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Consiglio di Stato, Sez. IV, 11/11/2014 n. 5531
Sul risarcimento del cd. lucro cessante nell'ambito delle gare d'appalto.

Nelle gare pubbliche, ai sensi dell'art. 124 co. 1, c.p.a. il risarcimento del cd. lucro cessante è subordinato alla prova, a carico dell'impresa ricorrente, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara. Inoltre, la giurisprudenza ha chiarito che "il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, si presume che l'impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori a titolo di aliunde perceptum. Ciò risulta coerente con quanto previsto in via generale dall'art. 1227 c.c., in base a cui il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno.

Nell'ambito delle gare d'appalto, non risulta ragionevole la condotta dell'impresa che immobilizza le proprie risorse in attesa dell'aggiudicazione di una commessa, o nell'attesa dell'esito del ricorso giurisdizionale volto ad ottenere l'aggiudicazione, atteso che possono essere molteplici le evenienze per cui potrebbe risultare non aggiudicataria della commessa stessa. Pertanto, in mancanza di prova contraria, deve ritenersi che l'impresa abbia comunque impiegato proprie risorse e mezzi in altre attività, dovendosi quindi sottrarre al danno subito per la mancata aggiudicazione l'aliunde perceptum, calcolato in genere forfettariamente nella misura del 50%. Infine, in mancanza di prova circa l'effettivo danno emergente e di prova contraria rispetto alla presunzione dell'aliunde perceptum, la recente giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che il quantum del risarcimento possa essere forfettariamente liquidato in via equitativa, sulla base del principio generale previsto dall'art. 1226 c.c..

Materia: appalti / disciplina

N. 05531/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 02169/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2169 del 2014, proposto da:

Aeroporti di Roma - Società per Azioni, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Celli, con domicilio eletto presso Paolo Celli in Roma, via Luigi Rizzo, 72;

 

contro

Fresia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Alberto Quaglia, Paolo Gaggero, Francesco Paoletti, con domicilio eletto presso Francesco Paoletti in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118;

 

nei confronti di

Aebi Schmidt Italia Srl;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 10472/2013, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento danni per mancato affidamento fornitura di due mezzi sgombraneve per utilizzo aeroportuale.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fresia Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Paolo Celli e Francesco Paoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con bando pubblicato in G.U. n. 56 del 15 maggio 2013, ADR- Aeroporti di Roma S.p.A. (in seguito ADR) indiceva una procedura di gara ad evidenza pubblica - con criterio di aggiudicazione al prezzo più basso - per l'affidamento della fornitura di n. 2 mezzi sgombraneve.

Avverso gli atti di aggiudicazione della detta procedura insorgeva la Fresia Spa (in seguito Fresia), risultata seconda classificata, che riteneva tali atti illegittimi in quanto i mezzi offerti dalla società aggiudicataria controinteressata non sarebbero stati corrispondenti alle caratteristiche tecniche richieste dalla lex specialis della gara.

Con sentenza n. 10472/2013, qui appellata, il Tar Lazio, accogliendo il ricorso proposto da Fresia, dichiarava l'illegittimità degli atti impugnati sulla base del rilievo che in una gara, tanto più se si tratta di procedura con metodo di aggiudicazione al massimo ribasso, non sono ammissibili varianti alle caratteristiche tecniche richieste in sede di indizione della procedura, pena l'alterazione della par condicio.

Il Tar, inoltre, respingeva la richiesta di declaratoria di inefficacia del contratto, avanzata dalla ricorrente, ritenendo trattarsi di commessa a carattere “urgente”, in quanto volta a soddisfare le esigenze di funzionamento dell'aeroporto in vista della imminente stagione invernale.

Il giudice di prime cure, pertanto, riteneva che il risarcimento del danno potesse avvenire solo per equivalente e liquidava lo stesso nella misura di euro 60.200,00. Tale quantificazione veniva operata “secondo un criterio sovente seguito dalla giurisprudenza, applicando il 10% all'importo della base d'asta, decurtato dal ribasso offerto”.

Avverso la pronuncia del Tar Lazio, ha proposto appello ADR.

Con unico motivo di ricorso viene impugnato il capo della sentenza relativo alla quantificazione del danno per equivalente, che sarebbe viziato da “violazione dell'art. 124 del D.lgs. 104/2010 (c.p.a) e degli artt. 1226, 1227 e 2697 c.c. - violazione dei principi generali in materia di risarcimento del danno”.

Ritiene la parte appellante che i giudici di prime cure abbiano errato nel quantificare il risarcimento in modo automatico sulla base del valore forfettario del 10% dell'importo posto a base d'asta. Si tratterebbe infatti di un criterio seguito da una giurisprudenza oramai superata e non corrispondente al dettato normativo che richiede, invece, che il danno effettivamente subito debba essere provato dalla società danneggiata (art. 124 c.p.a). Ritiene inoltre parte appellante che la controparte avrebbe dovuto dimostrare in giudizio di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa.

Entrambe tali prove (circa l'effettivo ammontare del danno emergente subito e circa l'impossibilità di diverso utilizzo delle maestranze e mezzi) non sarebbero state fornite in giudizio da Fresia. Pertanto, l'appellante chiede che, in riforma della sentenza gravata, sia rigettata la domanda di risarcimento del danno o che questo, comunque, venga ridotto alla misura del 5% o del 3% dell'offerta economica effettiva (l'appellante richiama sul punto la giurisprudenza recente di questo Consiglio che utilizza tali parametri al fine della quantificazione in via equitativa del danno di cui non sia stata fornita la prova).

Si è costituita in giudizio la parte appellata Fresia, la quale chiede la reiezione dell'appello ex adverso proposto. Fresia sostiene di aver adeguatamente provato in giudizio sia l'esatto ammontare dell'utile che avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione (quantificata dalla parte in euro 97.260,00, dato dalla differenza tra l'importo richiesto con la propria offerta e i costi di costruzione del mezzo richiesto dalla stazione appaltante) che il mancato impiego delle proprie maestranze e dei propri mezzi durante il periodo in cui avrebbe dovuto eseguire la commessa per ADR (prova fornita tramite produzione dell'attestazione che la società ha avuto accesso, da luglio 2013 a luglio 2014, alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinari a causa dell'assenza di nuovi ordinativi).

All'udienza del 14 ottobre 2014 la causa è stata spedita in decisione.

 

DIRITTO

L'appello merita di essere accolto, nei limiti che si vanno ad esporre.

Deve infatti rilevarsi che i giudici di prime cure, nel quantificare il risarcimento del danno per equivalente, si sono limitati a prevedere una liquidazione forfettaria determinata sulla base del 10% dell'importo della base d'asta, decurtato dal ribasso offerto.

Tale parametro veniva in un primo momento desunto dalla giurisprudenza dal dato normativo fornito dall’art. 345 della legge n. 2248 del 1865 All. F, che tuttavia riguarda differenti istituti (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2317).

Peraltro, tale misura di risarcimento porterebbe, in molti casi, all’abnorme risultato che il risarcimento dei danni sarebbe, per l’imprenditore, più favorevole dell’impiego del capitale.

Tale tecnica di quantificazione del danno in discorso, è stata pertanto messa in discussione dalla più recente giurisprudenza di questo Consiglio, affermandosi in sua vece l’onere dell’impresa di una prova rigorosa della percentuale di utile effettivo che essa avrebbe conseguito qualora fosse stata aggiudicataria dell’appalto (Cons. St., sez. V, n. 2967/2008: Id., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; Id., Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2143; Id., 17 ottobre 2008, n. 5098; Id., 5 aprile 2005, n. 1563; Cons. St., sez. VI, 4 aprile 2003, n. 478; nonché più recenti pronunce in seguito richiamate).

L'art. 124 c.p.a, nel caso in cui il giudice non dichiari l'inefficacia del contratto, prevede che lo stesso disponga il risarcimento del danno, a condizione che il medesimo sia effettivamente subito e venga provato in giudizio, conformemente al principio generale di distribuzione dell'onere della prova ex art 2697 c.c.

Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che “nelle gare pubbliche, ai sensi dell'art. 124 co. 1, c.p.a. il risarcimento del cd. lucro cessane è subordinato alla prova, a carico dell'impresa ricorrente, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, prova desumibile in via principale dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara” (Cons. St., sez. III, 25 giugno 2013, n. 3437; Cons. St. 5846/2012 cit.).

Inoltre, la giurisprudenza ha chiarito che “il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell'aggiudicazione impugnata e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa. In difetto di tale dimostrazione, si presume che l'impresa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori a titolo di aliunde perceptum. Ciò risulta coerente con quanto previsto in via generale dall'art. 1227 c.c., in base a cui il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno. Nell'abito delle gare d'appalto, non risulta ragionevole la condotta dell'impresa che immobilizza le proprie risorse in attesa dell'aggiudicazione di una commessa, o nell'attesa dell'esito del ricorso giurisdizionale volto ad ottenere l'aggiudicazione, atteso che possono essere molteplici le evenienze per cui potrebbe risultare non aggiudicataria della commessa stessa. Pertanto, la giurisprudenza di questo Consiglio afferma che, in mancanza di prova contraria, deve ritenersi che l'impresa abbia comunque impiegato proprie risorse e mezzi in altre attività, dovendosi quindi sottrarre al danno subito per la mancata aggiudicazione l'aliunde perceptum, calcolato in genere forfettariamente nella misura del 50% (cfr. Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2013, n. 5884; Id; id., 27 marzo 2013, n. 1833; id., 7 giugno 2013, n. 3155; id., 8 novembre 2012, n. 5686).

Infine, in mancanza di prova circa l'effettivo danno emergente e di prova contraria rispetto alla presunzione dell'aliunde perceptum, la recente giurisprudenza di questo Consiglio ritiene che il quantum del risarcimento possa essere forfettariamente liquidato in via equitativa, sulla base del principio generale previsto dall'art. 1226 c.c. Il criterio tendenzialmente utilizzato è quello del 5% dell'offerta economica effettiva dell'impresa (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 5725/2013; Id., sez. III, 23 gennaio 2014, n. 348; Id., sez. V, n. 5884/2013). In alcuni casi l'importo liquidato scende al 3% (Cons. St., sez. III, 25 giugno 2013, n. 3437) o sale al 6% (Cons. st., sez. IV, 27 marzo 2014, n. 1478).

Nel caso di specie, emerge dagli atti di causa come l'impresa appellata non abbia provato in giudizio l'effettivo utile che avrebbe conseguito, non avendo provveduto a depositare in giudizio l’offerta economia presentata al seggio di gara, ma un mero elaborato recante solo l’indicazione dei costi di un mezzo avente caratteristiche identiche a quello oggetto di gara, ma può dirsi che abbia raggiunto solo la prova contraria circa la presunzione dell'aliunde perceptum, avendo provveduto a depositare la documentazione attestante l’accesso da parte della società alla CIGS nel periodo corrispondente a quello di esecuzione della commessa in questione.

Pertanto, in accoglimento dell'appello proposto ed in parziale riforma della sentenza gravata, il Collegio ritiene equo - in assenza di prova dell´utile effettivo ma in presenza di prova contraria rispetto alla presunzione di aliunde perceptum - imporre all’Amministrazione di liquidare a titolo di risarcimento dovuto in favore dell’appellata una somma determinata nella misura forfettaria del 5% dell´offerta economica effettiva o, ove inferiore, nella misura corrispondente all’utile indicato dall’impresa nell’offerta.

Trattandosi di accoglimento parziale, le spese possono essere integralmente compensate fra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie in parte, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna parte appellante al risarcimento del danno in favore della società appellata (ex art 124 c.p.a), nella misura di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi,      Presidente

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

Diego Sabatino,          Consigliere

Raffaele Potenza,       Consigliere

Andrea Migliozzi,      Consigliere

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/11/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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