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TAR Toscana, Sez. III, 21/3/2016 n. 520
Le parafarmacie erogano un servizio volto a soddisfare bisogni connessi alla salute che, per molti versi, è assimilabile a quello svolto dalle farmacie e pertanto possono installare l'insegna a croce verticale (cd. a bandiera).

Allo stato attuale della legislazione le parafarmacie erogano un servizio volto a soddisfare bisogni connessi alla salute che, per molti versi, è assimilabile a quello svolto dalle vere e proprie farmacie. Nelle parafarmacie è, infatti, possibile reperire farmaci la cui dispensazione non necessita di ricetta medica (medicinali fascia C), presidi per l'automedicazione, medicinali veterinari anche sottoposti a ricetta medica ad esclusione degli stupefacenti, servizi diagnostici, prenotazione delle visite specialistiche presso il SSN. Inoltre, al pari di quanto accade per le farmacie, i predetti servizi non si esauriscono in un mero scambio di natura commerciale fra venditore e cliente ma, data la loro rilevanza per la tutela del diritto alla salute, hanno un contenuto strettamente professionale, potendo essere erogati soltanto da soggetti particolarmente qualificati come i farmacisti che l'ordinamento nazionale, non a caso, considera come "persone esercenti un servizio di pubblica necessità" (art. 359 c.p.).

Un regolamento comunale che ponga limiti alla ordinaria facoltà dell'imprenditore che si rivolge ad un'utenza indifferenziata di segnalare alla clientela l'ubicazione dell'esercizio costituisce una potenziale restrizione della libertà economica che deve essere adeguatamente giustificata da motivi di interesse generale sulla base di un bilanciamento operato secondo i criteri di proporzionalità e non discriminazione. Sotto quest'ultimo profilo, nel caso di specie, assume rilevanza la circostanza che in relazione ad un'ampia fascia di servizi sanitari le parafarmacie svolgono la propria attività in regime di concorrenza con le farmacie, con la conseguenza che ogni trattamento differenziato suscettibile di favorire queste ultime deve trovare adeguata giustificazione negli "obblighi di servizio pubblico" (limitazioni territoriali alla apertura delle sedi in relazione alla cd. "pianta organica", obblighi di apertura in orari predeterminati, turni, etc.) a cui esse, a differenza delle parafarmacie, sono soggette. Obblighi che impongono, è vero, forme di compensazione ma non giustificano qualsiasi tipo di trattamento differenziato. Pertanto, nel caso di specie, l'art. 8 del regolamento delle insegne del comune di Firenze deve considerarsi illegittimo nella parte in cui consente alle sole farmacie la facoltà di esporre insegne a bandiera con la croce conformi alle tipologie tipiche ammesse nella zona A del centro storico laddove le caratteristiche ambientali e l'architettura dell'immobile lo consentano.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

N. 00520/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 00855/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 855 del 2015, proposto da:

Parafarmacia Sibilla S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Carlo Ambrogi, nel cui studio in Firenze, via Cavour, 39 è elettivamente domiciliata;

 

contro

Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Sansoni e Gianna Rogai, elettivamente domiciliato presso gli uffici della Civica avvocatura in Firenze, Palazzo Vecchio - piazza Signoria;

 

per l'annullamento

1) del provvedimento n. 59276 dello 05.03.2015 emesso dal Comune di Firenze di diniego dell'istanza n. 525/2014/IS del 12.05.2014 presentata al fine di ottenere l'autorizzazione per l'installazione di n. 1 insegna a croce verticale (cd. a bandiera) in attività di parafarmacia nel locale posto in via Cavour n. 148/B/R;

2) del parere negativo dello 05.06.2014 prot. GP 136798/2014 e del parere negativo del 22.20.2014 prot. GP 256830/2014, entrambi formulati dalla Commissione Edilizia e richiamati nel provvedimento di diniego n. 59276 dello 05.03.2015 e non notificati;

3) del Regolamento per l'Installazione delle Insegne in particolare dell'art. 8, approvato dal Comune id Firenze con Delibera del Consiglio Comunale n. 41/55 del 30.03.1998, modificata con Delibera del C.C. n. 20 del 27.03.2001, Delibera C.C. n. 26 del 30.03.3005 e Delibera C.C. n. 26 del 23.05.2011;

4) nonché di ogni atto, antecedente, presupposto e/o conseguente anche infraprocedimentale e comunque connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2016 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori C. Ambrogi e G. Rogai;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con il provvedimento impugnato il comune di Firenze ha negato alla Società ricorrente, titolare di una attività di parafarmacia ivi sita in via Cavour n. 148/B/R, la possibilità di installare una insegna a bandiera a forma di croce.

Le ragioni del diniego, indicate nei pareri della commissione edilizia in data 5/06/2014 e 22/10/2014, sono sintetizzabili nei seguenti termini: a) la installazione di insegne a bandiera nella zona del centro storico ove ha sede la parafarmacia sarebbe vietata dall’art. 94 del regolamento edilizio e dal regolamento comunale per la installazione delle insegne; b) l’art. 83 del regolamento edilizio prevedrebbe la possibilità di derogare al predetto divieto in alcune specifiche ipotesi nelle quali non rientra quella di cui alla domanda presentata dalla Parafarmacia Sibilla; c) la collocazione del manufatto non sarebbe nemmeno consentita dal regolamento comunale per le insegne.

Avverso tale provvedimento l’interessata ha proposto ricorso formulando le seguenti doglianze: 1) il provvedimento sarebbe privo di motivazione in quanto non espliciterebbe le ragioni per le quali il comune di Firenze avrebbe ritenuto che la domanda da essa presentata non potesse inscriversi in una delle fattispecie derogatorie previste (in modo alquanto generico) dall’art. 83 del regolamento edilizio né, tantomeno, avrebbe specificato quali norme del regolamento comunale sulle insegne precluderebbero l’installazione della insegna a bandiera; 2) il regolamento per le insegne del comune di Firenze sarebbe illegittimo nella parte in cui non includerebbe le parafarmacie fra i servizi di pubblica utilità per i quali è consentita la deroga; 4) il provvedimento di diniego sarebbe illegittimo in quanto adottato dopo la scadenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento autorizzativo.

Il ricorso è fondato.

Occorre prendere le mosse dalla seconda censura atteso che la questione da essa posta – ossia se le parafarmacie debbano o meno incluse nel catalogo dei servizi di pubblica utilità per i quali è consentita la deroga al generale divieto di installazione di insegne a bandiera nel centro storico - potrebbe avere carattere dirimente ai fini della decisione.

Ai sensi dell’art. 8 comma 3 del regolamento comunale per la installazione delle insegne “quando le caratteristiche ambientali e l’architettura dell’immobile lo consentano potrà essere autorizzata l’installazione verticale a bandiera..di insegne con simbolo per la individuazione di ospedali di ambulatori di pronto soccorso (anche veterinario), di farmacie, di telefoni, di generi di monopolio e di parcheggio…”.

La norma, compiendo un bilanciamento di interessi, consente una (condizionata) deroga alla disciplina di protezione dei caratteri storico ambientali degli edifici inclusi nella zona A del comune di Firenze al fine di consentire l’esposizione di segnaletiche, anche a bandiera, che facilitino l’individuazione di taluni servizi ritenuti di pubblica utilità, in specie quelli correlati alla tutela della salute come gli ospedali, gli ambulatori di pronto soccorso e le farmacie.

Il catalogo non include anche gli esercizi parafarmaceutici.

Tuttavia, come osserva la ricorrente, allo stato attuale della legislazione anche i predetti esercizi erogano un servizio volto a soddisfare bisogni connessi alla salute che, per molti versi, è assimilabile a quello svolto dalle vere e proprie farmacie.

Nelle parafarmacie è, infatti, possibile reperire farmaci la cui dispensazione non necessità di ricetta medica (categoria che include oggi quasi tutti i medicinali inclusi nella fascia C del prontuario), presidi per l’automedicazione, medicinali veterinari anche sottoposti a ricetta medica ad esclusione degli stupefacenti di cui all’art. 45 del DPR 309/90, servizi diagnostici come misurazione della pressione, esami delle urine etc.., prenotazione delle visite specialistiche presso il SSN.

Inoltre, al pari di quanto accade per le farmacie, i predetti servizi non si esauriscono in un mero scambio di natura commerciale fra venditore e cliente ma, data la loro rilevanza per la tutela del diritto alla salute, hanno un contenuto strettamente professionale, potendo essere erogati soltanto da soggetti particolarmente qualificati come i farmacisti che l’ordinamento nazionale, non a caso, considera come “persone esercenti un servizio di pubblica necessità” (art. 359 c.p.).

Occorre poi tenere in considerazione il fatto che la vendita di prodotti medicinali e la erogazione dei connessi servizi di pubblica utilità costituiscono attività economiche di rilevanza comunitaria che godono garanzia della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49 e seguenti del TFUE, con la conseguenza che ogni restrizione normativa che ne ostacoli o ne scoraggi l'esercizio da parte dei cittadini dell'Unione europea deve essere debitamente giustificata (Corte Giustizia UE sez. IV, 05/12/2013, n. 159).

In recepimento dei predetti principi anche il legislatore nazionale attraverso gli artt. 1 della L. 24 marzo 2012 n. 27 e 34, l. 22 dicembre 2011 n. 214 ha sancito che le disposizioni imponenti divieti, restrizioni oneri o condizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche sono da interpretarsi in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, affidando, quindi, al giudice un rigoroso controllo di proporzionalità nei confronti dei provvedimenti amministrativi e dei regolamenti che prevedano restrizioni alla libera iniziativa o che, comunque, siano suscettibili di alterare il libero gioco della concorrenza.

In applicazione delle predette disposizioni comunitarie e nazionali deve ritenersi che anche un regolamento comunale che ponga limiti alla ordinaria facoltà dell’imprenditore che si rivolge ad un’utenza indifferenziata di segnalare alla clientela l’ubicazione dell’esercizio costituisce una potenziale restrizione della libertà economica che deve essere adeguatamente giustificata da motivi di interesse generale sulla base di un bilanciamento operato secondo i criteri di proporzionalità e non discriminazione.

Sotto quest’ultimo profilo, nel caso di specie, assume rilevanza la circostanza che in relazione ad un’ampia fascia di servizi sanitari le parafarmacie svolgono la propria attività in regime di concorrenza con le farmacie, con la conseguenza che ogni trattamento differenziato suscettibile di favorire queste ultime deve trovare adeguata giustificazione negli “obblighi di servizio pubblico” (limitazioni territoriali alla apertura delle sedi in relazione alla cd. “pianta organica”, obblighi di apertura in orari predeterminati, turni, etc.) a cui esse, a differenza delle parafarmacie, sono soggette. Obblighi che impongono, è vero, forme di compensazione ma non giustificano qualsiasi tipo di trattamento differenziato.

Così se, da un lato la Corte di giustizia UE ha considerato legittima la normativa nazionale che impedisce alle parafarmacie la vendita di medicinali di fascia C necessitanti di prescrizione medica (ma con onere a carico dell’utente), in relazione agli effetti che ciò potrebbe comportare sulla sostenibilità economica degli esercizi farmaceutici costretti ad operare in sedi economicamente poco appetibili (sentenza 159/2013 cit.), dall’altro, la giurisprudenza del g.a. e la Autorità garante per la concorrenza hanno censurato forme di discriminazione fra le due categorie di imprese che non trovavano giustificazione nel particolare regime vincolistico che connota gli esercizi farmaceutici (ad es. sono stati considerati contrari alla normativa pro concorrenziale il divieto di svolgere attività di tecnico audioprotesista nei locali adibiti a parafarmacia - TAR Umbria, sez. I, 25/07/2014, n. 421 -l’affidamento in esclusiva alle farmacie della vendita di prodotti alimentari per celiaci - Agcm, 17/01/2013, n. 1603 -; l’affidamento alle sole farmacie del servizio di prenotazione delle visite specialistiche presso il SSNN - Agcm, 18/06/2014 -).

Per quanto concerne la specifica questione delle insegne la giurisprudenza, restando nel solco dell’orientamento di cui sopra, ha chiarito che l’installazione all’esterno dell’esercizio di una croce con impianto neon non costituisce affatto una prerogativa commerciale di pertinenza delle sole farmacie in quanto la legge riserva a tali esercizi soltanto il tratto connotativo del colore verde della croce (TAR, Roma, sez. II, 12/09/2012, n. 7697).

Alla luce delle suddette considerazioni l’art. 8 del regolamento delle insegne del comune di Firenze deve considerarsi illegittimo nella parte in cui consente alle sole farmacie la facoltà di esporre insegne a bandiera con la croce conformi alle tipologie tipiche ammesse nella zona A del centro storico laddove le caratteristiche ambientali e l’architettura dell’immobile lo consentano.

Invero, sebbene non possa essere negato che la tutela dei caratteri del centro storico costituisca un motivo imperativo di interesse generale che può comportare restrizioni alla libertà di impresa, tale esigenza, nella specie, risulta essere stata declinata in modo non conforme ai principi di non discriminazione proporzionalità. E ciò in quanto:

1) il simbolo della croce non si correla in modo specifico alle sole categorie di medicinali che le farmacie sono abilitate a commercializzare ma designa più comprensivamente l’offerta al pubblico di prodotti e servizi di pubblica utilità inerenti la cura della salute umana che la legge non riserva alle farmacie ma, casomai, ai farmacisti (non per nulla è proprio la croce a contraddistinguere il relativo ordine), attribuendo solo al colore verde valenza distintiva.

2) Pertanto, nel momento in cui la p.a. assuma che l’offerta al pubblico di servizi sanitari può giustificare una deroga al divieto di installazione di insegne a bandiera nel centro storico tale deroga deve essere estesa a tutti gli esercizi che svolgano tali attività, specie se in concorrenza fra loro.

3) L’interesse pubblico a salvaguardare (anche in modo capillare e diffuso) elementi architettonici di particolare pregio non può essere presidiato attraverso distinzioni astratte e discriminatorie fra “categorie di imprese” che offrono analoghi prodotti e servizi nel medesimo settore ma va tutelato a monte attraverso l’individuazione delle “tipologie di servizi” che per la loro utilità pubblica possono giustificare una deroga e a valle attraverso il giudizio discrezionale relativo alla compatibilità dell’insegna (della farmacia o parafarmacia poco importa) con le caratteristiche ambientali ed architettoniche, così come appunto prevede lo stesso art. 8 del censurato regolamento.

Fondato è altresì il primo motivo di ricorso.

E’ vero che l’art. 83 del regolamento edilizio e l’art. 8 del regolamento per le insegne del comune di Firenze subordinano la facoltà di installare le insegne a bandiera in centro storico ad un giudizio discrezionale basato sulla loro compatibilità con le caratteristiche ambientali ed architettoniche degli edifici sui quali esse devono essere collocate, tuttavia i criteri su cui si fonda in concreto tale giudizio e la loro applicazione al caso concreto devono essere esplicitati attraverso adeguata motivazione che, nel caso di specie, è del tutto mancata.

Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto con assorbimento dei restanti motivi.

Nel riesaminare l’istanza presentata dalla ricorrente, in esecuzione della sentenza, il comune di Firenze non potrà considerare come ragione ostativa alla installazione della insegna il fatto che essa designi l’offerta di servizi e prodotti sanitari da parte di una parafarmacia anziché di una farmacia e dovrà valutare se, in concreto, il manufatto risulti compatibile con le caratteristiche ambientali e l’architettura dell’immobile usando parametri imparziali e non discriminatori che tengano conto dei criteri già all’uopo utilizzati in casi simili ed esplicitando l’iter logico seguito con adeguata motivazione.

La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza,definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla:

1) in parte qua l’art. 8 comma 3 del regolamento per le insegne del comune di Firenze nei sensi di quanto specificato in motivazione;

2) l’impugnato provvedimento negativo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa in conformità ai criteri di cui in motivazione.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino,        Presidente

Rosalia Maria Rita Messina,  Consigliere

Raffaello Gisondi,      Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/03/2016

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