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Consiglio di Stato, Sez. VI, 18/9/2015 n. 4358
Le indicazioni dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) assumono valenza di canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione integra un'ipotesi di negligenza.

Le indicazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Avcp (ora, Autorità nazionale anticorruzione - Anac) a prescindere dal loro inquadramento dogmatico, assumono, in ogni caso, valenza di canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione integra un'ipotesi di negligenza, per gli effetti di cui all'art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010, essendo all'Autorità riconosciuti il ruolo di garante dell'efficienza e del corretto e trasparente funzionamento del mercato nel settore dei contratti pubblici e, quindi, del sistema di qualificazione, nonché penetranti poteri di vigilanza e controllo.

Materia: appalti / disciplina

N. 04358/2015REG.PROV.COLL.

 

N. 08789/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8789 del 2014, proposto da:

-OMISSIS- - -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino, Lorenzo Coraggio e Arturo Cancrini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via G. Mercalli, 13;

 

contro

Autorità nazionale anticorruzione - Anac (già Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Avcp), in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III, n. 10788/2014, resa tra le parti e concernente: irrogazione sanzioni amministrative con annotazione nel casellario informatico delle imprese;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità appellata;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Visto l’art. 52, commi 1 e 2, d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196;

 

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Sanino e Cancrini, nonché l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale per il Lazio respingeva i ricorsi n. 6676 del 2013 e n. 10449 del 2013, tra di loro riuniti, proposti dalla -OMISSIS- - -OMISSIS- s.p.a. avverso i seguenti atti:

 

(i) il provvedimento n. 158-s del 23 aprile 2013, con cui l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Avcp (ora, Autorità nazionale anticorruzione - Anac) aveva comminato alla società ricorrente una sanzione pecuniaria di euro 14.844,96, con relativa annotazione nel casellario informatico delle imprese, per violazione dell’art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (secondo cui le Società organismi di attestazione «devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 2 del codice»), avendo la ricorrente tra i mesi di ottobre e dicembre 2011 (ovvero, dopo l’entrata in vigore del citato d.P.R. n. 207 del 2010) stipulato ben diciotto contratti con altrettante imprese aventi ad oggetto il rinnovo delle relative attestazioni, non rispettando la disciplina transitoria relativa sia alle categorie c.d. variate, sia alle categorie c.d. non variate, sotto vari profili;

 

(ii) il provvedimento n 292-s del 10 ottobre 2013, con cui l’Avcp aveva irrogato alla ricorrente la sanzione pecuniaria di euro 6.597,76 e la sospensione dell’autorizzazione a svolgere attività di attestazione per la durata di giorni 23, per violazione degli artt. 70, comma 1, lett. a), e 73, comma 2, lett. b), e comma 3, lett. c), d.P.R. n. 207 del 2010, in ragione di presunte irregolarità rilevate nella procedura di attestazione dell’impresa Edilminniti s.r.l. (in particolare, alla ricorrente -OMISSIS- era stato contestato, quale fatto principale, di aver rilasciato l’attestazione di qualificazione, in data 22 novembre 2012, senza attendere la decadenza o la revoca dell’attestazione nei confronti dell’impresa cedente Edilminniti di Giovanni Minniti).

 

L’adìto Tribunale amministrativo regionale riteneva infondate sia le dedotte censure di natura procedimentale, sia i dedotti vizi sostanziali, rilevando, con riguardo al provvedimento sub (i), che le condotte ivi contestate alla ricorrente «non possono essere derubricate a meri errori formali in quanto, in disparte gli effetti distorti prodotti in alcuni casi nell’ambito del mercato dei lavori pubblici, non è revocabile in dubbio che ciò sia stato il frutto di un grave difetto di diligenza che invece è imposta dallo stesso legislatore in ragione del fatto che si tratta dell’esercizio di una funzione pubblica rimessa ad un organismo privato», e, con riguardo al provvedimento sub (ii), che «il rispetto delle indicazioni fornite dall’Autorità avrebbe consentito, oltre ad improntare la condotta ai prescritti canoni di diligenza, anche ad acquisire utili elementi informativi riguardanti l’impresa cedente che avrebbe consentito alla società -OMISSIS- di non assumere iniziative che si sono poi rivelate non conformi alla normativa di settore» (v. così, testualmente, l’appellata sentenza).

 

2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’originaria ricorrente, deducendo i motivi d’appello come di seguito rubricati:

 

2.1. In relazione alla statuizione reiettiva del ricorso proposto avverso il provvedimento sub 1.(i):

 

a) «Error in iudicando; errata interpretazione dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 207/2010; omessa valutazione di specifico motivo di impugnazione»;

 

b) «Violazione dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 207/2010; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, difetto di contraddittorio, contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa»;

 

c) «Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, travisamento dei fatti».

 

2.2. In relazione alla statuizione reiettiva del ricorso proposto avverso il provvedimento sub 1.(ii):

 

a) «Error in iudicando; violazione e/o falsa applicazione della determina dell’Autorità n. 5/2004 e dell’art. 85, comma 2, D.P.R. n. 207/2010; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, manifesta ingiustizia e difetto di motivazione, contraddittorietà, travisamento dei fatti»;

 

b) «Error in iudicando per avere il giudice di prime cure omesso di pronunciarsi su alcune delle censure proposte con ricorso giurisdizionale; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 C.P.C. ».

 

La società appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento dei ricorsi proposti in primo grado.

 

3. Si costituiva in giudizio l’Anac, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

 

4. Accolta con ordinanza n. 5520 del 3 dicembre 2014 l’istanza di sospensiva, sulla base di una motivazione incentrata esclusivamente sul periculum in mora (tenendo conto della natura e degli effetti degli impugnati provvedimenti sanzionatori e dello stato di amministrazione giudiziaria in cui versava l’appellante), la causa all’udienza pubblica del 12 maggio 2015 è stata trattenuta in decisione.

 

5. L’appello è infondato.

 

5.1. Destituiti di fondamento sono i motivi d’appello sub 2.1.a) e 2.1.b), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, con cui l’appellante deduce l’erronea reiezione – rispettivamente, in parte, l’omessa pronuncia su tutte le relative censure – dei motivi di violazione del termine finale di adozione del provvedimento stabilito dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 207 del 2010 e della garanzia del contraddittorio.

 

A prescindere da ogni questione relativa al carattere perentorio, o meno, del termine di conclusione del procedimento di complessivi 120 giorni di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 207 del 2010, si osserva che il termine in esame, a fronte della scansione cronologica degli atti procedimentali quale puntualmente ricostruita a p. 12 dell’appellata sentenza (in parte qua, in punto di fatto, non investita da specifici motivi d’appello), deve ritenersi comunque osservato.

 

Infatti, in primo luogo, deve attribuirsi efficacia sospensiva del procedimento, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Regolamento del 4 aprile 2011 (Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, limitatamente alle sanzioni nei confronti delle -OMISSIS- di cui all’art. 73 del D.P:R: n. 207 del 5 ottobre 2010) – secondo cui «il termine per l’adozione del provvedimento finale rimane sospeso per il periodo necessario allo svolgimento delle singole attività istruttorie, quali audizioni, acquisizioni documentali, richieste integrative e/o supplementi d’istruttoria» –, alla comunicazione delle conclusioni della fase istruttoria, con atto del 7 gennaio 2013, contenente l’assegnazione di termine di 15 giorni per la presentazione di memorie a difesa corredate da eventuale documentazione, trattandosi di atto che, lungi dall’assumere carattere meramente pretestuoso con finalità elusiva dei termini procedimentali, come paventato dall’odierna appellante, costituisce un atto a sostanziale contenuto istruttorio che prende puntuale posizione sulle osservazioni della -OMISSIS- e riformula, all’esito di una rinnovata valutazione delle risultanze istruttorie, l’ipotesi di accusa, con assegnazione di congruo termine a difesa.

 

In secondo luogo, va attribuita efficacia sospensiva anche alla nota Avcp n. 16184 dell’11 febbraio 2013 – con cui, in replica alle osservazioni della -OMISSIS- acquisite il 17 gennaio 2013, era stato comunicato che il Consiglio dell’Autorità, nell’adunanza del 6 febbraio 2013, aveva disposto ulteriori approfondimenti con eventuale supplemento istruttorio, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del citato Regolamento, «in merito alla valutazione, in termini di colpa grave, dei reiterati comportamenti posti in essere dalla -OMISSIS- -OMISSIS- in violazione delle norme Regolamentari e dei Comunicati del Presidente dell’Autorità 10 giugno 2011 e 22 luglio 2011 relativamente all’emissione delle attestazioni di qualificazione durante il regime transitorio e della gravità degli effetti prodotti, instaurando, altresì, un nuovo contraddittorio con codesta -OMISSIS-» (v. così, testualmente, la citata nota), con assegnazione, «ad integrazione del contraddittorio già espletato», di ulteriore termine di 15 giorni e con espressa sospensione dei termini ex art. 7, comma 2, del Regolamento –, in quanto, per un verso, il provvedimento non può ritenersi intervenuto tardivamente a fronte della sopra rilevata efficacia sospensiva della precedente parentesi istruttoria di cui alla nota del 7 gennaio 2013, e, per altro verso, l’assegnazione del termine a difesa di 15 giorni deve ritenersi congruo e proporzionato alla natura della modificazione della contestazione, da colpa lieve a colpa grave, senza necessità, a fronte di fatti materiali immutati, di riavviare il procedimento ex novo, con conseguente infondatezza anche delle censure di violazione della garanzia del contraddittorio, oggetto di riproposizione attraverso la censura di omessa pronuncia.

 

5.2. Privo di pregio è il motivo d’appello sub 2.1.c), con cui l’appellante impugna la statuizione reiettiva della censura di eccesso di potere, sotto vari profili, mossa avverso il provvedimento sanzionatorio n. 158-s.

 

Si premette, in linea di fatto, che all’odierna appellante era stato contestato di aver stipulato, tra i mesi di ottobre e dicembre 2011 (ossia, dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 207 del 2010), diciotto contratti con altrettante imprese, aventi ad oggetto il rinnovo delle relative attestazioni -OMISSIS-, e di aver emesso, a seguito della stipula dei predetti contratti, nuovi attestati di qualificazione, in particolare procedendo, durante il periodo transitorio (ovvero, tra l’8 giugno 2011 ed il 6 giugno 2012), ad integrare, in violazione della disciplina transitoria, i modelli ex d.P.R. n. 34 del 2000 con l’indicazione delle nuove categorie c.d. variate introdotte dal d.P.R. n. 207 del 2010, con ciò consentendo ad alcune di quelle imprese di poter partecipare a gare pubbliche per le quali era richiesta quella particolare qualificazione, come integrata nell’attestazione rilasciata dalla società ricorrente, nonché, in altri casi, di aver proceduto al rinnovo delle attestazioni -OMISSIS- in favore di alcune imprese tramite il modello di cui al d.P.R. n.34 del 2000 sia per le categorie c.d. variate, sia per quelle c.d. non variate, in violazione dei chiarimenti al riguardo contenuti negli atti di indirizzo adottati dall’Autorità con i comunicati del 10 giugno 2011 e dell’11 luglio 2011.

 

Orbene, come correttamente affermato nell’appellata sentenza, pur tenendo conto della complessità della nuova disciplina introdotta in tema di attestazioni -OMISSIS- dal d.P.R. n. 207 del 2010 e della relativa disciplina transitoria, proprio la rilevata complessità avrebbe imposto alla società ricorrente, anche in ragione della rilevanza e della delicatezza della materia, di attenersi rigorosamente alle procedure di cui alle indicazioni fornite dall’Autorità agli operatori del settore con una serie di comunicati adottati tra i mesi di giugno e luglio 2011, proprio con riferimento all’interpretazione della nuova normativa, in particolare del relativo regime transitorio.

 

La mancata adozione, da parte dell’odierna appellante, degli accorgimenti necessari per garantire il corretto assolvimento alla funzione pubblica di certificazione, rimessa dal legislatore agli organismi di attestazione (infatti, le -OMISSIS-, pur essendo organismi di diritto privato, svolgono una funzione pubblicistica di certificazione che sfocia in attestazioni di qualificazione con valore di atti pubblici, realizzandosi in tal modo un’ipotesi di esercizio privato di una funzione pubblica), a ragione è stata valutata come condotta gravemente colposa, lesiva degli obblighi di diligenza professionale incombenti a predetti organismi, tenuto conto, per un verso, che i contratti stipulati da -OMISSIS- con le diciotto imprese interessate risalgono al periodo compreso tra i mesi di ottobre e dicembre 2011, ossia ad epoca successiva alla pubblicazione dei comunicati dell’Autorità, e considerato, per altro verso, che le evidenziate condotte non possono essere ricondotte a meri errori formali, attesa la loro concreta incidenza pregiudizievole, in alcuni casi, sul mercato dei lavori pubblici, avendo consentito la partecipazione di alcune imprese a procedure di evidenza pubblica cui altrimenti non sarebbero state legittimate a partecipare (segnatamente, si tratta delle imprese Effegi Italia s.p.a. e Astone Costruzioni s.r.l.).

 

Giova, al riguardo, precisare che le indicazioni dell’Autorità, contenute nei menzionati comunicati, a prescindere dal loro inquadramento dogmatico, assumono, in ogni caso, valenza di canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione integra un’ipotesi di negligenza, per gli effetti di cui all’art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010, essendo all’Autorità riconosciuti il ruolo di garante dell’efficienza e del corretto e trasparente funzionamento del mercato nel settore dei contratti pubblici e, quindi, del sistema di qualificazione, nonché penetranti poteri di vigilanza e controllo sia sulle -OMISSIS-, sia sulle singole attestazioni di qualificazione e dei relativi procedimenti (v. art. 6 d.lgs. n. 163 del 2006).

Ne consegue la legittimità del provvedimento sanzionatorio n. 158-s del 23 aprile 2013, irrogativo della sanzione pecuniaria di euro 14.844,96, per violazione della citata disposizione regolamentare.

 

5.3. Infondati sono, altresì, i motivi d’appello sub 2.2.a) e 2.2.b), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, con cui l’appellante censura l’erroneità della statuizione reiettiva del ricorso proposto avverso il provvedimento sanzionatorio n. 292-s del 10 ottobre 2013 – avente ad oggetto l’irrogazione, all’odierna appellante, della sanzione pecuniaria di euro 6.597,76 e della sospensione dell’autorizzazione a svolgere attività di attestazione per giorni 23, con relativa annotazione nel casellario informatico delle imprese, per aver rilasciato all’impresa Edilminniti s.r.l., cessionaria dell’impresa Edilminniti di Giovanni Minniti, l’attestazione di qualificazione senza attendere la decadenza o la revoca dell’attestazione nei confronti della cedente –, sotto vari profili di eccesso di potere dedotti in primo grado, nonché l’omessa pronuncia su altri profili di censura.

 

In reiezione delle dedotte censure, s’impongono le seguenti considerazioni:

 

- l’appellata sentenza si basa su una corretta interpretazione delle determinazioni n. 11 del 5 giugno 2002 e n. 5 del 21 aprile 2004, con cui l’Autorità ha disciplinato i criteri cui devono uniformarsi le -OMISSIS- in materia di rilascio di attestazioni relative ad imprese cedenti ed imprese cessionarie di azienda o di rami d’azienda, potendosene ricavare il principio regolatore, di persistente vigenza anche dopo le integrazioni apportate dalla determinazione n. 5/2004 a quella precedente n. 11/2002, secondo cui la -OMISSIS-, che ha stipulato il contratto con l’impresa cessionaria, qualora (come nel caso di specie) sia diversa da quella che ha rilasciato l’attestazione all’impresa cedente, deve, prima del rilascio all’impresa cessionaria, procedere alla verifica dell’avvenuto ritiro o modifica dell’attestazione dell’impresa cedente (mentre, nella fattispecie sub iudice, l’odierna appellante in data 22 novembre 2012 ha rilasciato alla cessionaria Edilminniti s.r.l. l’attestazione di qualificazione, basata su quella posseduta dall’impresa cedente e rilasciata dalla -OMISSIS- Hi-Quality s.p.a., senza che nel frattempo fosse intervenuta la comunicazione dell’avvenuta revoca o modifica della certificazione da parte di quest’ultima);

 

- le risultanze documentali confermano, altresì, de plano la sussistenza della violazione delle determinazioni n. 11/2002 e n. 5/2004 sotto altro profilo (pure addebitato all’odierna appellante nell’impugnato provvedimento) – nella parte in cui stabiliscono che la -OMISSIS- è tenuta a trasmettere senza indugio (rispetto alla data di stipula del contratto di attestazione) all’Autorità e alla -OMISSIS- attestante l’impresa cedente, copia del contratto di qualificazione, del contratto d’affitto e del modulo A allegato della determinazione n. 5/2004 (contenente le informazioni relative al contratto) –, in quanto l’odierna appellante, a fronte della stipula, in data 14 settembre 2012, del contratto di qualificazione con la Edilminniti s.r.l. e dell’acquisizione, in data 18 settembre 2012, del contratto d’affitto d’azienda, solo il 26 novembre 2012 (ossia, solo dopo il rilascio dell’attestazione in favore della cessionaria, senza attendere le determinazioni della -OMISSIS- Hi-Quality) risulta aver trasmesso all’Autorità copia del contratto di qualificazione stipulato con la cessionaria unitamente a copia del contratto d’affitto di ramo d’azienda ed al menzionato modulo A, e solo il 19 novembre 2011 aveva provveduto alla relativa trasmissione alla -OMISSIS- Hi-Quality (affinché questa potesse procedere alla revoca o modifica dell’attestazione rilasciata alla cedente, entro il prescritto termine di dieci giorni);

 

- l’appellata sentenza ha, poi, correttamente acclarato la legittimità dell’imputazione della violazione dell’onere di diligenza, costituita dalla mancata consultazione del Forum -OMISSIS- – come da comunicato dell’Autorità n. 60 del 7 luglio 2010, secondo cui gli organismi di attestazione, ai fini della valutazione dei requisiti necessari al rilascio ed al mantenimento dell’attestazione di qualificazione, sono tenuto a controllare, oltre alle notizie risultanti dal casellario informatico delle imprese, anche quelle presenti nel Forum -OMISSIS- –, al cui esito l’odierna appellante avrebbe, tra l’altro, potuto appurare la pendenza di procedimento di decadenza ex art. 40, comma 9-ter, d.lgs. n. 263 del 2006, avviato nei confronti dell’impresa cedente per la presentazione di documenti falsi, ed assumere, di conseguenza una condotta prudenziale nello svolgimento del procedimento di attestazione della cessionaria, quanto meno compiendo ulteriori approfondimenti istruttori.

Né è ravvisabile il riproposto (unitamente alla dedotta censura di omessa pronuncia) vizio di illegittimità dell’impugnato provvedimento per mancata sospensione del procedimento in attesa della definizione del ricorso giurisdizionale n. 6676 del 2013, proposto avverso il provvedimento sanzionatorio n. 158/s del 23 aprile 2013, attesa l’inapplicabilità dell’istituto della sospensione necessaria al procedimento amministrativo e stante la persistente autoritatività del provvedimento impugnato pur in pendenza di ricorso giudiziale, a prescindere dall’incompatibilità tra durata del processo asseritamente pregiudiziale e termine di conclusione del procedimento, tanto più che l’art. 7, comma 2, del Regolamento del 4 aprile 2011 non contempla una simile causa di sospensione.

Infine, inammissibile, per difetto di rilevanza, è la riproposta (unitamente al motivo di omessa pronuncia) censura di illegittima contestazione di superficiale valutazione, da parte di -OMISSIS-, di un certificato telematico di esecuzione lavori relativo a servizi di manutenzione, in quanto, ad un’attenta lettura dell’impugnato provvedimento n. 292-s/2013, emerge che tale contestazione non risulta, poi, valorizzata ai fini dell’irrogazione della sanzione (v., sul punto, p. 12 dell’impugnato provvedimento, in cui, tra le prescrizioni violate ritenute accertate, non risulta menzionata la condotta in esame).

Ne consegue la legittimità anche del provvedimento sanzionatorio n. 292-s del 10 ottobre 2013, in ragione dell’accertata violazione dell’art. 70, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 73, comma 2, lett. b), e comma 3, lett. c), d.P.R. n. 207 del 2010.

 

5.4. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere, con conseguente conferma dell’appellata sentenza ed assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

 

6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 8789 del 2014), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’Autorità appellata le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi di parte appellante, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2015, con l’intervento dei magistrati:

 

Giuseppe Severini, Presidente

 Sergio De Felice, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/09/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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