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Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale, 7/4/2016 n. 890
Parere sullo Schema di decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza dei servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124

Materia: pubblica amministrazione / attività

 

 

Numero 00890/2016 e data 07/04/2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

Consiglio di Stato

 

 

Adunanza della Commissione speciale del 15 marzo 2016

 

 

NUMERO AFFARE 00431/2016

 

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

Schema di decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza dei servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

 

LA COMMISSIONE SPECIALE

 

Vista la relazione n. 110/16/UL/P del 25 febbraio 2016, con la quale il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

 

Visto il decreto n. 24 del 1° marzo 2016, con cui il Presidente del Consiglio di Stato ha istituito una Commissione speciale per l’esame dello schema e l’espressione del parere;

 

Visto il contributo scritto fatto pervenire da Confindustria in data 4 marzo 2016;

 

Tenuto conto dell’audizione dei rappresentanti delle Amministrazioni proponenti, nelle persone del Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, avvenuta, ai sensi dell’art. 21 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, in data 15 marzo 2016;

 

Considerato che nell’adunanza del 15 marzo 2016, presente anche il Presidente aggiunto Ermanno De Francisco, la Commissione speciale ha esaminato gli atti e udito i relatori, consiglieri Gabriele Carlotti e Claudio Contessa.

 

PREMESSO

 

1. Svolgimento del procedimento.

 

Con nota, prot. n. 110/16/UL/P, del 25 febbraio 2016 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (d’ora in poi: Ministro) ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo indicato in oggetto.

 

Con decreto n. 24 del 1° marzo 2016 il Presidente del Consiglio di Stato ha istituito una Commissione speciale per l’esame dello schema e l’espressione del parere.

 

Applicando il metodo istruttorio anticipato nel parere n. 515/2016 (affare n. 343/2016), reso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 18 febbraio 2016, la Commissione speciale ha effettuato – ai sensi dell’articolo 21 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 – un’audizione dei rappresentanti delle Amministrazioni proponenti, nelle persone del Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il Capo dell’Ufficio legislativo del Ministro. L’audizione è avvenuta prima dell’adunanza, sempre in data 15 marzo 2016.

 

È altresì pervenuto un contributo scritto, contenente considerazioni sullo schema di decreto, elaborato dalla Confindustria, con nota del Vicepresidente per la Semplificazione e l’Ambiente al presidente della Sezione per gli atti normativi in data 4 marzo 2016.

 

Nel corso dell’audizione i componenti della Commissione speciale hanno formulato quesiti, ricevendone esaustiva risposta, in ordine a punti specifici dello schema di provvedimento.

 

Dopo la discussione (e, segnatamente, il 21 marzo 2016) è pervenuto il parere reso dalla Conferenza unificata il 3 marzo 2016.

 

Nell’adunanza del 15 marzo 2016 la Commissione speciale ha reso il presente parere.

 

 

 

2. Il contenuto della richiesta di parere.

 

La documentazione inoltrata con la richiesta di parere è completa: oltre alla relazione illustrativa inoltrata per ordine del Ministro, sono pervenuti i seguenti documenti: a) l’analisi tecnico-normativa (ATN); b) l’analisi d’impatto della regolamentazione (AIR); c) la relazione tecnico-finanziaria.

 

Come sopra accennato, oltre a tale documentazione, la Commissione speciale ha esaminato un documento di osservazioni di Confindustria (non anche il parere reso dalla Conferenza unificata).

 

Ulteriori, significativi elementi sono stati acquisiti nella menzionata audizione dei rappresentanti delle Amministrazioni proponenti del 15 marzo 2016.

 

 

 

3. La norma di delega.

 

Lo schema di decreto legislativo è stato predisposto in attuazione della delega conferita al Governo dall’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) per il riordino della disciplina della conferenza di servizi.

 

Tale disposizione di delega, rubricata “Conferenza di servizi”, recita:

 

“1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) ridefinizione e riduzione dei casi in cui la convocazione della conferenza di servizi è obbligatoria, anche in base alla complessità del procedimento;

 

b) ridefinizione dei tipi di conferenza, anche al fine di introdurre modelli di istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati al procedimento, limitatamente alle ipotesi di adozione di provvedimenti di interesse generale, in alternativa a quanto previsto dall’articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto dei princìpi di economicità, proporzionalità e speditezza dell’azione amministrativa;

 

c) riduzione dei termini per la convocazione, per l’acquisizione degli atti di assenso previsti, per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento;

 

d) certezza dei tempi della conferenza, ovvero necessità che qualsiasi tipo di conferenza di servizi abbia una durata certa, anche con l’imposizione a tutti i partecipanti di un onere di chiarezza e inequivocità delle conclusioni espresse;

 

e) disciplina della partecipazione alla conferenza di servizi finalizzata a:

 

1) garantire forme di coordinamento o di rappresentanza unitaria delle amministrazioni interessate;

 

2) prevedere la partecipazione alla conferenza di un unico rappresentante delle amministrazioni statali, designato, per gli uffici periferici, dal dirigente dell’Ufficio territoriale dello Stato di cui all’articolo 8, comma 1, lettera e);

 

f) disciplina del calcolo delle presenze e delle maggioranze volta ad assicurare la celerità dei lavori della conferenza;

 

g) previsione che si consideri comunque acquisito l’assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente che, entro il termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge;

 

h) semplificazione dei lavori della conferenza di servizi, anche attraverso la previsione dell’obbligo di convocazione e di svolgimento della stessa con strumenti informatici e la possibilità, per l’amministrazione procedente, di acquisire ed esaminare gli interessi coinvolti in modalità telematica asincrona;

 

i) differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza, secondo il principio di proporzionalità, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi la convocazione di riunioni in presenza;

 

l) revisione dei meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse in sede di conferenza per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento nei casi di conferenze decisorie; precisazione dei poteri dell’amministrazione procedente, in particolare nei casi di mancata espressione degli atti di assenso ovvero di dissenso da parte delle amministrazioni competenti;

 

m) possibilità per le amministrazioni di chiedere all’amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, purché abbiano partecipato alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini;

 

n) definizione, nel rispetto dei princìpi di ragionevolezza, economicità e leale collaborazione, di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la necessaria composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti; previsione per le amministrazioni citate della possibilità di attivare procedure di riesame;

 

o) coordinamento delle disposizioni di carattere generale di cui agli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, con la normativa di settore che disciplina lo svolgimento della conferenza di servizi;

 

p) coordinamento delle disposizioni in materia di conferenza di servizi con quelle dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’articolo 3 della presente legge;

 

q) definizione di limiti e termini tassativi per le richieste di integrazioni documentali o chiarimenti prevedendo che oltre il termine tali richieste non possano essere evase, né possano in alcun modo essere prese in considerazione al fine della definizione del provvedimento finale.

 

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato.

 

3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.”.

 

Il Legislatore delegante ha, in tal modo, perseguito l’obiettivo di riformare integralmente, a più di venti anni di distanza dall’adozione della legge 7 agosto 1990, n. 241, il principale istituto di semplificazione procedimentale.

 

Nella relazione illustrativa si chiarisce che la disciplina generale della conferenza di servizi, completamente sostituita dallo schema di decreto in esame, rientra nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione e che, pertanto, essa prevale sulle discipline legislative regionali.

 

 

 

4. La struttura e il contenuto dello schema di decreto legislativo.

 

Lo schema si compone di due Titoli.

 

Il Titolo I, composto dal solo articolo 1, reca le modifiche alla disciplina generale della conferenza di servizi, operate mediante la completa riformulazione del testo degli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

 

Il Titolo II, composto da sette articoli (dall’articolo 2 all’articolo 8), contiene, invece, le disposizioni di coordinamento fra tale disciplina generale e la normativa di settore che regola lo svolgimento della conferenza di servizi, in ossequio al criterio di delega di cui all’articolo 2, comma 1, lettera o), della legge n. 124 del 2015.

 

 

 

5. Il Titolo I: l’articolo 14 (Conferenze di servizi).

 

L’articolo 1, rubricato “Modifiche alla disciplina generale della conferenza dei servizi”, contiene la disciplina generale della conferenza di servizi e con esso si riscrivono integralmente gli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Nel comma 1 dell’articolo 14 (Conferenze di servizi), come sostituito dallo schema in esame, si specificano le varie tipologie di conferenze di servizi.

 

La conferenza di servizi istruttoria, in linea con l’attuale disciplina, è facoltativa e può essere indetta dall’amministrazione procedente, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento, ovvero in più procedimenti connessi, riguardanti medesime attività o risultati. La scelta delle relative modalità di svolgimento è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione procedente, che può eventualmente adottare lo schema procedimentale stabilito per la conferenza decisoria ai sensi del successivo articolo 14-bis, del pari novellato, oppure definire modalità diverse.

 

Al comma 2 della disposizione si stabilisce che la conferenza di servizi decisoria deve essere sempre indetta dall’amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento, ovvero lo svolgimento di un’attività privata, è subordinata all’acquisizione di più atti di assenso, comunque, denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.

 

Il comma 3 dell’articolo 14 reca la disciplina della conferenza di servizi preliminare, che, in linea con l’attuale normativa, può essere indetta, per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’interessato, corredata, in assenza di progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di assenso. In tal caso, è previsto che la conferenza si concluda entro trenta giorni dalla data della richiesta e che i relativi costi siano a carico del richiedente. La conferenza si svolge sulla base degli atti e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento anche a seguito delle osservazioni degli interessati sul progetto definitivo. Si prevede, poi, che nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico la conferenza di servizi si esprima sul progetto preliminare, al fine di indicare le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente.

 

Il comma 4 della disposizione disciplina, infine, la conferenza di servizi nell’ipotesi in cui un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale (VIA). In particolare, si intende stabilire un coordinamento tra il procedimento finalizzato al rilascio del provvedimento autorizzatorio, comunque denominato, per l’esercizio di un’attività o la realizzazione di un impianto e quello relativo al giudizio di compatibilità ambientale che deve esprimersi sul relativo progetto.

 

La nuova formulazione prevede l’integrazione dei procedimenti attraverso l’indizione, da parte dell’amministrazione competente al rilascio della VIA, di un’unica conferenza di servizi dal carattere decisorio. In questo modo il giudizio di compatibilità ambientale espresso a seguito dei lavori della conferenza andrà a sostituire tutti gli atti di assenso, e non solo quelli ambientali (come, invece, previsto dall’attuale formulazione del comma 4 dell’articolo 26 del decreto legislativo n. 152 del 2006), necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell’impianto. Sul piano procedurale, il comma 4 stabilisce che detta conferenza, convocata in modalità sincrona ai sensi dell’articolo 14-ter, sia indetta non oltre dieci giorni dall’esito della verifica documentale di cui all’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e che i relativi lavori si concludano entro il termine di conclusione del procedimento VIA di cui all’articolo 26, comma 1, del suddetto decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

Si precisa che restano ferme le disposizioni per i procedimenti relativi a progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, nonché la speciale disciplina della conferenza di servizi in materia di valutazione di impatto ambientale per le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e per gli insediamenti produttivi.

 

 

 

6. Segue: l’articolo 14-bis (Conferenza semplificata).

 

Nel nuovo testo dell’articolo 14-bis (Conferenza semplificata) sono contenute le disposizioni che regolano la conferenza che si svolge in forma semplificata e in modalità asincrona, precisando al comma 1 che la conferenza decisoria di cui al precedente articolo 14, comma 2, debba svolgersi di regola con queste modalità, salvo che ricorrano le ipotesi di cui ai commi 6 e 7. Si stabilisce, poi, che le comunicazioni debbano avvenire secondo le modalità previste dall’articolo 47 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (e, quindi, anche con posta elettronica ordinaria).

 

Al comma 2 si prevede un termine di cinque giorni per l’indizione della conferenza, decorrente dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, nel caso di procedimento a iniziativa di parte. Entro tale termine l’amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate:

 

a) l’oggetto della determinazione da assumere, l’istanza e la relativa documentazione, ovvero le credenziali per l’accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell’istruttoria;

 

b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere integrazioni documentali e chiarimenti; tali richieste, tuttavia, non determinano la sospensione o l’interruzione del termine di cui alla successiva lettera c);

 

c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento; se tra le suddette amministrazioni vi sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, ove non sia previsto un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni;

 

d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona di cui all’art. 14-ter, da tenersi entro dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui alla lettera c), fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

 

Al comma 3 si indicano i requisiti che devono possedere le determinazioni delle amministrazioni coinvolte relative alla decisione oggetto della conferenza. Le amministrazioni coinvolte devono rendere tali determinazioni entro il termine perentorio di cui al comma 2, lettera c). Tali determinazioni, congruamente motivate, devono essere formulate in termini di assenso o dissenso e indicare in quest’ultimo caso le modifiche necessarie ai fini dell’assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso devono essere, inoltre, chiare e analitiche e specificare se sono relative a un vincolo normativo, ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico.

 

Al comma 4 si prevede che, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni, ferme restando le responsabilità dell’amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti della stessa, per l’atto di assenso reso, ancorché implicito.

 

Si prescrive, poi, al comma 5, che, scaduto il termine di cui al comma 2, lettera c), l’amministrazione procedente adotti, entro cinque giorni, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza. Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l’amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l’effetto del rigetto della domanda.

 

I commi 6 e 7 del novellato articolo 14-bis specificano i casi in cui va indetta una conferenza “simultanea”.

 

Il comma 6 si stabilisce che, “Fuori dei casi di cui al comma 5”, l’amministrazione procedente, ai fini dell’esame contestuale degli interessi coinvolti, svolga la riunione della conferenza in modalità sincrona, ai sensi del successivo articolo 14-ter, nella data fissata ai sensi del comma 2, lettera d), dell’articolo 14-bis, ossia tra il quarantacinquesimo e il cinquantacinquesimo giorno dall’indizione della conferenza.

 

La possibilità per l’amministrazione procedente di attivare direttamente la conferenza di servizi in forma simultanea e in modalità sincrona è espressamente prevista, infine, nel comma 7, ove ritenuto necessario in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere; in tal caso la conferenza è indetta mediante la comunicazione alle altre amministrazioni delle informazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 2 e la convocazione della riunione entro i successivi quarantacinque giorni. L’amministrazione procedente può indire la conferenza in forma simultanea e in modalità sincrona anche su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato; in questo secondo caso la riunione ha luogo nella data previamente comunicata ai sensi della lettera d) del comma 2, ossia tra il quarantacinquesimo e il cinquantacinquesimo giorno dall’indizione.

 

 

 

7. Segue: l’articolo 14-ter (Conferenza simultanea).

 

Nel nuovo testo dell’articolo 14-ter (Conferenza simultanea) si dettano le disposizioni che regolano la conferenza di servizi che si svolge in forma simultanea e in modalità sincrona.

 

La riunione di detta conferenza si tiene nella data previamente comunicata con la partecipazione contestuale, ove possibile anche in via telematica, dei rappresentanti delle amministrazioni competenti (comma 1), stabilendosi al comma 2 che i lavori debbano concludersi non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della riunione di cui al comma 1, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

 

Il comma 3 reca il principio generale secondo cui ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza.

 

I commi 4 e 5 attengono alla nuova figura del rappresentante unico.

 

Al comma 4 si stabilisce che, ove alla conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali siano rappresentate da un unico soggetto, abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per le amministrazioni periferiche, dal dirigente dell’Ufficio territoriale dello Stato (ex Ufficio territoriale del governo, così trasformato dall’articolo 8 della stessa legge n. 124 del 2015). Si prevede, poi, che, ferma restando l’attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possano comunque intervenire ai lavori della conferenza, ma esclusivamente in funzione di supporto. Quelle tra loro che, ai sensi del successivo articolo 14-quinquies, possono proporre opposizione, possono altresì formalizzare al rappresentante unico il proprio dissenso, ai fini della stessa opposizione.

 

Ai sensi del comma 5 ciascuna amministrazione regionale e locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutti gli enti ed organismi ricompresi nel rispettivo livello territoriale di governo nonché l’eventuale partecipazione di questi ultimi ai lavori della conferenza.

 

Al comma 6 si indica il criterio in base al quale, all’esito dell’ultima riunione, e comunque non oltre il termine finale di conclusione del procedimento, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater. Si stabilisce, dunque, che la determinazione di conclusione della conferenza simultanea debba essere assunta sulla base delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle amministrazioni. Si prevede altresì che debba considerarsi acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alla riunione, ovvero pur partecipando alla riunione non abbia espresso la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato.

 

 

 

8. Segue: l’articolo 14-quater (Decisione della conferenza di servizi).

 

Il comma 1 del nuovo testo dell’articolo 14-quater (Decisione della conferenza di servizi) contiene la previsione secondo cui la determinazione motivata di conclusione della conferenza adottata dall’amministrazione procedente sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.

 

Il comma 2 introduce la previsione innovativa secondo cui le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono, con congrua motivazione, sollecitare l’amministrazione procedente ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, purché abbiano partecipato anche per il tramite del rappresentante unico alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini.

 

Al comma 3 si dettano le disposizioni in tema di efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza. Si stabilisce, quindi, che, in caso di approvazione unanime, tale determinazione è immediatamente efficace. In caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, l’efficacia della determinazione è, invece, sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati ai sensi dell’articolo 14-quinquies e per il periodo utile all’esperimento della procedura di opposizione ivi prevista.

 

 

 

9. Segue: l’articolo 14-quinquies(Rimedi per le amministrazioni dissenzienti).

 

Con il nuovo testo dell’articolo 14-quinquies (Rimedi per le amministrazioni dissenzienti) si disciplina il procedimento di opposizione previsto in favore delle amministrazioni con posizione “qualificata”, che abbiano espresso un dissenso motivato in seno alla riunione della conferenza.

 

Al comma 1 si prevede che, entro dieci giorni dall’adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità possano proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Si prevede, poi, che per le amministrazioni statali l’opposizione debba essere proposta dal Ministro competente.

 

Ai sensi del comma 2 sono legittimate a proporre opposizione entro lo stesso termine anche le amministrazioni delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano, il cui rappresentante, intervenendo in una materia spettante alla rispettiva competenza, abbia manifestato un dissenso motivato in seno alla conferenza.

 

Al comma 3 si prevede che la proposizione dell’opposizione sospende l’efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza.

 

Con i commi 4, 5 e 6 si disciplinano le due fasi in cui si articola il procedimento di opposizione. La sede in cui si svolge la prima fase è stata individuata nella Presidenza del Consiglio dei ministri, che indice, entro quindici giorni dalla ricezione dell’opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l’individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti. Qualora alla conferenza di servizi abbiano partecipato amministrazioni delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano e l’intesa non venga raggiunta nella predetta riunione, si prevede la possibilità di indire, entro i successivi quindici giorni, una seconda riunione che si svolge con le medesime modalità e allo stesso fine.

 

Qualora all’esito delle riunioni di cui ai commi 4 e 5 sia raggiunta un’intesa tra le amministrazioni partecipanti, l’amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza. Qualora all’esito delle suddette riunioni e, comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l’intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri. La questione è posta, di norma, all’ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine per raggiungere l’intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri possono partecipare i Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate. Qualora il Consiglio dei ministri non accolga l’opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza acquisisce definitivamente efficacia. Il Consiglio dei ministri può comunque adottare una deliberazione con contenuti prescrittivi, anche in considerazione degli esiti delle suddette riunioni. Tale deliberazione sostituisce la determinazione di conclusione della conferenza.

 

Restano ferme le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano dagli statuti speciali di autonomia e dalle relative norme di attuazione (comma 7).

 

 

 

10. Il Titolo II.

 

10.1 Gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del Titolo II contengono disposizioni volte a coordinare la nuova disciplina generale della conferenza dei servizi, come modificata dall’articolo 1 dello schema di decreto, con le varie discipline settoriali.

 

 

 

10.2 L’articolo 2 introduce modifiche al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. La disposizione interviene, in particolare, sugli articoli 5 (Sportello unico per l’edilizia - SUE) e 20 (Procedimento per il rilascio del permesso di costruire) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Al comma 3 dell’articolo 5 la soppressione delle parole “direttamente o tramite conferenza di servizi” rende obbligatoria l’indizione della conferenza nell’ambito del procedimento per il rilascio del permesso di costruire avviato presso il SUE.

 

Con l’abrogazione, alla lettera g), del comma 3 dell’articolo 5, delle parole da “fermo restando” a “codice” si intende allineare la disciplina edilizia alla nuova disciplina generale in base alla quale nella conferenza di servizi nessun interesse, compreso quello posto alla tutela dei beni culturali e del paesaggio, può, di per sé, bloccare la conclusione del procedimento.

 

Le previste, plurime modifiche dell’articolo 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 sono volte a rendere omogenea, rispetto alla novellata disciplina generale dell’istituto, le regole sulla conferenza dei servizi prevista nell’ambito del procedimento finalizzato all’adozione del permesso a costruire.

 

 

 

10.3 L’articolo 3 provvede a modificare la disciplina della conferenza di servizi nell’ambito dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP). Sono modificate le condizioni di avvio della conferenza attualmente previste dall’articolo 38, comma 3, lettera f), del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, nonché la natura e le modalità operative della conferenza stabilite dall’articolo 7 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160. In particolare vengono abrogate la previsione della facoltatività dell’indizione della conferenza e la condizione di avvio obbligatoria nel caso in cui i procedimenti necessari per acquisire le intese, nulla osta, concerti o assensi abbiano una durata superiore ai 90 giorni, trattandosi di ipotesi assorbita dal criterio più ampio della complessità previsto dalla disciplina generale.

 

 

 

10.4 L’articolo 4 incide sulla disciplina adottata in materia di Autorizzazione unica ambientale (AUA). Muovendo dal presupposto che la disciplina per il rilascio dell’AUA sia stata costruita sul modello del SUAP, vengono eliminate le disposizioni dell’articolo 4 del d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, che prevedono una conferenza di servizi facoltativa (nei casi in cui i termini dei procedimenti necessari per acquisire gli atti di assenso siano inferiori a 90 giorni) e una obbligatoria (quando gli stessi termini superino i 90 giorni). A tal fine è prevista la soppressione del secondo periodo del comma 4, dell’articolo 4 e dell’ultimo periodo del comma 5 del medesimo articolo.

 

 

 

10.5 L’articolo 5 opera il coordinamento con la disciplina della conferenza di servizi prevista nell’ambito del Codice dell’ambiente. In particolare, sono abrogate le disposizioni che prevedono l’indizione facoltativa della conferenza di servizi e sono modificate le disposizioni di rinvio alla vecchia formulazione degli articoli 14 e seguenti.

 

 

 

10.6 L’articolo 6 prevede, al comma 1, che, nel caso di conferenza di servizi indetta per interventi che richiedono l’autorizzazione paesaggistica, l’amministrazione procedente effettui la comunicazione di cui all’articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dallo schema di decreto, sia all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, se diversa dall’amministrazione procedente, sia al soprintendente che deve esprimere il parere di cui all’articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Ai sensi del comma 2, nel caso in cui l’amministrazione procedente sia competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la documentazione di cui all’articolo 14-bis, comma 2, lettera a), della legge n. 241 del 1990, come modificato dallo schema di decreto in esame, include anche la relazione tecnico-illustrativa e la proposta di provvedimento da trasmettersi al soprintendente ai sensi dell’articolo 146, comma 7, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

 

In base al comma 3 il soprintendente esprime comunque il parere di cui all’articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 entro il termine di cui all’articolo 14-bis, comma 2, lettera c), della legge n. 241 del 1990, come modificato dallo schema di decreto, termine che in questo caso non può essere inferiore a quarantacinque giorni.

 

 

 

10.7 L’articolo 7 introduce la disposizione transitoria, ai sensi della quale, nelle more del recepimento della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, in caso di affidamento di concessione di lavori pubblici, la conferenza di servizi è convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest’ultimo, dal concessionario entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale. Quando la conferenza è convocata ad istanza del concessionario spetta in ogni caso al concedente il diritto di voto.

 

 

 

10.8 L’articolo 8 contiene una clausola generale di coordinamento, ai sensi della quale i rinvii operati dalle disposizioni vigenti agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificati dallo schema di decreto.

 

 

 

11. Gli obiettivi dell’intervento normativo.

 

L’intervento di riforma della disciplina generale della conferenza di servizi si inserisce in un processo di complessiva modernizzazione e di semplificazione dell’amministrazione, avviato con la legge n. 124 del 2015.

 

 

 

11.1 Con lo schema di decreto legislativo in esame si mira ad introdurre un nuovo modello generale di conferenza di servizi che possa rappresentare un significativo avanzamento sul piano della semplificazione dei procedimenti amministrativi.

 

La conferenza di servizi è, difatti, uno dei principali strumenti di semplificazione introdotto in via generale nell’ordinamento dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 per velocizzare i meccanismi decisionali delle amministrazioni pubbliche quando sono coinvolti una pluralità di interessi. La composizione degli interessi pubblici, parte rilevante del processo decisionale dell’amministrazione centrale e locale, costituisce, sia per le stesse amministrazioni sia per i privati, un elemento di costo rilevante: la conferenza di servizi fu, quindi, introdotta per ridurre i costi del processo decisionale pubblico e accelerarne i tempi, mediante la convocazione di apposite riunioni aperte alla partecipazione delle amministrazioni competenti, finalizzate all’adozione di un provvedimento amministrativo, anche pluristrutturato. La funzione originaria e primaria dell’istituto, ribadita dai diversi interventi normativi che hanno inciso sulla legge n. 241 del 1990, è quella di coordinare l’attività delle amministrazioni, attraverso una valutazione contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti, in vista di un risultato finale unitario.

 

 

 

11.2 Secondo quanto esposto dal Ministero, l’intervento normativo si pone i seguenti tre obiettivi:

 

a) ridurre i tempi e i casi in cui la conferenza di servizi è obbligatoria e semplificarne definitivamente i lavori, con conseguente maggiore efficienza del processo decisionale, anche tramite l’utilizzo di strumenti informatici;

 

b) introdurre l’obbligo di svolgere le conferenze di servizi di tipo decisionale in modalità semplificata “asincrona”, ossia con il coinvolgimento delle amministrazioni per via telematica e con la previsione di un termine perentorio entro il quale le stesse devono rendere le proprie determinazioni, nonché della regola secondo cui il silenzio equivale ad assenso senza condizioni. La riunione contestuale dei rappresentanti delle amministrazioni (in modalità simultanea “sincrona”) diventa dunque un passaggio eventuale che si realizza solo in due specifiche ipotesi, ossia quando il procedimento è particolarmente complesso ovvero nei casi in cui siano stati espressi dissensi che l’amministrazione procedente ritenga opportuno e possibile superare nel corso di una riunione in presenza. I lavori della conferenza simultanea comunque si concludono entro sessanta giorni dalla data della prima riunione;

 

c) semplificare radicalmente il modello decisionale, in quanto, nella conferenza di servizi contestuale, ove partecipino anche amministrazioni non statali, spetta ad un unico soggetto, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per le amministrazioni periferiche, dal dirigente dell’Ufficio territoriale dello Stato, rappresentare gli interessi delle amministrazioni statali coinvolte, esprimendo definitivamente, in modo univoco e vincolante, la posizione di tutte, ferma restando la possibilità, in capo alle singole amministrazioni statali, di intervenire comunque ai lavori della conferenza con funzione di supporto al rappresentante unico.

 

 

 

11.3 In definitiva, l’obiettivo dell’intervento normativo è la semplificazione del meccanismo di composizione dei vari interessi pubblici che entrano in gioco in un procedimento amministrativo complesso, nel cui contesto, fino ad oggi, si rendevano necessarie diverse riunioni con i rappresentanti delle amministrazioni competenti, con un conseguente aggravio del procedimento.

 

Per effetto delle nuove disposizioni, secondo l’auspicio espresso dal Ministro, si dovrebbe accrescere l’efficienza e l’efficacia dell’istituto di semplificazione e ottenere un notevole risparmio di tempo e di costi per i cittadini e le imprese, che interagiscano con le pubbliche amministrazioni, grazie alla minore frequenza degli incontri in presenza (dovuta allo svolgimento dei lavori in forma semplificata e in modalità asincrona), allo snellimento del processo decisionale (per l’intervento del rappresentante unico), nonché alla certezza di una decisione conclusiva della conferenza. In particolare, si ridurrebbero i casi di obbligatorietà della conferenza di servizi e sarebbero notevolmente semplificate le modalità di svolgimento, principalmente attraverso l’utilizzo di strumenti telematici; verrebbero con dette norme assicurati tempi certi nell’adozione delle decisioni, ferma restando la facoltà di opposizione da parte delle amministrazioni portatrici di interessi sensibili e di competenze esclusive, con la garanzia della massima partecipazione dei portatori di interessi al processo decisionale.

 

 

 

12. L’attività istruttoria compiuta.

 

Nella relazione ministeriale si riferisce che lo schema di decreto legislativo è stato elaborato all’esito di una preliminare attività istruttoria svolta dagli uffici e grazie all’impegno di un gruppo di lavoro appositamente costituito. Particolare attenzione è stata dedicata agli aspetti applicativi dell’istituto, ossia alle prassi amministrative che, consolidatesi nel tempo, avrebbero finito per superare le disposizioni normative rendendole obsolete o inapplicate, desuete o del tutto inefficaci.

 

Gli approfondimenti, svolti anche tramite consultazioni di amministrazioni regionali e associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative (Confindustria, CNA, Confcommercio), peraltro, già organizzate in tavoli di lavoro per l’attuazione dell’Agenda per la semplificazione 2015-2017, avrebbero fatto emergere gli aspetti di criticità della disciplina normativa, non superati né correttamente affrontati (e, talvolta, direttamente determinati) dalle numerose modifiche e integrazioni legislative intervenute negli ultimi venti anni.

 

 

 

CONSIDERATO:

 

 

 

1. Le raccomandazioni generali sulla riforma di cui alla legge n. 124 del 2015.

 

Questa Commissione Speciale ritiene, anzitutto, di dover fare rinvio alle considerazioni generali sulla riforma organica della pubblica amministrazione di cui alla legge n. 124 del 2015, nonché sul ruolo del Consiglio di Stato in sede consultiva e sull’importanza del monitoraggio nella fase attuativa dei nuovi decreti legislativi, esposte ai punti da 1 a 3 del “considerato” del parere reso, in esito all’adunanza della Sezione per gli atti normativi del 18 febbraio 2016 (n. 515/2016, sull’affare n. 343/2016), sul primo decreto attuativo della legge n. 124: quello recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza.

 

Molte delle considerazioni ivi espresse valgono anche – e, per certi aspetti, a maggior ragione – per la materia in oggetto, con particolare riferimento a:

 

- l’importanza di una legge che consideri la riforma della pubblica amministrazione come un ‘tema unitario’ (non, quindi, un’ulteriore riforma di singole parti dell’apparato pubblico, ma una riforma complessiva dei rapporti tra Stato e cittadino);

 

- la necessità di una ‘visione nuova’ della pubblica amministrazione, che si occupi con strumenti moderni e multidisciplinari di crescita e sviluppo e non più solo di apparati e gestione, che sia informatizzata e trasparente, che consideri l’impatto ‘concreto’ degli interventi sul comportamento dei cittadini, sulle imprese, sull’economia;

 

- la rilevanza cruciale di una solida fase di implementazione della riforma, anche dopo l’approvazione dei decreti attuativi;

 

- l’importanza, in particolare, della creazione di una cabina di regia per l’attuazione ‘in concreto’, che curi anche (rectius, soprattutto) gli strumenti non normativi di intervento quali: la formazione dei dipendenti incaricati dell’attuazione, la comunicazione istituzionale a cittadini e imprese sui loro nuovi diritti, l’adeguata informatizzazione dei procedimenti, etc.;

 

- il coinvolgimento dei destinatari/beneficiari delle nuove regole sin dalla impostazione della fase attuativa;

 

- l’importanza di una ‘manutenzione’ della riforma attraverso una fase di monitoraggio e verifica dell’impatto delle nuove regole, nonché con la definizione, se del caso, di interventi correttivi, o di quesiti per l’attuazione delle nuove normative da porre al Consiglio di Stato.

 

Le più approfondite considerazioni del parere n. 515/2016 (affare n. 343/2016) su tali punti devono, pertanto, ritenersi integralmente riprodotte dal parere in oggetto.

 

 

 

2. Le raccomandazioni generali sulla conferenza di servizi: evoluzione normativa e funzioni pratiche.

 

Fermo restando quanto più ampiamente affermato in sede di parere n. 515/2016 (affare n. 343/2016), una particolare riflessione si impone riguardo allo specifico istituto della conferenza di servizi.

 

 

 

2.1 Come riconosciuto dalla stessa relazione, si tratta dell’istituto-cardine per autorizzare l’avvio di attività in cui sono coinvolti più interessi pubblici.

 

Se la Segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) – riformata in parallelo alla conferenza dalla stessa legge n. 124 (su cui cfr. il recente parere di Commissione speciale n. 839/2016, affare n. 433/2016) – si riferisce di regola all’avvio delle attività più semplici, in quanto ‘libere’ e non necessitanti di alcun provvedimento autorizzativo, neanche per silentium, la conferenza di servizi si colloca dal lato opposto della scala delle complessità da gestire, e si riferisce alle attività che richiedono provvedimenti di assenso, comunque denominati, più complessi, sia per la presenza di più ampia discrezionalità amministrativa (a fronte di funzioni totalmente vincolate per la SCIA), sia per la più pregnante esigenza istruttoria sulle attività da autorizzare, sia per la presenza di molteplici amministrazioni coinvolte, con interessi pubblici spesso in dialettica tra loro.

 

Un istituto così rilevante merita – prima di essere riformato – una ricognizione consapevole dei problemi sottostanti e una identificazione delle cause per le quali essi non si reputano risolti né risolvibili (visto che se ne opera una totale riscrittura) con l’attuale meccanismo normativo, nonostante esso sia stato più volte riformato proprio a tale scopo.

 

 

 

2.2 Prima di svolgere qualunque considerazione sullo schema di decreto legislativo, giova allora ricostruire succintamente:

 

- la trama normativa sulla quale interviene il provvedimento (cfr. infra, punto n. 3), nonché

 

- la ratio e la funzione pratica dell’istituto della conferenza di servizi (cfr. infra, punto n. 4).

 

Da entrambe queste ricognizioni, infatti, si ricavano raccomandazioni generali e indicazioni interpretative (cfr. infra, punto n. 5) che possono:

 

- indirizzare la successiva analisi dello schema di articolato e le osservazioni di questo Consiglio di Stato;

 

- risultare utili per i cittadini, le amministrazioni, gli operatori pubblici e privati, nella successiva fase attuativa e interpretativa, anche in funzione di prevenzione delle incertezze e delle controversie.

 

Non a caso, la scelta del Presidente del Consiglio di Stato di costituire – per l’esame di questo e degli altri schemi di decreto attuativi della legge n. 124 – una Commissione speciale ad hoc, composta da Magistrati provenienti sia dalle Sezioni consultive che da quelle giurisdizionali, risponde anche all’esigenza di tener conto delle problematiche che emergono dal contenzioso che si è instaurato a causa di un quadro normativo non sempre chiaro e di una prassi applicativa non sempre univoca da parte delle amministrazioni.

 

 

 

3. Segue: l’evoluzione normativa dell’istituto della conferenza di servizi.

 

3.1 Quanto alla evoluzione legislativa, occorre rilevare che, già prima dell’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, la conferenza di servizi era stata più volte utilizzata dal legislatore in varie discipline di settore (ad esempio, nella legge 28 settembre 1939, n. 1822, in materia di trasporti in concessione; nella legge 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell’Enel; nella legge 29 ottobre 1987, n. 441, in materia di impianti di smaltimento dei rifiuti; nella legge 29 maggio 1989, n. 205, sui mondiali di calcio del 1990).

 

Poi, nel titolo IV nella legge n. 241 del 1990, dedicato agli strumenti di semplificazione dell’azione amministrativa, il legislatore introdusse una disciplina generale dell’istituto della conferenza dei servizi, con la duplice finalità di semplificare i procedimenti complessi e di mediare tra interessi, anche contrastanti, di diversi soggetti, sia pubblici sia privati (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, l agosto 2012, n. 4400).

 

 

 

3.2 La disciplina generale, contenuta nella legge n. 241 del 1990, è stata però oggetto di continui adattamenti, per adeguarne la fisionomia alle diverse esigenze emerse nella sua applicazione pratica.

 

Senza pretese di esaustività, può riferirsi che hanno inciso sulla disciplina della conferenza di servizi la legge 24 dicembre 1993, n. 537; il decreto legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito dalla legge 11 luglio 1995, n. 273; la legge 15 maggio 1997, n. 127; la legge 16 giugno 1998, n. 191; la legge 24 novembre 2000, n. 340; la legge 11 febbraio 2005, n. 15 e, più di recente, la legge 18 giugno 2009, n. 69, modificata dal decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; il decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134; il decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.

 

 

 

3.3 Va poi ricordato che le disposizioni della legge n. 241 del 1990 in materia di conferenza dei servizi sono considerate, a norma dell’articolo 29, comma 2-ter, della stessa legge, indispensabili per garantire i livelli essenziali delle prestazioni relative a diritti civili e sociali e, quindi, la competenza legislativa a dettare norme generali in tale ambito spetta allo Stato a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost. (il predetto comma 2-ter dispone che: “Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano.”).

 

 

 

4. Segue: la ratio e le funzioni pratiche della conferenza di servizi.

 

La propensione della conferenza di servizi a calamitare (più di altri istituti della legge n. 241) continue rivisitazioni del legislatore – le quali hanno accomunato pressoché tutte le legislature e quasi tutti i Governi dal 1990 ad oggi – può rinvenirsi, almeno in parte, nella duplice, ambiziosa ratio dell’istituto.

 

 

 

4.1 La prima, e originaria, risponde all’esigenza (senza dubbio innovativa, al momento della sua introduzione nel 1990) di creare nel sistema un meccanismo di ‘valutazione contestuale’ degli interessi pubblici coinvolti dal medesimo procedimento, inducendo il titolare di ciascun interesse pubblico settoriale a farsi carico, nel momento in cui esprime il suo punto di vista, degli ulteriori interessi pubblici che vengono contestualmente in rilievo ai fini dell’emanazione dell’atto finale.

 

La logica è quella di valorizzare la valenza dinamica del procedimento rispetto a quella statica dei singoli provvedimenti in successione tra loro, di sostituire ad una serie di valutazioni separate di singoli interessi pubblici – in cui ciascuna amministrazione tende ad ‘assolutizzare’ quello per la quale è preposta, ponendo se stessa al centro del problema – un ‘dialogo tra amministrazioni’ che conduce ad una valutazione unica, globale e contestuale di tutti gli aspetti coinvolti. Poiché unico è il risultato finale cui si mira, unico è il tessuto di interessi su cui si incide, unica è, spesso, la pretesa sostanziale del privato o dell’impresa che ha richiesto l’(articolato, se non frammentato) intervento pubblico.

 

In altri termini, può affermarsi che la conferenza di servizi ha innovato le modalità attraverso le quali le pubbliche amministrazioni determinano la loro volontà provvedimentale modificando le tradizionali regole di esercizio dei poteri discrezionali.

 

 

 

4.2 A questa prima ratio se ne è ben presto affiancata una seconda: semplificare e accelerare i processi decisionali delle amministrazioni coinvolte, superando l’originario principio di unanimità.

 

Tale seconda ratio derivava, da un lato, dalla ‘complessità patologica’ conseguente all’alto tasso di dispersione delle funzioni amministrative insito nel sistema nazionale, ma, dall’altro, da una ‘complessità fisiologica’ tipica dei moderni sistemi amministrativi democratici (e messa spesso in risalto, ad esempio, dall’OCSE): quella di riconoscere una pluralità di interessi pubblici meritevoli di tutela, non necessariamente collocati dalla legge (e neppure, talora, dalla Costituzione) in un ordine gerarchico o di prevalenza, ma spesso anzi collocati in posizione di equiordinazione. In tale contesto, il contemperamento fra essi viene sempre più spesso realizzato con moduli orizzontali e consensuali, e sempre più raramente con moduli verticali e gerarchici. L’interesse pubblico non è più rigidamente predeterminato e imposto, ma costituisce in concreto la risultante di un processo di formazione cui sono chiamati a partecipare – in posizione tendenzialmente paritaria – sempre più soggetti, compartecipi di un’opera di contemperamento fra i diversi interessi pubblici alla tutela dei quali ciascuno di essi è preposto.

 

L’equiordinazione tra interessi pubblici rende, però, difficile pervenire a una decisione finale, poiché richiede un consenso unanime tra tutti i partecipanti.

 

Per risolvere tale difficoltà emerge la seconda ratio della conferenza di servizi: quella della semplificazione, che affida alla disciplina procedimentale la soluzione del problema lasciato insoluto dalla disciplina sostanziale, anche a costo di introdurre, nell’esame contestuale di cui alla prima ratio, meccanismi di scelta e di prevalenza tra le diverse posizioni assunte.

 

 

 

4.3 Al ragionevole contemperamento di queste due funzioni diverse (e per certi versi antagoniste) della conferenza di servizi è stata indirizzata la maggior parte (se non la totalità) dei successivi interventi del legislatore.

 

La stessa legge delega n. 124 – come si vedrà infra, al punto 6 – introduce indubbiamente vari elementi di novità, ma una parte rilevante di quelle che in passato erano state considerate ‘innovazioni procedimentali’ è stata sostanzialmente riconfermata, al di là della riformulazione testuale.

 

Alla stregua di quanto esposto, la estrema frequenza degli interventi legislativi e la oggettiva complessità del meccanismo della conferenza di servizi (che però deriva, come si è detto, anche da ragioni fisiologiche) devono costituire per il legislatore delegato un elemento di attenta riflessione.

 

L’auspicio non può che essere quello che la presente, integrale, riscrittura – animata dalle medesime, ottime intenzioni – si riveli essere più efficace delle molteplici precedenti.

 

A tale scopo, le osservazioni della Commissione speciale che seguono mirano, costruttivamente, alla realizzazione di un meccanismo giuridico e procedimentale che sia in grado di funzionare nel modo più scorrevole ed efficace possibile.

 

Ma, dopo tanti altri tentativi, appare quantomeno opportuno chiedersi se la soluzione non possa risiedere anche (forse soprattutto) in interventi ulteriori, e di tipo diverso, rispetto a quello della novella degli articoli 14 e seguenti della legge n. 241: alcuni di essi sono suggeriti al successivo punto 5.

 

 

 

5. Segue: la rilevanza decisiva di misure esterne alla conferenza, o ‘non normative’. Graduazione degli interessi pubblici, formazione dedicata, comunicazione istituzionale e monitoraggio delle prassi applicative.

 

5.1 Come esposto in precedenza, uno dei principali problemi della conferenza di servizi, nata per garantire un unico luogo di confronto ‘interpubblicistico’ alle posizioni e agli interessi riguardanti un dato procedimento amministrativo, è quello di aver dovuto spesso supplire alla impossibilità (o talvolta alla incapacità) del regolatore di definire gerarchie di finalità e di interessi, tentando di rimediare a tale mancanza con meccanismi procedimentali.

 

Dal punto di vista pratico, in assenza di indicazioni legislative in merito alla graduazione degli interessi pubblici, è stato affidato alla capacità (se non alla mera buona volontà) dei soggetti presenti in conferenza la composizione dei valori in gioco. Testimonianza di tale tendenza sono i verbali delle conferenze, a volte molto lunghi e pieni di prescrizioni poco chiare, perché poco chiaro è il criterio di composizione degli interessi.

 

Peraltro, ciò – in determinati casi – ha comportato che alcune amministrazioni deputate alla tutela di interessi ‘primari’ venissero percepite come puramente interdittive sia dalle altre amministrazioni, sia da parte di cittadini e imprese.

 

In merito al bilanciamento tra valori, è significativo il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013, laddove afferma: “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona.”.

 

Appare, pertanto, opportuno che alla semplificazione procedimentale della conferenza si accompagni un’attività di semplificazione sostanziale, che si concretizzi in politiche pubbliche capaci di regolare e graduare i diversi interessi, allo scopo di rendere più agevole la loro composizione.

 

 

 

5.2 In secondo luogo, occorre concentrarsi su essenziali misure ‘non normative’ di sostegno alla riforma.

 

Come si è detto, se la legge non riesce a definire la priorità tra gli interessi pubblici in gioco, allora tale compito ricade sull’amministrazione procedente (che peraltro è stata progressivamente responsabilizzata dagli interventi legislativi degli ultimi anni, almeno dal 2000 in poi).

 

Certo, tale amministrazione deve poter contare su un meccanismo che funzioni e che le consenta di assumere responsabilmente decisioni chiare nei tempi previsti: lo schema, con le integrazioni proposte dal presente parere, potrà ragionevolmente assicurarlo.

 

Ma il meccanismo costruito dalla legge non è sufficiente senza il ‘fattore umano’.

 

L’amministrazione (rectius, l’amministratore) procedente deve infatti anche essere ‘capace’, da un punto di vista organizzativo-procedimentale, di condurre la conferenza di servizi verso la tempestiva assunzione della decisione finale – positiva o negativa che sia – conoscendo nel dettaglio e utilizzando tutti gli strumenti procedimentali che la legge gli offre (e che meglio gli offrirà in futuro).

 

Deve essere ‘capace’, da un punto di vista professionale, di preferire, alla ricerca del compromesso tra amministrazioni, la soluzione – positiva o negativa che sia – del problema dei cittadini (soluzione che passa attraverso una efficace sintesi degli interessi pubblici in ciascuna fattispecie).

 

Deve essere ‘capace’, da un punto di vista giuridico, di assumersi le sue responsabilità senza timori piuttosto che preferire soluzioni più prudenti, ma meno efficaci o addirittura inutili.

 

Deve essere ‘capace’, da un punto di vista tecnico, di non limitarsi all’analisi dei profili giuridico-amministrativi nella valutazione dei diversi interessi pubblici, ma di considerare anche gli aspetti economici delle problematiche all’esame, misurando e quantificando l’impatto delle misure amministrative da adottare.

 

Tale opera di ‘capacitazione’ delle amministrazioni (rectius, degli amministratori) procedenti appare indispensabile, e su di essa occorre un’attenzione specifica del Governo.

 

Senza questo lavoro sul ‘fattore umano’, sulla capacità di gestione del procedimento (oggettivamente complesso, ma capace di funzionare se ben guidato) da parte degli amministratori, ogni nuovo meccanismo – giocoforza complesso – appare destinato a diventare l’ennesima ‘buona legge’ non applicata in concreto.

 

Si può scegliere di inserire una norma ad hoc nello schema in oggetto, oppure no: ciò che risulta comunque indispensabile è che si preveda comunque, ‘in concreto’, uno specifico piano di formazione sulla conferenza, che ben potrebbe essere affidato alla supervisione della riformata Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA) nel suo ruolo di ente unico di eccellenza preposto alla formazione dei dipendenti pubblici ai sensi delle recenti riforme di cui al d.lgs. n. 178 del 2009, n. 178 e al d.l. n. 90 del 2014.

 

 

 

5.3 Accanto a una strategia di formazione sistematica degli operatori pubblici, appare necessaria anche un’opera di comunicazione istituzionale delle potenzialità dei nuovi strumenti, di diffusione di una cultura del cambiamento, rivolta agli amministratori ma soprattutto agli operatori privati, affinché siano consapevoli che possono esigere un certo tipo di servizio, di tempistica, di partecipazione.

 

La scarsa comunicazione delle semplificazioni eventualmente introdotte rende inconsapevoli i privati dei loro nuovi diritti e verosimile il rischio di una loro rapida ‘atrofizzazione’ (ad opera delle amministrazioni, ma forse anche dei consulenti e professionisti interessati al mantenimento degli attuali oneri e adempimenti amministrativi).

 

 

 

5.4 Occorre, infine, che la fase di implementazione della riforma in atto venga accompagnata da adeguate misure di monitoraggio delle prassi applicative e di analisi dei relativi effetti, in particolare attraverso un adeguato ricorso allo strumento della verifica di impatto della regolamentazione (VIR) ai sensi dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246 e ai sensi del d.P.C.M. 19 novembre 2009, n. 212 (cfr., da ultimo, gli specifici riferimenti alla VIR contenuti nei pareri n. 764 del 10 marzo 2016, punto 12, e n. 855 del 1 aprile 2016, punto II.f) ).

 

Tali misure sono opportune, da un lato, per aiutare le amministrazioni ad attuare in modo omogeneo le norme sul territorio nazionale, dall’altro per individuare e se del caso sanzionare le ingiustificate difformità applicative.

 

Inoltre, proprio dal monitoraggio delle prassi si possono ricavare ‘buona pratiche’ da diffondere, ovvero elementi per un intervento correttivo ‘mirato’. In questo, il coinvolgimento costruttivo delle associazioni di categoria e in generale dei destinatari delle normative può rivelarsi prezioso.

 

Si potrebbe attribuire, allora, al Dipartimento per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ovvero alla cabina di regia ivi istituita, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il compito di monitorare l’attuazione della riforma e fare un rapporto sul funzionamento delle conferenze di servizi.

 

Anche le parti sociali, che pure si sono attivate in occasione di questo parere, possono rivestire un ruolo importante di impulso, di raccolta di dati e di problematiche operative, nonché di proposta sulla base dei problemi rilevati sul campo.

 

 

 

6. I principi e i criteri della delega di cui alla legge n. 124 del 2015: innovazioni e conferme.

 

Passando all’esame dell’articolato, occorre prendere le mosse dai numerosi criteri di delega di cui al citato art. 2 della legge n. 124, già esaminato in premessa. Ci si limita qui ad osservare che - come è stato già osservato nei primi commenti alla riforma avviata con la legge n. 124 del 2015 - solo alcuni di essi presentano contenuti davvero innovativi rispetto all’assetto normativo vigente, mentre sotto altri aspetti la legge n. 124 del 2015 non reca effettive novità.

 

Fra i profili maggiormente innovativi si ritiene qui di segnalare:

 

- la riduzione delle ipotesi in cui la conferenza di servizi è obbligatoria (si osserva al riguardo che la legge n. 340 del 2000 e la successiva legge n. 15 del 2005 stabilivano invece che la convocazione della conferenza rappresentasse la regola tutte le volte in cui fosse necessario, prima di adottare un determinato provvedimento, acquisire in via preventiva pareri, nulla osta e in genere atti di assenso da parte di altre amministrazioni);

 

- la possibilità di limitare l’obbligo di presenziare alle riunioni della conferenza ai soli casi di procedimenti complessi;

 

- la partecipazione in conferenza di un rappresentante unico anche per tutte le amministrazioni dello Stato (lettera e), n.2), laddove per le altre il principio è già previsto dall’attuale art. 14-ter, comma 6;

 

- l’espressa introduzione e la parziale disciplina del potere di autotutela (lettera m), laddove la materia era stata in precedenza lasciata al mero intervento giurisprudenziale;

 

- una disciplina fortemente innovativa delle modalità di superamento del dissenso, che assume ora la forma di un’opposizione dinanzi alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Qui di seguito si segnalano invece i principali aspetti in relazione ai quali la legge di delega non presenta particolari aspetti di novità rispetto al passato:

 

- l’individuazione tipologica delle diverse forme di conferenza di servizi (istruttoria, decisoria, preliminare);

 

- la generale riduzione dei termini per lo svolgimento dei lavori della conferenza (che si pone nel solco di un ormai consueto indirizzo di politica legislativa: cfr., tra le varie disposizioni, l’attuale art. 14-ter, comma 3);

 

- la concentrazione di tutti i procedimenti connessi (ivi compresi quelli relativi all’impatto ambientale e alla tutela degli aspetti paesaggistici e culturali) nel meccanismo della conferenza di servizi (attuale art. 14-ter, commi da 3-bis a 5);

 

- l’esaustività del provvedimento finale della conferenza, che sostituisce a tutti gli effetti ogni atto comunque denominato (attuale art. 14-ter, comma 6);

 

- il principio della decisione che tenga conto delle “posizioni prevalenti” in conferenza (attuale art. 14-ter, comma 6-bis);

 

- l’obbligo che il dissenso sia manifestato in conferenza, e che sia motivato e costruttivo (attuale art. 14-quater, comma 1);

 

- la generale applicazione nei rapporti fra le amministrazioni del principio del silenzio-assenso (ribadendo al riguardo l’opzione già espressa dal decreto-legge n. 78 del 2010: ma cfr. già l’attuale art. 14-ter, comma 7);

 

- la semplificazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza anche attraverso il ricorso a strumenti telematici (anche in questo caso si tratta di un’opzione che era stata già espressa dal decreto-legge n. 78 del 2010 e, prima ancora, dalla l. 15 del 2005: cfr. l’attuale art. 14-ter, comma 1).

 

 

 

7. Considerazioni sul Titolo I – Articolo 14 (Conferenze di servizi).

 

Nel procedere, ora, alle osservazioni sulle singole disposizioni, si avverte che in relazione al Titolo I, per comodità, si seguirà direttamente la numerazione di cui alla legge n. 241 nel testo proposto dallo schema di decreto legislativo in esame.

 

In relazione al Titolo II, invece, si tornerà a seguire la numerazione dello schema di decreto legislativo.

 

 

 

7.1 In relazione all’articolo 14, comma 2, primo e secondo periodo, si osserva che sia nelle ipotesi di cui al primo periodo, sia in quelle di cui al secondo periodo il presupposto per l’attivazione della Conferenza di servizi decisoria è ugualmente rappresentato dalla necessità di acquisire (fra gli altri) “atti di assenso comunque denominati”.

 

Quindi, l’attuale formulazione non rende chiaro quale sia l’effettivo tratto distintivo fra le ipotesi di cui al primo periodo (in cui la conferenza viene indetta dall’amministrazione procedente) e quelle di cui al secondo periodo (in cui la conferenza viene convocata da una delle amministrazioni competenti).

 

Se la ratio sottesa alla previsione di cui al secondo periodo è quella di differenziare le ipotesi in cui l’attività del privato è subordinata a distinti provvedimenti abilitativi (e non a semplici atti di assenso prodromici), ciò andrebbe meglio specificato.

 

 

 

7.2 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 2, secondo periodo, si suggerisce di operare un più adeguato raccordo fra la nozione di “amministrazioni competenti” e quelle (contenute al successivo articolo 14-bis, comma 2) di “amministrazione procedente” e “amministrazioni interessate”.

 

 

 

7.3 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 3, primo e secondo periodo, si chiede al Governo di valutare se sia davvero opportuno prevedere che il termine di trenta giorni per la conclusione della conferenza preliminare decorra dalla data della richiesta da parte dell’interessato (in tal modo comprendendo nel termine in questione anche il periodo richiesto dall’amministrazione competente per decidere se indire o meno la conferenza preliminare).

 

Vi è infatti il rischio che in questo modo (non essendo predeterminato il termine concesso all’amministrazione competente per decidere se indire o meno la conferenza) vi sia una sostanziale incertezza circa il termine che residuerà per le altre amministrazioni per concluderla, una volta che essa sarà indetta.

 

Vi è inoltre il rischio che (sempre in assenza di un termine predeterminato per l’amministrazione per decidere se indire o meno la conferenza) l’amministrazione competente lasci trascorrere i trenta giorni senza fornire alcuna risposta, in tal modo trasformando tale istituto da un beneficio per il privato (che può identificare le condizioni necessarie per ottenere l’assenso definitivo) a una controproducente perdita di tempo per il medesimo.

 

La disposizione potrebbe quindi essere integrata prevedendo almeno un obbligo dell’amministrazione ricevente di attivarsi entro un termine brevissimo (o, in alternativa, “immediatamente”) per indire la conferenza preliminare e trasmettere gli atti alle altre, ovvero per rispondere al privato sulla sua mancata volontà di procedere alla conferenza preliminare.

 

 

 

7.4 Un aspetto importante introdotto nel vigente regime della conferenza è la possibilità di una attiva partecipazione del privato. Tale partecipazione non è esplicitamente confermata dallo schema in esame, né in relazione alla conferenza preliminare né in relazione a quella definitiva.

 

Pertanto, già per quanto riguarda l’articolo 14, si rappresenta l’opportunità di prevedere in modo espresso la facoltà del richiedente di partecipare come osservatore alla conferenza preliminare onde avere pieno accesso ai relativi atti (salvo che vi ostino particolari ragioni connesse, ad esempio, a specifici divieti di divulgazione del materiale documentale scrutinato in conferenza).

 

Si osserva al riguardo che la possibilità per il soggetto proponente di partecipare ai lavori della conferenza – senza diritto di voto – è già attualmente riconosciuta dall’articolo 14-ter, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990: non si riscontrano ragioni per eliminare tale possibilità di partecipazione e di accesso, che spesso può rivelarsi utile anche per l’amministrazione, la quale può così contare sui contributi e sugli elementi forniti dai privati per la decisione finale.

 

 

 

7.5 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 3, terzo periodo, si chiede di chiarire il significato del termine “fasi successive del procedimento”. Se in tal modo si intende riferirsi alle modifiche e integrazioni che possono intervenire in sede di conferenza definitiva, probabilmente occorre specificarlo in modo più chiaro.

 

 

 

7.6 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 3, quarto ed ultimo periodo, il riferimento al “progetto preliminare” in relazione alle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico non appare del tutto esatto.

 

Ed infatti, lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo lo scorso 3 marzo (si tratta del nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”: cfr. il parere di Commissione speciale n. 855 del 1° aprile 2016), all’articolo 23, mira a sostituire la vecchia figura del “progetto preliminare” con quella del “progetto di fattibilità tecnica ed economica”.

 

Siccome il nuovo ‘Codice’ con ogni probabilità entrerà in vigore prima dello schema di decreto legislativo in esame, appare del tutto opportuno che quest’ultimo non operi riferimenti a disposizioni ed istituti che non saranno più operativi alla data della sua entrata in vigore.

 

 

 

7.7 Un altro aspetto rilevante – e altamente problematico, nell’ottica di una semplificazione – è quello del raccordo tra il meccanismo della conferenza di servizi e quello delle valutazioni ambientali VIA e VAS.

 

Al riguardo, si formulano due gruppi di osservazioni.

 

7.7.1 Per quanto concerne l’articolo 14, comma 4, primo e terzo periodo, valuti il Governo la possibilità di estendere – in un’ottica di concentrazione procedimentale – le previsioni di cui al primo periodo (secondo cui, in caso di progetti sottoposti a VIA regionale, tutti i necessari atti di assenso sono acquisiti nell’ambito della conferenza di cui all’articolo 25, comma 3 del T.U. ambientale) anche alle ipotesi di progetti sottoposti a VIA statale (mentre l’attuale formulazione, al terzo periodo, esclude in modo espresso tale possibilità).

 

Inoltre, non si comprende bene quali siano le disposizioni relative alla VIA statale che “restano ferme”, in quanto parte di esse è contenuta proprio nell’attuale art. 14-ter, che si va a sostituire integralmente.

 

7.7.2 Peraltro, occorre rilevare come il meccanismo oggi previsto all’articolo 14-ter, commi 4, 4-bis e 5 – e non riprodotto dallo schema in esame, né sostituito da uno alternativo – appaia chiaro ed efficace sotto almeno quattro profili:

 

- nel far confluire le procedure di VIA e di VAS all’interno della conferenza di servizi (secondo il principio secondo cui “se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi”, riferibile certamente anche alla VIA statale);

 

- nel prevedere che, “per assicurare il rispetto dei tempi”, l’amministrazione “può far eseguire anche da altri organi dell'amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. In tal caso gli oneri economici diretti o indiretti sono posti a esclusivo carico del soggetto committente il progetto”;

 

- nel semplificare una fase del procedimento “nei casi in cui l'intervento oggetto della conferenza di servizi è stato sottoposto positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS)”, poiché in tal caso “i relativi risultati e prescrizioni … devono essere utilizzati, senza modificazioni, ai fini della VIA”;

 

- nel chiarire che, “nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA”, all’amministrazione dell’ambiente non possono più applicarsi le disposizioni sul dissenso qualificato (che difatti “si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità”).

 

Non appare, dunque, motivata la ragione del superamento di tali previsioni, specie in presenza di una delega che impone di ridurre i tempi e semplificare i lavori della conferenza.

 

Difatti, non si comprende perché debba venir meno la possibilità che l’amministrazione possa far eseguire le attività istruttorie da altri organismi – ad es., gli istituti universitari – ponendo i relativi oneri a carico del richiedente che vi consenta, ovvero perché dopo il compimento positivo delle complesse procedure di VAS o di VIA, le medesime questioni possano ancora riproporsi in sede, rispettivamente, di VIA o di dissenso qualificato. Così come non è chiaro perché si debba rinunciare al principio secondo cui la procedura di VIA, scaduto il termine, confluisce in quella ‘omnicomprensiva’ della conferenza di servizi.

 

Né a ciò potrebbe obiettarsi che le descritte misure di accelerazione devono ritenersi superate dal meccanismo del rappresentante unico delle amministrazioni statali di cui al comma 4 del nuovo art. 14-ter dello schema, e quindi dalla confluenza delle competenze in materia ambientale in capo a un rappresentante statale non proveniente dal Ministero dell’ambiente, in quanto:

 

- il “restano ferme” di cui al comma 4 in questione risulterebbe ancor più contraddittorio se associato al rappresentante unico che assorbe tutte le competenze;

 

- dovrebbe comunque garantirsi lo svolgimento delle procedure di VIA e VAS imposte dalla normativa europea;

 

- quasi tutti i meccanismi sopra descritti (in particolare il secondo, il terzo e il quarto) possono comunque rivelarsi utili anche nei confronti del rappresentante unico.

 

Si invita pertanto il Governo a riconsiderare integralmente la disposizione in questione, non riducendo il tasso di semplificazione rispetto al sistema vigente.

 

 

 

7.8 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 4, terzo ed ultimo periodo, il richiamo alla speciale disciplina delle conferenza di sevizi in materia di valutazione di impatto ambientale per le infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale e per gli insediamenti produttivi non appare del tutto corretto.

 

Anche in questo caso si osserva che lo schema di nuovo ‘Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione’ (articolo 200 e seguenti) mira a superare espressamente la normativa speciale in tema di ‘grandi opere’ anche per quanto riguarda le procedure di VIA (conformemente, del resto alla legge di delega n. 11 del 2016, articolo 1, comma 1, lettera sss)).

 

Il riferimento in questione risulta quindi in via di superamento normativo.

 

 

 

7.9 Per quanto riguarda l’articolo 14, comma 2 (conferenza di servizi decisoria), nonché l’articolo 14-bis (conferenza semplificata) e l’articolo 14-ter (conferenza simultanea) appare opportuno chiarire quali siano i rapporti fra:

 

- da un lato, tali figure (nel loro complesso finalizzate ad acquisire secondo modalità semplificate atti di assenso comunque denominati) e

 

- dall’altro, il nuovo articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990 (per come introdotto dall’articolo 3 della legge n. 124 del 2015) il quale risulta a propria volta finalizzato ad acquisire secondo una particolare modalità ulteriormente semplificata per silentium i medesimi atti di assenso.

 

 

 

 

8. Considerazioni sul Titolo I – Articolo 14-bis (Conferenza semplificata).

 

8.1 L’assunzione di una decisione in tempi rapidi è da sempre una delle sfide più difficili dell’istituto della conferenza di servizi.

 

Lo schema mira a ridurre ulteriormente i tempi, nonché a garantirne un maggiore rispetto tramite meccanismi di concentrazione delle decisioni o di gestione costruttiva del dissenso (su questi due profili si dirà infra, ai punti successivi).

 

Tali riduzioni richiedono, però, una nuova verifica della sommatoria di tutti i termini previsti, per assicurare il rispetto del termine complessivo di conclusione delle conferenze in questione, che non appare prima facie scontato.

 

Per quanto riguarda l’articolo 14-bis, comma 2 (conferenza semplificata), nonché l’articolo 14-ter (conferenza simultanea) occorre infatti chiarire come sia possibile coniugare l’inciso contenuto al comma 2, lettera c) (il quale fa salvo l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento) con la tempistica derivante dalla sommatoria dei termini di cui all’alinea del comma 2, nonché di cui alle lettere b), c) (primo e secondo periodo) e d).

 

 

 

8.2 Un fattore importante per il rispetto dei termini finali è quello della limitazione delle richieste interlocutorie. Tale condivisibile principio, però, va integrato con quello della responsabilizzazione del privato alla presentazione di istanze complete e corredate da tutti gli elementi richiesti dalla legge.

 

Per quanto riguarda l’articolo 14-bis, comma 2, lettera b), pur prendendosi atto dell’evidente ratio di accelerazione e responsabilizzazione sottesa alla sua formulazione, si ritiene che le relative previsioni debbano essere integrate e precisate salvaguardando in modo esplicito le ipotesi in cui espresse disposizioni di legge prevedono oneri di allegazione probatoria e documentale in capo ai privati, in tal modo esentando l’amministrazione procedente dai relativi oneri di acquisizione d’ufficio (un esempio rilevante è quello della documentazione che il privato deve presentare a supporto dell’istanza di autorizzazione ai fini paesaggistici di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, art. 146, comma 3 e di cui al d.P.C.M. 12 dicembre 2005).

 

Per tali ipotesi occorrerà chiarire espressamente che si verifica un’eccezione alla regola generale dell’insensibilità del termine, fino all’assolvimento dell’onere gravante per legge sul soggetto interessato, specificando altresì quale sia l’effetto che in tali casi si determina (nel senso dell’interruzione, ovvero della sospensione del termine; con preferenza sistematica per il primo di tali istituti).

 

 

 

8.3 Per quanto riguarda l’articolo 14-bis, comma 3, secondo periodo in relazione al comma 5, ultimo periodo, si rileva una potenziale antinomia fra:

 

- il comma 3, secondo periodo (il quale sembra imporre comunque l’individuazione di una soluzione che rende assentibile l’istanza) e

 

- il comma 5, ultimo periodo (il quale, in modo più persuasivo, sembra riconoscere che in alcuni casi il dissenso è insuperabile).

 

Probabilmente, l’antinomia in questione si potrebbe superare aggiungendo al termine del comma 3, secondo periodo, le parole “, ove possibile” e aggiungendo al comma 5, ultimo periodo, dopo le parole “che non ritenga superabili”, le parole “ai sensi del periodo precedente”.

 

 

 

8.4 Per quanto riguarda l’articolo 14-bis, comma 3, ultimo periodo, si osserva che l’indicazione tipologica delle possibili cause del dissenso (operata in modo apparentemente tassativo indicando le prescrizioni e condizioni derivanti da vincoli normativi ovvero quelle discrezionalmente apposte) non risulta esauriente e dovrebbe essere quanto meno integrata indicando altresì i vincoli derivanti da atti amministrativi generali (come ad esempio le previsioni di Piano) che rappresentano tradizionalmente una delle principali cause ostative all’assentibilità delle opere e dei progetti.

 

Al fine di elidere il richiamato carattere di tassatività, si potrebbe valutare se inserire dopo le parole “e specificano” le parole “, ad esempio,”.

 

 

 

8.5 Per quanto riguarda l’articolo 14-bis, comma 4, primo periodo, occorrerebbe specificare se la “mancata comunicazione della determinazione entro il termine” faccia riferimento – come sembra – alla comunicazione “di cui al comma 2, lettera c)” (precisazione che potrebbe essere utilmente inserita nel testo).

 

 

 

8.6 All’articolo 14-bis, comma 5, si suggerisce di operare un adeguato raccordo fra la disposizione in questione (che all’ultimo periodo disciplina l’adozione della determinazione di conclusione negativa della conferenza) e l’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 (in tema di ‘Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza’).

 

A tal fine si suggerisce di inserire, dopo l’ultimo periodo, i seguenti: “Nei procedimenti di cui all’articolo 10-bis tale atto produce gli effetti della comunicazione ivi prevista. Le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al predetto articolo sono trasmesse dall’amministrazione procedente a quelle che hanno espresso il proprio dissenso e, in caso di non accoglimento delle osservazioni ricevute, se le predette amministrazioni confermano motivatamente il proprio dissenso nel termine all’uopo previsto al predetto articolo 10-bis, l’amministrazione procedente ne informa le altre parti del procedimento con effetto di rigetto della domanda”.

 

 

 

9. Considerazioni sul Titolo I – Articolo 14-ter (Conferenza simultanea).

 

9.1 Una delle novità della riforma è quella di distinguere tra una nuova conferenza semplificata (in modalità ‘asincrona’) e la classica conferenza simultanea (in modalità ‘sincrona’).

 

La terminologia dello schema non è, tuttavia, sempre chiara sul punto.

 

Per quanto riguarda l’articolo 14-ter, comma 1, al fine di garantire maggiore chiarezza e di non lasciare dubbi agli interpreti, si ritiene utile specificare se sussista una distinzione, ovvero un rapporto di specialità ovvero di continenza fra le ipotesi di conferenza “in forma simultanea” e quelle “in modalità sincrona”.

 

Il profilo rileva anche perché nessuno dei due termini è espressamente richiamato dalla legge di delega (la quale richiama – a contrario – la sola “modalità asincrona” [comma 1, lettera h)]).

 

 

 

9.2 Anche la rubrica dell’articolo 14-ter andrebbe eventualmente riconsiderata conseguentemente alla precisazione di cui al punto precedente.

 

 

 

9.3 Sotto un ulteriore profilo, l’introduzione di un meccanismo di conferenza asincrona, e quindi ‘semplificata’, non significa che sia sempre ‘più semplice’ farvi indistintamente ricorso. È il caso di quelle fattispecie per le quali è chiaro fin dal principio che occorre una conferenza ‘sincrona’: per esse, il preventivo ricorso alla conferenza semplificata si risolve, in ultima analisi, in una complicazione.

 

Tale esigenza è in qualche modo intercettata dal comma 7 dell’articolo 14-bis (là dove è stabilito che: “Ove necessario, in relazione alla particolarità complessità della determinazione da assumere, l’amministrazione procedente può comunque procedere direttamente in forma simultanea e in modalità sincrona …”); sennonché l’articolo 14-ter, comma 1 (in relazione all’articolo 14-bis, comma 2, lettera d)) – per come è formulato – sembra lasciar intendere che la conferenza simultanea in modalità sincrona debba sempre seguire l’avvio della conferenza semplificata, costituendone una sorta di necessaria evoluzione. Dovrebbe, invece, esser chiarito che l’ipotesi in cui la conferenza semplificata si evolve in modalità sincrona non copre l’intero spettro di opzioni; sicché, onde sciogliere il dubbio applicativo sopra descritto, sarebbe utile inserire nel comma 1 dell’articolo 14-ter un riferimento - anche attraverso un richiamo del comma 7 dell’articolo 14-bis - alla possibilità di un immediato avvio diretto della conferenza dei servizi in forma simultanea e in modalità sincrona, come prevede il suddetto comma 7.

 

 

 

9.4 Sempre all’interno dell’articolo 14-ter (e come già osservato in relazione all’articolo 14) si rappresenta l’opportunità di prevedere in modo espresso la facoltà del richiedente di partecipare come osservatore alla conferenza, onde avere pieno accesso si relativi atti (salvo che vi ostino peculiari ragioni connesse, ad esempio, a specifici divieti di divulgazione del materiale scrutinato in conferenza).

 

Si ripete, al riguardo, che la possibilità per il soggetto proponente di partecipare ai lavori della conferenza – senza diritto di voto – è già attualmente riconosciuta dall’articolo 14-ter, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, e che non si riscontrano ragioni per eliminare tale possibilità di partecipazione e di accesso, che spesso può rivelarsi utile anche per l’amministrazione, che può così contare sui contributi e sugli elementi forniti dai privati per la decisione finale.

 

 

 

9.5 L’articolo 14-ter, comma 4, disciplina una delle principali innovazioni della riforma: il rappresentante unico delle amministrazioni statali.

 

La Commissione speciale esprime il proprio favore per una disciplina che – integrata con le osservazioni che si vedranno – appare bilanciata, prevedendo:

 

- da un lato, una regolazione aperta e flessibile del rapporto tra rappresentante unico e altre amministrazioni statali, che non impone la preventiva fissazione di vincoli di ‘mandato imperativo’, ma lascia correttamente al rappresentante unico un margine discrezionale di azione, in relazione all’andamento dei lavori della conferenza;

 

- dall’altro, la possibilità di partecipazione e intervento, ma senza diritto di voto, delle altre amministrazioni, che potranno eventualmente far presenti in sede di conferenza gli elementi e le ragioni che non ritengono sufficientemente rappresentate, rivolgendosi direttamente all’amministrazione procedente o agli altri partecipanti non statali.

 

Proprio per rendere ancora più funzionale tale innovativo meccanismo, vanno tuttavia segnalati alcuni profili che richiedono interventi correttivi.

 

 

 

9.6 Un primo rilievo attiene alla individuazione del responsabile unico: non appare infatti del tutto chiara la dicotomia tra la nomina diretta da parte del “Presidente del Consiglio dei ministri” in caso di amministrazioni centrali, e quella da parte del “dirigente del relativo ufficio territoriale dello Stato” se si tratta soltanto di amministrazioni periferiche. In particolare, occorre specificare il senso del termine “relativo” riferito all’ “ufficio territoriale dello Stato”.

 

Al fine di evitare incertezze interpretative, se la ratio sottesa a tale disposizione è quella di demandare tale nomina (non all’amministrazione con le competenze prevalenti, o ad altra amministrazione diversamente individuata, bensì) al dirigente dell’U.T.G. (i.e.: al Prefetto) – scelta che appare anche più coerente con l’indicazione del Presidente del Consiglio per le amministrazioni centrali – occorrerebbe stabilirlo in modo più chiaro.

 

 

 

9.7 Occorre, poi, risolvere il problema della coesistenza tra il principio delle “posizioni prevalenti” espresse in conferenza e la riduzione a un solo partecipante per lo Stato.

 

La questione riguarda l’articolo 14-ter, comma 4, in relazione al successivo comma 6. Con l’attuale formulazione vi è il rischio che l’introduzione della figura del ‘rappresentante unico’ delle amministrazioni statali comporti la sistematica soccombenza delle posizioni espresse da tale rappresentante (che, in quanto unico partecipante statale alla conferenza con potere di esprimere la sua posizione, sarà tendenzialmente sempre in minoranza numerica rispetto agli altri partecipanti).

 

Occorrere allora chiarire in che modo si determinino tali “posizioni prevalenti” nell’ipotesi in cui più amministrazioni statali siano rappresentate dal ‘rappresentante unico’. Tale criticità potrebbe essere ovviata prevedendo forme di adeguata ponderazione ai fini deliberativi della posizione espressa dal ‘rappresentante unico’ in ragione della pluralità di amministrazioni rappresentate, ad esempio sostituendo, al comma 6, l’espressione: “posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle amministrazioni” con una del tipo: “posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle amministrazioni, tenendo conto anche delle posizioni delle amministrazioni rappresentate”.

 

 

 

9.8 Per quanto riguarda l’articolo 14-ter, comma 4, ultimo periodo, al fine di meglio raccordare tale disposizione con quella di cui al successivo articolo 14-quinquies, comma 1, relativa alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ecc., si propone di sostituire le parole “ai fini” con le parole “agli effetti”.

 

 

 

9.9 In relazione all’articolo 14-ter, comma 5, valuti il Governo se la previsione secondo cui “ciascuna amministrazione regionale e locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico di tutti gli enti ed organismi ricompresi nel rispettivo livello territoriale di governo” sia pienamente compatibile con i principio di c.d. ‘sussidiarietà verticale’, in particolare per quanto riguarda i rapporti fra le regioni e i livelli di governo infraregionali.

 

Inoltre, va meglio chiarita la portata della norma, scegliendo più chiaramente tra due alternative, incompatibili tra loro:

 

- ciascuna amministrazione regionale o locale nomina il proprio rappresentante unico da mandare in conferenza, al fine di evitare che ogni dipartimento invii il proprio rappresentante, ovvero

 

- viene designato un solo ‘rappresentante unico’ per ciascun livello di Governo.

 

 

 

9.10 Per quanto riguarda l’articolo 14-ter, comma 6, secondo periodo, occorrerebbe chiarire la previsione secondo cui si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni in cui rappresentante non abbia partecipato “alla riunione”: la previsione in parola potrebbe comportare criticità per il caso di conferenze articolate in più riunioni.

 

 

 

9.11 Ancora per quanto riguarda l’articolo 14-ter, comma 6, secondo periodo, occorrerebbe chiarire la previsione secondo cui si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni in cui rappresentante, pur avendo partecipato alle riunioni, “non abbia espresso la propria posizione”. Per ragioni di chiarezza sarebbe preferibile fare rinvio alle modalità di espressione di cui al precedente comma 3.

 

 

 

10. Considerazioni sul Titolo I – Articolo 14-quater (decisione della conferenza di servizi).

 

10.1 Per quanto riguarda l’articolo 14-quater, comma 1, sembra opportuno stabilire che i termini di validità di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell’ambito della conferenza di servizi, decorrono a far data dall’adozione del provvedimento finale.

 

Si tratta di una previsione del tutto analoga a quella di cui al vigente articolo 14-ter, comma 8-bis (nel testo introdotto dal D.L. 133 del 2014 – c.d. ‘sblocca-Italia’).

 

 

 

10.2 Per quanto riguarda l’articolo 14-quater, comma 2, si formula un’osservazione sulla previsione secondo cui le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare l’amministrazione procedente ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies (revoca) e 21-nonies (annullamento d’ufficio) della legge n. 241 del 1990, ma solo a condizione che abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante unico, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini.

 

Al riguardo appare opportuno distinguere:

 

- da un lato, le ipotesi di revoca (in cui l’esercizio di autotutela presuppone una nuova e/o diversa valutazione dell’interesse pubblico). In questo caso appare condivisibile la scelta di precludere una sorta di ripensamento da parte dell’amministrazione inerte;

 

- dall’altro, le ipotesi di annullamento per motivi di legittimità. In questo caso, invece, si ritiene che l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo dovrebbe prevalere sul consolidamento delle posizioni giuridiche (naturalmente, nei limiti in cui l’annullamento d’ufficio è ordinariamente consentito ai sensi della nuova regola generale di cui al novellato articolo 21-nonies della legge n. 241: cfr. il citato parere sulla SCIA n. 839 del 2016).

 

 

 

10.3 Ancora per quanto riguarda l’articolo 14-quater, comma 2, si suggerisce di precisare che l’adozione del provvedimento di autotutela con cui si travolgono gli effetti della determinazione motivata di conclusione, in quanto contrarius actus, deve pervenire all’esito di un procedimento in conferenza di servizi strutturato in modo simmetrico rispetto a quello che ha condotto all’adozione del provvedimento annullato o revocato.

 

E infatti, laddove si propendesse per la soluzione opposta (i.e.: nel senso che il potere di autotutela possa essere esercitato anche dalla sola amministrazione procedente), si consentirebbe a uno solo dei soggetti coinvolti nella vicenda di comportarsi quale sostanziale dominus della conferenza e dei relativi effetti (e questo rischio sarebbe particolarmente evidente nel caso di revoca per le ipotesi di “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”).

 

 

 

11. Considerazioni sul Titolo I – Articolo 14-quinquies (Rimedi per le amministrazioni dissenzienti)

 

La riforma del meccanismo del cd. dissenso qualificato costituisce, come si è detto, una delle principali innovazioni dello schema.

 

Il nuovo meccanismo appare condivisibile e idoneo ad apportare una effettiva semplificazione, con le seguenti osservazioni volte ad assicurarne un più fluido funzionamento.

 

In primo luogo, si rileva la mancanza, all’inizio dell’art. 14-quinquies (ma la sede potrebbe anche essere quella dell’art. 14-quater), di una chiara definizione dei requisiti generali per il dissenso, indipendentemente dal fatto se esso è ‘qualificato’ o meno. Tale definizione è attualmente presente al comma 1 dell’art. 14-quater, che dispone l’inammissibilità del dissenso che non sia “manifestato nella conferenza di servizi” e “congruamente motivato”, che non si riferisca “a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza” e non contenga “le specifiche indicazioni necessarie ad ottenere l’assenso”.

 

È opportuno che tali requisiti siano previsti dallo schema in via generale, come già avviene oggi, e non riferiti soltanto al ‘dissenso qualificato’. Ciò al fine di evitare che, nella pratica applicazione della norma, si tenga conto (anche per considerare le “posizioni prevalenti”) di dissensi privi dei requisiti minimi di ammissibilità.

 

Nel caso di conferenza asincrona, l’“espressione del dissenso in sede di conferenza” dovrebbe essere sostituito dal requisito di “espressione del dissenso nel termine perentorio”.

 

Per tale rilevante esigenza potrebbe essere utile l'inserimento di un comma ad hoc, che riproduca con adattamenti la disposizione vigente.

 

 

 

11.1 Per quanto riguarda l’articolo 14-quinquies in generale, si chiede al Governo di valutare se la generalizzata procedura di opposizione dinanzi al Presidente del Consiglio dei Ministri da parte delle amministrazioni dissenzienti costituisca un modello del tutto funzionale e rispondente ai principi di sussidiarietà e del ‘minimo mezzo’ anche nel caso di conferenze di servizi in cui risultano coinvolte solo amministrazioni infraregionali.

 

Per tali ipotesi si potrebbe ipotizzare l’istituzione di un meccanismo di componimento su base regionale (ad esempio, gestita dall’U.T.G. del capoluogo), salvo la possibilità di una successiva fase di riesame al livello centrale.

 

 

 

11.2 Per quanto riguarda il comma 1 dell’articolo 14-quinquies, per ragioni di coerenza sistematica con i concetti normativamente noti al vigente ordinamento giuridico, si chiede di riformulare il richiamo alle amministrazioni preposte alla tutela di interessi ‘sensibili’, che potrebbero essere così indicate: “amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, dei beni culturali, della salute e della pubblica incolumità”.

 

 

 

11.3 Per quanto riguarda l’articolo 14-quinquies, comma 6, ultimo periodo, va meglio specificato il significato della locuzione “deliberazione con contenuti prescrittivi”.

 

Allo stesso comma, appare opportuno considerare la possibilità di stabilire una decorrenza per le determinazioni conclusive del Consiglio dei ministri, soprattutto nel caso in cui non si accolga l’opposizione e si confermi la determinazione conclusiva. Lo schema si limita a disporre che quest’ultima acquista efficacia “definitivamente”, non chiarisce se ciò avviene in modo retroattivo o ex nunc.

 

 

 

11.4 Per quanto riguarda l’articolo 14-quinquies, comma 7, sembra opportuno precisare se vi siano, e quali siano, le attribuzioni e le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome nella materia disciplinata.

 

Ciò alla luce dell’articolo 29, comma 2-bis, della l. 241 del 1990 (che ascrive la disciplina in tema di conferenza di servizi all’ambito della potestà legislativa esclusiva statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m)), nonché dello stesso articolo 29, comma 2-quinquies (secondo cui “le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione”).

 

 

 

12. Considerazioni sul Titolo II.

 

12.1 Come sopra accennato, gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del Titolo II contengono disposizioni volte a coordinare la nuova disciplina generale della conferenza dei servizi, come modificata dall’articolo 1 dello schema di decreto, con le varie discipline settoriali. L’obiettivo perseguito con il Titolo II è dunque quello di apportare le modifiche necessarie a ridurre o eliminare le differenziazioni fino ad ora esistenti tra il modello di conferenza tracciato nella disciplina generale e quello definito in alcune discipline di settore.

 

A questo fine l’articolo 2 dello schema apporta alcune mirate modifiche agli articoli 5 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

 

Al riguardo la Commissione speciale ritiene di dover richiamare, anche a proposito di tale specifico intervento normativo, quanto già osservato sopra con riferimento alle esigenze di coordinamento tra la disciplina della conferenza dei servizi e la previsione di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, inserito dalla legge n. 124 del 2015.

 

In particolare, si chiede di valutare se la richiamata modifica dell’articolo 2 risulti pienamente coerente con l’articolo 17-bis della l. 241 del 1990 (per come inserito dall’articolo 3, comma 1 della l. 124 del 2015).

 

Più in dettaglio, si chiede di valutare se sia sempre indispensabile, anche sulla base del principio di economicità dell’azione amministrativa, indire una conferenza di servizi anche laddove si potrebbe fare applicazione del richiamato articolo 17-bis (in tema di silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche, nonché tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici).

 

 

 

12.2 Una verifica, ai fini di coordinamento con altre previsioni dell’ordinamento, richiede anche il comma 3 dell’articolo 6 dello schema di decreto, laddove si prevede - incidendo sulla disciplina in materia di autorizzazione paesaggistica - che il soprintendente (e non già il “sovrintendente”) esprime comunque il parere di cui all’articolo 146 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, entro il termine di cui all’articolo 14-bis, comma 2, lettera c), della legge n. 241 del 1990, come modificato dal presente decreto “che in questo caso non può essere inferiore a quarantacinque giorni”.

 

Ebbene, in base alla riferita previsione dello schema di decreto, sembrerebbe doversi ritenere che, nell’ipotesi in cui il soprintendente debba esprimere il parere di cui al sunnominato articolo 146 nell’ambito della conferenza dei servizi (semplificata) il termine di cui all’articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, come modificato dal futuro decreto (in esame) non possa essere inferiore a quarantacinque giorni. Ora, posto che la suddetta lettera c) contempla in via ordinaria un termine “non superiore a quarantacinque giorni”, deve concludersi che il parere del soprintendente debba necessariamente intervenire entro un lasso temporale tra i quarantacinque e i novanta giorni (termine quest’ultimo previsto nel secondo periodo della suddetta lettera c) per i casi in cui, tra le amministrazioni coinvolte nella conferenza vi sia, tra l’altro, anche una di quelle preposte alla tutela paesaggistica.

 

Se è corretta la ricostruzione normativa, allora la Commissione speciale ritiene che la soluzione proposta debba essere coordinata con quanto disposto dall’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, laddove si prevede che il soprintendente renda il parere entro il “termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti” (comma 8) e che “(d)ecorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti” senza che il soprintendente abbia reso il parere, “l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione” (comma 9).

 

Al riguardo la Commissione speciale reputa opportuno, per un verso, che le scansioni temporali dei due procedimenti siano tra loro armonizzate, e, per altro verso, che si debba scongiurare il rischio che il parere del soprintendente possa essere espresso a ridosso dello spirare del termine di conclusione della conferenza.

 

 

 

12.3 Non convince poi la previsione dell’articolo 7 dello schema di decreto, il quale contempla una disposizione di coordinamento con l’emanando decreto di recepimento della direttiva 2014/23/UE. Ciò, in quanto il decreto di attuazione della direttiva in questione (il cui termine di recepimento scade alla data del 18 aprile 2016) sarà certamente adottato prima dell’approvazione del decreto legislativo in esame (cfr. sul punto, l’ampio e già richiamato parere n. 855 del 1 aprile 2016).

 

Pertanto, la disposizione transitoria in questione potrebbe più proficuamente essere trasfusa (mutatis mutandis) nell’ambito del nuovo ‘Codice degli appalti e dei contratti di concessione’.

 

 

 

13. Considerazioni finali.

 

13.1 Si osserva che lo schema di provvedimento non contiene alcuna disposizione in ordine all’ambito di applicazione temporale delle nuove regole. A questo proposito la Commissione speciale suggerisce di introdurre nell’articolato un’ulteriore previsione che limiti l’applicazione delle nuove regole ai soli procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del decreto. Diversamente, infatti, ossia in assenza di qualunque previsione sul punto, è ragionevole prevedere che la giurisprudenza si possa attestare su una soluzione interpretativa che, muovendo dalla considerazione della natura procedimentale delle disposizioni contenute nello schema di decreto, ritenga immediatamente applicabile le nuove disposizioni ai procedimenti pendenti per i quali non si sia ancora conclusa la fase decisoria (in accordo con la ben nota teorica delle fasi procedimentali).

 

Un esito applicativo del genere, affidato cioè agli approdi incerti dell’ermeneutica giurisprudenziale, deve essere scongiurato per gli intuibili rischi di contenzioso.

 

 

 

13.2 In ultimo, la Commissione speciale reputa che la disciplina della conferenza dei servizi debba trovare completamento anche sul piano della disciplina processuale. Ancorché la delega non consenta interventi normativi sul processo amministrativo, nondimeno la Commissione speciale non può astenersi dal segnalare che meriterebbe di essere risolto, con un’apposita norma processuale (da inserire in un idoneo veicolo normativo di rango primario) che regoli in modo uniforme le modalità di proposizione dei ricorsi giurisdizionali avverso gli atti conclusivi della conferenza dei servizi.

 

In particolare, si auspica che il Governo valuti la possibile introduzione di modalità univoche e semplificate in tema di proposizione del ricorso giurisdizionale avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, anche introducendo disposizioni idonee a garantire il contraddittorio nei confronti di tutte le amministrazioni partecipanti, ma limitando al minimo (ossia alla sola amministrazione procedente) le notifiche di cui si intenda onerare il ricorrente. Si consideri, esemplificativamente, l’opportunità di introdurre, nel codice del processo amministrativo, una previsione secondo cui “L’impugnazione degli atti deliberati in conferenza di servizi è proposta nei confronti delle amministrazioni che vi hanno partecipato con atto notificato, oltre che ad almeno uno dei controinteressati, all’amministrazione procedente, indicandosi nell’epigrafe tutte le altre. L’amministrazione procedente comunica immediatamente l’atto di cui ha ricevuto la notifica alle altre indicate nell’epigrafe del ricorso. In caso di omessa indicazione di taluna delle amministrazioni partecipanti al procedimento, il giudice ne ordina la chiamata in causa ai sensi dell’articolo 49 del codice del processo amministrativo”.

 

P.Q.M.

Nei termini esposti è il parere favorevole con osservazioni della Commissione Speciale.

 

GLI ESTENSORI

 

IL PRESIDENTE

 

Gabriele Carlotti, Claudio Contessa

 

Luigi Carbone

 

IL SEGRETARIO

 

Gianfranco Vastarella

 

 

 

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