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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Veneto, 20/11/2015 n. 527
L'utilizzo di risorse pubbliche comporta la necessità per il Comune, indipendentemente dalla consistenza più o meno ampia delle proprie partecipazioni, di effettuare un effettivo monitoraggio sull'andamento gestionale dei propri organismi partecipati

In relazione al complesso rapporto che si pone tra ente locale e organismi comunque partecipati, l'utilizzo di risorse pubbliche impone particolari cautele e obblighi in capo a tutti coloro che - direttamente o indirettamente - concorrono alla gestione di tali risorse, radicandone pertanto sia la giurisdizione che il controllo della Corte dei conti. I suddetti obblighi e cautele sono inscindibilmente connessi alla natura pubblica delle risorse finanziarie impiegate e, pertanto, non vengono meno neanche a fronte di scelte politiche volte a porre a carico degli organismi partecipati, e dunque indirettamente a carico degli enti locali che partecipano al capitale di tali società, i costi di attività e servizi che, sebbene non remunerativi per il soggetto che li svolge, si prefiggono tuttavia il perseguimento di obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell'intera collettività. Invero, scelte politiche siffatte, proprio per il negativo e ingente impatto che producono sulle finanze e sul patrimonio dell'ente partecipante (in maniera più o meno rilevante a seconda dell'entità della quota di capitale sociale posseduto), non presuppongono soltanto che quest'ultimo sia in grado di sopportarne i relativi oneri senza pregiudizi per il proprio equilibrio finanziario e patrimoniale. Infatti, anche a fronte di enti dotati di risorse tali da poter far fronte agli oneri connessi alle perdite di detti organismi, le eventuali scelte politiche volte ad addossare tali oneri all'ente e dunque, in definitiva, alla collettività della quale detto ente è esponenziale, richiedono, a monte, approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell'attività societaria. Ciò, rispetto:
- alla missione istituzionale dell'ente;
- all'effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito ai relativi costi/benefici;
- all'appropriatezza del modulo gestionale;
- alla comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/co-sti/ risultati offerti da possibili moduli alternativi;
- alla capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un'ottica di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale.
Non si può inoltre prescindere, a valle, da un costante e attento monitoraggio in ordine all'effettiva permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato la scelta partecipativa iniziale nonché da tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel corso della vita dell'organismo, negli elementi originariamente valutati.
Pertanto è necessario per il Comune, indipendentemente dalla consistenza più o meno ampia delle proprie partecipazioni, effettuare un effettivo monitoraggio sull'andamento gestionale delle stesse. Il che dovrebbe consentire di prevenire fenomeni patologici e ricadute negative - a vario titolo - sul bilancio dell'ente. Infatti, la necessità in altri termini di effettuare una seria indagine sui costi e ricavi e sulla stessa pertinenza dell'oggetto sociale alle finalità dell'ente, non può prescindere da un'azione preventiva di verifica e controllo da parte del Comune in merito alle attività svolte.
In tale prospettiva, l'intera durata della partecipazione deve essere accompagnata dal diligente esercizio di quei compiti di vigilanza (es. sul corretto funzionamento degli organi, sull'adempimento degli obblighi contrattuali), d'indirizzo (es., attraverso la determinazione degli obiettivi di fondo e delle scelte strategiche) e di controllo (es, sotto l'aspetto dell'analisi economico finanziaria dei documenti di bilancio) che la natura pubblica del servizio (e delle correlate risorse), e la qualità di socio comportano.

Materia: società / partecipazione pubblica

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO

Nell’adunanza del 23 settembre 2015, composta da:          

Dott. Josef Hermann RÖSSLER      Presidente

Dott.ssa Elena BRANDOLINI         Consigliere

Dott. Giampiero PIZZICONI           Primo Referendario

Dott. Tiziano TESSARO       Primo Referendario, relatore

VISTI gli artt. 81, 97, 100, 117 e 119 della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

VISTO il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria una Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000, modificato con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e da ultimo con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229, del 19 giugno 2008;

VISTO il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

VISTA la legge 5 giugno 2003 n. 131;

VISTA la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti;

VISTA la legge 31 dicembre 2009, n.196;

VISTO il d.lgs. 23 giugno 2011, n.118;

VISTO l’art. 148-bis, comma 3, del TUEL, così come introdotto dalla lettera e), del comma 1 dell’art. 3, D.L. 174/2012, convertito dalla legge 213 del 7 dicembre 2012;

VISTA la legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012);

VISTA la deliberazione della Sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 11/SEZAUT/2014/ INPR del 15 aprile 2014 recante “…le linee guida, i relativi questionari allegati (distinti per province, comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti) ed i criteri, cui devono attenersi, ai sensi dell'art. 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali nella predisposizione della relazione sul rendiconto dell’esercizio 2013”.

VISTE le proprie deliberazioni n. 903/2012/INPR e n.182/2013/INPR;

ESAMINATA la relazione sul rendiconto di gestione per l’esercizio finanziario 2013, redatta dall’organo di revisione del Comune di Oppeano (VR) sulla base dei criteri indicati dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione sopra indicata;

VISTA la nota in data 28 luglio 2015 prot. n. 4836, con la quale il magistrato istruttore chiedeva notizie e chiarimenti al suindicato Comune;

VISTE le deduzioni fatte pervenire dall’Amministrazione comunale con nota del 2 settembre 2015 prot. n. 15155 (acquisita al prot. C.d.c. n. 5787 del 2 settembre 2015);

VISTA l’ordinanza presidenziale n. 39/2015, che ha deferito la questione all’esame collegiale della Sezione per la pronuncia specifica ex art. 1, commi 166 e seguenti, della L. 266/2005;

UDITO il magistrato relatore, dott. Tiziano Tessaro;

 

FATTO

Dall’esame della relazione sul rendiconto 2013, redatta ai sensi dell’art. 1, commi 166 e segg. della legge 23 dicembre 2005 n.266 e dai dati in possesso di questa Corte, sono emerse una serie di criticità che vengono di seguito compendiate:

-           il ricorso all’anticipazione di tesoreria;

-           il basso grado di realizzo dell’attività di recupero dell’evasione tributaria;

-           la carenza di governance sul alcuni Organismi partecipati in liquidazione, considerata la fase estremamente delicata propedeutica alla cessazione degli stessi;

-           l’elevato stock di debito, con il superamento della soglia stabilita dal parametro di deficitarietà n. 7 del D.M. 18/02/2013;

-           la mancata costituzione del fondo per la contrattazione decentrata per il personale avente qualifica dirigenziale.

In data 28 luglio 2015, con nota indicata in preambolo, il Magistrato istruttore ha richiesto all’ente chiarimenti in ordine alle violazioni sopra indicate.

Con nota del 2 settembre 2015, già richiamata, a firma del Sindaco, il Comune di Oppeano (VR) ha fornito chiarimenti in ordine alle criticità riscontrate in sede istruttoria e in particolare che:

- in relazione al primo punto, oltre a quantificare le anticipazioni utilizzate nel 2014 (€ 319.798,21) e 2015 (€ 1.138.739,36), l’Ente ha imputato la criticità principalmente al ritardo nel versamento del fondo di solidarietà comunale, con conseguente approvazione delle manovre tariffarie a metà esercizio finanziario;

- in relazione al secondo punto, l’Ente ha assicurato il costante attento monitoraggio circa l'esigibilità dei residui, anche alla luce di importanti contenziosi tributari in atto;

- in relazione alla governance delle partecipate, l’Ente si è sostanzialmente limitato ad allegare alla nota di risposta le comunicazioni pervenute da Cisi Srl in liquidazione, affermando che “ad oggi non sussistono ulteriori comunicazioni in merito”, e per il Consorzio per lo Sviluppo del Basso Veronese la nota relativa all’assemblea dei soci del 4/5/2015, che ha approvato il bilancio d'esercizio del 2013;

- in relazione allo stock di debito, L’Ente ha risposto che l’attuale consistenza del debito è conseguente agli investimenti degli ultimi anni, indispensabili per dotare il Comune delle infrastrutture delle quali era assolutamente carente. Già nel 2011 l'Amministrazione aveva destinato parte dell'avanzo di amministrazione alla riduzione del debito ed è prevista un'ulteriore estinzione anticipata di mutui nel bilancio di previsione 2015, previa alienazione di aree;

- in relazione all’ultimo profilo, oltre a confermare quanto già segnalato nella nota, è emersa una ulteriore criticità, dal momento che l’Ente ha riferito di aver corrisposto al titolare di incarico dirigenziale ex art. 90 del TUEL un emolumento unico, comprensivo dei compensi per "la qualità della prestazione individuale" in sostituzione del trattamento economico accessorio e del lavoro straordinario, riconoscendo “un emolumento, ulteriore ed aggiuntivo rispetto al compenso base, in ossequio al principio di congruità rispetto alle prestazioni richieste”.

La risposta fornita, tuttavia, non fa venir meno le complessive criticità riscontrate, sopra specificate, come emerge nella Seconda Sezione del questionario relativo al rendiconto 2013.

All’esito dell’istruttoria - con i relativi approfondimenti cognitivi - la Sezione, ritenendo infatti non superati i profili di criticità riscontrati, formula le seguenti considerazioni, con particolare riferimento alle situazioni di seguito descritte

 

DIRITTO

La funzione di controllo sugli equilibri di bilancio spettante alla Corte dei conti è stata espressamente estesa a tutti gli enti territoriali dall’articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in relazione al patto di stabilità interno e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

Più specificatamente, in relazione ai controlli sugli enti locali e sugli enti del Servizio sanitario nazionale, l’articolo 1, commi da 166 a 172, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) ha attribuito alla Corte dei conti un controllo diretto sui bilanci anche attraverso i revisori dei conti, nei confronti dei quali vengono emanate apposite linee-guida (art. 1, comma 167, della legge n. 266 del 2005). Tale controllo è dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento degli enti territoriali, la sana gestione finanziaria, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento previsto dall’art. 119, comma 6, della Costituzione.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha altresì chiarito che il sindacato della Corte dei conti sui bilanci preventivi e consuntivi di ciascun ente locale assume i caratteri dell'obbligatorietà, capillarità e generalità, ascrivibile alla categoria del <riesame di legalità e regolarità di tipo complementare al controllo sulla gestione amministrativa> (sentenza n. 179 del 2007).

La centralità e la necessità di tale ruolo è stata ulteriormente confermata dal potenziamento dei controlli che il legislatore ha voluto delineare con le misure introdotte dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 213. Infine, l’art. 148-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del surrichiamato d.l. 174, ha rafforzato i controlli attribuiti alle Sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali, ai fini della verifica degli equilibri di bilancio, in esito ai quali – in caso di mancato adeguamento dell’ente locale alle pronunce di accertamento di irregolarità contabili o di eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica – è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.

Dal quadro normativo sopra ricostruito - che ha esteso a tutto il territorio nazionale i controlli sugli enti locali e sugli enti del Servizio sanitario nazionale ai fini del rispetto del patto di stabilità interno e degli equilibri della finanza pubblica, configurando un sindacato generale ed obbligatorio sui bilanci preventivi e consuntivi di ciascun ente locale - e dalla richiamata giurisprudenza della Corte Costituzionale, consegue che l’art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005 e l’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del d. l. n. 174 del 2012, hanno istituito ulteriori tipologie di controllo, ascrivibili a controlli di natura preventiva finalizzati ad evitare danni irreparabili all’equilibrio di bilancio, che si collocano pertanto “su un piano distinto rispetto al controllo sulla gestione amministrativa” perché servono a garantire una vigilanza indipendente sugli “obiettivi di finanza pubblica” e a tutelare “l'unità economica della Repubblica” (Corte costituzionale, sentenza n. 60/2013) e si pongono in una prospettiva non più statica – come, invece, il tradizionale controllo di legalità-regolarità – ma dinamica, in grado di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive funzionali a garantire il rispetto complessivo degli equilibri di bilancio (Corte Costituzionale, sentenze n. 198 del 2012, n. 179 del 2007 e n. 267 del 2006).

Per questi motivi, il sindacato di legittimità e regolarità sui bilanci dei singoli enti locali, esercitato dalle Sezioni regionali di controllo, risulta strumentale alla verifica degli esiti di conformità ai vincoli comunitari e nazionali dei bilanci degli enti locali dell’intero territorio nazionale ed è diretto a rappresentare agli organi elettivi degli enti controllati, la reale ed effettiva situazione finanziaria o le gravi irregolarità riscontrate nella gestione dell’ente, in modo tale che gli stessi possano responsabilmente assumere le decisioni che ritengono più opportune.

Ciò doverosamente precisato e passando ora all’esame delle criticità riscontrate a seguito dell’esame della relazione redatta ai sensi dell’art. 1, commi 166 e ss., della richiamata legge n. 266/2005, dall’Organo di revisione, in relazione al conto consuntivo 2013 del Comune di Oppeano, di cui ai rilievi istruttori formulati, la Sezione, pur tenendo in debita considerazione quanto rappresentato e precisato dal Comune in sede istruttoria –ampiamente riportato in narrativa-, deve, al fine di prevenire potenziali gravi pregiudizi e danni irreparabili all’equilibrio di bilancio dell’Ente, richiamare l’attenzione dell’Ente sulle osservazioni e raccomandazioni di seguito rappresentate.

In relazione alla prima criticità è emerso il ricorso ad anticipazioni di Tesoreria per un importo complessivo nel 2013 pari a € 916.427,36, per 54 giorni di utilizzo, rimborsando integralmente le anticipazioni concesse.

In relazione a questo profilo, come noto, l’art. 222 del D. Lgs. n. 267/2000 rubricato “Anticipazioni di tesoreria” prevede che: “1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della Giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.

2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 210”.

È da rilevare al riguardo che il ricorso ad anticipazioni di cassa, previsto dall'art. 222 del TUEL, si configura come una soluzione di breve periodo per superare transitorie situazioni di scarsa o insufficiente liquidità e non, invece, quale forma sistematica di finanziamento dell'Ente, peraltro spesso particolarmente onerosa in quanto come evidenziato dalla disposizione che disciplina l’istituto il ricorso a tale formula di finanziamento da luogo ad un costo risultante all’interesse sulle somme anticipate da pagare all’istituto tesoriere. È da notare, in contrario, che il comune in questione, oltre a ricorrere frequentemente all’istituto dell’anticipazione di cassa per far fronte a sofferenze di cassa, trasformandolo da strumento eccezionale di breve periodo a fenomeno ricorrente, quale prassi costante di finanziamento, mostra ormai i segnali di una situazione strutturalmente critica.

Nel caso di specie, l'Ente locale, pur nella piena autonomia decisionale, non può non tener conto degli obblighi suddetti derivanti dall'ordinamento internazionale e nazionale che ha più volte e in ambiti diversi ravvisato la necessità di un generalizzato abbassamento del livello di indebitamento, a garanzia del più generale interesse di proteggere la finanza pubblica e la stabilità dei conti.

Come noto, l’art. 5 del D.Lgs 149/2011 e l’art. 148, commi 2 e 3 del TUEL prevedono che, per la regolarità della gestione amministrativo-contabile, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato può attivare, anche su richiesta delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

L’irregolarità derivante dallo sforamento di uno dei parametri anzidetti, come nel caso di specie, appare potenzialmente foriera di futuri pregiudizi, attesa l’entità, per il mantenimento degli equilibri di bilancio del Comune e più in generale per una sana gestione: non a caso infatti l’art. 6 del D.Lgs. 149/2011 prevede che:” Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica”.

Alla luce di ciò, e in vista dell’acclarata emersione degli indici sintomatici anzidetti, si richiama, per prevenire potenziali pregiudizi, l’attenzione degli organi tecnici (Ragioniere, organo di revisione, Segretario comunale, ognuno per la parte di competenza) e organi politici sulla necessità di una verifica puntuale di tali equilibri che non si riduca a una burocratica approvazione della delibera che concerna tali verifiche, finalizzata a una sana gestione e alla correzione tempestiva delle anomalie gestionali anzidette; si suggerisce nel contempo la modifica del regolamento di contabilità in modo da porre in essere un attento monitoraggio della situazione finanziaria dell’ente, prevedendo ove lo si ritenga opportuno, cadenze infrannuali di verifica del mantenimento degli equilibri generali di bilancio di cui all’art. 193, comma 2, del T.U.E.L., dal momento che la norma dell'art. 6 del D.Lgs. 149/2011 richiede una valutazione sui comportamenti, come quello testé descritto, che aggravando lo squilibrio possano condurre al dissesto.

Ciò avrebbe dovuto comunque indurre il Comune, proprio in relazione alle anzidette criticità di cassa, a incentivare maggiormente la riscossione delle entrate proprie. Tuttavia, venendo al secondo profilo di criticità rilevato, il ritardato avvio del programma di recupero dell’evasione tributaria pone in evidenza un comportamento astrattamente foriero di gravi responsabilità dell’Amministrazione, tanto più che la loro violazione può portare a situazioni di danno erariale dovute al mancato rispetto di termini posti da norme di legge.

Nello specifico, il ritardato avvio del recupero dell’evasione diviene in quest’ottica un comportamento inaccettabile, antitetico rispetto ai parametri disegnati dalla carta costituzionale: osta a ciò, del resto, l’ indefettibile principio generale della indisponibilità dell’obbligazione tributaria - riconducibile ai principi di capacità contributiva (art. 53, comma 1, Cost.) ed imparzialità nell’azione della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), espressione entrambi del più generale principio di eguaglianza nell’ambito dei rapporti tributari-. Dall’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, vincolata ed ex lege, si ricava quindi la conclusione circa l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute, della necessità che l’azione del comune sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario e della competenza dell’organo gestionale all’attuazione del rapporto tributario.

Né tale principio è messo in discussione per le Regioni e le autonomie locali dal nuovo assetto costituzionale derivante dalla riforma del titolo V, parte II della Costituzione, posto che il vigente articolo 119 Cost. prevede che Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, fra i quali si annovera senz’altro il cennato principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

Del resto, il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria risulta derogabile, nel nostro ordinamento, soltanto in forza di disposizioni di legge eccezionali (come tali da interpretarsi restrittivamente) che, nel rispetto del principio di legalità e operando un bilanciamento fra esigenze contrastanti, sacrificano gli interessi tutelati dagli articoli 53 e 97 della Costituzione, in favore di altri interessi, costituzionalmente garantiti, di rango pari o superiore (Corte dei conti, Sez. Reg. Controllo Piemonte, del. 7/par/2007 del 28.06.2007), che peraltro qui non vengono assolutamente in rilievo.

Al contrario, deve essere posta in evidenza la sostanziale illiceità di qualsiasi azione od omissione volta a procrastinare l’adempimento d egli obblighi tributari che, in quanto tali, vincolano a doveri ineludibili di solidarietà (art. 23 della Costituzione) e la cui inosservanza determina sperequazioni non accettabili rispetto a chi osserva tempestivamente e scrupolosamente gli obblighi medesimi.

Per quanto attiene il terzo profilo, afferente la governance degli organismi partecipati, la Sezione, in relazione al complesso rapporto che si pone, a legislazione vigente, tra ente locale e organismi comunque partecipati, sottolinea in linea generale che l'utilizzo di risorse pubbliche impone particolari cautele e obblighi in capo a tutti coloro che - direttamente o indirettamente - concorrono alla gestione di tali risorse, radicandone pertanto sia la giurisdizione che il controllo della Corte dei conti.

I suddetti obblighi e cautele sono inscindibilmente connessi alla natura pubblica delle risorse finanziarie impiegate e, pertanto, non vengono meno neanche a fronte di scelte politiche volte a porre a carico degli organismi partecipati, e dunque indirettamente a carico degli enti locali che partecipano al capitale di tali società, i costi di attività e servizi che, sebbene non remunerativi per il soggetto che li svolge, si prefiggono tuttavia il perseguimento di obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell'intera collettività.

Invero, scelte politiche siffatte, proprio per il negativo e ingente impatto che producono sulle finanze e sul patrimonio dell'ente partecipante (in maniera più o meno rilevante a seconda dell’entità della quota di capitale sociale posseduto), non presuppongono soltanto che quest'ultimo sia in grado di sopportarne i relativi oneri senza pregiudizi per il proprio equilibrio finanziario e patrimoniale. Infatti, anche a fronte di enti dotati di risorse tali da poter far fronte agli oneri connessi alle perdite di detti organismi, le eventuali scelte politiche volte ad addossare tali oneri all'ente e dunque, in definitiva, alla collettività della quale detto ente è esponenziale, richiedono, a monte, approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell'attività societaria. Ciò, rispetto:

- alla missione istituzionale dell'ente;

- all'effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito ai relativi costi/benefici;

- all'appropriatezza del modulo gestionale;

- alla comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/co-sti/ risultati offerti da possibili moduli alternativi;

- alla capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un'ottica di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale.

Non si può inoltre prescindere, a valle, da un costante e attento monitoraggio in ordine all'effettiva permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato la scelta partecipativa iniziale nonché da tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel corso della vita dell’organismo, negli elementi originariamente valutati.

Ciò premesso, diviene di logica e palmare evidenza la necessità per il Comune, indipendentemente dalla consistenza più o meno ampia delle proprie partecipazioni, di effettuare un effettivo monitoraggio sull’andamento gestionale delle stesse.

Il che dovrebbe consentire di prevenire fenomeni patologici e ricadute negative - a vario titolo - sul bilancio dell’ente.

Infatti, la necessità in altri termini di effettuare una seria indagine sui costi e ricavi e sulla stessa pertinenza dell’oggetto sociale alle finalità dell’ente, non può prescindere da un’azione preventiva di verifica e controllo da parte del Comune in merito alle attività svolte.

In tale prospettiva, l'intera durata della partecipazione deve essere accompagnata dal diligente esercizio di quei compiti di vigilanza (es., sul corretto funzionamento degli organi, sull'adempimento degli obblighi contrattuali), d'indirizzo (es., attraverso la determinazione degli obiettivi di fondo e delle scelte strategiche) e di controllo (es, sotto l'aspetto dell'analisi economico finanziaria dei documenti di bilancio) che la natura pubblica del servizio (e delle correlate risorse), e la qualità di socio comportano.

Dall’altro lato, si sottolinea l'esigenza di prestare particolare attenzione allo sviluppo di strutture organizzative e di professionalità interne capaci di consentire all'ente un adeguato espletamento delle funzioni sopra richiamate, grazie anche ad un efficace supporto agli organi di governo nell'esercizio delle attività di loro competenza nonché all'impiego di idonei strumenti di corporate governance.

Si ricorda, infine, che per consolidato orientamento della giurisprudenza contabile (cfr, per tutte, Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Umbria, sentenza n. 354 dell'8 novembre 2006), dalla trasgressione di questi obblighi e dal perdurare di scelte del tutto irrazionali e antieconomiche, può scaturire una responsabilità per danno erariale dei pubblici amministratori.

Le anzidette criticità in ordine alla governance delle società e aziende partecipate dovrebbero nello specifico indurre il Comune - in sede di attuazione del Piano di razionalizzazione delle partecipazioni previsto dall’art. 1 comma 611 ss della legge 190/2014 già trasmesso – ad effettuare in ogni caso una seria revisione delle partecipazioni e una rinnovata riflessione sul mantenimento delle stesse anche tenendo conto dei seguenti criteri:

a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;

b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni;

d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;

e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.

La Sezione rileva come il POR sia pervenuto con ampio ritardo rispetto alla scadenza del 31.3.2015 fissato ex lege.

Dal Piano, comprensivo della separata scheda tecnica, si evince con sufficiente chiarezza il percorso interpretativo seguito dall’Ente al fine di addivenire alle determinazioni adottate in ordine alle proprie partecipazioni.

Mancano, tuttavia, ad eccezione della partecipazione ad Esa-Com s.p.a., i dati relativi all’andamento economico, patrimoniale e finanziario delle altre partecipazioni dirette ed indirette.

Nel POR, infine, non vi è traccia della ricognizione degli enti non societari (qualora ve ne fossero), censimento che avrebbe permesso alla Corte, e all’ente medesimo, il controllo ai sensi della lett. c) dell’art. 1, c. 611 della L. 190/2014.

Nello specifico, quanto ad Eco Servizi Ambientali Comunali – Esa-Com s.p.a., la Sezione prende atto della volontà espressa dall’ente nel POR tesa al mantenimento della partecipazione, osservando, tuttavia, quanto segue.

Con nota n. 4836 del 28.7.2015, si rilevava che, nel corso del 2013, l’Ente aveva proceduto a nuovi affidamenti “in house” relativamente ai quali si chiedeva di attestare la sussistenza dei necessari requisiti previsti ex lege oltre a specificare dettagliatamente la nuova attività svolta e l’onere complessivo a carico del Comune.

Si chiedevano, inoltre, chiarimenti in merito alle discordanze tra crediti e debiti reciproci tra il Comune e la società partecipata dato che la problematica rilevata in occasione del rendiconto 2012 si ripresentava con pari modalità anche nel 2013, e ciò malgrado in sede di risposta alla nota istruttoria sul rendiconto 2012 fosse stato riferito che “… a tale proposito l’Ente sta cercando di concordare le modalità di chiusura della questione”.

L’Ente con nota n. 15155 del 2.9.2015, rispondeva che l’affidamento in house providing rispetta tutti i requisiti dell’ordinamento europeo, ovvero capitale interamente pubblico, svolgimento dell’attività prevalentemente con i soci pubblici affidanti ed esercizio da parte dei soci, nei confronti del soggetto stesso, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Quanto alla discordanza tra crediti e debiti reciproci, l’Ente confermava la volontà delle parti di addivenire ad un accordo ma evidenziava il permanere della questione della restituzione del ruolo in carico ad Equitalia (con aggravio di costi).

La Sezione rileva in definitiva come ciò denoti una scarsa chiarezza nel rapporto creditorio-debitorio tra ente e società che necessita al più presto di una parificazione dei conti e della risistemazione delle relative partite in ossequio ai principi di veridicità, trasparenza ed equilibrio finanziario (art. 3, D.Lgs. 118/2011).

Con riferimento a Camvo s.p.a. e alla sua partecipata Acque Veronesi s.c.a.r.l., la Sezione prende atto dell’intenzione del Comune di conservare tali partecipazioni rilevando come le informazioni economiche, patrimoniali e finanziarie fornite siano del tutto insufficienti.

Peraltro, quanto alla partecipazione indiretta ad Acque Veronesi s.c.a.r.l., si evidenzia come l’aver esposto che sul sito della società non sono disponibili il bilancio consuntivo 2014 e i bilanci degli ultimi tre esercizi, denoti uno scarso interesse dell’Ente all’andamento gestionale della società.

Si rileva, inoltre, che è stato fatto solamente un mero cenno alla partecipazione indiretta, detenuta per il tramite di Acque Veronesi s.c.a.r.l., ad Acquevive s.c.a.r.l.: la mancanza di tali informazioni preclude, peraltro, la possibilità del controllo ai sensi della lettera c), c. 611, art. 1 della L. 190/2014 e la circostanza che le informazioni mancanti, possano essere ricavate altrove, non solleva da censura l’amministrazione in ordine alla diligenza nella redazione del Piano.

Quanto a CISI s.r.l. in concordato, considerata nel Piano tanto come partecipazione diretta quanto come partecipazione indiretta per il tramite di Camvo s.p.a., la Sezione prende atto di quanto esposto dall’ente nel POR relativamente alla volontà di dismettere questa partecipazione, osservando come manchi, anche in questo caso, qualsiasi informazione relativa ai dati contabili della società. Circostanza questa che evidenzia la mancanza di attenzione dell’Ente sulle sorti della società durante la delicata procedura di concordato.

All’uopo si rammenta infatti, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, che entro il 31 marzo 2016, i presidenti delle province, i sindaci e gli altri organi di vertice delle amministrazioni di cui al citato comma 611 predispongono una relazione sui risultati conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata. La Sezione sottolinea a tal proposito che una siffatta analisi non potrà prescindere, inter alios, dall’accertamento: a) di gravi carenze nell’attività di controllo dell’amministrazione sugli organi della società partecipata; b) dalla verifica da parte dell’Ente del concreto rispetto di tutti i vincoli di finanza pubblica, compresi quelli assunzionali e di riduzione della spesa previsti dalla vigente normativa, anche in riferimento a quanto statuito dall’art. 147 quater del Tuel; c) del mantenimento di partecipazione societaria in un organismo che non ha una reale prospettiva di equilibrio finanziario, in assenza di una puntuale analisi da parte dell’ente locale sulle cause che hanno generato le perdite (Sez. reg. controllo Lombardia, n. 199/2011); d) del raggiungimento di economie significative e adeguatamente documentate: di talchè l’utilizzo dello strumento societario non potrà nel concreto essere piegato al conseguimento di altri scopi, estranei tra l’altro alle finalità contemplate dalla vigente disciplina civilistica, pena l’abuso dello stesso e il conseguente riconoscimento del danno da malagestio (SEZ. I APPELLO, SENT. N. 402/2011).

Sull’attuazione della anzidetta previsione, vigilerà la Sezione in sede di verifica del relativo ciclo di bilancio.

La situazione di criticità della situazione finanziaria dell’Ente emerge anche in riferimento al quarto profilo, come accertato in istruttoria, dal momento che risulta sforato il parametro ministeriale di deficitarietà strutturale n. 7: consistenza dei debiti di finanziamento non assistiti da contribuzioni superiore al 150 per cento rispetto alle entrate correnti per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione positivo e superiore al 120 per cento per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione negativo (fermo restando il rispetto del limite di indebitamento di cui all’articolo 204 del T.U.E.L.).

Tale circostanza potrebbe determinare una sensibile attenuazione della possibilità per l’Ente di far fronte alle proprie obbligazioni. Sul piano finanziario, tale valutazione trova indiretto riscontro nella mancata scelta di attivarsi sulla componente di spesa corrente che deriva dall'indebitamento. Alla luce di quanto evidenziato, si ritiene pertanto opportuno segnalare che, anche in relazione alla difficile situazione generale della finanza pubblica, ogni azione tesa alla limitazione del debito entro limiti fisiologici e al contenimento della relativa componente di parte corrente, rappresenta un modello di sana gestione finanziaria, la cui verifica e attuazione deve tenere del contesto generale in cui si opera.

Nel caso di specie, l'Ente locale, pur nella piena autonomia decisionale, non può non tener conto degli obblighi derivanti dall'ordinamento internazionale e nazionale che ha più volte e in ambiti diversi ravvisato la necessità di un generalizzato abbassamento del livello di indebitamento, a garanzia del più generale interesse di proteggere la finanza pubblica e la stabilità dei conti, nazionali e sovranazionali.

Peraltro, detti obblighi appaiono ancor più incisivi a seguito delle modifiche costituzionali introdotte dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 che, in modo innovativo, introduce all'art. 97 della Costituzione una specifica e significativa disposizione di principio, irrefragabile, secondo cui le PP.AA., in coerenza con l'ordinamento dell'Unione Europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico, esplicitando a livello costituzionale un obbligo già immanente nel nostro ordinamento per tutte le Amministrazioni. Il principio in esame viene ora ad essere declinato in concreto – in ossequio alle prescrizioni del riscritto art. 81 della Cost.- sotto il profilo della verifica e del permanere costante non solo di un effettivo equilibrio di bilancio ma anche, la sostenibilità dell’indebitamento. Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori misure in favore delle zone terremotate nel maggio del 2012) convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 2012, n. 213, diviene prima norma di attuazione del nuovo precetto costituzionale, stabilendo nuovi parametri del controllo esterno- scolpiti nel nuovo art. 148 bis del T.U.E.L. - affidato alla Corte dei conti: la cui posizione di supremo garante degli equilibri della finanza pubblica viene rafforzata attraverso l’estensione del controllo a tutte le pubbliche amministrazioni comprese le regioni e gli enti locali. La preoccupazione che venga garantita la sostenibilità dell’indebitamento viene affrontata anche nella legge rinforzata 24 dicembre 2012, n. 243 attuativa del nuovo articolo 81 della Costituzione, recante “Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma della Costituzione” (art. 81 riformulato dalla Legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1). L’art. 10 di detta norma, rubricato “Ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali”, collocato nel capo IV della legge, prevede infatti che “1. Il ricorso all'indebitamento da parte delle regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano è consentito esclusivamente per finanziare spese di investimento con le modalità e nei limiti previsti dal presente articolo e dalla legge dello Stato. 2. In attuazione del comma 1, le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all'adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell'investimento, nei quali sono evidenziate l'incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti. 3. Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 sono effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per l'anno di riferimento, l'equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione, come definito dall'articolo 9, comma 1, lettera a). A tal fine, ogni anno i comuni, le province e le città metropolitane comunicano alla regione di appartenenza ovvero alla provincia autonoma di appartenenza, secondo modalità stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 5 del presente articolo, il saldo di cassa di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), che l'ente locale prevede di conseguire, nonché gli investimenti che intende realizzare attraverso il ricorso all'indebitamento o con i risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Ciascun ente territoriale può in ogni caso ricorrere all'indebitamento nel limite delle spese per rimborsi di prestiti risultanti dal proprio bilancio di previsione. 4. Qualora, in sede di rendiconto, non sia rispettato l'equilibrio di cui al comma 3, primo periodo, il saldo negativo concorre alla determinazione dell'equilibrio della gestione di cassa finale dell'anno successivo del complesso degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione, ed è ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto”. Come si evince dalla formulazione dell’articolo in questione, dall’entrata in vigore della norma di attuazione della legge costituzionale n. 1/2012 (1° gennaio 2016), le regioni e gli enti locali presenti nel territorio regionale potranno destinare le risorse derivanti dalla contrazione di indebitamento solo alle spese di investimento e, comunque, detto indebitamento dovrà necessariamente tener conto del livello complessivo dello stesso al fine di garantire “….l'equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli enti territoriali della regione interessata…”. Appare di palmare evidenza che ogni ente locale e la stessa Regione dovranno sin d’ora tenere in debita considerazione, anche nel ricorso alla contrazione dei mutui autorizzati o autorizzabili, questa nuova realtà giuscontabile che pone necessariamente gli enti interessati dalla norma a dover confrontare il proprio indebitamento con quello di tutti gli enti territoriali contemplati nel comma 1, dell’articolo 10 della legge 243/2012, al fine di rendere coerente con i nuovi vincoli normativi il livello complessivo dell’indebitamento a livello regionale.

L’irregolarità derivante dallo sforamento di uno dei parametri di valutazione della deficitarietà appare, tuttavia, potenzialmente foriera di futuri pregiudizi, atteso, nel caso in specie che l’entità (154,3%) rilevata ben potrebbe incidere in sede di mantenimento degli equilibri di bilancio del Comune e più in generale per una sana gestione finanziaria. Ciò in relazione anche ai nuovi obblighi sanciti dall’art. 6 del D.Lgs. 149/2011 che prevede che “Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica”.

Per quanto riguarda l’ultimo profilo, la Sezione, pur prendendo atto delle argomentazioni fornite, non può esimersi dal ricordare che l'erogazione della retribuzione accessoria deve in ogni caso raccordarsi con l'interesse pubblico finalizzato ad assicurare, da un lato il raggiungimento di adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici e, dall'altro, una progressiva razionalizzazione e riduzione del costo del lavoro pubblico, improntata ai criteri di premialità, riconoscimento del merito e della valorizzazione dell'impegno e della qualità della prestazione individuale del personale nel raggiungimento degli obiettivi programmati dall'ente come disposto dall'art. 40 bis del d.lgs.165/2001.

Significativi sono, in questa direzione, i recenti interventi del legislatore finalizzati: a contenere le risorse della contrattazione integrativa; a ribadire che la loro utilizzazione possa avvenire sulla base della previa definizione di obiettivi di rendimento e in esito a percorsi oggettivi di valutazione; ad affermare definitivamente una cultura del lavoro orientata alla performance e al risultato; al superamento dei precedenti sistemi di distribuzione c.d. "a pioggia" del salario accessorio.

La Sezione non ignora che la previsione contenuta nell’art. 90 del TUEL prevede che il trattamento economico è disciplinato dal contratto nazionale di lavoro del personale degli enti locali (comma 2), mentre il trattamento accessorio, peraltro, può essere costituito da un "unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale".

Tale articolo disciplina gli uffici di supporto agli organi di direzione politica dell’ente locale disponendo altresì:

- sul piano delle fonti, che la possibilità di costituire tali uffici sia prevista dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi;

- sul piano organizzativo, che tali uffici: siano posti alle dirette dipendenze del sindaco (o del presidente della provincia), della Giunta o degli assessori, svolgano esclusivamente le funzioni di indirizzo e di controllo attribuite dalla legge agli organi che se ne avvalgono;

- sul piano della consistenza organica, che tali uffici siano costituiti: da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.

Né si sottace che la previsione dell'art. 90 del TUEL “costituisce un portato del principio di separazione tra politica e amministrazione, rispondendo alla finalità di assicurare agli Organi titolari della specifica funzione di direzione politica” di potersi avvalere di uffici posti alle proprie dirette dipendenze sotto il profilo funzionale e, per tale via, di poter disporre, al fine di supportare il concreto esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo di loro esclusiva spettanza, di personale diretto in prima persona, senza il tramite dell'apparato gerarchico amministrativo, che ad essi direttamente risponda nell'ambito di un rapporto instaurato in base all'intuitu personae (Sez. Giur. Puglia, sent. n. 208/2013).

Purtuttavia la giurisprudenza di questa Corte ha circondato di una serie di cautele l’opzione organizzativa di che trattasi, al fine di evitarne il sostanziale abuso. Il personale in staff, in primo luogo, ai sensi dell'art. 90 TUEL, può svolgere esclusivamente funzioni di supporto all'attività di indirizzo e di controllo, alle dirette dipendenze dell'Organo politico, al fine di evitare qualunque sovrapposizione con le funzioni gestionali ed istituzionali: in particolare l'incarico ex articolo 90 non può negli effetti andare a sovrapporsi a competenze gestionali ed istituzionali dell'ente. Se così il legislatore avesse voluto, si sarebbe espresso in maniera completamente diversa e non avrebbe affatto fatto riferimento alle funzioni di indirizzo e controllo dell'autorità politica (Corte dei conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale, Sentenza n. 785/2012/A).

Non è certamente sufficiente il riferimento del tutto generico contenuto nella Deliberazione della Giunta comunale n. 208 del 9 novembre 2009 allo “impegno in termine di tempo e di disponibilità complessiva che verrà richiesto al nominato”.

Recentemente, del resto, il legislatore ha aggiunto all'art. 90 TUEL il comma 3-bis, ai sensi del quale "Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale" (art. 11, comma 4, legge n. 114 del 2014).

In secondo luogo è testualmente previsto dall'art. 90, comma 2, TUEL che "al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali" (SRC Piemonte con la pronuncia consultiva n. 312/2013/PAR). La citata norma di legge statale, infatti, non è suscettibile di essere derogata dal regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e servizi, trattandosi di norma imperativa posta a tutela del lavoratore, al quale viene garantito un trattamento economico equivalente a quello disciplinato dalla contrattazione collettiva nazionale del personale degli enti locali, alla quale si fa espresso rinvio (SRC Calabria n. 395/2010/PAR). Né la diposizione può essere aggirata attraverso "l'assunzione mediante contratti di lavoro autonomo, nel chiaro intento di evitare che la disciplina giuridico-economica del rapporto sia dettata in contrasto con le previsioni del CCNL, per quel che riguarda, principalmente, l'entità della retribuzione" (Sez. Giur. Puglia, n. 241/07), anche perché il personale degli uffici di staff rientrerebbe nell'ambito della dotazione organica dell'ente (a differenza di quelli ammessi dall'art. 110 TUEL), con la conseguenza che l'unico rapporto configurabile sarebbe solo quello di lavoro subordinato (Sez. Giur. Toscana, n. 622/04 cit.).

Corre, in terzo luogo, l'obbligo di ricordare anche che, in ossequio alla norma contabile di cui all'art. 191 del TUEL, la quale esige che tutte le spese (anche i compensi spettanti ai dipendenti relativi al salario accessorio) debbano previamente essere oggetto di specifico impegno, salva l'eccezione costituita dalle spese rivenienti dai contratti, i quali possono costituire un impegno automatico sul bilancio giusto l'art. 183, comma 2 lettera c) dello stesso TUEL, purché siano state stanziate nel bilancio di competenza le connesse poste finanziarie.

Le considerazione testé svolte dimostrano che l’erogazione dell’indennità in parola presuppone l’instaurazione, in ogni caso, di una procedura, scarsamente compatibile con la previsione del citato art. 90 TUEL, richiedente la prefissione di specifici obiettivi e/o livelli di prestazione nei riguardi del dirigente e la successiva verifica della loro realizzazione o del relativo grado da parte del medesimo dirigente, non potendo tale retribuzione accessoria esaurirsi in una valutazione e una quantificazione di tipo forfettario e in definitiva apodittica, poiché priva di ogni riferimento motivazionale.

D’altra parte la giurisprudenza è univoca nel ritenere come non sia ipotizzabile l’assegnazione di obiettivi e la verifica del loro raggiungimento ora per allora (Cons Stato sez. V, 20 agosto 2008 n. 3977), ovvero dove non sussistono i presupposti per l’attribuzione della retribuzione di risultato in tutti quei casi in cui (come nella specie) per qualsiasi ragione nel periodo di riferimento sia mancata tale procedura (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 gennaio 2009 n. 131), essendo stata attribuita in via forfettaria la relativa somma.

Ciò doverosamente evidenziato, la Sezione raccomanda all'Ente di prestare la massima attenzione, anche per il futuro, al rispetto dei vincoli tutti previsti dalla normativa di settore, la cui carenza, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sezione giurisdizionale per la Campania, sentenza n. 1808/2011), è suscettibile di determinare un potenziale pregiudizio patrimoniale all’ente, quale conseguenza di una eventuale distribuzione immotivata delle risorse.

Questa Sezione, conclusivamente, riscontrato che in relazione al conto consuntivo 2013 permane una situazione di potenziale criticità, ritiene che anche alla luce delle motivazioni addotte dall’ente, vada assunta specifica pronuncia ai sensi del D.L. n. 174 del 10 ottobre 2012 convertito in L. n. 213 del 7 dicembre 2012, in relazione alle medesime.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, in base alle risultanze della relazione resa dall’organo di revisione e della successiva istruttoria:

-           accerta il ricorso ad anticipazioni di tesoreria nel 2013 per € 916.427,36, per 54 giorni di utilizzo, rimborsando integralmente a fine anno le anticipazioni concesse e rileva altresì che la stessa problematica è stata segnalata per gli esercizi 2014 e 2015;

-           rileva il basso grado di realizzo dell’attività di recupero dell’evasione tributaria, con la conseguente formazione di residui attivi che, col passare degli anni, rischiano di divenire difficilmente esigibili, con le inevitabili conseguenze sull’attendibilità del risultato di gestione;

-           rileva la carenza di governance sul alcuni Organismi partecipati in liquidazione, criticità che assume una connotazione particolarmente grave considerata la fase estremamente delicata propedeutica alla cessazione degli stessi;

-           accerta l’elevato stock di debito, con il superamento della soglia stabilita dal parametro di deficitarietà n. 7 del D.M. 18/02/2013, con lo stock complessivo del debito che si è attestato al 154,3%;

-           accerta la non corretta liquidazione della produttività del personale avente qualifica dirigenziale in relazione alle modalità procedimentali che, in virtu’ della consolidata giurisprudenza di questa Corte e delle norme citate in premessa, reggono la stessa;

-           dispone la trasmissione della presente Deliberazione, a cura del Direttore della segreteria, al Presidente del Consiglio comunale, al Sindaco nonché all’organo di revisione dei conti del Comune di Oppeano (VR) per quanto di rispettiva competenza, nonché alla locale Procura della Corte dei conti per i profili di eventuale competenza.

Così deliberato in Venezia, nella Camera di Consiglio del 23 settembre 2015.

 

            Il magistrato relatore  Il Presidente

f.to Dott. Tiziano Tessaro           f.to Dott. Josef Hermann Rössler

 

Depositato in Segreteria il 20/11/2015

 

IL DIRETTORE DI SEGRETERIA

f.to Dott.ssa Raffaella Brandolese

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