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TAR Piemonte, Sez. I, 3/3/2016 n. 306
La riserva di partecipazione in favore delle cooperative sociali può essere legittimamente imposta solo per gli appalti inerenti la fornitura di beni e servizi strumentali della P.A..

La riserva di partecipazione in favore delle cooperative che svolgono le attività di cui all'art. 1, c. 1, lett. b) della l.n. 381/1991 posta dall'art. 5 della medesima legge, può essere legittimamente imposta solo per la fornitura di beni e servizi strumentali della P.A., cioè a dire erogati a favore della pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della stessa, e al contrario tale limite non può trovare applicazione in tutti i casi - come nel caso di specie, riguardante la gestione del canile comunale- in cui si tratti di servizi pubblici locali, destinati a soddisfare la generica collettività.

Materia: cooperative sociali / disciplina

N. 00306/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 00570/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 570 del 2015, proposto da:

ASSOCIAZIONE AMICI DEGLI ANIMALI ONLUS e LEGA ITALIANA DEI DIRITTI DELL’ANIMALE - LIDA – SEZIONE DI VERBANIA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Loredana Brizio, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte in Torino, corso Stati Uniti, 45;

 

contro

COMUNE DI VERBANIA, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Simone, con domicilio eletto presso lo studio dell’Alberto Savatteri in Torino, via Pietro Micca, 3;

COMUNE DI CANNOBIO, in persona del sindaco pro tempore – non costituito;

 

nei confronti di

ADIGEST S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore – non costituita;

 

per l'annullamento

- della determinazione del dirigente del Dipartimento servizi al territorio del Comune di Verbania 21.4.2015 n. 391 che ha indetto una gara a procedura aperta avente ad oggetto “la gestione del canile municipale di Verbania per il periodo 1° luglio 2015/31 dicembre 2016” (CIG 6227016828) ed ha approvato il relativo bando, il capitolato d'oneri per il “servizio di cattura dei cani vaganti randagi e/o incustoditi, unitamente alla gestione del canile sanitario e canile rifugio del comune di Verbania (VB) e comuni convenzionati” e lo schema di convenzione;

 

- del bando e del capitolato d'oneri approvati;

 

- di ogni altro atto antecedente, consequenziale o comunque connesso e, in particolare:

 

- della determinazione del dirigente del Dipartimento servizi al territorio del Comune di Verbania 25.3.2015, recante “avviso esplorativo per manifestazione d'interesse a partecipare alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per l'affidamento della gestione del canile municipale di Verbania”;

 

- delle "Linee guida per la gestione del canile" approvate con d.g.c. 11.11.2014 n. 104;

 

- della determinazione dirigenziale 12.12.2014 n. 1740/2014 recante la revoca dell'affidamento alla Adigest s.r.l.;

 

- dell'ordinanza dirigenziale 4.12.2014 che ha stabilito “il divieto di accesso alle aree del canile sanitario e del canile rifugio con la sola esclusione del personale della ditta Adigest s.r.l., del personale del servizio veterinario dell'A.S.L. VCO”;

 

- della determinazione dirigenziale 20.3.2015 n. 322 recante impegno di spesa in favore della Adigest s.r.l. per la gestione del canile nel primo trimestre 2015.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verbania;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2016 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. L’Associazione Amici degli Animali Onlus, odierna ricorrente insieme alla L.I.D.A. (Lega Italiana dei Diritti dell’Animale), ha gestito dal 1999 al 2012 il canile comunale di Verbania, a seguito di affidamento tramite convenzione ai sensi dell'art. 4, L. 14 agosto 1991 n. 281 ("legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo").

 

1.1. Alla scadenza della convenzione, il Comune, con determina del 18 luglio 2012, ha scelto di affidare il servizio mediante procedura di gara aperta a tutti gli operatori economici. La selezione tuttavia è andata deserta per mancanza di valide offerte e identico esito ha avuto la successiva procedura di gara, indetta, a condizioni analoghe alla precedente, con determina del 30 settembre 2013.

L’associazione ricorrente afferma di avere disertato entrambe le procedure selettive poiché le condizioni economiche imposte dai due bandi di gara erano tali da non consentire neppure la copertura dei costi necessari per l’espletamento del servizio.

 

1.2. Nelle more, la gestione del canile è stata affidata a trattativa privata alla Adigest s.r.l., a decorrere dal 1° luglio 2014. Detto affidamento, mai formalizzato mediante la stipula di un contratto, ha incontrato la ferma opposizione dell’odierna ricorrente, la quale, con svariate istanze di autotutela, ha denunciato all’amministrazione comunale l’assenza di validi presupposti per il legittimo ricorso alla trattativa privata.

 

1.3. A causa del mancato accordo sul corrispettivo, il Comune, con determina del 12 dicembre 2014, ha revocato l’affidamento del servizio disposto in favore di Adigest s.r.l. e, con determina del 25 marzo 2015, ha emesso un avviso esplorativo per raccogliere manifestazioni di interesse a partecipare ad una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per l’affidamento della gestione del canile.

 

1.4. Avendo ricevuto una sola manifestazione di interesse, il Comune, con determina del 21 aprile 2015, ha deciso di indire una gara pubblica riservata alle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lettera b) della legge 381/1991, alla quale l’associazione ricorrente non ha potuto prendere parte, in quanto non rientrante nella platea dei concorrenti ammessi.

 

2. L’impugnativa qui all’esame colpisce in via principale l’atto di indizione della gara del 21 aprile 2015; vengono poi impugnati atti inerenti la gestione del servizio adottati nel corso dell’anno 2014; la determina del 25 marzo 2015 - recante l’avviso esplorativo per la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando; ed infine la determina dirigenziale del 20 marzo 2015 n. 322, recante un impegno di spesa in favore della Adilgest s.r.l. per la gestione del canile nel primo trimestre 2015.

 

3. I motivi di ricorso sono riassumibili nei seguenti quattro profili.

 

3.1. Con una prima censura, la ricorrente lamenta vizi di sviamento di potere e di carenza di imparzialità, evidenziando come dalla sequenza di atti adottati dal Comune di Verbania negli anni 2012-2015, emerga che obiettivo prioritario dell’amministrazione sia stato quello di escludere dalla gestione del servizio l’associazione ricorrente, e non invece quello di predisporre soluzioni adeguate all’ottimale gestione del canile municipale.

 

3.2. Sotto un secondo profilo, la ricorrente riscontra un difetto di motivazione nell’atto di indizione della gara del 21 aprile 2015: l’amministrazione comunale, infatti, avrebbe dovuto giustificare la propria scelta di limitare la selezione all’ambito delle sole cooperative sociali, e ciò in considerazione: a) delle specifiche finalità sottese alla normativa applicata (la legge 381/1991); b) dell’innovazione introdotta rispetto alle modalità di affidamento del servizio praticate nei precedenti anni; c) dell’effetto pregiudizievole che ne è derivato alla ricorrente, impossibilitata a prendere parte alla gara, pur potendo vantare una posizione “differenziata”, meritevole di considerazione da parte dell’amministrazione, derivante dalla pregressa pluriennale gestione del servizio.

 

3.3. Con un terzo profilo di doglianza, viene censurata come illegittima l’applicazione al caso di specie dell’art. 5 della legge n. 381 del 1991, in quanto fattispecie applicabile ai soli casi in cui la fornitura del servizio sia rivolta direttamente in favore dell’amministrazione e non anche – come nel caso de quo – allorché il servizio sia diretto alla pubblica collettività.

Neppure potrebbe invocarsi l’art. 52 d.lgs. 163/2006, disciplinante l’ipotesi della gara riservata “a laboratori protetti”, in quanto disposizione non richiamata dall’art. 30 in materia di concessione di servizi e, comunque, riferita unicamente ai “lavoratori disabili”, laddove le cooperative sociali di tipo b) di cui all’art. 5 della legge n. 381 del 1991 sono finalizzate all’inserimento lavorativo delle “persone svantaggiate”. Le due normative presentano, dunque, ambiti soggettivi distinti e non coincidenti.

 

3.4. Con un quarto e ultimo motivo di doglianza, la ricorrente eccepisce il contrasto tra l’impugnato capitolato d'oneri e la disciplina nazionale in materia di canili rifugio (L. 281/1991), oltre che con le linee guida regionali dettate con nota del Dirigente della Direzione Sanità Pubblica 18.5.2000 prot. n. 8427/27/003, in quanto detto capitolato tenderebbe a relegare le associazioni animaliste in un ruolo subalterno, accessorio ed eventuale.

In particolare, a dispetto del favor che la legge esprime nei loro confronti - indicandole come preferenziali affidatarie del servizio di gestione dei canili e prevedendone il coinvolgimento operativo anche nell’ambito di affidamenti a soggetti privati - le disposizioni del capitolato qui impugnato non garantirebbero la collaborazione fattiva dei volontari e delle associazioni animaliste all’interno della struttura del Comune di Verbania, subordinandone l’intervento al gradimento dell’amministrazione comunale (art. 21) e non prevedendone il coinvolgimento tramite un meccanismo di segnalazione obbligatoria della cattura di animali (art. 4).

 

4. Il Comune di Verbania si è costituito in giudizio, replicando alle deduzioni avversarie e instando per la reiezione del ricorso.

 

5. Respinta l’istanza cautelare con ordinanza del 19 giugno 2015, n. 181, la causa, a seguito dello scambio di memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a., è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 3 febbraio 2016.

 

DIRITTO

1. L’impugnativa qui all’esame risulta ritualmente proposta nella sola parte inerente l’atto di indizione della gara a procedura aperta del 21 aprile 2015.

 

Per il resto, essa incorre in un difetto di inammissibilità processuale:

 

- sia nella parte riferita agli atti di gestione del servizio adottati nel corso dell’anno 2014, stante l’assenza di alcun collegamento tra detti atti e la successiva procedura di gara avviata nel 2015, dal che consegue l’irrimediabile tardività in parte qua del mezzo di impugnazione;

 

- sia nella parte riferita alla determina del 25 marzo 2015, rispetto alla quale non è ravvisabile alcun apprezzabile interesse ad agire della parte ricorrente, venendo in rilievo un atto di avvio di una procedura negoziata implicitamente revocato, o comunque superato, dalla successiva indizione della procedura di gara aperta, di cui alla determina del 21 aprile 2015;

 

- sia, infine, nella parte inerente la determina dirigenziale del 20 marzo 2015 n. 322, recante un impegno di spesa in favore della Adilgest s.r.l. per il primo trimestre 2015, in relazione al quale non è stato sollevato alcun motivo di censura e che, comunque, risulta del tutto privo di collegamenti con la delibera oggetto principale del ricorso.

 

2. Il thema decidendum va quindi circoscritto alla determina n. 391 del 21 aprile 2015, con la quale è stata indetta la procedura di gara aperta, riservata alle cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lettera b) della legge 381/1991.

La soluzione praticata dal Comune di Verbania si espone a rilievi di legittimità, in particolare sotto i profili compendiati nel terzo motivo di ricorso: merita quindi di essere rimeditata la soluzione accolta da questa sezione in fase cautelare, alla luce di una più approfondita disamina della portata applicativa dell’art. 5 della legge n. 381 del 1991.

 

2.1. La disposizione in parola al comma 1 prevede che “Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1”.

 

2.2. Nel determinarne l’ambito applicativo, un primo e maggioritario orientamento giurisprudenziale ha ritenuto che la riserva di partecipazione posta dalla norma in questione possa essere legittimamente imposta solo per la fornitura di beni e servizi strumentali della P.A., cioè a dire erogati a favore della pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della stessa, e che al contrario tale limite non possa trovare applicazione in tutti i casi – come quello in esame – in cui si tratti di servizi pubblici locali, destinati a soddisfare la generica collettività (T.A.R. Bologna, Sez. II, 06 luglio 2015, n. 637; Cons. Stato Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1863; Id., 11 maggio 2010, n. 2829; Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2342 e 30 luglio 2004, n. 3729; T.A.R. Brescia, Sez. I, 30 marzo 2009, n. 719).

 

Un opposto orientamento ha obiettato che dalla formulazione della previsione in argomento non sia in alcun modo desumibile una limitazione afferente la strumentalità o meno dei servizi alle esigenze dell’Amministrazione aggiudicatrice: le uniche limitazioni applicative della previsione de qua sarebbero rappresentate, infatti, dalla esclusione dei servizi socio-sanitari ed educativi e dall’“importo stimato”, il quale deve essere “al netto dell’IVA” inferiore “agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici”. La stessa espressa esclusione dell’applicazione della previsione in questione con riferimento ai servizi socio-sanitari ed educativi - i quali costituiscono servizi ordinariamente forniti alla collettività - non potrebbe che indurre a ritenere generalmente ammissibili le convenzioni di cui trattasi anche in caso di servizi non definibili come “strumentali” all’Amministrazione (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. I, 28 luglio 2011, n. 1429; TAR Lazio, sez. II bis, 30 luglio 2014, n. 8325).

 

2.3. Delle due soluzioni interpretative, la prima appare meglio motivata e più coerente con il quadro generale dei principi che governano la materia dei contratti pubblici.

L’essenziale argomento esegetico a suo sostegno fa leva sull’impiego della forma “fornitura di beni e servizi”, in luogo di quella “servizi pubblici locali”.

Ora, la causa tipica dell’appalto di “fornitura di beni e servizi” prevede che la prestazione contrattuale posta a carico del contraente privato sia rivolta all'amministrazione per soddisfare una sua specifica esigenza; e che al fornitore competa, quale corrispettivo dell’opera prestata, il pagamento di un compenso economico.

Viceversa, con l’espressione “servizi pubblici locali” si fa riferimento ad attività di servizio indirizzate alla collettività indeterminata dei comuni cittadini, secondo un’ottica trilaterale aperta ai terzi fruitori e difforme dallo scambio sinallagmatico e strettamente bilaterale tra amministrazione appaltante e privato appaltatore, tipico della “fornitura di beni e servizi” .

 

2.4. Nello stesso senso, ma su un piano più sistematico, depone il fatto che l’art. 5 della legge 381/1991, derogando ai principi generali di massima apertura al mercato e di tutela della concorrenza sottesi alle regole dell’evidenza pubblica, riveste valenza di norma eccezionale ed in quanto tale va sottoposto ad una lettura restrittiva, che escluda dal relativo campo di applicazione contratti diversi da quelli specificamente indicati.

 

2.5. Analoga cautela interpretativa nasce dall’esigenza di coniugare in modo coerente, sotto l’aspetto diacronico, le disposizioni della legge 381/1991 con l’evoluzione della disciplina giuridica dei pubblici appalti, contrassegnata, per effetto delle direttive comunitarie succedutesi in tempi più recenti, da una sempre più marcata accentuazione del confronto competitivo come modalità ordinaria di affidamento delle commesse, sinanche negli ambiti in parte sottratti alla piena applicazione dell’evidenza pubblica (si vedano gli artt. 20, 27 e 30 d.lgs. 163/2006). Alla luce di tali considerazioni, è ragionevole sposare una lettura interpretativa della legge 381/1991 in linea con i principi fondamentali del contesto normativo di riferimento.

 

3. Dalle premesse sin qui svolte si traggono - in relazione allo specifico caso oggetto di lite - le seguenti ulteriori considerazioni.

 

3.1. Innanzitutto, è pacifica, in quanto non contestata, l’inclusione del servizio di gestione del canile municipale nell’ambito dei servizi pubblici: la stessa amministrazione comunale di Verbania, nella determina di indizione di gara n. 391 del 21 aprile 2015, dà atto che “la gestione del canile è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica”.

 

3.2. Trattandosi di servizio pubblico, esso, alla luce del preferibile indirizzo interpretativo poc’anzi illustrato, non è suscettibile di affidamento diretto, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 381/1991.

 

3.3. La soluzione praticata dal Comune di Verbania, in verità, ricalca non già lo schema dell’affidamento diretto ma quello della procedura di gara riservata - a livello di partecipazione - alla specifica categoria delle cooperative sociali di cui all’art. 1, lett. b), della legge n. 381/91.

 

3.4. Nondimeno, anche detta riserva partecipativa non può ritenersi legittima.

 

Ed infatti, in presenza di validi presupposti per l’applicazione della legge 381/191 e, quindi, per l’affidamento diretto ai sensi dell’art. 5 comma 1, anche l’indizione di una gara d’appalto riservata alle cooperative di tipo b) potrebbe ritenersi legittima, trattandosi di soluzione accomunata alla prima da una identica ratio derogatoria del confronto concorrenziale (cfr. in questo senso Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2003, n. 794). Viceversa, in assenza di validi presupposti applicativi della legge 381/1991, tanto l’affidamento diretto quanto la gara riservata si rivelano soluzioni prive di legittima base normativa, in quanto parimenti confliggenti (sia pure con diverso grado di intensità) con lo schema ordinario della gara aperta.

 

4. Una volta escluso il valido richiamo alla legge 381/1991, non residuano ulteriori appigli normativi per giustificare la prevista riserva di partecipazione.

 

4.1. Tale non può essere considerato l’art. 52 del d.lgs. 163/2006, in quanto norma poggiante su presupposti giuridici specifici di cui non vi è menzione alcuna negli atti della gara indetta dal Comune di Verbania. Peraltro, è vero che l’art. 52 prevede la facoltà di riservare determinati appalti a favore di laboratori protetti, ma è pur vero che in questi ultimi possono identificarsi altri operatori oltre alle cooperative sociali di tipo B. Dunque, anche alla stregua del menzionato art. 52, la scelta di limitare la partecipazione alle sole cooperative sociali risulterebbe illogica e ingiustificatamente restrittiva della libera concorrenza (si veda in tal senso il parere Anac Parere n.147 del 12/09/2012).

 

4.2. Non valgono a giustificare la restrizione partecipativa neppure l’asserita carenza di rilevanza economica del servizio e la sua inclusione nell’elenco di cui all’allegato II B del d.lgs. 163/2006.

 

4.3. Ed infatti, anche con riguardo agli affidamenti che riguardino prestazioni di quest’ultimo tipo, le amministrazioni sono tenute a rispettare i principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza, sicché la scelta delle imprese da coinvolgere nel confronto concorrenziale non si muove in uno spazio completamente libero da regole, ma presuppone una previa attività istruttoria, da condursi mediante indagini di mercato e l’assunzione di informazioni circa le caratteristiche di qualificazione economico - finanziaria e tecnico - organizzativa ritenute necessarie ai fini della esecuzione dell'appalto (cfr. T.A.R. Milano, Sez. I, 11 aprile 2013, n. 930 e 6 dicembre 2012, n. 2941). Dunque, la mera riconducibilità dell'appalto all’allegato II B non può giustificare l'applicazione di una disciplina derogatoria ai principi, immanenti in materia di appalti, del favor partecipationis e di non discriminazione, non essendo la scelta del contraente finalizzata all'esclusivo interesse dell'Amministrazione, ma anche alla tutela degli interessi degli operatori a poter accedere e concorrere nel mercato.

 

4.4. Riguardata sotto questo profilo, la scelta operata dal Comune di Verbania di limitare la partecipazione alla gara alle sole cooperative di tipo B non pare fondata su alcuna intellegibile ragione logico-giuridica, che possa porsi in connessione con le intrinseche caratteristiche del servizio o con gli elementi di qualificazione richiesti ai soggetti fornitori.

 

4.5. Neppure il riferimento alla natura non economica del servizio (peraltro dissonante rispetto alla comune nozione di “rilevanza economica” elaborata in giurisprudenza: si veda per tutte Cons. Stato, Sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5409) rende conto delle ragioni sottese alla restrizione partecipativa. D’altra parte, analoga restrizione non era stata applicata nelle precedenti gestioni e non pare quindi discendere da connotati intrinseci dell’oggetto dell’affidamento.

 

4.5. In conclusione, la contestata limitazione all’accesso alla gara risulta illegittima, in quanto non in linea con il disposto dell’art. 5 della legge 381/1991 e, comunque, difforme da principi di ragionevolezza e proporzionalità.

 

5. Per tali ragioni, di carattere assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va dichiarato l’annullamento della determina n. 391 del 21 aprile 2015.

 

6. La sussistenza di orientamenti interpretativi non univoci sulle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo accoglie limitatamente alla determina n. 391 del 21 aprile 2015 della quale, per l'effetto, si dispone l’annullamento;

- lo dichiara inammissibile nella parte relativa ai rimanenti atti impugnati.

- Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Domenico Giordano, Presidente

 

Silvana Bini, Consigliere

 

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/03/2016

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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