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Consiglio di Stato, Sez. III, 17/2/2016 n. 642
L'ordinanza di rimessione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2016, n. 642, della questione se l'istituto generale del silenzio assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica.

Materia: ambiente / disciplina

N. 00642/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 06560/2015 REG.RIC.          

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso numero di registro generale 6560 del 2015, proposto da:

VODAFONE OMNITEL B.V.,

 

in persona del legale rappresentante p.t. della LINDAM s.r.l., società procuratrice speciale,

 

rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Manzi e Nicola Lais ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, via F. Confalonieri, 5,

 

contro

l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani,

in persona del legale rappresentante p.t.,

costituitosi in giudizio, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12

 

nei confronti di

Comune di Rocca di Papa,

in persona del legale rappresentante p.t.,

non costituitosi in giudizio,

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II BIS n. 00706/2015, resa tra le parti, concernente diniego realizzazione di un impianto di telecomunicazioni.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ente appellato;

Visto che non si è costituito in giudizio il Comune di Rocca di Papa;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 14 gennaio 2016, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, gli Avv.ti Luigi Manzi e Nicola Lais per l’appellante e l’Avv. dello Stato Mario Antonio Scino per l’appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

1. – Viene in decisione l’appello proposto avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante, che espleta nell’àmbito del territorio nazionale il servizio di comunicazione elettronica, avverso il diniego, pronunciato dall’ente odierno appellato, di nulla osta per l’esecuzione delle opere previste nel progetto di stazione radio per la telefonia cellulare in Comune di Rocca di Papa – Via di Valle Pantano, 34.

2. – Il T.A.R. è addivenuto alla statuizione di reiezione ritenendo che nella fattispecie non fosse applicabile il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 (sul quale prevarrebbe, in quanto lex posterior, l’art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990) e che non fossero altresì sussistenti i vizii dedotti in relazione alla motivazione del diniego.

3. – Con l’atto di appello l’originaria ricorrente impugna la decisione di primo grado, sostenendo, con due distinti motivi, la perdurante operatività del silenzio assenso di cui alla legge n. 394 del 1991 e l’omessa pronuncia da parte del T.A.R., che si sarebbe trincerato dietro i limiti di sindacabilità dei profili di discrezionalità tecnica, in ordine all’àmbito di competenza dell’Ente Parco ed alla inattendibilità delle ragioni del diniego.

4. – Si è costituito in giudizio l’appellato, chiedendo, anche con successiva memoria, la reiezione dell’appello.

Anche l’appellante ha depositato memoria in vista dell’udienza pubblica, ribadendo in particolare la tesi della possibilità che il procedimento previsto dall’art. 28 della legge regionale Lazio n. 29/97 si concluda per provvedimento tacito.

Non si è costituito in giudizio il Comune di Rocca di Papa.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 14 gennaio 2016.

5. – L’appello propone, col suo primo motivo, una questione di diritto, la cui risoluzione mérita, ad avviso del Collegio, la rimessione all’adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99 c.p.a.

6. – Trattasi, in particolare, della questione della perdurante vigenza o meno dell'ipotesi di silenzio assenso prevista dall'art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che, nell'innovare l'art. 20 della legge n. 241 del 1990, ha escluso che l'istituto generale del silenzio assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica.

7. – In senso affermativo si pone invero l’orientamento espresso dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con le sentenze n. 6591 del 2008 e n. 3047 del 2014.

7.1 – Secondo tale orientamento la tesi della perdurante operatività del meccanismo del silenzio assenso previsto dall’art. 13 cit. troverebbe conferma nella formulazione letterale dell'art. 20, comma 4, legge n. 241 del 1990, in base al quale "le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale, e paesaggistico e l'ambiente".

La disposizione, ad avviso di detti precedenti, sarebbe invero chiara nel riferire l'eccezione solo alle "disposizioni del presente articolo", escludendo pertanto le ipotesi di silenzio assenso previste, anche nell'ambito di procedimenti dello stesso tipo di quelli richiamati, da disposizioni precedenti, come appunto quella di cui all'art. 13 legge n. 394 del 1991, richiamata dall’art. 28, comma 1, della L.R. Lazio n. 29 del 1997, a norma del quale "il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad interventi, impianti ed opere all'interno dell'area naturale protetta, è sottoposto a preventivo nulla osta dall'ente di gestione ai sensi dell'articolo 13, commi 1, 2 e 4 della legge n. 394/1991".

Rispetto a tale ipotesi di silenzio assenso deve, dunque, ritenersi, secondo la Sezione Sesta, che il nuovo testo dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990 nulla abbia innovato, dal momento ch’esso, nell’affermare la nuova portata generale dell’istituto e nell’escludere l’applicazione delle sue stesse disposizioni nei soli casi ivi tassativamente individuati, ha inteso semplicemente stabilire la loro inidoneità ad incidere in via automaticamente innovativa, diversamente da quanto invece ivi previsto per la generalità dei procedimenti ad istanza di parte, in materia di atti e procedimenti riguardanti, per quanto qui interessa, l’ambiente, che restano così disciplinati dalle specifiche norme ad essi dedicate; e ciò stante il principio di specialità vigente nel nostro ordinamento giuridico (v., ex multis, Cons. St., III, 30 settembre 2011, n. 4294).

In sostanza, l’inapplicabilità alle materie indicate dall’art. 20, comma 4, cit. della regola generale introdotta dal relativo comma 1 (che ha mutato il carattere di norma in bianco della precedente formulazione, introducendo come nuovo cànone generale procedimentale l’istituto del silenzio assenso, in un’ottica evidente di semplificazione dell’azione amministrativa e di agevolazione dell’iniziativa economica) da un lato non impedisce al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, che prevedano il modulo del silenzio assenso ( a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall'ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali ), dall’altro non consente di ritenere abrogate previgenti norme specifiche di tal fatta, ove già esistenti, stante la sostanziale diversità degli àmbiti di normazione in considerazione, che non consente di ravvisarne la possibilità di contrasti o conflitti.

Tale conclusione la Sezione Sesta ha ritenuto del resto in linea con la ratio della riforma della legge n. 241 del 1990 ( introdotta con la citata legge n. 80 del 2005 ), che è stata quella di ampliare l'istituto del silenzio assenso; sarebbe, pertanto, irragionevole ritenere che tale generalizzazione abbia comportato un effetto abrogante su norme che tale istituto già prevedevano.

Inoltre, come pure rilevato da questo Consiglio di Stato con le sentenze sopra richiamate, l'ipotesi di silenzio assenso per il rilascio del nulla osta dell'Ente Parco non risulta porsi in contrasto con i principi costituzionali o comunitari, atteso che si tratta di un procedimento caratterizzato da un tasso di discrezionalità non elevato, in cui ulteriori specifici interessi ambientali vengono valutati in modo espresso, tramite autorizzazioni paesaggistiche (come appunto accaduto per la fattispecie all’esame), idrogeologiche, archeologiche.

8. – Secondo, invece, la Sezione Quarta di questo Consiglio (sent. 28 ottobre 2013, n. 5188), sussisterebbe un conflitto tra la norma contenuta nell'art. 20, comma 4, della L. n. 241/1990 (come sostituita dalla L. n. 80/2005) e la disposizione dell'art. 13 della L. n. 394/91 ed a fronte di tale contrasto deve prevalere la norma generale sopravvenuta.

La Sezione Quarta ha in particolare rilevato che entrambe le norme hanno la medesima natura procedimentale e vengono a disciplinare lo stesso istituto operante in materia edilizia-ambientale; resta, così, escluso, secondo tale tesi, che tra esse possa configurarsi un rapporto di specialità, poiché questo presuppone un certo grado di equivalenza tra norme a confronto, ma che non può spingersi sino alla sostanziale identità tra le due discipline in contrasto.

Si tratta dunque, in tale prospettiva, di conflitto tra due disposizioni, che disciplinano il medesimo istituto procedimentale del silenzio-assenso, che deve quindi essere risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali e pertanto secondo il principio per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile (art. 15 cod. civ.).

Afferma in conclusione la Sezione Quarta che "non si può far ricorso al principio di specialità che postula l'equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente"; donde l’evidenza della inapplicabilità alla materia della tutela ambientale, in forza dell’intervento dell'art. 20 della legge n. 241/1990 come modificato dalla legge n. 80/2005, del regime del silenzio-assenso.

9. – Alla luce di siffatto contrasto giurisprudenziale la questione, rilevante ai fini della decisione dell’appello all’esame, va deferita all’adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a., che deciderà ai sensi del comma 4 dello stesso art. 99.

10. – Spese al definitivo.

 

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo rimette il ricorso all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 c.p.a.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.

Così deciso in Roma, addì 14 gennaio 2016, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Marco Lipari,  Presidente

Carlo Deodato,           Consigliere

Salvatore Cacace,       Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Stefania Santoleri,      Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/02/2016

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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