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TAR Liguria, Sez. II, 4/4/2016 n. 333
Sulla sussistenza della giurisdizione del g.o. per la controversia relativa alla delibera con la quale il comune di Genova ha statuito di recedere dalla partecipazione alla soc.mista Stazioni marittime s.p.a. vietata dall'art. 1, c. 569, l. n. 147/13

La partecipazione del comune di Genova alla società Stazioni marittime s.p.a. rientra tra le partecipazioni vietate ai sensi dell'art. 3 c. 27 della l. n. 244/2007. Benché infatti la società in questione presti un servizio di interesse generale, essa non rientra certamente, anche per la sua rilevanza meramente economica, tra le finalità istituzionali del comune di Genova (quanto piuttosto, semmai, in quelle dell'Autorità Portuale), né è "strettamente necessario" al loro perseguimento. L'art. 1 c. 569 della l. n. 147/2013 ha previsto, con riferimento alle partecipazioni azionarie vietate, un'ipotesi eccezionale di cessazione ope legis della qualità di socio, con conseguente diritto dell'amministrazione alla liquidazione del valore della partecipazione azionaria e corrispondente obbligo, per la società partecipata, di corrisponderne il valore secondo le modalità di cui all'art. 2437-ter c. 2 cod. civ.. La disposizione è chiara nel collegare la cessazione delle partecipazioni azionarie vietate al solo spirare del termine di dodici mesi dal 1° gennaio 2014, senza richiedere alcun preventivo apprezzamento discrezionale ad opera dell'amministrazione pubblica socia, in capo alla quale sorge immediatamente un diritto soggettivo alla liquidazione del valore delle azioni, analogamente a quanto avviene - ex art. 2437 cod. civ. - per tutti i casi di recesso del socio. Si tratta dunque di una tipica norma di relazione, intesa a disciplinare non tanto i poteri degli organi pubblici quanto i rapporti tra la p.a. e le società partecipate, fonte immediata di diritti soggettivi (di recesso e di liquidazione della quota) e di corrispondenti obblighi. La dismissione della partecipazione concreta del resto un atto jure privatorum, compiuto dal comune "uti socius" - e non "jure imperii" - a valle della scelta di fondo per l'impiego del modello societario. Non venendo in questione l'esercizio di un potere amministrativo propriamente detto, ma soltanto l'accertamento - vincolato - del ricorrere dei presupposti di legge per la cessazione della partecipazione azionaria, deve ritenersi che la controversia esuli - ex art. 7 c. 1 c.p.a.- dalla giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare appieno in quella dell'autorità giudiziaria ordinaria, cui del resto spetta la cognizione sulle domande concernenti il diritto di recesso del socio e, per il caso di contestazioni, sulla liquidazione del valore delle azioni.



Materia: società / partecipazione pubblica

N. 00333/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 00110/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 110 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Stazioni Marittime s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Damonte ed Ernesto Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, via Corsica 10/4;

 

contro

Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv.ti Aurelio Domenico Masuelli e Luca De Paoli, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura in Genova, via Garibaldi 9;

 

nei confronti di

Autorità Portuale di Genova, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;

 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

- Grandi Navi Veloci s.p.a. e Marinvest s.r.l., rappresentate e difese dall'avv. Roberto Damonte, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Corsica 10/4;

 

per l'annullamento

della nota prot. n. pg/2014/375643 datata 16.12.2014, di comunicazione dell’avvenuta dismissione di partecipazione azionaria.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova e dell’Autorità Portuale di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 marzo 2016 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato in data 13.2.2015 la società Stazioni marittime s.p.a., società mista che gestisce le operazioni di sbarco e di imbarco da e su navi da crociera e traghetti nel porto di Genova, ha impugnato la nota 16.12.2014 prot. PG/2014/375643, con la quale il comune di Genova, preso atto della cessazione ope legis della partecipazione al 5% del capitale sociale ai sensi dell’art. 1 comma 569 della legge 27.12.2013, n. 147, ha richiesto alla società di procedere alla liquidazione della quota del socio cessato secondo le modalità previste dall’art. 2437-ter comma 2 cod. civ..

A sostegno dell’azione di annullamento, che è estesa alla deliberazione del consiglio comunale 15.11.2011, n. 80, di approvazione della cessione dell’intera partecipazione del comune nella società Stazioni marittime s.p.a. mediante ricorso ad apposita procedura ad evidenza pubblica, ha dedotto sette articolati motivi di ricorso.

Sostiene che l’automatica cessazione della partecipazione del comune di Genova alla società in forza della disposizione di cui all’art. 1 comma 569 della legge 27.12.2013, n. 147 non potrebbe trovare applicazione al caso di specie, vuoi perché non si tratta - in virtù del carattere di interesse generale dei servizi prodotti dalla società - di una partecipazione vietata ex art. 3 comma 27 della legge 24.12.2007, n. 244, vuoi perché la società è partecipata da più enti pubblici (oltre al comune, l’Autorità Portuale).

In subordine, chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale delle disposizioni sulla cessione a terzi e sulla cessazione delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche (artt. 3 commi 27 e 29 della legge 24.12.2007, n. 244 e 1 comma 569 della legge 27.12.2013, n. 147) per violazione degli artt. 3, 41, 42 e 97 Cost., nonché, in ulteriore subordine, questione pregiudiziale comunitaria ex art. 267 T.F.U.E. per contrarietà con i principi desumibili dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (artt. 16 e 17 sulla libertà di impresa e sul diritto di proprietà) e dall’art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

E chiesto inoltre l’accertamento della circostanza che la partecipazione azionaria del comune di Genova in Stazioni marittime s.p.a. non sia cessata.

Si è costituito in giudizio il comune di Genova, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per tardività, nel merito controdeducendo ed instando per il rigetto del ricorso.

Si è costituita in giudizio con memoria di mero stile anche l’Autorità Portuale di Genova.

Con memorie depositate in data 16.4.2015 e 28.5.2015 si sono costituite in giudizio, ad adiuvandum, le società Grandi Navi Veloci s.p.a. e Marinvest s.r.l., che si dichiarano cointeressate all’accoglimento del ricorso in quanto titolari di quote (rispettivamente, del 32,01% e del 18,09%) del capitale sociale di Stazioni marittime s.p.a..

Con atto di motivi aggiunti notificato in data 23.3.2015 la ricorrente ha esteso l’impugnazione a tutti gli atti della antecedente procedura di dismissione, mediante asta pubblica, della partecipazione del comune alla società e, segnatamente, alla determinazione dirigenziale di approvazione dell’avviso di asta pubblica, al verbale di gara ed alla determinazione di presa d’atto della diserzione dell’asta, deducendo ulteriori sette motivi di ricorso.

In vista dell’udienza pubblica di discussione del ricorso, la difesa della società ricorrente ha depositato in giudizio copia del verbale dell’assemblea ordinaria del 3.3.2016 (doc. 12 delle produzioni 7.3.2016), con il quale l’assemblea di Stazioni marittime s.p.a., sulla scorta dell’art. 1 comma 569-bis della legge n. 147/2013 (comma inserito dall’art. 7 comma 8-bis del D.L. 19.6.2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6.8.2015, n. 125), non ha approvato il recesso del comune di Genova dalla società.

Con memoria depositata in data 16.3.2016 il difensore della società ricorrente ha quindi chiesto che, in relazione alla soddisfazione della pretesa fatta valere in giudizio ad opera della citata deliberazione assembleare, questo Tribunale dichiari la cessazione della materia del contendere o la improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Alla pubblica udienza del 17 marzo 2016 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

 

DIRITTO

La richiesta di declaratoria della cessazione della materia del contendere e/o di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse deve essere respinta, in quanto manifestamente infondata.

Costituisce elementare principio del diritto processuale amministrativo quello secondo il quale la cessazione della materia del contendere si verifica allorché “l’amministrazione” annulli o riformi l’atto impugnato in modo conforme alla istanza del ricorrente (cfr. l’art. 23 della legge n. 1034/1971 istitutiva dei TT.AA.RR.).

E’ dunque evidente come, anche a voler prescindere dalla sua nullità ed inefficacia ex art. 1 comma 569-bis ultimo periodo della legge n. 147/2013 per contrasto con le determinazioni assunte dal comune di Genova nel piano operativo di razionalizzazione di cui alla deliberazione del consiglio comunale 12.6.2015, n. 15 (doc. 23 delle produzioni 24.9.2015 di parte comunale), la deliberazione 3.3.2016 dell’assemblea di Stazioni marittime s.p.a. sia radicalmente inidonea a determinare la cessazione della materia del contendere o la sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del ricorso, costituendo semmai – tutt’al contrario – la migliore conferma del contrasto tuttora esistente tra le parti circa la legittimità del recesso del comune di Genova dalla compagine societaria.

Ciò chiarito, occorre preliminarmente dichiarare l’inammissibilità degli atti di intervento in giudizio delle società Grandi Navi Veloci s.p.a. e Marinvest s.r.l., in quanto non notificati alle controparti ex art. 50 comma 2 c.p.a..

Sempre in via preliminare, occorre affrontare l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sollevata dalla difesa del comune di Genova.

L’eccezione è fondata.

Giova richiamare il quadro normativo in tema di dismissione delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche.

Ai sensi dell’art. 3 commi 27 e 29 della legge 24.12.2007, n. 244, “27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza. […] 29. Entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27. Per le società partecipate dallo Stato, restano ferme le disposizioni di legge in materia di alienazione di partecipazioni. L'obbligo di cessione di cui al presente comma non si applica alle aziende termali le cui partecipazioni azionarie o le attività, i beni, il personale, i patrimoni, i marchi e le pertinenze sono state trasferite a titolo gratuito alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio sono ubicati gli stabilimenti termali, ai sensi dell'articolo 22, commi da 1 a 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

Successivamente, la legge di stabilità 2014 (legge 27.12.2013, n. 147) ha stabilito, all’art. 1 comma 569, che “il termine di trentasei mesi fissato dal comma 29 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è prorogato di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge [1° gennaio 2014, n.d.r.], decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto; entro dodici mesi successivi alla cessazione la società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all'articolo 2437-ter, secondo comma, del codice civile”.

Nel caso di specie, è accaduto che il comune di Genova, con deliberazione del consiglio comunale 15.11.2011, n. 80, deliberasse la cessione dell’intera partecipazione azionaria nella società Stazioni marittime s.p.a., mediante ricorso ad una procedura di evidenza pubblica, e che l’asta pubblica per la vendita della partecipazione azionaria andasse deserta (cfr. il verbale d’asta e la determinazione dirigenziale 28.3.2013, n. 2013-172.0.0.-9 – docc. 10 e 11 delle produzioni 24.4.2015 di parte comunale): é così che, alla scadenza del termine previsto per la dismissione delle partecipazioni vietate, prorogato al 31.12.2015 dall’art. 1 comma 569 della legge n. 147/2013, il comune ha ritenuto cessata ex lege, in forza della disposizione da ultimo citata, la sua partecipazione alla società Stazioni marittime s.p.a., cui, con la nota 16.12.2014 prot. PG/2014/375643, impugnata in principalità, ha chiesto di procedere alla liquidazione del controvalore delle azioni secondo le modalità di cui all’art. 2437-ter comma 2 cod. civ..

Orbene, non è seriamente contestabile che la partecipazione del comune di Genova alla società Stazioni marittime s.p.a. rientri tra le partecipazioni vietate ai sensi dell’art. 3 comma 27 della legge n. 244/2007.

Benché infatti la società in questione presti un servizio di interesse generale, esso non rientra certamente, anche per la sua rilevanza meramente economica, tra le finalità istituzionali del comune di Genova (quanto piuttosto, semmai, in quelle dell’Autorità Portuale), né è “strettamente necessario” al loro perseguimento.

Ciò posto, si osserva come la disposizione di cui all’art. 1 comma 569 della legge n. 147/2013) ha previsto, con riferimento alle partecipazioni azionarie vietate, un’ipotesi eccezionale di cessazione ope legis della qualità di socio, con conseguente diritto dell’amministrazione alla liquidazione del valore della partecipazione azionaria e corrispondente obbligo, per la società partecipata, di corrisponderne il valore secondo le modalità di cui all’art. 2437-ter comma 2 cod. civ..

La disposizione è chiarissima nel collegare la cessazione delle partecipazioni azionarie vietate al solo spirare del termine di dodici mesi dal 1° gennaio 2014, senza richiedere alcun preventivo apprezzamento discrezionale (circa l’an, il quid od il quomodo) ad opera dell’amministrazione pubblica socia, in capo alla quale sorge immediatamente un diritto soggettivo alla liquidazione del valore delle azioni, analogamente a quanto avviene – ex art. 2437 cod. civ. - per tutti i casi di recesso del socio.

Si tratta dunque di una tipica norma di relazione, intesa a disciplinare non tanto i poteri degli organi pubblici – che, anzi, il legislatore ha inteso per l’appunto surrogare, mediante la predisposizione di un’ipotesi eccezionale di recesso al solo verificarsi dei presupposti di legge - quanto i rapporti tra la pubblica amministrazione e le società partecipate, fonte immediata di diritti soggettivi (di recesso e di liquidazione della quota) e di corrispondenti obblighi.

La dismissione della partecipazione concreta del resto un atto jure privatorum, compiuto dal comune "uti socius" - e non "jure imperii" - a valle della scelta di fondo per l'impiego del modello societario.

Non venendo in questione l’esercizio di un potere amministrativo propriamente detto, ma soltanto l’accertamento – vincolato – del ricorrere dei presupposti di legge per la cessazione della partecipazione azionaria, deve ritenersi che la controversia esuli – ex art. 7 comma 1 c.p.a. – dalla giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare appieno in quella dell’autorità giudiziaria ordinaria, cui del resto spetta la cognizione sulle domande concernenti il diritto di recesso del socio e, per il caso di contestazioni, sulla liquidazione del valore delle azioni.

Né rileva in contrario il disposto di cui all’art. 119 comma 1 lett. c) c.p.a. (a mente del quale “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a […] i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali”), vuoi perché non si tratta di norma sulla giurisdizione, ma sul rito, vuoi perché essa presuppone comunque un provvedimento discrezionale adottato all’esito di una procedura amministrativa nell’ambito della quale vi sia la spendita di un potere autoritativo, ipotesi del tutto mancante nel caso di specie, in cui la cessazione della partecipazione consegue soltanto alla natura vietata della partecipazione stessa (secondo parametri direttamente forniti dalla legge), ed allo spirare di un termine.

Il ricorso per motivi aggiunti è invece inammissibile sotto molteplici profili, come segue.

Innanzitutto, la determinazione dirigenziale 25.1.2013 di approvazione dell’avviso di asta pubblica costituisce provvedimento attuativo della deliberazione del consiglio comunale 15.11.2011, n. 80: sennonché, tale deliberazione è stata pubblicata all’albo pretorio per 15 giorni a far data dal 21.11.2011 ex art. 124 del D. Lgs. n. 267/2000, ed è stata impugnata soltanto con il ricorso introduttivo, notificato in data 13.2.2015.

Donde la tardività dell’impugnazione della presupposta deliberazione C.C. n. 80/2011, e l’inammissibilità per difetto di interesse dell’impugnazione degli atti conseguenti, posto che, per costante giurisprudenza, è inammissibile il ricorso proposto avverso un provvedimento conseguente meramente applicativo di un provvedimento presupposto, non impugnato o impugnato tardivamente (cfr., per tutte, T.A.R. Campania-Salerno, II, 26.1.2012, n. 134).

Secondariamente - e soprattutto – in quanto, dalla nota del comune di Genova 28.3.2013, di comunicazione degli esiti dell’asta pubblica (doc. 12 delle produzioni 24.4.2015 di parte comunale, recante il timbro di protocollo in arrivo di Stazioni marittime s.p.a.), si evince come la ricorrente avesse, fin dal 4.4.2013, piena conoscenza della determinazione dirigenziale 25.3.2013, nonché dell’esistenza dell’asta pubblica (e del suo esito) per la cessione dell’intera partecipazione azionaria del comune di Genova.

Ancora, in quanto la società ricorrente, in virtù del generale divieto di acquisto delle proprie azioni (art. 2357 cod. civ.) e del diritto di prelazione dei soci sulla partecipazione azionaria cedenda, non è titolare di alcun interesse a partecipare alla procedura per asta pubblica, e quindi ad opporsi agli esiti della stessa.

Da ultimo, perché in ogni caso la società ricorrente non potrebbe trarre alcun vantaggio dall’annullamento degli esiti – peraltro negativi - della procedura di cessione delle azioni mediante asta pubblica, posto che la partecipazione azionaria del comune risulterebbe comunque cessata in forza di un provvedimento legislativo (l’art. 1 comma 569 della legge n. 147/2013) anteriore alla proposizione del ricorso.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Dichiara il ricorso introduttivo inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Indica nel giudice ordinario il giudice dotato di giurisdizione.

Dichiara inammissibile il ricorso per motivi aggiunti.

Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore del comune di Genova, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 4.000,00 (quattromila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Pupilella,       Presidente

Luca Morbelli,            Consigliere

Angelo Vitali, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/04/2016

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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