbe nell’arbitrio. I requisiti di moralità indicati dalla deliberazione consiliare n. 82/1995 (e dalla deliberazione consiliare n. 24/2004) hanno una funzione preventiva, ossia servono a impedire che la scelta ricada su persone eticamente discutibili. L’unico criterio che potrebbe definire in positivo le caratteristiche degli aspiranti consiglieri è quello dell’esperienza tecnica e professionale, ma si tratta, come è evidente, di un parametro che non può essere convertito in vizio di legittimità se non sono allegati dubbi o rilievi sul curriculum degli interessati.

21. Non sembra peraltro condivisibile la prospettazione del ricorrente, secondo cui la fissazione di indirizzi così fluidi sarebbe per sé causa di illegittimità di tutte le nomine. In realtà, le nomine di competenza dei comuni possono essere effettuate legittimamente anche in assenza di indirizzi ex art. 42 comma 2-m del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267, in quanto l’ordinamento generale contiene dei criteri-guida che si impongono anche se non sono recepiti dai singoli enti. Tra questi, i due principali sono certamente, in positivo, la preparazione professionale e, in negativo, l’assenza di conflitti di interesse. Tutto questo riporta a quanto visto sopra: la contestazione delle nomine deve avere come fondamento la dimostrazione di un deficit curricolare o di una situazione di incompatibilità, elementi che nello specifico non sono stati forniti.

22. Occorre infine osservare che, se anche fosse stata provata l’esistenza di profili di illegittimità nella nomina di tutti o di una parte dei consiglieri di amministrazione, gli effetti dell’annullamento si sarebbero comunque prodotti soltanto dalla data di deposito della sentenza, senza alcuna caducazione automatica dei provvedimenti adottati fino a quel momento. L’apparenza dell’investitura e il principio di continuità degli organi amministrativi garantiscono infatti la validità e la stabilità dei provvedimenti assunti dall’organo illegittimamente costituito, salva la facoltà di revoca una volta subentrati i nuovi componenti (v. TAR Brescia Sez. II 5 gennaio 2012 n. 1).

Conclusioni

23. Il ricorso deve quindi essere respinto.

24. Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate in € 2.000 oltre agli oneri di legge. L’importo si intende complessivo, in quanto la difesa del Comune e della Fondazione è stata svolta in modo congiunto. A ciascuno dei due enti spetta il 50% della predetta somma.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) respinge il ricorso;

(b) condanna il ricorrente a versare al Comune e alla Fondazione, a titolo di spese di giudizio, l’importo complessivo di € 2.000 oltre agli oneri di legge, come precisato in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/10/2014, n. 1058

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