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TAR Abruzzo, Sez. Pescara, 2/1/2015 n. 6
Sull'istituto della clausola sociale.

La clausola sociale - anche nota come clausola di "protezione" o di "salvaguardia" sociale o "clausola sociale di assorbimento" - è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali (art. 69, d.lgs. n. 163/2006, l'art. 63, c. 4, d.lgs. n. 112/1999, l'art. 29, c. 3, d.lgs. n. 276/2003), che opera nelle ipotesi di cessazione di un appalto e di subentro di altre imprese o società appaltatrici e risponde all'esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell'occupazione, nel caso di discontinuità dell'affidatario. Relativamente alla legittimità di tale clausola sociale di "riassorbimento" la giurisprudenza, ormai prevalente - nel disattendere la tesi per la quale dall'inosservanza della clausola discenderebbe un effetto automaticamente e rigidamente escludente dalla gara - si è oggi consolidata nel senso di ritenere legittima tale clausola, la quale però deve essere interpretata nel senso che l'appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell'appaltatore uscente, ma solo a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante, sulla base del presupposto che l'iniziativa economica privata è sì libera, ma deve avere riguardo anche all'utilità sociale. Con la conseguenza che tale clausola, ove richiamata dal bando, ha sì portata cogente, ma nel senso che l'offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell'appalto (potendo, peraltro, impugnare la clausola del bando ove il numero di unità fino a quel momento adibito al servizio sia incongruo e sovrabbondante, senza, però, che tale clausola comporti l'obbligo per l'impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio.

Materia: appalti / disciplina

N. 00006/2015 REG.PROV.COLL.

 

N. 00299/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 299 del 2014, proposto da:

C.N.S. - Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop. a r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Daniele Vagnozzi, con domicilio eletto presso Alessandra Rulli in Pescara, piazza Ettore Troilo, 8;

 

contro

Asl 105 di Pescara, rappresentata e difesa dall'avv. Giulio Cerceo, con domicilio eletto presso Giulio Cerceo in Pescara, Via G. D'Annunzio, 142;

 

nei confronti di

- Dussmann Service S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Filippo Martinez, Davide Moscuzza, con domicilio eletto presso Pietro Maria Di Giovanni in Pescara, Via Conte di Ruvo 153;

- Soc. Coop. Formula Servizi, Rti - Soc.Coop. Formula Servizi / Manutencoop Facility Management S.p.A., rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Lauricella, con domicilio eletto presso Lorenzo Passeri in Pescara, Via Falcone e Borsellino,38;

- C.M. Service S.r.l., Multiservice Soc. Coop. a r.l., Rti - C.M. Service Srl / Gestione Servizi Integrati Srl, Rti - Multiservice Soc.Coop a r.l. / Pulitori e Affini S.p.A., non costituite in giudizio;

 

per ottenere

- l’annullamento della deliberazione 28 agosto 2014, 923, con la quale il Direttore Generale della Azienda USL Pescara ha aggiudicato alla Soc. Dussmann Service s.r.l. la gara d’appalto per il servizio di pulizia, sanificazione e sanitizzazione da effettuarsi presso i Presidi Ospedalieri e le strutture territoriali della AUSL di Pescara; nonché degli atti presupposti e connessi, tra cui l’aggiudicazione provvisoria, i verbali di gara e, per quanto occorra, il bando, il disciplinare e il capitolato di gara;

 

- il risarcimento dei danni arrecati alla ricorrente:

 

- l’accertamento dell’inefficacia e/o nullità del contratto, ove stipulato con l’aggiudicataria, e del diritto della ricorrente all’aggiudicazione.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Asl 105 di Pescara, di Dussmann Service S.r.l. e di Soc. Coop. Formula Servizi e di Rti - Soc.Coop. Formula Servizi / Manutencoop Facility Management S.p.A.;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il dott. Michele Eliantonio e uditi l'avv. Daniele Vagnozzi per la società ricorrente, l'avv. Giulio Cerceo per l'amministrazione resistente, l'avv. Matteo Parini - su delega dell'avv. Filippo Martinez - per la società Dussmann Service e l'avv. Giovanni Lauricella per le altre società controinteressate;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

L’attuale ricorrente riferisce di aver partecipato la gara d’appalto per il servizio di pulizia, sanificazione e sanitizzazione da effettuarsi presso i Presidi Ospedalieri e le strutture territoriali della AUSL di Pescara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e di essersi classificata al quinto posto della graduatoria redatta dall’apposita Commissione, che ha visto collocata al primo posto la Dussmann Service s.r.l. (con punti 88,78), al secondo posto l’ATI Formula Servizi (con punti 80,35), al terzo posto l’ATI CM Service (con punti 79,64), al quarto posto l’ATI Multiservice (con punti 79,58) ed al quinto posto la ricorrente CNS (con punti 75,99).

La ricorrente precisa di aver ottenuto il punteggio massimo (60 punti) relativamente alla valutazione dell’offerta tecnica, ma di aver ottenuto un punteggio ridotto (circa 15 punti) relativamente al prezzo, pur avendo offerto un ribasso del 12%, in quanto le altre partecipanti alla gara avevano offerto ribassi oscillanti dal 21 al 30%.

Riferisce, altresì, che l’offerta della prima in graduatoria era stata sottoposta a valutazione di congruità ai sensi dell’art. 86, comma 2, del codice degli appalti (per aver ottenuto un punteggio superiore ai 4/5 dei massimi previsti, sia per l’aspetto tecnico, che per quello economico) e che con deliberazione 28 agosto 2014, n. 923, il Direttore Generale della Azienda, vista la relazione del RUP del 25 agosto 2014, contenente gli esiti della valutazione dell’anomalia dell’offerta, aveva aggiudicato la gara alla Soc. Dussmann Service.

Con il ricorso in esame ha impugnato tale atto deliberativo di aggiudicazione della gara, unitamente agli atti presupposti e connessi.

Dopo aver premesso di aver interesse e di essere legittimata all’impugnativa, in quanto con il gravame ha introdotto contestazioni in ordine all’anomalia delle offerte di tutte concorrenti collocate in posizione poziore, ha dedotto le seguenti censure:

1) che era stata illegittimamente valutata l’anomalia dell’offerta della vincitrice della gara in quanto:

a) pur avendo la vincitrice fatto riferimento alle ore mensili che intendeva eseguire (21.838), il RUP aveva fatto riferimento alle “ore contrattuali” (quantificate in 28.841 ore mensili), affermando che tale monte ore garantirebbe il mantenimento del livello occupazionale, dato che le “ore contrattuali” costituiscono un dato presuntivo previsto dalle tabelle ministeriali ai soli fini della corretta quantificazione del costo unitario orario della manodopera; invece il RUP:

- se avesse voluto considerare l'offerta Dussmann idonea a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e la corretta esecuzione del servizio sulla base di 28.841,67 ore contrattuali, avrebbe dovuto conseguentemente verificare la congruità del costo del lavoro sulla base di tale numero di ore, con un incremento pari al costo delle 7.000 ore in più, con evidente insufficienza dell’importo per manodopera;

- in realtà avrebbe dovuto esaminare l'offerta di Dussmann per come essa era stata realmente formulata (e cioè sulla base delle 21.838,45 ore mensili dichiarate), ma in tal caso avrebbe dovuto spiegare come tale dato, di gran lunga inferiore a quello di 27.200 ore risultante dall’allegato 3, potesse garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e l’esecuzione del servizio a norma di capitolato. Sebbene, infatti, la lex specialis non prevedesse espressamente le 27.200 ore risultanti dall’allegato 3 quale limite minimo mensile di ore di lavoro previste, né subordinasse espressamente al rispetto di tale limite la possibilità di garantire gli attuali livelli occupazionali, l’attendibilità del numero di ore lavorate indicate dai concorrenti costituiva il fondamentale criterio di valutazione dell’affidabilità complessiva dell’offerta; con le ulteriori conseguenze in tema esclusione della controinteressata dalla gara (artt. 3 e 6 del disciplinare e 4 del capitolato) e dell’attribuzione dei punteggi (di cui al criterio di valutazione 1.B.1.a);

 

b) anche volendo considerare corretto il riferimento alle ore effettive di lavoro (21.834) l’aggiudicataria aveva fatto riferimento alle tabelle ministeriali in vigore nel settembre 2012 e non a quelle di aprile 2013, pur avendo presentato la propria offerta nel maggio 2013; ove fossero state correttamente prese a riferimento le tabelle dell’aprile 2013, il costo della manodopera sarebbe aumentato di oltre € 400mila, nel quinquennio;

 

2) che vi erano ugualmente concreti indizi di non congruità e complessiva inaffidabilità delle altre partecipanti collocate in graduatoria al secondo, al terzo ed al quarto posto;

 

3) in via subordinata, ha dedotto l’illegittimità della lex specialis di gara, che non sanzionava espressamente con l’esclusione l’indicazione di un numero di ore inferiore a quelle risultanti dall’allegato 3 del capitolato (circa 27.200 ore mensili); ove, peraltro, si dovesse ritenere che il numero delle ore costituiva solo uno dei parametri di valutazione (di cui al criterio di valutazione 1.B.1.a, che prevedeva l’attribuzione di 5 punti relativamente al “monte orario” offerto), tale previsione sarebbe illegittima, in quanto:

 

- precludeva la valutazione della reale possibilità dell’appaltatore di eseguire il servizio con il monte ore proposto;

 

- finiva con lo svilire un elemento (monte ore) fondamentale per lo svolgimento del servizio;

 

- introduceva una disparità di trattamento tra gli offerenti, con violazione della par condicio.

 

Tali doglianze sono state ulteriormente illustrate con memoria depositata il 2 dicembre 2014.

 

L’Azienda USL Pescara si è costituita in giudizio e, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione della posizione in graduatoria della ricorrente, ha diffusamente contestato il fondamento delle censure dedotte.

 

Si è, inoltre, costituita in giudizio la Soc. Dussmann Service s.r.l., la quale, dopo aver anch’essa formulato analoga eccezione, ha diffusamente difeso la legittimità degli atti impugnati.

 

Si é, infine, costituita in giudizio anche l’ATI Formula Servizi, collocata al secondo posto nella graduatoria, che ha anch’essa chiesto il rigetto del ricorso.

 

Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta a decisione.

 

DIRITTO

1. Con il ricorso in esame - come sopra esposto - la società ricorrente, collocata al quinto posto nella graduatoria redatta dall’apposita Commissione di gara, ha impugnato l’atto deliberativo con il quale il Direttore Generale della Azienda USL Pescara ha aggiudicato alla Soc. Dussmann Service s.r.l. la gara d’appalto per il servizio di pulizia, sanificazione e sanitizzazione da effettuarsi presso i Presidi Ospedalieri e le strutture territoriali della AUSL di Pescara.

Con i due motivi di gravame l’attuale ricorrente per un verso ha contestato l’anomalia delle offerte presentate da tutte concorrenti collocate in migliore posizione in graduatoria e per altro verso (in via subordinata) ha denunciato l’illegittimità dello stesso bando di gara per non aver questo sanzionato espressamente con l’esclusione l’indicazione da parte dei partecipanti alla gara di un numero di ore inferiore a quelle risultanti dall’allegato 3 del capitolato (circa 27.200 ore mensili).

 

2. - Il ricorso è privo di pregio e tale circostanza dispensa il Collegio dall’esaminare in modo approfondito le eccezioni dedotte dalle parti resistenti, volte a contestare sia la legittimazione, che l’interesse della ricorrente all’impugnativa in ragione della sua posizione in graduatoria (quinto posto).

Basta, invero, al riguardo ricordare i principi che sono stati espressi in merito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella recente sentenza 3 febbraio 2014, n. 8, con la quale si è affermato che la collocazione non al secondo posto nella graduatoria conclusiva di una gara pubblica non comporta di per sé, con carattere di automatismo, il difetto di legittimazione del concorrente ad introdurre contestazione sulle scelte operate dalla stazione appaltante in ordine all’opportunità di procedere o meno all’esame discrezionale di una supposta anomalia dell’offerta dei concorrenti collocati in posizione poziore, in presenza di evidenti e conclamati profili di eccesso di potere che inficino la fase di cognizione e di esame delle offerte dei concorrenti meglio graduati, la cui possibile estromissione di gara consentirebbe lo scorrimento in posizione utile per poter aspirare all'aggiudicazione.

 

3. - Ciò detto e prima ancora di passare all’esame dei motivi dedotti, appare opportuno, in via pregiudiziale, meglio analizzare la lex specialis di gara ed, in particolare, di determinare l’esatto significato da attribuire alla c.d. “clausola sociale” inserita nell’art. 15 del Capitolato generale dell’appalto, in base al quale - in conformità, peraltro, a quanto previsto dall’art. 4 del CCNL per le imprese di pulizia - la vincitrice della gara avrebbe dovuto “mantenere almeno il livello occupazionale” “con la conferma … di tutto il personale in servizio”.

Tale clausola sociale - anche nota come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale o «clausola sociale di assorbimento» - è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali (art. 69, d.lgs. n. 163/2006, l’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 112/1999, l’art. 29, comma 3, d.lgs. n. 276/2003), che opera nelle ipotesi di cessazione di un appalto e di subentro di altre imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario.

Relativamente alla legittimità di tale clausola sociale di “riassorbimento” deve ricordarsi che, inizialmente, si è registrato un orientamento negativo: in particolare, l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici aveva sostenuto che l’obbligo di assunzione del personale, già adibito allo svolgimento del servizio oggetto dell’appalto, era irragionevole ed ingiustificato (salve le ipotesi in cui tale riassorbimento non fosse stato imposto da specifiche disposizioni di legge o della contrattazione collettiva nazionale di riferimento), in quanto lesiva della concorrenza e della libertà di impresa riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost. (parere n. 44/2010), dal momento che l’imprenditore avrebbe dovuto essere lasciato libero di scegliere ed organizzare i lavoratori, di cui avvalersi nell’espletamento del servizio, senza essere vincolato a riassorbire il personale già in servizio.

In contrasto a tale orientamento negativo, si è però oggi definitivamente registrata una apertura della giurisprudenza nei riguardi della clausola in esame.

Tale giurisprudenza, ormai prevalente - nel disattendere la tesi per la quale dall’inosservanza della clausola discenderebbe un effetto automaticamente e rigidamente escludente dalla gara - si è oggi consolidata nel senso di ritenere legittima tale clausola, la quale però deve essere interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, ma solo a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante, sulla base del presupposto che l’iniziativa economica privata è sì libera, ma deve avere riguardo anche all’utilità sociale (Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890, sez. III, 9 luglio 2013, n. 3639, e 5 aprile 2013 n. 1896, e sez. IV, 2 dicembre 2013 n. 5725, ed, ancora più di recente, TAR Puglia, sez. Lecce, sez. II, 1° dicembre 2014, n. 2986). Con la conseguenza che tale clausola, ove richiamata dal bando, ha sì portata cogente, ma nel senso che l’offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell’appalto (potendo, peraltro, impugnare la clausola del bando ove il numero di unità fino a quel momento adibito al servizio sia incongruo e sovrabbondante; così Cons. St., sez. IV, 2 dicembre 2013 n. 5725), senza, però, che tale clausola comporti l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio.

In estrema sintesi, deve ritenersi che il predetto art. 15 del capitolato, letto alla luce della giurisprudenza in materia, debba essere interpretato non nel senso di qualificare tale disposizione come un requisito di partecipazione, ma come un impegno, gravante sull’aggiudicatario, da assolvere nella fase dell’esecuzione del servizio, tenendo peraltro presente che la predetta giurisprudenza, anche in presenza di una clausola sociale introdotta nella “lex specialis” sulla base di specifiche disposizioni della contrattazione collettiva nazionale, ha individuato un limite alla sua operatività nella possibilità di armonizzare l’assorbimento dei lavoratori che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; cioè ha consentito di introdurre lievi modifiche al precedente livello dell’occupazione.

In questo contesto, resta peraltro fermo (come ha recentemente affermato da ultimo la predetta sentenza del Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890) che “la verifica sul rispetto dell’obbligo di salvaguardia della c. d. clausola sociale dovrà essere effettuata nella fase di avvio del servizio”.

 

3. - Relativamente alla clausola ora all’esame, va ulteriormente evidenziato, che il predetto art. 15 rimandava per l’individuazione del personale da riassumere all’allegato 3, nel quale era riportato l’elenco del personale complessivamente in servizio, con l’indicazione della categoria contrattuale di appartenenza, delle ore settimanali e mensili e della tipologia di contratto.

Dall’esame di tale elenco, come sembra pacifico tra le parti, si rileva che tutto il personale in servizio era costituito da 233 unità, con un monte ore mensili individuale molto diverso (oscillante da 64 a 174 ore), ammontante complessivamente in 27.200 ore mensili.

Deve, inoltre, al riguardo meglio precisarsi che tale personale non prestava contemporaneamente la propria attività, ma una parte di tale personale era, in realtà, chiamato a supplire il personale assente per ferie, per malattia o per altre ragioni. Per cui, considerando che sulla base delle tariffe ministeriali sul costo del lavoro tali assenze incidono in via generale nella misura del 24,28%, deve concludersi che il monte ore effettivamente svolto (c.d. ore effettive) dal personale in servizio era di 20.672 ore mensili; mentre quelle indicate nella predetta tabella (nella misura di 27.200) erano le ore c.d. contrattuali, cioè quelle teoricamente gravanti sull’appaltatore uscente.

Va, invero, sul punto ricordato, che le tabelle ministeriali sul costo del lavoro indicano il costo medio orario, riferito a ciascun livello retributivo, per le ore lavorative effettive, “comprensive dei costi di sostituzione alla quale il datore di lavoro deve provvedere nel caso di malattia, ferie, permessi, assenteismo del dipendente” (Cons. St., sez. III, 13 dicembre 2013, n. 5984) e che la determinazione del costo per il datore di lavoro di un’ora effettivamente lavorata include, al proprio interno, anche la frazione di retribuzione spettante per le ore annue mediamente non lavorate, in quanto già prese in considerazione nel trattamento annuo complessivo di ciascun lavoratore, considerato per categoria e livello.

In altri termini, la predetta clausola sociale prevedeva per il subentrante la riassunzione del personale precedentemente in servizio, che svolgeva globalmente 27.200 ore c.d. contrattuali mensili, ma il personale effettivamente in servizio svolgeva in realtà 20.672 ore c.d. effettive mensili, essendo le restanti ore svolte da tali dipendenti per la sostituzione del personale assente.

Tale distinzione tra ore contrattuali ed ore effettive è stata nella sostanza ripresa nella loro offerta da tutte le concorrenti partecipanti alla gara, meglio graduate rispetto alla ricorrente.

La vincitrice della gara ha, in particolare, fissato in 21.838 il monte ore mensile c.d. effettivo, per svolgere il quale aveva previsto l’utilizzazione di 260 unità lavorative, ed in 28.841 il monte ore c.d. contrattuale, con il coinvolgimento di 354 unità lavorative; cioè ha indicato un monte orario (sia effettivo, che contrattuale) ed un numero di lavoratori maggiori di quelli indicati nel predetto allegato 3.

Anche le altre imprese meglio graduate rispetto alla ricorrente hanno indicato un numero di ore mensili effettive o maggiore rispetto a quello indicati nell’allegato (23.292 la seconda classificata) o di poco inferiore (20.523 la terza classificata).

 

4. - Una volta chiarito per un verso che la c.d. clausola sociale non comportava l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio, ma consentiva di introdurre al riguardo dei lievi scostamenti, e per altro verso che le imprese meglio graduate avevano in realtà previsto l’assunzione di tutto il personale in servizio per lo svolgimento di un monte ore effettivo mensile superiore a quello precedentemente svolto, può utilmente passarsi all’esame dei motivi dedotti.

Con il primo motivo, come già detto, la ricorrente ha contestato la valutazione effettuata dal RUP sull’anomalia dell’offerta della vincitrice della gara, con riferimento ai due seguenti profili:

a) perché la vincitrice aveva fatto riferimento alle ore mensili che intendeva eseguire (21.838), mentre il RUP aveva fatto riferimento alle “ore contrattuali” (quantificate in 28.841 ore mensili); mentre, in realtà, tale monte ore non consentiva il mantenimento dei livelli occupazionali ed era di gran lunga inferiore a quello di 27.200 ore risultante dall’allegato 3;

b) perché, anche ove fosse corretto il riferimento alle ore effettive di lavoro (21.834), l’aggiudicataria aveva fatto riferimento alle tabelle ministeriali in vigore nel settembre 2012 e non a quelle di aprile 2013.

Tali censure non sono fondate.

Quanto alla prima, basta richiamare quanto sopra esposto e cioè, innanzi tutto, che la lex specialis non aveva imposto l’automatico e generalizzato assorbimento dei lavoratori in servizio, ma aveva consentito di introdurre lievi modifiche al precedente livello dell’occupazione. Inoltre, che il monte ore effettivo ed il monte ore contrattuale sono entità fungibili, dato che l’uno è pari al 24,28 % dell’altro, con la conseguenza che riferirsi all’uno o all’altro non assumere un particolare rilievo nella vicenda in questione.

Va in aggiunta osservato che le tabelle ministeriali sono utilizzabili ai fini che qui interessano nella misura in cui si considerano le ore effettive e non quelle contrattuali, dal momento che tali tabelle determinano il costo orario per l’imprenditore delle ore effettivamente lavorate, includendo anche le sostituzioni (Cons. St., sez. VI, 30 maggio 2014 n. 2827).

In sede di verifica delle offerte sospettate di anomalia, il costo medio orario riferito a ciascun livello retributivo e riportato nelle tabelle ministeriali definisce, in realtà, il costo dell’ora lavorativa effettiva, comprensiva dei costi di sostituzione alla quale il datore di lavoro deve provvedere nel caso di malattia, ferie, permessi, assenteismo del dipendente (Cons. St., sez. III, 13 dicembre 2013, n. 5984), per cui i relativi conteggi vanno effettuati con riferimento alle ore effettive.

Di conseguenza, in relazione a quanto sopra esposto, deve ritenersi che il monte ore mensile effettivo, previsto dalla vincitrice della gara (21.838), consentiva il mantenimento dei livelli occupazionali dato che il monte “ore contrattuali” (quantificate in 28.841 ore mensili) era superiore a quello (di 27.200 ore) risultante dall’allegato 3 del capitolato.

In definitiva, così come ha correttamente rappresentato il RUP, l’offerta della vincitrice della gara rispettava la “clausola sociale”, dato che prevedeva l’assunzione di 260 unità lavorative, superiori al numero di lavoratori (233) in servizio, ed il coinvolgimento, con le supplenze e le sostituzioni, di 354 unità lavorative, cioè di un numero di lavoratori ancora maggiore.

La prima delle predette censure è, pertanto, priva di pregio.

Quanto, poi, alla inattendibilità dei calcoli effettuati dal concorrente sospettato di aver formulato un’offerta anomala, va ricordato che - come è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza (cfr. da ultimo, Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014 n. 4516, e sez. V, 17 luglio 2014, n. 3800) - il giudizio di anomalia o di incongruità dell’offerta espresso dalla stazione appaltante costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta; con la conseguenza che il giudice amministrativo può sindacare le suddette valutazioni sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma senza anche poter procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, dato che tale indagine costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione.

Relativamente, in particolare, al costo del lavoro, la stessa giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 24 luglio 2014 n. 3937, e sez. III 9 luglio 2014 n. 3492) ha anche precisato che nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell’offerta sotto tale profilo.

Con la conseguenza che l’eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima ex se un giudizio di anomalia, potendo tale scostamento essere accettato dalla Stazione appaltante quando risulti puntualmente e rigorosamente giustificato; mentre devono considerarsi anormalmente basse le sole offerte che si discostino in modo evidente dai costi medi del lavoro indicati nelle apposite tabelle, periodicamente predisposte dal Ministero del lavoro in base ai valori previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia, i quali costituiscono non parametri inderogabili, ma solo degli indici del giudizio di adeguatezza dell’offerta, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori così come stabilito in sede di contrattazione collettiva.

Con riferimento a questi che sono i limiti del sindacato di questo Giudice in sede di verifica dell’anomalia di un’offerta, va osservato che nella specie la vincitrice della gara, nel fornire le proprie giustificazioni, ha adeguatamente evidenziato le ragioni del lievissimo scostamento nel calcolo del costo del lavoro dalle predette tabelle riferite al 2013 per il sud-isole (nell’ordine di circa 10 centesimi all’ora), motivato anche con riferimento ad una serie di fattori analiticamente indicati in sede di giustificazioni (quali le agevolazioni fiscali, il tasso di assenteismo minore rispetto a quello previsto nelle tabelle, gli sgravi contributivi, la possibilità di ricorrere a contratti di apprendistato e di tirocinio per l’ulteriore personale da assumere), relativamente alle quali il sindacato “debole” di questo Tribunale deve limitarsi ad accertare solo la non macroscopica illogicità o l’erroneità fattuale.

Dall’esame del complesso degli atti versati in giudizio non sembra però al Collegio che tali ipotesi ricorrano nel caso di specie, per cui deve conclusivamente ritenersi che tali giustificazioni non rendono palesemente inattendibile nel suo complessivo l’offerta presentata.

 

5. - Una volta giunti a tale conclusione, può prescindersi dall’esaminare in modo approfondito il secondo motivo, con il quale la ricorrente ha dedotto che vi erano analoghi indizi di non congruità e complessiva inaffidabilità delle offerte delle altre partecipanti alla gara, collocate in graduatoria al secondo, al terzo ed al quarto posto.

Si tratta, invero, di doglianze che, in termini analoghi a quelli rappresentati nel primo motivo, contestano l’anomalia delle altre offerte, senza però che in questo caso le offerenti abbiano neanche potuto fornire le proprie giustificazioni alla Stazione appaltante.

Ad avviso del Collegio, basta al riguardo rilevare che i predetti criteri seguiti nella valutazione dell’anomalia dell’offerta della prima classificata, avrebbero di certo escluso anche l’anomalia della seconda classificata, dato che questa aveva offerto per il quinquennio un prezzo di circa un milione di euro superiore a quello della vincitrice.

 

6. - In via subordinata, la ricorrente con il terzo motivo ha dedotto l’illegittimità della lex specialis di gara, nella parte in cui questa non aveva sanzionato espressamente con l’esclusione l’indicazione di un numero di ore inferiore a quelle risultanti dall’allegato 3 del capitolato.

Ha inoltre dedotto l’illogicità dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica, dato che secondo il bando il monte ore costituiva solo uno dei parametri di valutazione (di cui al criterio di valutazione 1.B.1.a, che prevedeva l’attribuzione di 5 punti relativamente al “monte orario” offerto) e tale circostanza precluderebbe la valutazione della reale possibilità dell’appaltatore di eseguire il servizio con il monte ore proposto, finirebbe con lo svilire un elemento (monte ore) fondamentale per lo svolgimento del servizio ed introdurrebbe una disparità di trattamento tra gli offerenti, con violazione della par condicio.

Anche tali censure non sono fondate.

Già sopra si è ampiamente chiarito il significato da attribuire alla c.d. clausola sociale e si è già precisato che da tale clausola non può farsi discendere un effetto automaticamente e rigidamente escludente dalla gara, specie quando si tratta di introdurre modeste e limitate modifiche alla struttura organizzativa.

In via assorbente, va però osservato che nella specie sia la vincitrice della gara, che la seconda in graduatoria hanno previsto l’integrale riassunzione del personale in servizio, per un monte ore mensile superiore a quello indicato nel predetto allegato. Di qui l’irrilevanza del vizio proposto il cui eventuale accoglimento non sarebbe in ogni caso inidoneo a sovvertire l’esito della gara.

Va per concludere anche osservato che, un volta escluso che il mancato integrale rispetto della clausola sociale avrebbe dovuto necessariamente comportare l’esclusione dalla gara, la decisone della stazione appaltante di prevedere che il monte ore costituisse solo uno dei parametri di valutazione delle offerte (con l’attribuzione di 5 punti) non sembra illogica ed irrazionale, dato che nella specie avrebbe dovuto essere privilegiata l’offerta economicamente più vantaggiosa, cioè quella che offriva lo svolgimento del servizio alle migliori condizioni, non solo economiche, ma anche qualitative.

 

7. - Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

La spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenendo conto dei parametri e di quanto oggi disposto dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento a favore delle parti resistenti delle spese e degli onorari di giudizio che liquida, oltre agli accessori di legge (spese generali, IVA e CAP), nella complessiva somma di € 3.000 (tremila) a favore di ciascuna delle parti resistenti, cioè dell’Azienda USL di Pescara, della Soc. Dussmann Service s.r.l. e dell’ATI Formula Servizi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Michele Eliantonio, Presidente, Estensore

Dino Nazzaro, Consigliere

Alberto Tramaglini, Consigliere

 

IL PRESIDENTE, ESTENSORE   

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/01/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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