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Consiglio di Stato, Sez. III, 18/11/2014 n. 5679
Sulla discrezionalità della stazione appaltante rispetto alla gravità del reato ex art. 38, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006.

Nell'apprezzamento della gravità del reato ai sensi dell'art. 38, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, c.d. codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità, non sindacabile dal giudice amministrativo se non per i noti profili di irrazionalità, illogicità, incongruità o travisamento dei fatti. Nel caso di specie, concernente l'affidamento del servizio di recupero custodia ed acquisto di veicoli oggetto di provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca, tali profili non sussistono, dal momento che si tratta di un delitto rientrante in quelli contro la pubblica amministrazione, commesso dall'incaricato di un pubblico servizio, il quale, pur se fosse in astratto condivisibile l'assunto "sociologico" secondo cui non desterebbe particolare allarme nella percezione del privato, è ben giustificato che proprio per la pubblica amministrazione rappresenti, invece, un sintomo che assume specifica rilevanza tanto da divenire idoneo ad influenzare gravemente la prognosi di un rapporto non sereno tra essa e quel soggetto. Inoltre, come evidenziato dalla stazione appaltante, il delitto stesso è attinente con l'oggetto della gara. E non è dubbio che ciò rafforza l'anzidetta prognosi, nel contempo corredandola di concretezza ed ulteriore specificità in collegamento con la moralità del concorrente.

Materia: appalti / disciplina

N. 05679/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 03912/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3912 del 2014, proposto da:

Lepanto 2 s.r.l., quale capogruppo di r.t.i. con Autocompany, Autostile s.r.l., Autofficina Castagna Franco s.n.c., Officine Cubico s.r.l., Eurocar, F.Lli Bianco s.n.c., Faccioli Center s.r.l., Full Car Service, Garage Milano, Carrozzeria Giardini Adriano, Idealcar, Carrozzeria La Carica, Carrozzeria Rovere s.n.c., Sava Car s.a.s., Carrozzeria Saggioro s.n.c., Tebaldi Autogru s.n.c., -OMISSIS- s.n.c. e Carrozzeria Zuliani, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Altieri, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Pinto in Roma, via Stresa n. 53;

 

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Agenzia del Demanio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 01308/2014, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di recupero custodia ed acquisto di veicoli oggetto di provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Altieri e dello Stato Barbieri;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Lepanto 2 s.r.l., quale capogruppo di raggruppamento temporaneo di imprese, presentava domanda di partecipazione alla procedura negoziata per l’affidamento nell’ambito della provincia di Verona del servizio di recupero, custodia e acquisto di veicoli oggetto di sequestro amministrativo, fermo o confisca, indetta dal Ministero dell’interno e dall’Agenzia del demanio.

 

Il r.t.i. veniva però escluso, ma riammesso con riserva a seguito dell’accoglimento della domanda cautelare avanzata in sede di impugnazione dell’esclusione.

 

Tuttavia, la commissione di gara decideva nuovamente di non ammettere il r.t.i., in quanto per la mandante -OMISSIS- s.n.c. di -OMISSIS-e -OMISSIS- era emersa la sussistenza a carico del signor -OMISSIS-del decreto penale di condanna in data 25 novembre 2009 del GIP presso il Tribunale di Verona per il delitto di cui agli artt. 81, cpv, e 328, co. 1, cod. pen.. Ciò, in quanto con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, quale custode giudiziario di un’autovettura sottoposta a sequestro preventivo penale, rifiutava indebitamente di consegnare il bene al legittimo proprietario chiedendogli il pagamento di spese non previste dal decreto di restituzione della Procura. In relazione a detto decreto penale, la stessa commissione riteneva configurarsi la fattispecie di cui all’art. 38, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, trattandosi di reato “grave in danno dello Stato e la condotta posta in essere nell’esercizio delle funzioni attinenti il servizio oggetto della presente gara”, tale da incidere sulla moralità professionale del predetto.

 

L’ulteriore esclusione, nonché l’inerzia tenuta dall’Amministrazione sulla richiesta di riesame della medesima, erano anch’essi impugnati dalla capogruppo davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, che respingeva il ricorso con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., 3 febbraio 2014 n. 1308 della sezione prima ter.

 

Di qui l’appello in epigrafe, notificato il 29 aprile 2014 e depositato il 12 maggio seguente, col quale si deduce che erroneamente il primo giudice non ha ritenuto illegittimo il provvedimento impugnato per violazione dell’art. 38, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, eccesso di potere, difetto assoluto di motivazione, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, perplessità, illogicità e sviamento. In sintesi, si lamenta la mancata valutazione nel caso concreto dei due autonomi e concorrenti elementi richiesti dalla norma, cioè sia della gravità del reato che della sua incidenza sulla moralità del concorrente. E nella specie non si tratterebbe di reato grave, poiché costituito da un isolato precedente, peraltro risalente al 2009, ed in quanto l’esercizio dell’azione penale sotto forma della richiesta di decreto penale di condanna concerne proprio quei reati che non sono ritenuti gravi e per i quali si ritiene che il condannato possa essere ritenuto meritevole dei benefici connessi, quali la non menzione della pena e l’estinzione col decorso di cinque anni; tanto più che, nel caso in trattazione, il condannato è stato ritenuto meritevole della conversione della pena all’esito della positiva valutazione del fatto e della condotta del reo. Né inciderebbe sulla moralità professionale, trattandosi di comportamento connotato da ridotto grado di offensività, senza che possa essere considerato il solo fatto della commissione nell’esercizio delle funzioni di custode, stante la non attinenza a profili della custodia o agli obblighi a questa connessi, bensì determinato dall’erronea interpretazione della norma (art. 150, co. 2, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115) sul soggetto tenuto al pagamento delle spese di custodia. In ogni caso, indipendentemente dal merito, il provvedimento sarebbe inosservante dell’obbligo di motivazione.

 

L’Amministrazione si è costituita in giudizio e con memoria dell’8 settembre 2014 ha eccepito l’inammissibilità dell’appello sotto vari profili e, comunque, la sua infondatezza nel merito.

 

Ciò posto, la Sezione ritiene di poter soprassedere dalla trattazione dei profili di inammissibilità eccepiti da parte appellata, dal momento che l’appello è manifestamente infondato nel merito.

 

Come osservato dal primo giudice, dal verbale di gara n. 38 in data 8 novembre 2013 emerge chiaramente che la commissione si è data carico di spiegare in modo puntuale le ragioni per le quali ha ritenuto ostativo il delitto per il quale il signor -OMISSIS-è stato condannato.

 

In primo luogo, ha infatti dato atto che l’art. 38, co. 1, lett. c), contempla, tra le altre ipotesi, espressamente anche quella di condanna con decreto penale divenuto irrevocabile.

 

In siffatto contesto normativo, è evidente che una tal condanna non è idonea ad attenuare le conseguenze di legge, ancorché isolata.

 

In secondo luogo, la commissione ha rilevato che trattasi di delitto in danno dello Stato, quindi di già per sé grave anche solo per la rubrica.

 

A tal riguardo, premesso che nell’apprezzamento della gravità del reato ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità, non sindacabile dal giudice amministrativo se non per i noti profili di irrazionalità, illogicità, incongruità o travisamento dei fatti, nella specie tali profili non sussistono, dal momento che si tratta di delitto rientrante in quelli contro la pubblica amministrazione, commesso dall’incaricato di un pubblico servizio, il quale, pur se fosse in astratto condivisibile l’assunto “sociologico” secondo cui non desterebbe particolare allarme nella percezione del privato, è ben giustificato che proprio per la pubblica amministrazione rappresenti, invece, un sintomo che assume specifica rilevanza tanto da divenire idoneo ad influenzare gravemente la prognosi di un rapporto non sereno tra essa e quel soggetto.

 

In terzo luogo, la stazione appaltante ha evidenziato l’attinenza del delitto stesso con l’oggetto della gara. E non è dubbio che ciò rafforza l’anzidetta prognosi, nel contempo corredandola di concretezza ed ulteriore specificità in collegamento con la moralità del concorrente.

 

Erronea in fatto è, poi, l’argomentazione secondo cui l’episodio non sarebbe occorso nell’ambito dell’attività di custodia dei veicoli, poiché in quest’attività rientra sicuramente anche la riconsegna dei veicoli stessi. Infine, evidentemente irrilevante è la motivazione interiore della condotta criminosa, oltretutto richiedendosi che l’incaricato di pubblico servizio sia consapevole delle regole che disciplinano la relativa attività, sicché l’erronea interpretazione di una di tali regole semmai rafforza e non sminuisce la rilevanza, la concretezza e la specificità predette del giudizio reso dalla commissione, in relazione sia al livello di gravità peculiare rispetto all’attività da appaltare, sia alla connessione con la moralità tipicamente professionale.

 

In conclusione, l’appello non può che essere respinto.

 

Come di regola, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello.

 

Condanna parte appellante al pagamento, in favore del Ministero dell’interno, delle spese del grado che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi di -OMISSIS--OMISSIS-, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

 

Vittorio Stelo, Consigliere

 

Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore

 

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

 

Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/11/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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