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Consiglio di Stato, Sez. III, 28/9/2015 n. 4529
Sui presupposti che devono sussistere per lo scioglimento di un consiglio comunale ai sensi dell'art. 143 del T.U.E.L..

In base ai consolidati principi giurisprudenziali, le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un consiglio comunale ai sensi dell'art. 143 del T.U.E.L., devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso. Assumono quindi rilievo situazioni, non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione. Pertanto, il sindacato del giudice amministrativo non può arrestarsi ad una atomistica e riduttiva analisi dei singoli elementi, senza tener conto dell'imprescindibile contesto locale e dei suoi rapporti con l'amministrazione del territorio, ma deve valutare la concreta permeabilità degli organi elettivi a logiche e condizionamenti mafiosi sulla base di una loro complessiva, unitaria e ragionevole valutazione, costituente bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi.

Materia: enti locali / consiglieri comunali

N. 04529/2015REG.PROV.COLL.

 

N. 03960/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3960 del 2015, proposto da:

Presidenza della Repubblica, in persona del Presidente della Repubblica pro tempore, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Prefettura di Palermo, in persona del Prefetto pro tempore, tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

 

contro

Omissis, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Giovanni Immordino e dall’Avv. Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso l’Avv. Bruno Imbastaro in Roma, Via dell’Acqua Traversa, n. 185;

 

nei confronti di

Comune di Omissis (PA);

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 04060/2015, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del Consiglio comunale di Omissis (PA) e la nomina della Commissione Straordinaria per la Gestione del Comune di Omissis (PA) con attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta e al Sindaco

 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Omissis e di Gabriele Nunzio Brusca e di Rosario Candela e di Andrea Caruso e di Giacomo Caruso e di Vito Antonino Di Napoli e di Pietro Angelo Polizzi e di Giuseppe Provenziano e di Francesco Donato e di Giusi Abbate e di Lino Gaio;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 luglio 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Giovanni Immordino e l’Avvocato dello Stato Agnese Soldani;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellati, Omissis, nella qualità di Sindaco, e tutti gli altri in epigrafe meglio indicati, quali membri del Consiglio comunale e/o della Giunta del Comune di Omissis (PA), hanno adìto il T.A.R. Lazio per chiedere l’annullamento dei provvedimenti che hanno condotto allo scioglimento dello stesso Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., chiedendo di essere reintegrati nelle funzioni precedentemente svolte.

2. Nel primo grado di giudizio si sono costituite le Amministrazioni intimate per resistere al ricorso ex adverso promosso.

3. Il T.A.R. Lazio, con l’ordinanza n. 12285/2014, ha intimato all’Amministrazione dell’Interno di depositare la relazione della Prefettura di Palermo in versione integrale, e ha fissato con priorità, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., la trattazione, nel merito, del ricorso.

4. Infine, con la sentenza n. 4060 del 12.3.2015, il T.A.R. Lazio ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati, con il conseguente obbligo, per la gestione straordinaria dell’Amministrazione comunale, di disporre la piena reintegrazione dei ricorrenti nelle proprie funzioni e con definitivo passaggio delle consegne da effettuarsi entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o dalla notifica, se anteriore, della sentenza.

5. Con verbale prot. n. 2596 del 24.3.2015, in esecuzione della sentenza, il Sindaco, la Giunta e il Consiglio comunale venivano nuovamente reinsediati nella effettività e nella pienezza dei loro poteri.

6. Avverso la sentenza hanno proposto appello il successivo 4.5.2015 la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Palermo, chiedendone la riforma con due distinti motivi, relativi, rispettivamente, alla violazione dell’art. 143 del d. lgs. 267/2000 e all’erronea interpretazione delle risultanze istruttorie, e ne hanno chiesto, previa sospensione, la riforma.

7. Si sono costituiti gli odierni appellati, ricorrenti in prime cure, con una lunga e articolata memoria difensiva, per resistere al gravame proposto dalle Amministrazioni.

8. Nella camera di consiglio del 27.5.2015, fissata per l’esame della domanda cautelare, il Collegio, ritenuto di dover decidere speditamente la controversia nel merito, l’ha rinviata, per la relativa trattazione, alla pubblica udienza del 16.7.2015.

9. In tale udienza il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

10. L’appello proposto dalla Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Palermo è fondato e va accolto.

11. Il primo giudice ha ritenuto, in sintesi, che il materiale raccolto nel corso dell’istruttoria amministrativa, pur di particolare ampiezza e di estrema complessità, non consente di trarre una univoca interpretazione delle circostanze di fatto evidenziate, alla stregua di un criterio di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità, quali indici di un fenomeno di infiltrazione mafiosa in atto, «considerato che i denunciati contatti con la criminalità organizzata hanno riguardato in primo luogo non l’amministrazione oggetto del provvedimento impugnato e la relativa maggioranza consiliare, bensì ambiti politici vicini a precedenti Gruppi politici oggi di minoranza, che le denunciate frequentazioni – essenzialmente di tipo personale e privato e quindi sostanzialmente estranee, salvo casuali ed occasionali momenti, all’esercizio di funzioni pubbliche – vanno inquadrate nella “fisiologica” possibilità di rapporti personali ed affettivi nell’ambito della ristretta comunità presente in un piccolo Comune, e che le affermate irregolarità dell’attività della struttura amministrativa comunale, in parte ancora da accertare ma, evidentemente, da contrastare in ogni caso, non sembrano però riconducibili ad un disegno unitario da cui possano evincersi fenomeni in atto d’infiltrazione mafiosa presso gli organi di direzione politica, ove non suffragate da ulteriori specifiche circostanze atte a dimostrare la coltivazione, o comunque la copertura, o comunque la mancata vigilanza, da parte dei nuovi vertici politici, di eventuali derive di contiguità della gestione degli uffici amministrativi comunali con la criminalità organizzata» (pp. 18-19 della sentenza impugnata).

12. Il ragionamento del primo giudice, così sviluppato nei suoi passaggi essenziali, non è convincente e non va esente da censura.

13. Occorre ricordare qui brevemente che, in base ai consolidati principi di questo Consiglio, le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 10.3.2011, n. 1547).

13.1. Assumono quindi rilievo situazioni, come ha chiarito sempre questa Sezione (v. di recente, ex plurimis, Cons. St., sez. III, 24.4.2015, n. 2054), non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione (Cons. St., sez. III, 2.7.2014, n. 3340).

13.2. La Sezione deve quindi riaffermare anche in questa controversia il principio, già enunciato dalla sua consolidata e, comunque, più recente giurisprudenza, secondo cui il sindacato del giudice amministrativo non può arrestarsi ad una atomistica e riduttiva analisi dei singoli elementi, senza tener conto dell’imprescindibile contesto locale e dei suoi rapporti con l’amministrazione del territorio, ma deve valutare la concreta permeabilità degli organi elettivi a logiche e condizionamenti mafiosi sulla base di una loro complessiva, unitaria e ragionevole valutazione, costituente bilanciata sintesi e non mera somma dei singoli elementi stessi (v. già, sul punto, Cons. St., sez. III, 14.2.2014, n. 727).

13.3. Orbene, tenendo a mente queste fondamentali coordinate interpretative dell’art. 143 del T.U.E.L., rileva il Collegio che sia meritevole di accoglimento, anzitutto, il primo motivo dell’appello, con il quale le Amministrazioni hanno lamentato la violazione di tale previsione normativa.

13.4. Dall’esame delle intercettazione ambientali e telefoniche disposte nel corso dell’operazione investigativa “Nuovo mandamento”, anzitutto, risulta ben evidente come vi sia stato, anzitutto, un preciso condizionamento degli ambienti malavitosi locali e, in particolare, del locale boss mafioso, Omissis, sulle elezioni comunali di Omissis e come l’appoggio di detto boss alla lista poi risultata vincitrice abbia determinato, al di là di ogni dubbio, un condizionamento degli organi politici da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso.

13.5. Non giova in senso contrario assumere, come deducono gli appellati, che in realtà il locale capomafia appoggiasse altra lista, risultata poi perdente alle elezioni comunali, poiché l’esame delle intercettazioni rivela, al contrario, che la mafia condizionava e influenzava, con il peso dei “suoi” voti, indistintamente tutte le liste e, per la sua influenza fattasi ormai pervasiva, era in grado di condizionare, comunque, la vita amministrativa locale anche prescindendo dal contatto con il candidato o gli esponenti di questa o quella singola lista.

13.6. Questo Consiglio non ha mancato di rilevare, già in analoga situazione, che il condizionamento mafioso riguardante tutte le liste – nel caso di specie si trattava di due liste candidatesi in un comune del napoletano entrambe influenzate ed eterodirette, nella sostanza, dalla criminalità camorristica – costituisce «un segno inequivoco dell’interesse della malavita organizzata ad interferire in modo illecito sul regolare svolgimento della amministrazione dell’Ente» (Cons. St., sez. V, 18.3.2004, n. 1425).

13.7. La vasta e multiforme esperienza delle organizzazioni criminali mafiose, soprattutto in un contesto territoriale assai circoscritto come quello in questione, insegna che l’influenza di tali organizzazioni può essere tanto capillare e profonda da determinare un contesto di condizionamento ambientale diffuso e pervasivo.

14. Dalla relazione della Prefettura di Palermo del 14.5.2014, in particolare, è emerso un quadro del genere, che ha visto contrapposte, nel corso delle elezioni amministrative svoltesi il 6 e il 7 maggio 2012 nel Comune di Omissis (PA), tre liste: la LISTA 1, “Tradizioni nuove idee”, che faceva capo a Omissis; la LISTA 2, “Nuova generazione, idee, identità”, che faceva capo a Omissise la LISTA 3, “Omissis che cambia”, che faceva capo a Marcello Bommarito.

14.1. Le indagini confluite nell’operazione di polizia, già citata, “Nuovo mandamento” (aprile/ottobre 2013) hanno messo in luce come, in occasione delle elezioni del 2012, si siano verificati coinvolgimenti e contatti tra alcuni candidati alla carica di Sindaco e di consigliere comunale e i vertici delle famiglie mafiose di Omissis e Montelepre che, di volta in volta e in ragione di accordi intrapresi con gli aspiranti amministratori locali, hanno determinato e condizionato la confluenza dei voti, l’elezione dei candidati a loro graditi nonché la nomina degli assessori.

14.2. L’esame complessivo delle conversazioni intercettate ha restituito, «con efficace colorazione», come si legge nella relazione prefettizia (p. 3), una gestione veloce delle candidature da parte dell’Abbate, «con sostanziale interscambiabilità dei candidati, indizio esplicito del controllo mafioso sulle stesse».

15. Quello della interscambiabilità dei candidati e della sostanziale fungibilità delle liste, per la locale consorteria mafiosa, è un elemento centrale nella valutazione prefettizia, non correttamente valorizzato dal primo giudice, perché tale elemento, lungi dal confutare l’omogeneità e l’univocità del quadro indiziario posto a sostegno del provvedimento contestato, rafforza anzi il ragionevole convincimento della totale permeabilità delle liste, di qualsiasi lista, e dunque di qualsiasi organo elettivo del Comune, una volta svoltesi le elezioni, a perverse logiche mafiose.

16. I plurimi contatti di Omissis con tutti indifferentemente gli esponenti e i candidati sindaci delle tre liste – e, tra essi, con lo stesso Omissis – ne rappresentano eloquente e inconfutabile conferma.

16.1. Basta leggere, al riguardo, il contenuto del dialogo tra Omissis e Omissis registrato nel corso dell’intercettazione della conversazione telefonica dell’11.4.2012, alle ore 20.22, tra lo stesso Omissis e la propria amante, Vita Caruso, conversazione non interrotta dallo stesso Omissis, allorché questi, trovandosi con lei al telefono, incontra Omissis, al fine di consentire alla stessa Vita Caruso di ascoltare il dialogo con lo stesso candidato sindaco, poi eletto, incontrato dall’Abbate nella piazza del paese.

16.2. Con espressioni brachilogiche e allusive, visto il contesto dell’incontro (la piazza del paese), ma rivelatrici di un consolidato rapporto di frequentazione e, comunque, di conoscenza, se non di sudditanza, Omissis impartisce al candidato sindaco alcune sintetiche ma precise raccomandazioni, che non sono diversamente spiegabili se non alla luce di tale consolidato rapporto.

16.3. Subito Omissis richiama il suo interlocutore alla necessità di recarsi quanto prima dal vecchio capofamiglia di Omissis, suo zio Omissis, per definire al meglio gli accordi elettorali, assieme al candidato Giacomo Caruso, trovando la piena e incondizionata, per non dire supina, disponibilità di Omissis («quando dici tu, per me pure stasera al tardi o domani sera, quando dici tu»).

16.4. Dopo avere ottenuto tale disponibilità, peraltro, Omissis chiede al candidato sindaco se tutto proceda bene, raccomandandogli il massimo silenzio e l’assoluta riservatezza sui loro accordi («Sempre tenetevi sempre chiusi, capito? Bello sistemato!... »).

16.5. A questo punto il discorso si focalizza sulla lista avversaria, facente capo al candidato sindaco Mario Caruso, poiché Omissis e Omissis commentano la presenza, nella lista in questione, della candidata al consiglio comunale Giovannella Donato.

16.6. Il riferimento a tale lista consente a Omissis di ricordare a Omissis il tentativo, fatto da alcuni appartenenti a tale coalizione, di avvicinare lo stesso Abbate per cercare con lui un accordo al fine di ottenere il suo appoggio elettorale, senza tuttavia riuscire nel loro intento, poiché egli aveva già stretto già accordo con lo stesso Geloso.

16.7. Nel riferirsi a tali tentativi e a tali preliminari abboccamenti, tra i quali, in particolare, l’approccio da parte del sindaco uscente di Omissis, Salvatore Polizzi, Omissis ribadisce a Omissis il valore dell’accordo con la lista facente capo allo stesso Geloso e l’importanza della parola data alla lista da questo capeggiata («Mi volevano corrompere ma… parola ce n’è una», «Esatto»).

16.8. Il colloquio, pur breve ma estremamente significativo, si conclude con la raccomandazione, fatta da Omissis a Omissis, di guardarsi dalle false promesse dei “salta banchi” e, cioè, di quanti, con trasformismo tipico del malcostume politico (anche locale) italiano, sarebbero potuti passare da una lista ad un’altra («Stiamo attenti, non vorrei qualche inghippo…», “Troppi salta banchi, c’è! »).

17. Nel riprendere, dopo tale incontro, la conversazione telefonica con Vita Caruso, rimasta volutamente ininterrotta per consentirle, come già si è veduto, di ascoltare il dialogo con Omissis, Omissis le indica il nome di battesimo del suo interlocutore (“Giovanni c’era”), fornendo un prezioso elemento identificativo del proprio interlocutore in Omissis, candidato sindaco e rappresentante della lista civica “Tradizioni nuove idee”.

17.1. A questo punto Vita Caruso, fino a quel momento rimasta silenziosamente in ascolto, commenta il tono, a suo parere distaccato, tenuto da Omissis, con Omissis che, pur concordando, motiva tale atteggiamento con l’eccessiva sicurezza del candidato, arrivando ad ironizzare, paradossalmente, sull’eventualità che lo stesso Giuseppe Geloso non lo tenga in considerazione e non gli attribuisca il giusto “spessore” mafioso («Può essere che gli pare che siamo una pedina piccola, non lo so») e valutando, ma solo per mera congettura, l’ipotesi di non appoggiarlo più elettoralmente.

17.2. Ma è lo stesso Omissis a spiegare le vere ragioni dell’atteggiamento, in apparenza distaccato e sbrigativo, tenuto da Omissis, motivato con evidenza dall’inopportunità di farsi vedere assieme a lui nel paese, considerata la notoria appartenenza di Omissis al sodalizio mafioso, particolare del quale lo stesso Geloso era ben consapevole, come ricorda, con buona dose di prudenza, lo stesso Abbate («Ma siccome lui sa che io sono con quelli, capito? E gli ho detto sempre più poco ci vediamo, meglio è! »).

17.3. Certamente Omissis diffida dell’atteggiamento tenuto dallo stesso Geloso, per motivi di convenienza, ma è ben consapevole che, appunto, esso è dettato da tali motivi, oltre che dalla presenza, al momento dell’incontro, della moglie e dei figli dello stesso Omissis.

17.4. Omissis si mostra, infatti, sicuro che la lista di Omissis prevarrà nella competizione («perché lui, lui sale, quello è vero, capito? »), predicendone l’elezione, e già pregusta, svelando il disegno del sodalizio criminoso, la realizzazione di tale disegno, consistente, soprattutto, nel “piazzare” un uomo di fiducia – Giacomo Caruso – al posto di assessore («Uno di noialtri va a fare l’assessore»).

17.5. Lo stesso Omissis conferma che l’accordo consiste nella confluenza dei voti sulla famiglia mafiosa, a beneficio del candidato Giacomo Caruso, del quale egli predice, con altrettanta certezza, l’elezione («Quando sale Giacomino, ed io gli faccio il patteggio (ndr: accordo) prima, lui… lo sa che cinquanta voti noi glieli raccogliamo», chiarendo il peso derivante dall’appoggio politico-elettorale mafioso in un contesto tanto ristretto come quello di Omissis («E cinquanta voti sono cinquanta voti, non è che sono… noccioline, in un paese come noialtri»).

17.7. È perfino superfluo sottolineare il peso determinante dell’influenza mafiosa sulle elezioni comunali di Omissis e il conseguente condizionamento dell’eletta amministrazione comunale, per la quale, usando l’icastica metafora dello stesso boss, cinquanta voti, qualunque sia stato poi il distacco, in termini di voti, dalle altre liste, non potevano certo essere “noccioline” in una realtà piccola come Omissis.

17.8. La lucidità del ragionamento e la sicurezza dell’atteggiamento manifestato da Omissis, nel sottolineare il peso preponderante che l’appoggio mafioso può avere nel contesto di Omissis, l’esistenza di accordi (“patteggio”) con i candidati della lista civica poi uscita vincitrice dalle elezioni, il rapporto di colleganza, se non di sudditanza, tra il capomafia e il candidato da lui appoggiato, nonostante il prudente e formale distacco tenuto da questo per motivi di convenienza, durante l’incontro, alla presenza della sua stessa famiglia e nel centro del paese, sono tutti elementi che inequivocabilmente e concordemente depongono nel senso di una forte, certa, inesorabile influenza della mafia locale sull’andamento delle elezioni e sulla vita degli organi comunali.

18. Essi non sono sminuiti dalla contraria ricostruzione, pur suggestiva e ricca di interessanti spunti, offerta dagli odierni appellati, che nella propria memoria difensiva (pp. 41-50) si sforzano di dimostrare, senza tuttavia credibilmente riuscirvi, che il dialogo tra Omissis e Omissis sarebbe stato una semplice conversazione, dal contenuto “assolutamente trasparente” tra un soggetto all’epoca incensurato che, con fare ipocrita, avrebbe millantato il proprio appoggio elettorale in favore del Geloso, mentre così non era, e il futuro sindaco, che non avrebbe mai richiesto né sollecitato tale appoggio, come dimostra il fatto che, in dieci mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali a carico di Omissis durante le indagini penali, mai vi sarebbe stato alcun contatto, diretto, indiretto, fisico, telefonico, tra i due.

18.1. L’argomento prova troppo perché di tale contatto non vi era affatto bisogno, considerato il contesto ambientale ben rappresentato dall’intercettazione ed emerso nel corso dell’operazione “Nuovo mandamento”, ben potendo gli accordi tra mafia e politica locali essere stipulati tra intermediari, soggetti di fiducia, in una realtà piccola e contraddistinta da fitte trame di relazioni interpersonali, come quella in questione, e il linguaggio secco, ma essenziale, che ha contraddistinto la conversazione tra i due, nella piazza del paese, dimostra che l’esistenza e l’attuazione di tali accordi, persino in un incontro casuale (o, per meglio dire, casualmente intercettato nel corso delle indagini e per tutti altri fini), era affare certo, scontato, da liquidare in poche battute, senza troppe parole (inopportune di fronte alla famiglia del futuro sindaco e in una pubblica piazza, alla luce del sole), e non certo una millanteria fatta da un potente boss della locale consorteria mafiosa, per quanto all’epoca incensurato, nei riguardi di un candidato addirittura freddo, distaccato e altero nei suoi riguardi, come vorrebbero gli appellati.

18.2. La pur suggestiva rappresentazione che questi ultimi offrono dell’episodio, altamente significativo del pesante condizionamento mafioso sull’andamento delle elezioni e sullo stesso futuro sindaco, inverte i rapporti di forza realmente esistenti tra la mafia e il governo del territorio nel mandamento mafioso di Partinico che, storicamente, è uno tra i più potenti e cruenti della malavita organizzata in Sicilia.

18.3. Prova ne è che Omissis, ottenuto il successo nella tornata elettorale, se ne compiace in una successiva telefonata del 7.5.2012, puntualmente intercettata, con la sua amante, dicendo espressamente che «noialtri vedi che abbiamo fatto un figurone» e che «il botto solo noialtri lo abbiamo fatto».

18.4. L’interesse del locale boss, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, si appunta, al di là dell’assessore di sesso femminile (di cui pure lo stesso boss parla nel corso delle sue conversazioni), sull’assessorato ai lavori pubblici, poiché nell’intercettazione del 15.5.2012 tra Omissis e Vita Caruso appare ben evidente tale interesse («a noi interessa l’Assessore ai Lavori Pubblici»).

18.5. Tale interesse si concretizza, come ha ben messo in rilievo la relazione prefettizia, con la nomina dell’architetto Andrea Caruso quale Assessore ai lavori pubblici, essendo egli cugino dell’amante del boss, né giova a smentire l’assoluta significatività di tale rilievo, come assumono gli appellati (p. 48 della loro memoria), che questi non sia il soggetto indicato preferenzialmente nelle intercettazioni dal boss nel suo omonimo Omissis, poiché egli è un soggetto senza dubbio legato al boss, per il tramite della sua amante, non rilevando che le famiglie di Andrea Caruso e di Vita Caruso non intrattengano da anni rapporti, al di là della veridicità (non dimostrata) di tale assunto.

19. La relazione prefettizia pertanto, al di là di ulteriori significative circostanze, bene ha messo in rilievo che:

- il sindaco Omissis è stato per anni consigliere comunale di Omissis (PA) e viene eletto con l’appoggio del boss;

- l’assessore ai lavori pubblici Andrea Caruso, cugino dell’amante del boss e riconducibile a Omissis, ricopriva già lo stesso ruolo nella precedente amministrazione comunale, fortemente compromessa, ormai da anni, con la criminalità locale di stampo mafioso;

- l’assessore di sesso femminile, con deleghe ai servizi sociali, attività produttive e zootecnia, è stata poi individuata in Giusi Abbate, cugina di primo grado di Omissis.

20. Si tratta di elementi che, già in sé, tratteggiano un quadro significativo e inquietante di un condizionamento dell’ambiente malavitoso sugli organi elettivi del Comune sulla base di accordi, di legami, di parentele che, proprio per la interscambiabilità delle liste agli occhi della locale consorteria mafiosa, costituiscono una pesante ipoteca sulla vita politica e amministrativa di Omissis (PA).

21. La relazione prefettizia, oltre a tali gravi elementi, già di per sé bastevoli a giustificare lo scioglimento del consiglio comunale, ha però posto in rilievo ulteriori elementi di criticità, nella gestione dell’ente, che, come si legge nelle conclusioni della Commissione di accesso, appare del tutto compatibile con le risultanze investigative delle operazioni di polizia e ha posto in luce, nel suo insieme, un antico e solido rapporto con l’ambiente politico-burocratico dell’ente con la consorteria mafiosa locale, da ultimo rappresentata dal capomafia Omissis.

22. La Commissione ha sottolineato che dall’esame della voluminosa documentazione amministrativo-contabile emergono oggettivi elementi di riscontro che attestano i vantaggi diretti degli appartenenti alla consorteria mafiosa, i quali, in forza di una consolidata e ramificata rete di agganci costituita da parentele, amicizie, frequentazioni, comuni interessi economici, hanno condizionato l’azione amministrativa dell’ente nell’assegnazione degli appalti, nei conferimenti degli incarichi, nel rilascio di titoli concessori o lottizzazioni, nella riscossione dei tributi e persino nell’elargizione dei contributi a favore di cittadini bisognosi.

23. Prendendo le mosse da quest’ultimo elemento, di non scarsa significatività, si deve rilevare, ad esempio, che tra gli ammessi al contributo per il servizio civico comunale figura, al primo posto, Omissis, nata a Palermo il 9.1.1977, moglie di Omissis, figlio di Omissis, referente di cosa nostra per Omissis negli anni ’80, e cugino di primo grado del più volte citato capomafia Omissis.

23.1. La Commissione, oltre a rinvenire una costante violazione del rispetto dei requisiti formali nella presentazione delle istanze, la mancanza di controlli sulle autocertificazioni prodotte dagli interessati, l’assenza di relazioni nel fascicolo concernente la valutazione economica sullo stato di bisogno redatta in collaborazione con i vigili urbani, ha constatato anche una «accentuata ripetitività dei beneficiari», poiché tra gli ammessi a contributo dall’amministrazione comunale ha riscontrato la presenza di soggetti appartenenti o contigui alle famiglie mafiose del luogo, tra i quali spiccano i nomi di Francesco Trapani, componente della famiglia mafiosa di Montelepre, Omissis, moglie di Omissis, cugino di primo grado del boss Omissis, Omissis, appartenente alla nota famiglia mafiosa di Omissis, nonché sorella di Omissis, consigliere comunale nella precedente sindacatura di Polizzi, coniugato con Omissis, appartenente alla famiglia mafiosa di Montelepre.

23.2. Si tratta di circostanze, queste, assai gravi, che ulteriormente confermano il fondato sospetto di condizionamenti dell’amministrazione comunale nell’elargizione di sussidi e benefici, senza dire dei contributi generosamente dal Comune concessi una tantum, per presunte situazioni impreviste ed eccezionali di bisogno non comprovate mai da alcuna documentazione, in favore di soggetti contigui alle consorterie mafiose come Omissise, non ultimo, lo stesso padre di Omissis, Omissis

23.3. Tali elargizioni, ben sottolineate dalla relazione prefettizia, non sono state smentite nemmeno dagli odierni appellati nella loro memoria difensiva.

23.4. Numerose sono poi le irregolarità, le anomalie e le operazioni fortemente sospette riscontrate dalla Commissione di accesso nella gestione degli appalti e nel rilascio dei titoli concessori.

23.5. Basti qui citare per tutti, a titolo esemplificativo, le gare concernenti la fornitura di materiali necessari all’attività dei cantieri di lavoro per disoccupati, avviati dal Comune, connotati da iter procedurali piuttosto anomali, ed entrambe aggiudicate alla ditta Omissis di Isola delle Femmine, impresa unica partecipante alla gara e risultata essere particolarmente gradita alle consorterie mafiose locali, e le gare concernenti il Centro Polifunzionale da destinare alla formazione di operatori turistici, aggiudicate alla Omissis di Maniace, il cui titolare risulta segnalato per mafia dalla Squadra Mobile di Catania, e ad Omissis, il cui padre, Giuseppe D’Alberti, è stato indagato, nel 2000 e nel 2003, per associazione mafiosa.

23.6. La relazione prefettizia contiene un’analitica descrizione delle irregolarità e delle anomalie compiute in queste come in altre procedure di gara, irregolarità e anomalie che, al di là di singole imprecisioni, confermano il quadro complessivo di un pesante condizionamento dell’attività politica e amministrativa comunale, in ogni settore della vita pubblica e anche prescindendo dalle convenienze e/o dalle connivenze dei singoli amministratori, da parte della locale consorteria mafiosa.

24. Ritiene il Collegio che il quadro ricostruttivo vividamente rappresentato nella relazione prefettizia, sorretto da adeguata istruttoria e convincente motivazione, lasci pienamente emergere nel suo complesso e al di là di singoli errori e imprecisioni, che tuttavia non ne sminuiscono singolarmente la validità d’insieme, l’esistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti, che giustificano, ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L., lo scioglimento del Consiglio comunale di Omissis (PA) per il pesante condizionamento mafioso dei suoi organi elettivi e della sua stessa attività amministrativa in ogni settore della vita pubblica, nessuno escluso.

25. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello merita accoglimento e pertanto, in integrale riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado da Omissis e da Omissis.

26. La legittimità, qui accertata, dello scioglimento del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 143, commi 1 e 2, del T.U.E.L., impone l’immediato reintegro della Commissione straordinaria, già nominata, con le attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla Giunta e al Sindaco.

27. Le spese del doppio grado di giudizio, considerata l’estrema complessità delle vicende qui esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto dalla Presidenza della Repubblica, dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministro dell’Interno e dalla Prefettura di Palermo, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso proposto in primo grado da Omissis e da Omissis.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo,       Presidente

Carlo Deodato,           Consigliere

Salvatore Cacace,       Consigliere

Dante D'Alessio,        Consigliere

Massimiliano Noccelli,           Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/09/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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