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TAR Trentino-Alto Adige, Sede di Trento, 6/9/2016 n. 327
L'Amministrazione pubblica deve adempiere ai propri compiti con l'organizzazione e il personale di cui è dotata.

Non è condivisibile l'affermazione che la Provincia non può utilizzare il proprio personale esperto nella materia per svolgere l'istruttoria volta a valutare la necessità, la convenienza e l'opportunità di realizzare e di finanziare un nuovo impianto funiviario in project financing, solo perché la stessa Provincia ha partecipazioni in altri impianti di trasporto a fune nella stessa valle. La condivisione di tale assunto, difatti, è contraria, in primis, al principio basilare nel nostro ordinamento in forza del quale l'Amministrazione pubblica deve adempiere ai propri compiti con l'organizzazione e il personale di cui è dotata, declinazione del canone costituzionale di buona amministrazione e dei principi di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa. Inoltre, lo stesso assunto porterebbe alla conclusione - invero paradossale e abnorme - che la realizzazione di una nuova opera pubblica dovrebbe essere decisa da un soggetto terzo non solo rispetto all'apparato ma anche rispetto all'organo politico. Pertanto, nel caso di specie, non sussiste una sorta di "conflitto di interessi" tra la Società proponente e i dirigenti della Provincia nella valtazione del project financing di terzi.

Materia: appalti / project financing

 

Pubblicato il 06/09/2016

N. 00327/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 00007/2016 REG.RIC.

 

N. 00008/2016 REG.RIC.

 

N. 00023/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

*- sul ricorso numero di registro generale 7 del 2016, proposto da:

Società di Mobilità Alternativa Soraga-Moena-Costalunga S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Linzola e Carmelo Platania e con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Lorenzo Busana in Trento, via Brigata Acqui, n. 4

 

contro

- Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Giuliana Fozzer e Viviana Biasetti, con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura della Provincia in Trento, Piazza Dante, n. 15;

- Comun general de Fascia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato di Trento, nei cui uffici in Trento, Largo Porta Nuova, n. 9, è domiciliato

 

* - sul ricorso numero di registro generale 8 del 2016, proposto da:

Società di Mobilità Alternativa Soraga-Moena-Costalunga S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Linzola e Carmelo Platania e con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Lorenzo Busana in Trento, via Brigata Acqui, n. 4

 

contro

Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Giuliana Fozzer e Viviana Biasetti, con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura della Provincia in Trento, Piazza Dante, n. 15

 

* - sul ricorso numero di registro generale 23 del 2016, proposto da:

Società di Mobilità Alternativa Soraga-Moena-Costalunga S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Linzola e Carmelo Platania e con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Lorenzo Busana in Trento, via Brigata Acqui, n. 4

 

 

contro

- Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Giuliana Fozzer e Viviana Biasetti, con domicilio eletto presso la sede dell'Avvocatura della Provincia in Trento, Piazza Dante, n. 15;

- Comun general de Fascia, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio

 

nei confronti di

Cassa del Trentino S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio

per l'annullamento

* - quanto al ricorso n.r.r. 7 del 2016:

 

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1874, del 26 ottobre 2015, di “Approvazione del piano stralcio della mobilità della Val di Fassa, conseguente alla conclusione del procedimento istruttorio previsto dall'art. 52 della l.p. 20 marzo 2000, n. 3. Piano stralcio della mobilità del Comun general de Fascia”;

 

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 31, del 19 gennaio 2015, di “Approvazione dell'intesa con il Comun general de Fascia”;

 

- dell'intesa tra la Provincia autonoma di Trento e il Comun general de Fascia ai fini dell’approvazione del piano stralcio della mobilità, sottoscritta il 12 febbraio 2015;

 

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 1538, del 26 luglio 2013, con cui è stata approvata la proposta di piano stralcio della mobilità della Val di Fassa;

 

- della deliberazione del Consei General n. 3, del 30 gennaio 2014, con la quale è stata autorizzata la conclusione dell’intesa con la Provincia autonoma di Trento;

 

- della deliberazione del Consei General n. 14, del 16 giugno 2014, con la quale è stata integrata la deliberazione n. 3 del 30 gennaio 2014;

 

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso;

 

- e per la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi;

 

* - quanto al ricorso n.r.r. 8 del 2016:

 

- per il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2 bis della l. 7.8.1990, n. 241, per il ritardo con cui la Provincia autonoma di Trento ha adottato i provvedimenti di inammissibilità e di reiezione della proposta di project financing per la realizzazione di un collegamento a fune tra i centri abitati dei comuni di Moena e di Soraga con il Passo Costalunga;

 

* - quanto al ricorso n.r.r. 23 del 2016:

 

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 2105, del 27 novembre 2015, con cui non è stata valutata di interesse pubblico, ai sensi dell’art. 50 quater, comma 19, della l.p. 10.9.1993, n. 26, la proposta presentata da SMA S.p.a. per la realizzazione di un impianto di collegamento funiviario tra Moena e Soraga con il Passo di Costalunga;

 

- della deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 148, del 9 febbraio 2015;

 

- della deliberazione del Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici (Navip) di data 20 novembre 2015, di approvazione del "Documento di analisi finale”;

 

- della deliberazione del Navip di data 1 settembre 2015;

 

- dei verbali del Navip n. 1/2015 del 3 marzo 2015; n. 2/2015 dell'8 aprile 2015; n. 3/2015 del 4 maggio 2015; n. 4/2015 del 18 maggio 2015; n. 6/2015 del 2 luglio 2015; n. 7/2015 del 1 settembre 2015; n. 11/2015 del 20 novembre 2015;

 

- della nota di APAC del 3 giugno 2015;

 

- della nota del Servizio opere stradali e ferroviarie del 7 agosto 2015;

 

- della nota di Cassa del Trentino S.p.a. di data 8 maggio 2015;

 

- della nota del Dipartimento affari finanziari del 13 luglio 2015;

 

- della nota del Servizio turismo del 4 agosto 2015;

 

- della nota di APAC del 28 ottobre 2015;

 

- della nota del Settore turismo di cui all’allegato n. 7 al "Documento di analisi finale”;

 

- della nota di Cassa del Trentino S.p.a. di cui all’allegato n. 8 al "Documento di analisi finale”;

 

- della nota del Settore infrastrutture e mobilità di cui all’allegato n. 9 al "Documento di analisi finale”;

 

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso;

 

- e per la condanna al risarcimento dei danni patiti e patiendi cagionati dagli impugnati provvedimenti;

 

- e per la condanna al risarcimento del danno da ritardo nella conclusione del procedimento, ai sensi dell’art. 2 bis della l. 7.8.1990, n. 241.

 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento e del Comun general de Fascia;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016 il cons. Alma Chiettini, e uditi l’avv. Platania per la parte ricorrente e l’avv. Fozzer per la resistente Amministrazione provinciale, come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

0. La Società di Mobilità Alternativa Soraga-Moena-Costalunga (SMA) informa di essersi costituita il 25 luglio 2012 con l’impegno e le risorse di un gruppo di imprenditori della Val di Fassa al precipuo scopo, codificato all’art. 3 dello statuto, di promuovere la progettazione e la realizzazione di un collegamento funiviario tra i centri abitati dei Comuni di Moena e di Soraga con il Passo di Costalunga.

 

1. RICORSO N.R.R. 7 DEL 2016.

 

1.1. Con nota datata 2 ottobre 2013 la nominata Società presentò un’osservazione alla proposta di piano stralcio per la mobilità della Val di Fassa, che era stato adottato dalla Provincia di Trento il precedente 26 luglio. L’osservazione, classificata al n. 18, era finalizzata ad introdurre nel piano la previsione del collegamento a fune di cui al menzionato oggetto sociale.

 

1.2. Il piano stralcio per la mobilità della Val di Fassa è stato poi approvato dalla Provincia di Trento con deliberazione n. 1874, di data 26 ottobre 2015 ma, a detta di parte deducente, “senza inserire la proposta veicolata dall’osservazione né controdedurre su di essa in modo alcuno”.

 

1.3. La Società ricorrente ha pertanto impugnato tale provvedimento, oltre agli atti presupposti indicati in epigrafe, affidando il ricorso ai seguenti motivi di diritto:

 

I - violazione degli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione, dell’art. 52 della l.p. 28.3.2000, n. 13, degli artt. 4 e 29 della l.p. 30.11.1992, n. 23, e degli artt. 3 e 13 della l. 7.8.1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, per irragionevolezza, per disparità di trattamento e manifesta ingiustizia;

 

II - violazione dell’art. 6, comma 2, del d.P.P. 14.9.2006, n. 15-68/Leg., dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. 3.4.2006, n. 152, e degli artt. 8 e 9 della direttiva 2001/42/CE;

 

III - violazione dell’art. 52, commi 3 e 4, della l.p. 28.3.2000, n. 13; eccesso di potere per difetto di istruttoria;

 

IV - questione di illegittimità costituzionale degli artt. da 15 a 21 della l.p. 16.6.2006, n. 3, sul Comun general de Fascia, per violazione dello Statuto speciale nonché degli artt. 5, 114, 118 e 128 della Costituzione.

 

2. RICORSO N.R.R. 8 DEL 2016.

 

2.1. Con istanza del 17 giugno 2013 SMA presentò alla Provincia di Trento una proposta di project financing, ai sensi dell’art. 50 quater, comma 19, della l.p. 10.9.1993, n. 26, per la realizzazione del collegamento a fune di cui al già menzionato oggetto sociale, con l’attribuzione del servizio di trasporto alla stessa Società. Tuttavia, con nota dell’8 aprile 2014 l’Amministrazione provinciale dichiarò quella proposta inammissibile sul presupposto che l’opera non era prevista nel Piano urbanistico provinciale di cui alla l.p. 27.5.2008, n. 5. SMA impugnò quel provvedimento innanzi a questo Tribunale che, con sentenza n. 45, pubblicata il 30 gennaio 2015, accolse il ricorso per difetto di istruttoria e per omissione di garanzie procedimentali.

 

2.2. SMA ha quindi chiesto alla Provincia di concludere il procedimento di valutazione dell'interesse pubblico della sua proposta di project financing. L’istruttoria, riavviata nel marzo 2015, è stata curata dal Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici (Navip), cui compete l’attività di supporto istruttorio alle decisioni della Giunta provinciale in materia di interventi finanziati dalla Provincia da realizzare con l'apporto di capitali privati. Dopo aver incontrato i rappresentanti della Società e averli sentiti in sede procedimentale, il Navip ha concluso l’attività istruttoria approvando, il 20 novembre 2015, il documento di analisi finale. Con deliberazione n. 2105, del 27 novembre 2015, la Giunta provinciale ha deliberato di non valutare di interesse pubblico la proposta avanzata da SMA.

 

2.3. La Società ha pertanto introdotto l’azione risarcitoria, ai sensi dell’art. 30, comma 5, c.p.a., per il danno da ritardo patito per effetto:

 

I - del provvedimento illegittimo annullato con la sentenza n. 45 del 2015, adottato non entro il termine di tre mesi, come previsto dalla l.p. n. 26 del 1993, ma dopo quasi dieci mesi;

 

II - del complessivo ritardo con cui è stata adottata la deliberazione della Giunta provinciale n. 2105 del 2015, otto mesi dopo il riavvio dell’istruttoria e oltre due anni dopo la presentazione della proposta di project financing.

 

3. RICORSO N.R.R. 23 DEL 2016.

 

3.1. Come detto, dopo la pubblicazione della sentenza di questo Tribunale n. 45, del 30 gennaio 2015, SMA diffidò la Provincia a concludere il procedimento di valutazione dell'interesse pubblico della sua proposta di project financing.

 

3.2. L’istruttoria è stata ri-avviata il 16 marzo 2015 ed è stata curata dal neocostituito Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici (Navip), che il 20 novembre 2015 ha trasmesso l’esito delle proprie valutazioni tecniche alla Giunta provinciale, la quale con deliberazione n. 2105, del 27 novembre 2015, ha valutato non di interesse pubblico la proposta avanzata da SMA.

 

3.3. La Società ha impugnato anche quest’ultimo provvedimento negativo, oltre agli atti presupposti indicati in epigrafe, e, asserendo che la decisione della Provincia sarebbe guidata “più da preconcetta ostilità verso la Società e/o i soci che da una serena valutazione della reale ed effettiva valenza di interesse pubblico del collegamento Soraga-Moena-Costalunga”, ne ha chiesto l’annullamento sulla base dei seguenti motivi di diritto:

 

I - violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione della deliberazione della Giunta provinciale 9 febbraio 2015, n. 148; eccesso di potere per incompetenza, per difetto di istruttoria, per violazione del principio di imparzialità; sull’assunto che il Navip sarebbe un collegio perfetto;

 

II - violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione dell'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; violazione degli artt. 1 e 6 bis della l. 7.8.1990, n. 241, e dell'art. 2 della l.p. 30.11.1992, n. 23; eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità; incompetenza; sul rilievo che l'istruttoria avrebbe dovuto essere condotta da un organo formato da personale esterno all'Amministrazione provinciale e alle società da essa partecipate;

 

III - eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà; violazione dell'art. 50 quater, comma 19, della l.p. n. 26 del 1993 e dell'art. 153, comma 19, del d.lgs. n. 163 del 2006; perché la proposta di causa ha conseguito il primo premio del concorso internazionale Arge Alp 2014;

 

IV - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per disparità di trattamento e manifesta ingiustizia/irrazionalità; violazione dell'art. 50 quater, comma 19, della l.p. n. 26 del 1993; a causa della riduzione della domanda stimata di passaggi funiviari;

 

V - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per disparità di trattamento e manifesta ingiustizia/irrazionalità; violazione dell'art. 50 quater, comma 19, della l.p. n. 26 del 1993; perché dall’istruttoria svolta da Cassa del Trentino “residuerebbero da verificare aspetti finanziari e contabili”;

 

VI - violazione dell'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990, e dell'art. 27 bis della l.p. n. 23 del 1992; in quanto la Giunta provinciale non ha sottoposto al contraddittorio endoprocedimentale i motivi ostativi al riconoscimento dell’interesse pubblico;

 

VII - eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta illogicità e violazione del principio di ragionevolezza;

 

VIII - eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta illogicità e violazione del principio di ragionevolezza, difetto di motivazione; violazione dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990;

 

IX - eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta illogicità e violazione del principio di ragionevolezza, per difetto di motivazione; violazione dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990, e dell'art. 143 del d.lgs. n. 163 del 2006; in quanto erroneamente la Provincia di Trento ha temuto possibili esborsi futuri a proprio carico mentre, a parte il contributo richiesto pari a 7,5 milioni di euro, l’opera “non necessita altro contributo che quello iniziale, pagandosi poi da sé”.

 

3.4. Con il ricorso n.r.r. 23 del 2016 è stata anche introdotta la domanda risarcitoria, giustificata con l’affermazione che la valutazione di non interesse pubblico dell'opera proposta “cagiona un grave danno patrimoniale alla Società quantificabile nelle ingenti spese sostenute per la redazione della domanda di project financing, nei costi sostenuti per le garanzie nonché nel costo derivante dall'aver tenuto impegnate risorse umane e finanziarie sul progetto Soraga - Moena - Costalunga piuttosto che averle impegnate in altri progetti di collegamento funiviario in Valle di Fassa”. È stato anche chiesto il risarcimento del “lucro cessante derivante dalla mancata gestione dell'opera”, nonché del “danno da ritardo”, ai sensi dell’art. 2 bis della l. n. 241 del 1990, “atteso che il procedimento amministrativo avrebbe dovuto concludersi entro tre mesi dalla sentenza 30 gennaio 2015, n. 45” di questo Tribunale.

 

4. In tutti i giudizi si è costituita la Provincia autonoma di Trento, mentre il Comun General de Fascia si è costituito nel giudizio promosso con il ricorso n.r.r. 7 del 2016. Le Amministrazione hanno diffusamente argomentato per la reiezione dei ricorsi nel merito, siccome infondati. La Provincia ha anche pregiudizialmente eccepito l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso n.r.r. 7 del 2016 nonché l’irricevibilità del ricorso n.r.r. 8 del 2016.

 

5. Alla pubblica udienza del 21 luglio 2016 i tre ricorsi sono stati chiamati e, sentiti i procuratori delle parti che hanno esposto le opposte conclusioni, sono stati trattenuti per la decisione.

 

DIRITTO

 

1.1. Per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva tra i ricorsi in epigrafe indicati il Collegio dispone la loro riunione, ai sensi dell’art. 70 c.p.a.

 

1.2. Pregiudizialmente, per esigenze di economia processuale, essendo i tre ricorsi infondati nel merito, il Collegio prescinde dall’esame delle eccezioni di rito opposte dalla difesa dell’Amministrazione provinciale.

 

2. In fatto, e in aggiunta a quanto sopra esposto, nonché in estrema sintesi, il Collegio ritiene opportuno ricapitolare che:

 

2.1.) il 17 giugno 2013 SMA presentò alla Provincia di Trento una progetto di project financing per la realizzazione di una nuova cabinovia tra i centri abitati dei Comuni di Moena e di Soraga e il Passo di Costalunga, con la proposta di assegnare al concessionario anche il relativo servizio;

 

2.2.) il progetto, allora istruito dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici con il partenariato pubblico-privato nella realizzazione di opere e servizi pubblici (Nu.V.I.), fu dichiarato inammissibile con nota-provvedimento dell’8 aprile 2014 perché non previsto dal Piano urbanistico provinciale;

 

2.3.) quella decisione fu annullata da questo Tribunale con sentenza n. 45 del 2015 sui rilievi che:

 

- “escludere che un'opera possa essere d'interesse per la collettività, e non si possa integrare con la pianificazione del territorio, solo perché non è stata inizialmente immaginata dall'Amministrazione pubblica, appare in palese contrasto con l'estensione dell'istituto della finanza di progetto, quale espressione dell'interazione tra pubblico e privato, nella realizzazione di opere d'interesse collettivo”, anche perché compete sempre all'Amministrazione valutare, “evidentemente con l'ampia discrezionalità che le è riconosciuta in materia, se adeguare gli strumenti urbanistici per renderli compatibili con la proposta”;

 

- il provvedimento che aveva dichiarato l’inammissibilità non era stato preceduto dal preavviso di rigetto;

 

2.4.) l’istruttoria è stata quindi riavviata il 16 marzo 2015 ed è stata curata dal neocostituito (vedasi la deliberazione della Giunta provinciale 9 febbraio 2015, n. 148) Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici (Navip), cui è stata affidata l’attività di supporto istruttorio alle decisioni della Giunta provinciale in materia di interventi finanziati dalla Provincia da realizzare con l'apporto di capitali privati;

 

2.5.) il Nucleo ha incontrato i rappresentanti della Società (il 25 marzo, l’8 aprile e il 9 luglio 2015) per l’illustrazione della proposta, ha svolto le proprie considerazioni e con preavviso di rigetto dell’11 settembre 2015 ha trasmesso a SMA la relazione istruttoria contenente una valutazione non positiva dal punto di vista tecnico ed economico/finanziario; il Nucleo ha poi accolto la richiesta di parte di ottenere una proroga per la presentazione di osservazioni conclusive; ha quindi valutato i documenti e le osservazioni presentate dalla Società in data 21 settembre, 16 ottobre e 10 novembre 2015; infine, ha concluso l’attività approvando, il successivo 20 novembre, il “Documento di analisi finale”, di segno negativo per l’ammissibilità del progetto, trasmettendolo all’Organo politico per le valutazioni circa la sussistenza del pubblico interesse alla realizzazione dell'intervento oggetto di esame;

 

2.6.) con deliberazione n. 2105, del 27 novembre 2015, la Giunta provinciale, condividendo le conclusioni del Navip, ha deliberato di non valutare di interesse pubblico la proposta avanzata da SMA.

 

3.1. Con il ricorso n.r.r. 23 del 2016 SMA ha censurato quest’ultimo provvedimento, e gli atti ad esso presupposti, ed è da questo punto che il Collegio intende avviare l’esame delle tre impugnative qui introdotte.

 

3.2. Va innanzitutto sottolineato che si discute di una proposta di project financing di iniziativa privata, presentata ai sensi dell’art. 50 quater, comma 19, della l.p. n. 26 del 1993 (che riproduce, per il territorio trentino, la disposizione di cui all’art. 153, comma 19, del d.lgs. n. 163 del 2006), avente ad oggetto un intervento non inserito né negli strumenti programmatori né negli strumenti urbanistici. In questi casi, la parte proponente è consapevole che la sua proposta viene giudicata non solo per i profili di validità tecnica e di convenienza economica ma anche per la rispondenza all’interesse pubblico, del quale l’Amministrazione è l’unica interprete istituzionale. Difatti, il dovere dell’Amministrazione è di “valutare” la proposta presentata e di motivare adeguatamente l’eventuale giudizio della sua non rispondenza all’interesse pubblico, giudizio sindacabile in sede giurisdizionale entro i limiti compatibili con l’altissimo grado di discrezionalità che connota la scelta amministrativa diretta all’individuazione dell’interesse pubblico.

 

3.3. Ancora in sede preliminare, prima di passare all’esame delle singole censure, il Collegio rileva che sia il provvedimento conclusivo della fase istruttoria del Navip, sia la deliberazione conclusiva della Giunta provinciale, sono delibazioni plurimotivate, e, come è noto, in questi casi un’eventuale illegittimità di una delle motivazioni non sarebbe comunque sufficiente ad inficiare il provvedimento se le altre motivazioni sono legittimamente idonee a sostenerlo. Pertanto, solo la fondatezza di tutte le censure avverso tutte le motivazioni determina l'annullamento del provvedimento impugnato: in sostanza, il provvedimento plurimotivato non è suscettibile di annullamento qualora anche uno solo degli argomenti posti a fondamento dello stesso fornisce autonomamente la legittima e congrua giustificazione e motivazione della scelta adottata (cfr. T.R.G.A. Trento, 16.6.2016, n. 274, 19.11.2015, n. 463; 12.2.2014, n. 34; 7.10.2013, n. 324; 11.10.2012, n. 295; 23.5.2012, n. 159; 10.11.2011, n. 282; C.d.S., sez. V, 2.10.2014, n. 4893; sez. V, 5.7.2011, n. 4028; sez. VI, 7.6.2011, n. 3416).

 

4.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia l’invalidità della deliberazione della Giunta provinciale n. 2105, del 27 novembre 2015, derivante dall’illegittimità del documento d'analisi finale approvato dal Navip il 20 novembre precedente. In particolare, SMA rileva che la deliberazione istitutiva del Navip prevede che ciascuno dei componenti possa farsi sostituire mediante delega; da ciò deduce che il Nucleo sarebbe un collegio perfetto e denuncia che esso ha adottato la deliberazione finale in difetto del plenum poiché erano assenti due componenti, uno dei quali designato quale membro esperto.

 

Il mezzo non ha pregio essendo frutto di una lettura parziale della deliberazione della Giunta provinciale n. 148, del 9 febbraio 2015.

 

Il nucleo di valutazione, composto da nove membri, è stato costituto individuando un esperto e otto dirigenti di dipartimenti e di strutture della Provincia ritenute strategiche e utili per la mission affidata all’organismo: il supporto istruttorio per “analizzare l’impatto degli interventi pubblici realizzabili in regime di partenariato sia dal punto di vista della sostenibilità e compatibilità economico-finanziaria con gli strumenti di programmazione provinciali, sia dal punto di vista dell’efficacia tecnico-progettuale per il perseguimento degli scopi individuati di pubblico interesse”.

 

È evidente che, nonostante l’indicazione nominativa, i dirigenti sono stati individuati in quanto preposti ad una struttura organizzativa, anch’essa nominativamente indicata, e ciò ad eccezione dell’unico componente nominato perché “esperto”. In tal senso, la deliberazione prevede che “i componenti del Nucleo, eccetto quelli nominati in qualità di esperti, possono farsi sostituire da loro delegati”. Conformemente, il punto 15.3 dell’allegato A) alla deliberazione n. 148 del 2015, denominato “Linee guida Navip”, approvato quale parte integrante e sostanziale della stessa, ha disposto: “ciascun componente del Navip può intervenire a mezzo di un suo sostituto, scelto tra i soggetti incardinati nella propria struttura di riferimento, purché munito di delega del componente valida per una singola seduta”.

 

Il punto 16.1 dello stesso allegato A) ha poi disciplinato sia il quorum strutturale che quello funzionale del nucleo. Quanto al primo, ha disposto che “il Navip opera nella forma di un collegio imperfetto a maggioranza assoluta dei suoi componenti. La validità delle sedute del Navip è conseguita con la partecipazione della metà più uno dei componenti”. Quanto al secondo, ha stabilito che “il documento di analisi del Navip è validamente formato se approvato dalla metà più uno dei componenti”. Ed è evidente che, nella parte concernente i quorum, il termine “componenti” include, senza eccezioni, sia i dirigenti provinciali, sia il soggetto nominato in qualità di esperto.

 

Dunque, le linee giuda specificano, e in modo univoco, le regole per il funzionamento del nucleo, disciplinando il quorum strutturale per la validità delle riunioni e il quorum funzionale per l’assunzione delle decisioni, e non prevedendo la partecipazione necessaria di nessuno dei componenti, né per la validità della seduta né per la validità della decisione. Ebbene, dal verbale della seduta del 20 novembre 2015, nel corso della quale è stato approvato il “Documento di analisi finale” sulla proposta di SMA, emerge che il Nucleo ha operato nel rispetto del quorum strutturale (erano presenti 7 componenti su 9) e che ha deliberato all’unanimità.

 

4.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia la violazione del principio di imparzialità per la sussistenza di una sorta di “conflitto di interessi” tra la Società proponente e i dirigenti della Provincia componenti il Nucleo, ma anche con la posizione del Navip unitariamente considerato. Segnatamente, dopo aver rilevato che la Provincia di Trento ha numerose partecipazioni, attraverso Trentino Sviluppo S.p.a., in società funiviarie, tra cui Sif Lusia, Passo San Pellegrino - Falcade, Funivie Alpe Cermis, Funivie Col Margherita e Doleda, i cui impianti si collocano nel medesimo bacino di utenza del progetto di causa, la deducente afferma che l'istruttoria della sua proposta, concernente un’infrastruttura concorrenziale con quelle già esistenti, avrebbe dovuto essere condotta da un organismo formato da personale esterno all'Amministrazione provinciale. Tanto sarebbe comprovato dalla posizione dell’esperto dott. Bortolotti, presidente di Patrimonio del Trentino S.p.a., che si è astenuto volontariamente, ma anche dal ruolo decisivo assunto nel corso dell’istruttoria dal dott. Dalmaso e dall'ing. Baldesarri, rispettivamente preposti all'ufficio piste da sci e impianti a fune del Servizio turismo della Provincia e all'area impianti turistici di Trentino Sviluppo S.p.a.

 

Il mezzo non ha pregio. Esso, per il vero, si traduce in un’illazione non supportata da alcun principio di prova.

 

Giova al riguardo ricordare che il conflitto di interessi è una situazione di contrasto o di divergenza tra interessi che o impedisce la soddisfazione di entrambi gli interessi o può far temere che uno di essi pregiudichi l'altro, indipendentemente dal fatto che questo pregiudizio concretamente si verifichi. Agire in conflitto di interessi significa agire nonostante sussista contrasto tra gli interessi che siano, anche in modi diversi, riconducibili allo stesso agente. E in presenza di interessi antagonisti la legge impone sia l'obbligo di informare l’Amministrazione, sia quello di astenersi. In tal senso dispongono molteplici norme del diritto societario, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, le norme sull'ineleggibilità e sull’incompatibilità dei titolari di cariche pubbliche (fra cui la legge 20.7.2004, n. 215), il regime delle incompatibilità dei dipendenti pubblici disseminato in numerose disposizioni di legge, la legge 6.11.2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), l’art. 323 c.p., l’art. 51 c.p.c., disposizioni tutte che prevedono misure di prevenzione e obblighi di astensione, anche assistiti da sanzioni, a carico di chi si trovi in conflitto (anche potenziale) di interessi.

 

In particolare, è il regime dell’incompatibilità la soluzione introdotta dal legislatore per contrastare i conflitti di interessi dei dipendenti pubblici, e che questa sia una buona soluzione è stato affermato dalla Corte costituzionale con le argomentazioni svolte nella sentenza 24 luglio 2003, n. 275. Da tale disciplina, attuativa del principio di imparzialità cui deve ispirarsi tutta l'attività dei pubblici ufficiali a norma dell'art. 97 della Costituzione, deriva il generale obbligo per il dipendente pubblico di astenersi in presenza di un conflitto, anche solo potenziale, con un interesse proprio o di un prossimo congiunto, interesse che può anche essere non patrimoniale.

 

Nondimeno, il pubblico funzionario è legato da un rapporto organico con l’Amministrazione per cui, quando agisce all'interno dello scopo istituzionale attribuitogli, il suo comportamento è ascrivibile all'Amministrazione in quanto egli è solo il mezzo attraverso il quale l’Amministrazione si esprime.

 

Di conseguenza, nella fattispecie in esame, al di là dell’astensione del dott. Bortolotti, che volontariamente non ha compiuto alcuna attività istruttoria e non ha partecipato alla valutazione finale della proposta di SMA, è del tutto indimostrato che gli altri dirigenti abbiano operato per interessi propri e non per interesse dell’Amministrazione provinciale. E non può essere condivisa l’affermazione che la Provincia non potrebbe utilizzare il proprio personale esperto nella materia per svolgere l’istruttoria volta a valutare la necessità, la convenienza e l’opportunità di realizzare e di finanziare un nuovo impianto funiviario, solo perché la stessa Provincia ha partecipazioni in altri impianti di trasporto a fune nella stessa valle. La condivisione di tale assunto, difatti, è contraria, in primis, al principio basilare nel nostro ordinamento in forza del quale l’Amministrazione pubblica deve adempiere ai propri compiti con l’organizzazione e il personale di cui è dotata, declinazione del canone costituzionale di buona amministrazione e dei principi di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa. Inoltre, lo stesso assunto porterebbe alla conclusione - invero paradossale e abnorme - che la realizzazione di una nuova opera pubblica dovrebbe essere decisa da un soggetto terzo non solo rispetto all’apparato ma anche rispetto all’organo politico.

 

5. Si deve ora osservare che la deliberazione provinciale impugnata con il ricorso n.r.r. 23 del 2016 prende anzitutto atto che alla conclusione dell’istruttoria tecnica, definita “complessa per la mole di documentazione esaminata e per la materia trattata, facente riferimento a plurime competenze”, e sebbene si sia “tenuto conto delle osservazioni presentate da SMA”, era emerso che le risultanze conclusive contenute nel documento di analisi finale Navip “confermano, allo stato attuale dei documenti prodotti e oggetto di analisi, puntuali criticità tecniche riferite, in particolare, alla configurabilità dell’iniziativa quale mobilità alternativa, ai dati sui flussi turistici e alle proiezioni economiche/finanziarie. Da ciò è derivata una valutazione complessivamente negativa da parte del Navip dell’intervento proposto”.

 

Con i motivi terzo, quarto e quinto del ricorso vengono censurate, nell’ordine, le conclusioni del Navip in termini di criticità quanto alla configurabilità dell’iniziativa quale mobilità alternativa, quanto ai dati sui flussi turistici esposti e quanto alle proiezioni economiche/finanziarie.

 

5.1. Più precisamente, con il terzo motivo parte ricorrente non si capacita di come il Navip possa avere ritenuto la proposta di causa “non configurabile quale iniziativa di mobilità alternativa al traffico su gomma”, posto che quella stessa proposta ha conseguito il primo premio del concorso internazionale ARGE ALP 2014 quale miglior progetto di trasporto a fune come mobilità alternativa.

 

L’argomento è inconferente.

 

L’aver conseguito il premio 2014 “Buone pratiche nelle stazioni sciistiche alpine", assegnato dalla giuria nominata dalla stessa Comunità di lavoro Arge Alp, non costituisce alcun automatismo, né precostituisce alcun vantaggio, sulle valutazioni istruttorie di esclusiva competenza dell’Ente aggiudicatore, il solo chiamato a valutare il pubblico interesse della proposta.

 

Peraltro, le valutazioni espresse in sede concorsuale hanno carattere esclusivamente comparativo (rispetto agli altri concorrenti), per cui non possono comunque sostituirsi all’esame posto in essere, in concreto, dall’Amministrazione provinciale in ordine alla fattibilità complessiva del progetto, e anche dal punto di vista della sua effettiva incidenza sulla mobilità stradale. Per cui la richiamata valutazione premiale non solo non è riferibile alla Provincia, ma non può nemmeno supplire o, tantomeno, sostituirsi, a quella da essa istruita, il cui esito, peraltro, non è qui censurato in termini di erroneità di fatto dei dati presi in esame.

 

Segnatamente, il Servizio opere stradali e ferroviarie della Provincia ha descritto in modo dettagliato le dinamiche di ripartizione dei flussi del traffico nell'area oggetto di indagine a seguito di un monitoraggio effettuato dalle ore 7 alle ore 19.00 in epoca a ridosso di ferragosto (quindi in un periodo favorevole per l’interesse della ricorrente perché di intenso traffico): ne è emerso che circa 16.000 veicoli al giorno transitano nella direzione nord-sud, e viceversa, sulla strada statale delle Dolomiti; che circa 1.000 veicoli al giorno, per direzione, transitano sulla strada del Passo Costalunga provenienti da Moena e da Soraga; che applicando la percentuale di riduzione ipotizzata del 10 per cento “l’ipotetica riduzione del traffico sulla strada statale delle Dolomiti è di potenziali 200 veicoli al giorno bidirezionali, pari all’1,25 per cento del traffico transitante”.

 

Da ciò la conclusione, necessitata, che la nuova cabinovia proposta non può essere propriamente definita “sistema alternativo di mobilità” poiché contribuirebbe alla riduzione del traffico in maniera irrisoria (cfr. documenti allegati n. 2 e n. 9 al Documento di analisi finale del Navip).

 

5.2. Con il quarto motivo parte ricorrente lamenta che, in sede istruttoria, è stata ridotta del 30 per cento la domanda stimata di passaggi funiviari posta a base dell’istanza di project financing. Asserisce che tale “riduzione dei passaggi attesi”, che ha reso economicamente insostenibile l'opera, sarebbe “gratuita e arbitraria”, poiché si baserebbe su previsioni negative dei flussi turistici che non avrebbero riscontro e perché risulterebbe, in ogni caso, del tutto avulsa dalla realtà della valle.

 

Con il quinto motivo parte ricorrente afferma che, anche con un numero di passaggi ridotto del 30 per cento, avrebbe dimostrato che la proposta è comunque sostenibile dal punto di vista economico-finanziario, in quanto sarebbe “possibile ridurre la portata oraria dell'impianto e modificare altri aspetti che consentono una riduzione dell'investimento per le forniture elettromeccaniche”. Ciononostante, sia il Navip che la Giunta provinciale avrebbero “adottato una posizione pregiudiziale di chiusura”, senza provvedere ad un ulteriore arricchimento istruttorio come sarebbe stato suggerito, da ultimo, dalla stessa Cassa del Trentino.

 

I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono privi di pregio.

 

Anzitutto, in sede istruttoria i Servizi tecnici dell’Amministrazione hanno ridotto i dati della domanda proposta (120 giorni di operatività nella stagione invernale e altrettanti nella stagione estiva; 905.000 passaggi andata e 462.000 passaggi ritorno) non arbitrariamente e non solo prendendo a riferimento i dati della “vicinissima funivia Catinaccio di Vigo di Fassa” (come asserito dalla deducente), ma a seguito dell’analisi dei dati di impianti di arroccamento similari a quello oggetto di causa, ossia che non sono serviti da piste che, come è noto, attirano maggiormente l’interesse, e così consentono il ricircolo degli sciatori (si vedano i dati relativi ai collegamenti Predazzo - Gardoné, Pinzolo - Campiglio, Aosta - Pila). Il Servizio turismo ha anche preso in esame i dati delle ultime sei stagioni invernali del Consorzio impianti a fune Val di Fassa - Carezza e di Madonna di Campiglio per dimostrare che “indipendentemente dalle opere realizzate, si rileva una sostanziale stabilità dei dati degli ingressi e dei passaggi”. Inoltre, sono stati nel dettaglio esaminati, con l’indicazione di molteplici fonti, i dati dei flussi turistici interessanti la valle: provenienti dall’Italia e dall’estero, in entrambe le stagioni turistiche, riguardanti sia sciatori che clienti c.d. slons (snow lovers no skiers), sulla durata delle vacanze, e anche i dati statistici degli ultimi vent’anni da quali si evince la “progressiva contrazione del numero degli sciatori, che ha portato al dimezzamento dei praticanti lo sci e discipline affini, forse complice anche la crisi economica”. È dunque dall’esame dei suddetti dati che la stima della domanda è stata ridotta in maniera definita “prudenziale”, anche perché proiettata nell’arco di un trentennio, come da proposta della stessa SMA (cfr. documenti allegati n. 5 e n. 7 al Documento di analisi finale Navip).

 

Quanto alla posizione di Cassa del Trentino, essa ha esaminato il piano economico finanziario (PEF) presentato da SMA rilevando, immediatamente, una serie di criticità così riassunte: modesto livello di dettaglio, carenze informative, imprecisioni e approccio metodologico non coerente con la prassi di mercato e con le indicazioni fornite dall’Unità tecnica finanza di progetto (incardinata presso il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri), assenza di indicatori di bancabilità e delle modalità di determinazione degli indicatori di rendimento.

 

A quel punto SMA ha rielaborato il PEF, ha ridotto il valore dell’investimento (da 37,6 a 29,9 milioni di euro), e ha chiesto che la riduzione della domanda del 30 per cento sia accompagnata da una correlata riduzione degli oneri per la manutenzione degli impianti. Tale PEF rielaborato è stato ri-sottoposto a Cassa del Trentino, la quale, ribadendo che “la tipologia di opera da realizzare rientra tra quelle per le quali la tariffa non è sufficiente a garantire l’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa”, e che “l’allocazione del rischio della domanda in capo al privato in relazione a una nuova opera pubblica richiede particolari cautele e approfondimenti”, provvedendo anche a rideterminare gli indicatori di sostenibilità economico-finanziaria, non ha riscontrato “il necessario equilibrio economico-finanziario … perché il VAN di progetto è negativo [invece, il valore attuale netto deve essere positivo o pari allo zero per rappresentare la ricchezza generata dall’investimento], perché il TIR dichiarato è inferiore al tasso di attualizzazione e al tasso del senior debt [invece, il tasso di rendimento deve essere superiore o uguale alle fonti necessarie per finanziarlo] e perché l’indicatore di bancabilità (DSCR) è pari a 1,05 [quando tale valore deve essere ben superiore all’1 per non compromettere la possibilità di erogare dividendi]”. Cassa del Trentino ha così concluso che anche il PEF rielaborato “non consente di riscontrare il necessario equilibrio economico-finanziario della proposta”.

 

Non è corretto sostenere che la posizione di Cassa del Trentino (a differenza di quella del Navip e della Giunta provinciale) sarebbe stata favorevole alla proposta di parte ricorrente avendo essa “suggerito” un ulteriore “arricchimento istruttorio”. Invero, Cassa del Trentino ha concluso la sua relazione non suggerendo alcunché ma solo mettendosi a disposizione della Provincia, come il suo ruolo impone: ha infatti affermato che, “se la PAT ritiene che l’iniziativa rientri tra le proprie priorità, sia compatibile con le risorse disponibili ed in linea con le strategie complessive del territorio”, sarebbe stato necessario individuare con il proponente “possibili leve per favorire l’equilibrio economico-finanziario”, ma anche confrontarsi con la già nominata Unità tecnica finanza di progetto sulla possibilità di prevedere “forme aggiuntive di intervento pubblico”.

 

Neppure le argomentazione svolte da pag. 32 a pag. 35 dell’atto introduttivo hanno alcun pregio, in parte perché reiterano osservazioni già svolte e in sede procedimentale e in sede processuale (dal trattamento IVA alla riduzione dei giorni di operatività), ma anche perché è errato sostenere che non compete all’Amministrazione “stabilire quale deve essere il guadagno minimo” dei privati rispetto all’investimento da loro proposto.

 

Al contrario, l'Amministrazione deve valutare tutti gli aspetti che investono un'iniziativa di partenariato pubblico-privato, sia al fine di individuare la possibilità e il vantaggio per la collettività di realizzare una nuova infrastruttura pubblica, sia per indicare la quantità ottimale di risorse finanziarie da destinare al progetto, ma anche per evidenziare al mercato il grado di appetibilità della proposta di realizzare e di gestire quell’infrastruttura. Non si dimentichi, infatti, che all’esito positivo del processo di valutazione della proposta compete all’Amministrazione adottarla al fine di porla a base di una gara ad evidenza pubblica, alla quale il proponente è sì invitato, ma che interessa anche altri operatori economici, e il cui esito, nonostante il diritto di prelazione, non può mai essere scontato. Risulta pertanto evidente come l'Amministrazione per far proprio un progetto, approvarlo e porlo a base di una pubblica gara, debba valutarne ogni specifico aspetto, incluso, quindi, il rendimento atteso. È anche sulla base di detto rendimento, infatti, che deve essere quantificato il contributo pubblico (ossia il prezzo) da erogare (cfr. art. 143, comma 4, del d.lgs. 12.4.2006, n. 163).

 

6. Con i motivi sesto, settimo e ottavo e nono del ricorso vengono censurate le conclusioni della Giunta provinciale espresse nella deliberazione n. 2105 del 2015.

 

È bene ora osservare che l’Organo esecutivo, dopo aver richiamato il contenuto del predetto documento predisposto dal Navip, ne ha condiviso le conclusioni rilevando che, in base alle stesse, “l’intervento non [può] avere rilevanza di pubblico interesse in quanto le risultanze tecniche riscontrate in base alla proposta presentata evidenziano come la sua realizzazione non porti alcun beneficio sotto l’aspetto della mobilità alternativa, mentre le criticità evidenziate inerenti i flussi turistici sovrastimati e le proiezioni economico/finanziarie prive di equilibrio non consentono di iniziare validamente la fase ad evidenza pubblica”.

 

Di seguito, la Giunta provinciale ha affermato che, “anche andando oltre alle conclusioni tecniche” a cui era pervenuto il Navip, “la realizzazione dell’intervento in finanza di progetto proposto dalla SMA non soddisfa l’attuale interesse pubblico della comunità trentina e, in particolare, del territorio in cui andrebbe a collocarsi l’opera in questione, ossia della Val di Fassa”. E ciò per una serie di articolate ragioni così sintetizzabili:

 

A) - lo stesso progetto era stato analizzato in sede di elaborazione del piano stralcio della mobilità della Valle di Fassa unitamente alla locale comunità (il Comun general de Fascia) ma non era stato accolto perché erano stati selezionati solo i progetti che andavano “incontro a quelle che sono le esigenze del territorio considerato, sentito chiunque fosse interessato e considerate le disponibilità finanziarie presenti” nell’attuale fase storica ed economica;

 

B) - dal punto di vista paesaggistico, la proposta “determinerebbe la realizzazione di un impianto con attraversamento trasversale della Val di Fassa, tra Moena e Soraga, nel punto in cui la valle si chiude in corrispondenza del lago di Soraga e della prospettiva spettacolare che inquadra le cime dolomitiche dei gruppi del Catinaccio e del Sella”; in tale ambito “il pregio paesaggistico della successione di prati da sfalcio, che si estendono lungo il torrente Avisio, è innegabile e va tutelato rispetto a impianti e infrastrutture che determinerebbero un taglio netto e rettilineo delle visuali principali”; ed ancora: “nella parte terminale del collegamento la proposta verrebbe a interessare il Passo Costalunga, oggi inserito quale area buffer nella perimetrazione delle Dolomiti Patrimonio dell’UNESCO, al fine del coerente collegamento tra il massiccio del Latemar e quello del Catinaccio”;

 

C) - quanto al richiesto contributo pubblico di 7,5 milioni di euro, “l’esperienza di intervento nel finanziamento di impianti funiviari mostra, tuttavia, come la Provincia in passato si sia talvolta trovata nella necessità di rilevare collegamenti analoghi a quello proposto, con ulteriori rilevanti esborsi”; e ciò “in conseguenza delle difficoltà incontrate dagli operatori nel far fronte con regolarità alle obbligazioni assunte” perché “è particolarmente complesso definire stime attendibili della domanda nel lungo periodo in ragione dei numerosi e mutevoli elementi che impattano sulla stessa”.

 

Pertanto, a fronte del rilevante prezzo pubblico richiesto, e a fronte del rischio di ulteriori interventi pubblici necessari per salvaguardare il regolare esercizio dell’impianto, per garantire i livelli occupazionali e per assicurare le ricadute territoriali a favore degli operatori economici legati all’attività, la Provincia ha ritenuto “necessario operare con prudenza e attenzione, destinando le già limitate risorse finanziarie provinciali a sostegno del completamento o integrazione delle iniziative già pianificate, programmate o ritenute di prioritario interesse”.

 

6.1. Parte ricorrente contesta tali argomentazioni innanzitutto dal punto di vista procedurale, lamentando che la Giunta provinciale non abbia esperito il previo confronto procedimentale codificato dall'art. 10 bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, e dall'art. 27 bis della l.p. 30 novembre 1992, n. 23. Le contestazioni si rivolgono poi al merito delle argomentazioni e, in particola modo, al presupposto, definito “erroneo” dell'insostenibilità economico-finanziaria dell'opera, sul rilievo che sarebbe già stato dimostrato che la proposta di collegamento “non necessita di altro contributo che quello iniziale, pagandosi poi da sé”.

 

Tali censure, che possono essere trattate congiuntamente, sono prive di pregio.

 

Come si è già detto, un articolato confronto procedimentale - con l’invio del preavviso di diniego in data 11 settembre 2015 e di ulteriore documentazione in data 3 novembre 2015 e con l’esame delle osservazioni di parte presentate in data 22 settembre 2015, 16 ottobre 2015 e 10 novembre 2015 - è stato esperito, in sede tecnica, a cura del Navip.

 

Successivamente, l’Organo esecutivo della Provincia ha fatto proprie le conclusioni negative del Navip alle quali ha aggiunto, in sede di valutazione circa la sussistenza dell’interesse pubblico a realizzare l’infrastruttura proposta, considerazioni fondate, essenzialmente, sulla non convenienza economica di un’operazione che avrebbe richiesto un’importante contribuzione pubblica dato che i ricavi commerciali provenienti dall’utenza sarebbero stati insufficienti per il suo mantenimento. E queste sono non argomentazioni nuove e non ricollegabili a quelle emerse nel corso della procedura bensì la traduzione, in termini di valutazione dell’interesse pubblico, delle criticità economico-finanziarie già rilevate e contestate dal Navip.

 

6.2. Nel merito, occorre osservare che la resistente Provincia, come è stato evidenziato anche in sede difensiva, vanta una rilevante e pluriennale esperienza in materia di costruzione e di gestione di impianti funiviari, nonché di partecipazione, tramite Trentino Sviluppo S.p.a., in ben 23 società di gestione. Essa ha pure sottolineato come “a fronte di un fatturato complessivo di 58 milioni di euro, tali società evidenziano perdite per 15 milioni di euro e un debito complessivo di circa 100 milioni di euro”, e anche come sia “noto che la stessa Provincia deve frequentemente intervenire [economicamente] per evitare l'interruzione dei servizi”.

 

Ebbene, di fronte ad un PEF che, seppure rielaborato, evidenziava ancora i molteplici problemi anzidetti ed anche “una perdita di esercizio nei primi nove anni di gestione”, per un totale di quasi 1,5 milioni di euro (pag. 6 dell’allegato 8 al Documento di analisi finale del Navip), la Provincia ha sostanzialmente affermato, richiamando la sua concreta esperienza nel settore degli impianti funiviari, che non intendeva affrontare un ingente esborso di denaro pubblico con rischi non puntualmente definiti e, oltretutto, non una tantum ma con previsione di ulteriori interventi pubblici (che immancabilmente sarebbero sollecitati dagli operatori economici, dai lavoratori ma anche dalla popolazione della valle), per garantire il regolare esercizio dell’impianto, l’occupazione e le ricadute territoriali. Effettivamente è notorio, e non solo per gli operatori del settore, che a ogni nuovo impianto di risalita conseguono, o nell’immediato o nel breve termine, nuove piste e nuove strutture ricettive ad esse, ed all’impianto, collegate. Ed è comprova di ciò che lo stesso progetto di causa, principalmente dedicato al nuovo collegamento funiviario, prevede anche la realizzazione di due nuove piste da sci presso la stazione della cabinovia di Moena.

 

Tale principale argomentazione fondante il diniego di interesse pubblico è giustificata, motivata, razionale e convincente, considerazioni nelle quali si deve arrestare il sindacato di questo giudice. È infatti pacifico in giurisprudenza che la decisione in esame, assunta dall’Organo politico esponenziale della comunità locale ai sensi dell’art. 50 quater, comma 19, della l.p. n. 26 del 1993, e volta a valutare se sia o meno di pubblico interesse una proposta per la realizzazione in concessione di un’opera pubblica non prevista dagli strumenti di programmazione, “costituisce una scelta largamente discrezionale” che “rientra nell’amplissima discrezionalità dell’Amministrazione” e che può essere sindacata solo “nei limiti della manifesta illogicità, ovvero del travisamento” (cfr. T.R.G.A. Trento, 20.11.2011, n. 467). Sul punto è stato anche osservato, con affermazioni che il Collegio fa proprie, che:

 

- “nella valutazione sulla rispondenza a pubblico interesse della proposta … l'Amministrazione esercita una ‘in alto grado’ (ovvero il ‘massimo margine’) di discrezionalità … caratterizzata da ampiezza di discrezionalità e da incisive e sostanziali valutazioni di merito” (cfr. C.d.S., sez. V, 23.3.2009, n. 1741);

 

- “fermo restando l’obbligo dell’Amministrazione di supportare la propria scelta con ragioni non affette da errori o vizi logici, … la locuzione ‘di pubblico interesse’ non esprime adeguatamente l’ampio spazio discrezionale che compete all’Amministrazione nella scelta … in quanto la relativa determinazione può essere legittimamente assunta in base a valutazioni di puro merito, ossia latamente politiche” (cfr. C.d.S., sez. V, 6.12.2010, n. 8947);

 

- persino dopo la “dichiarazione di pubblico interesse di una proposta di realizzazione di lavori pubblici … l'Amministrazione non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, perché tale scelta costituisce una tipica manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa” (cfr. C.d.S., sez. V, 21.6.2016, n. 2719; id., sez. V, 26.6.2015, n. 3237; id., sez. III, 20.3.2014, n. 1365).

 

7. In definitiva, il ricorso n.r.r. 23 del 2016, nella parte impugnatoria, è infondato e deve essere, perciò, respinto.

 

8. Ne consegue che anche la domanda risarcitoria - basata sulla dedotta “illegittimità della valutazione di non interesse pubblico dell'opera proposta in project financing” - è infondata poiché, anche tralasciando il fatto che è generica e priva anche solo di un principio di prova, manca l’elemento oggettivo del dedotto illecito, ossia l’antigiuridicità, l’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa. Sul punto giova anche ribadire che il privato che, volontariamente, propone all’Amministrazione una nuova opera pubblica, né pianificata né programmata, non può dolersi per aver inutilmente predisposto quella proposta progettuale poiché non gode di alcuna aspettativa giuridicamente qualificata a ottenere la dichiarazione di pubblico interesse, prima, e la posizione di promotore, poi.

 

9. Con il ricorso n.r.r. 23 del 2016 SMA ha anche introdotto la domanda relativa al risarcimento del danno per l’emanazione tardiva del provvedimento della Giunta provinciale n. 2105: il 27 novembre 2015 anziché entro tre mesi (come prevede il comma 19 dell’art. 50 quater della l.p. n. 26 del 1993) decorrenti: - o dal 17 giugno 2013, data di presentazione della proposta di project financing, - o, quantomeno, dalla sentenza di questo Tribunale n. 45, pubblicata il 30 gennaio 2015.

 

10.1. Analoga domanda è stata introdotta con il ricorso n.r.r. 8 del 2016, per cui le due richieste devono essere esaminate congiuntamente.

 

A detta di SMA:

 

A) l'antigiuridicità della condotta tenuta dalla Provincia sarebbe già acclarata, con autorità di giudicato, dalla sentenza n. 45 del 2015 che ha accertato che il progetto di SMA non poteva essere ritenuto inammissibile solo perché difettava di conformità urbanistica;

 

B) la colpa sarebbe evidente poiché un’opera proposta con il sistema del project financing può non essere conforme agli strumenti urbanistici vigenti; inoltre, l’Amministrazione avrebbe condotto l'esame della proposta di SMA con “intenti dilatori” anche dopo il riavvio del procedimento a seguito della menzionata sentenza n. 45;

 

C) il danno ingiusto subito, quantificabile in 1.093.600,32 euro, “pari alla somma che SMA avrebbe ricavato se avesse potuto investire il capitale in altri progetti funiviari”, o “in più utili e redditizi impieghi”, sarebbe insito nell’immobilizzazione del capitale sociale pari a 5 milioni di euro, nonché nelle spese sostenute per l'elaborazione del progetto e per la successiva partecipazione al procedimento.

 

10.2. A tale riguardo occorre innanzitutto ricordare che l'art. 2 bis, comma 1, della legge n. 241 del 1990 prevede che la Pubblica amministrazione è tenuta "al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento".

 

La giurisprudenza amministrativa assimila la condotta dell'Amministrazione non conforme al disposto di cui al riportato comma 1 ad un illecito realizzato al di fuori di un rapporto negoziale. Più precisamente, si ritiene che la fattispecie risarcitoria definita dalla disposizione in esame costituisca - in ragione della natura della posizione fatta valere (la lesione di un interesse legittimo pretensivo) e del principio dell'atipicità dell'illecito civile - "una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell'alveo dell'art. 2043 c.c. per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità" (cfr., C.d.S., sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5600; id., sez. IV, 7 marzo 2014, n. 1406; id., sez. IV, 4 maggio 2011, n. 2675; id., sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739).

 

Consegue a tale impostazione che è imputabile all'Amministrazione un obbligo risarcitorio per l'inosservanza del termine per l'adozione di un provvedimento solo se sussistono i presupposti propri e tipici della responsabilità aquiliana, ovvero: un elemento oggettivo, consistente nella violazione dei tempi procedimentali fissati dalla legge; un elemento soggettivo, ossia il dolo o la colpa dell'Autorità agente; un nesso di causalità, materiale o strutturale, tra il comportamento inerte tenuto dall'Organismo adito e il fatto pregiudizievole che si è verificato; l'ingiustizia del danno cagionato, ossia la lesione di una posizione soggettiva meritevole di tutela (cfr., C.d.S., sez. V, 25.3.2016, n. 1239; id., sez. VI, 14.11.2014, n. 5600; id., sez. VI, 10.6.2014, n. 2964).

 

10.3. Si deve ora osservare che l'art. 2 bis della legge n. 241 del 1990 non fornisce all'interprete i parametri necessari per comprendere se oltre al c.d. “danno da ritardo”, vada riconosciuto, o meno, anche il c.d. “danno da mero ritardo”, espressione con la quale si denomina il caso di intempestiva adozione di un provvedimento sfavorevole per il richiedente, come è nella vicenda qui all’esame.

 

Su tale specifico punto, l’orientamento maggioritario in giurisprudenza muove da quanto precisato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7, del 15 settembre 2005. La pronuncia, pur rilevando che “in un ordinamento preoccupato di conseguire un'azione amministrativa particolarmente sollecita, alla violazione dei termini di adempimento procedimentali possono riconnettersi conseguenze negative, anche di ordine patrimoniale”, ha riconosciuto che il risarcimento del danno causato al privato dall’azione tardiva dell'Amministrazione spetta solo quando è accertata la «spettanza del c.d. bene della vita atteso» che “il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il passaggio a riparazioni per equivalente solo quando l'interesse pretensivo … assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento vantaggioso per l'interessato”. All’opposto, non è risarcibile il danno quando “i provvedimenti adottati in ritardo risultano di carattere negativo per la parte interessata”, ossia in caso di “mero ritardo” provvedimentale, occorrendo appunto, e sempre, verificare se il bene della vita finale sotteso all'interesse legittimo azionato sia, o meno, dovuto.

 

In tal senso, anche recentissimamente, è stato puntualizzato che "il risarcimento del danno da ritardo relativo ad un interesse legittimo pretensivo non può essere avulso da qualsivoglia valutazione concernente la spettanza del bene della vita e deve, quindi, essere subordinato, tra l'altro, anche alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e, quindi, alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato a un tale interesse; l'entrata in vigore dell'art. 2 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 non ha, infatti, elevato a bene della vita suscettibile di autonoma protezione, mediante il risarcimento del danno, l'interesse procedimentale al rispetto dei termini dell'azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell'interesse sostanziale al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato" (cfr., C.d.S., sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1371; in termini, id., sez. V, 25.3.2016, n. 1239; id., sez. IV, 22.12.2014, n. 6263; id., sez. V 13.1.2014, n. 63; id. sez. IV, 1.7.2013, n. 3533; id., sez. IV, 28.5.2013, 2899; id., sez. IV, 7.3.2013, n. 1406; id., sez. IV, 23.3.2010, n. 1699).

 

Questo Tribunale ha già condiviso detto approccio ermeneutico (cfr. sentenza 20.11.2015, n. 467, e anche sentenza 26.1.2016, n. 41, sulla risarcibilità in caso di vizi procedimentali), che si fonda sull'assunto che, allo stato attuale della legislazione esso costituisca “l’unico punto di equilibrio per evitare il proliferare di richieste risarcitorie infondate, con le quali si stigmatizza un ritardo in relazione a pretese che non avrebbero avuto pratica possibilità di accoglimento”. Ne deriva che per tali pretese “l’unica forma di protezione prevista dall’ordinamento sarebbe semmai, ricorrendone i presupposti, quella dell’indennizzo ex art. 2 bis, comma 1 bis, della legge n. 241 del 1990” (cfr., C.d.S., n. 1371 del 2016, cit.).

 

Consegue a ciò che il ritardo, rispetto al termine stabilito dalla legge, con cui la Provincia ha concluso il procedimento attivato da parte ricorrente con la presentazione della proposta di project financing si sottrae alla possibilità di essere valutato, a fini risarcitori, in termini di ingiustizia stante l’accertata legittimità del conclusivo provvedimento sfavorevole.

 

10.4. Per completezza, va ricordato che un altro orientamento, ad oggi decisamente minoritario, sostiene che con la novella di cui all’art. 2 bis il legislatore abbia valorizzato anche la certezza dei tempi procedimentali quale elemento imprescindibile nello svolgimento dell'azione amministrativa nonché qualificata aspettativa soggettiva che, in quanto tale, è meritevole di tutela diretta (cfr., per tutte, C.G.A., 4 novembre 2010, n. 1368, e C.d.S., sez. V, 21.6.2013, n. 3405, ove è stato affermato che “il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, qualora incidente su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica”). Secondo tale opinione, il danno consegue al mero superamento del termine di conclusione del procedimento, a prescindere dall’accertamento della spettanza del bene della vita finale, perché il ritardo è comunque “un costo per l’amministrato e si traduce nell'aumento del c.d. rischio amministrativo”.

 

Neppure seguendo questo orientamento, peraltro, la pretesa della ricorrente è meritevole di essere valutata positivamente, poiché anche in questa linea interpretativa devono trovare applicazione le regole sull’onere della prova quanto al danno subito, stante che ricade sempre sull’interessato l’onere di dimostrare di aver avuto un pregiudizio effettivo ed eziologicamente ricollegato alla condotta tenuta dall'Amministrazione che si è pronunciata tardivamente: pertanto, il risarcimento spetta “a condizione che tale danno sussista, sia ingiusto, venga provato e sia escluso che vi sia stato il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.” (cfr., C.d.S., n. 3405 del 2013, cit.). In altri termini, la risarcibilità del danno è sempre, univocamente, legata alla concreta sussistenza di danni patrimoniali effettivi, qualificati come <danni conseguenza> rispetto alla violazione del termine del procedimento, per cui il privato non può conseguire il risarcimento in base alla sola lesione del termine procedimentale in sé, ma in base alle conseguenze dannose, <immediate e dirette>, nella sua sfera patrimoniale che quel comportamento - antigiuridico perché tardivo rispetto al termine codificato - ha cagionato. Sul punto è stato così affermato che “il danno risarcibile non è il ‘tempo perso’ in sé, ma il concreto nocumento che la lesione del bene tempo abbia sortito nella sfera del danneggiato” (cfr., T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 3 luglio 2013, n. 3391).

 

11.1. Così riassunto lo stato della giurisprudenza sul tema del danno da mero ritardo, il Collegio deve concludere che, in ogni caso, la domanda di parte ricorrente deve essere respinta perché carente non solo di qualunque prova, ma anche di qualunque principio di prova, in ordine all'esistenza, in concreto, del danno asserito, delle sue voci e del suo ammontare.

 

Ed è appena il caso di ricordare che spetta a colui che ritiene di essere danneggiato fornire, e in modo rigoroso, la prova dell'esistenza del pregiudizio denunciato, specie se di natura patrimoniale, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento, dato che non si riscontra alcuna asimmetria informativa tra Amministrazione e privato ma, anzi, opera il principio della c.d. vicinanza della prova, che determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito, in generale, dall'art. 2697, primo comma, c.c. Neppure è ammessa la valutazione equitativa, prevista dall'art. 1226 c.c., perché essa presuppone che risulti comunque comprovata l'esistenza di un danno risarcibile, fatta salva la presenza di situazioni di impossibilità (o di estrema difficoltà) di presentare una puntuale prova solo sul “preciso ammontare” del danno subito (cfr., ex multis, C.d.S., sez. VI, 30.3.2015, n. 1648; id., sez. V, 9.3.2015, n. 1182; id., sez. V, 10.2.2015, n. 675; id., sez. IV, 22.12.2014, n. 6263; id., sez. V, 21.6.2013, n. 3405).

 

11.2. In conclusione, facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, la domanda risarcitoria deve essere respinta, poiché la Società ricorrente non ha adempiuto all'onere di allegare puntuali elementi di fatto idonei a provare l’esistenza dei danni meramente dedotti, né la loro derivazione in termini di “conseguenza immediata e diretta” del ritardo con cui ha agito l'Amministrazione.

 

E’ inoltre considerazione finale che le (non documentate) “spese per l’elaborazione del progetto” e le “spese per la partecipazione al procedimento” non sarebbero comunque ristorabili, perché sono state volontariamente assunte per elaborare la proposta di project financing ai sensi del comma 19 dell’art. 50 quater della l.p. n. 26 del 1993, la cui presentazione, come già detto, attribuisce alla parte proponente non un’aspettativa giuridicamente qualificata ma un’aspettativa generica, propria di chiunque aspira a conseguire utilità e benefici da proprie iniziative economiche.

 

Quanto alla voce relativa all’asserito danno conseguente all’immobilizzazione del capitale sociale (peraltro pari non a 5 milioni di euro ma alla parte effettivamente versata, ossia 1,25 milioni di euro), essa è del tutto sfornita di prova: sono rimasti indimostrati i generici e ipotetici “altri e più produttivi investimenti” e pure i “più utili e redditizi impieghi” cui avrebbe potuto essere destinato il capitale versato decorso il termine trimestrale per la conclusione del procedimento.

 

12. In definitiva, anche l’azione risarcitoria introdotta con parte del ricorso n.r.r. 23 del 2016 e con il ricorso n.r.r. 8 del 2016 è infondata e deve essere, perciò, respinta.

 

13. Contestualmente al procedimento di valutazione della proposta di project financig presentata da SMA, la Provincia ha istruito il procedimento che ha portato all’approvazione del piano stralcio per la mobilità della Val di Fassa. Queste le date di interesse: la proposta SMA di project financing è datata 17 giugno 2013 mentre la proposta di piano stralcio è stata approvata con deliberazione del 26 luglio 2013; la Giunta provinciale ha deliberato di non valutare di interesse pubblico la proposta di SMA il 27 novembre 2015 quando aveva approvato il piano stralcio il precedente 26 ottobre 2015, con deliberazione n. 1874.

 

Con il ricorso n.r.r. 7 del 2016 SMA ha impugnato anche il piano stralcio per la mobilità della Val di Fassa, lamentando, essenzialmente, che in esso non è stata inserita la propria richiesta, formalizzata con l’osservazione di “prevedere un impianto a fune che colleghi gli abitati di Moena e di Soraga con il Passo di Costalunga”.

 

Tralasciando di vagliare l’attualità dell’interesse di parte ricorrente all’esame di quest’ultima impugnazione - dopo che la deliberazione n. 2105 del 2015 di non interesse pubblico del predetto collegamento funiviario ha resistito alle censure introdotte con il ricorso n.r.r. 23 del 2016, come si è appena visto - il Collegio reputa che anche il ricorso n.r.r. 7 del 2016 sia infondato.

 

13.1. In sede procedimentale SMA aveva dunque presentato un’osservazione, registrata al n. 18, per supportate la propria richiesta, ed ora, con il primo motivo di ricorso, denuncia la violazione dei principi partecipativi lamentando che il provvedimento della Giunta provinciale con cui è stato approvato il piano non contiene argomentazioni giustificative del mancato accoglimento della proposta stessa.

 

Il mezzo è privo di pregio.

 

Il piano provinciale della mobilità è disciplinato dall’art. 52 della l.p. 20.3.2000, n. 3, che lo definisce lo “strumento per l'attuazione delle politiche provinciali e per la programmazione delle opere e degli interventi a carattere strategico sotto l'aspetto della mobilità e della mobilità sostenibile”.

 

Quanto al profilo procedurale, lo stesso art. 52 stabilisce, per quanto qui interessa, che:

 

- sulla proposta di piano, o di un suo stralcio, devono essere acquisiti i pareri della struttura provinciale competente in materia di urbanistica, dei comuni territorialmente interessati, degli enti gestori dei parchi naturali provinciali territorialmente interessati, della competente commissione permanente del Consiglio provinciale;

 

- sulla proposta chiunque può presentare osservazioni ai comuni, che le trasmettono al dipartimento provinciale competente in materia;

 

- il piano è approvato dalla Giunta provinciale, anche per stralci, tenuto conto dei pareri acquisiti e delle osservazioni pervenute e motivando espressamente solo l'eventuale scostamento dai pareri acquisiti, previa conclusione di un'intesa con la Comunità di valle interessata.

 

Dunque, le disposizioni della speciale procedura all’esame impongono all'Amministrazione provinciale di “tenere conto” delle osservazioni pervenute e di “motivare” solamente in caso di scostamento dai pareri obbligatori. Esse, in diversi termini, non introducono l’obbligo di motivare su di ogni singola osservazione presentata da soggetti portatori di interessi generici e indistinti e privi di aspettative qualificate, quale è la posizione della ricorrente rispetto al piano della mobilità. Tale peculiare disciplina normativa è peraltro conforme al disposto della legge provinciale sull'attività amministrativa (l.p. 30.11.1992, n. 23), che al comma 2 dell’art. 4 recita: “la motivazione non è richiesta per gli atti a contenuto generale”, e che all’art. 29 stabilisce: "le disposizioni contenute negli articoli 24, 25, 26, 27 e 28 [sulla partecipazione al procedimento amministrativo] non si applicano nei confronti delle attività delle pubbliche amministrazioni … dirette all'emanazione di atti amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione e l'efficacia”.

 

Ora, che l’Amministrazione provinciale abbia “tenuto conto” dell’osservazione n. 18 è indubbio, essendo la stessa espressamente riportata nelle elencazioni delle osservazioni contenute nel provvedimento giuntale e nell’allegata relazione tecnica integrativa. Altrettanto certo è che l’Amministrazione non aveva l’obbligo, perché non imposto dalla legge sopra riportata, di dedicare ad ogni osservazione uno specifico paragrafo per motivarne il mancato accoglimento. Peraltro, nello speciale procedimento codificato per l’approvazione del piano della mobilità, le osservazioni presentate dai portatori di interessi indifferenziati assumono il valore di semplici apporti collaborativi, il cui rigetto non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente che esse siano state ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della elaborazione del piano.

 

E che la portata dell’osservazione n. 18 fosse in contrasto con le considerazioni generali poste a base del piano stralcio della mobilità emerge con evidenza dalla documentazione di accompagnamento, nella quale rileva sia l’intesa con la Comunità di valle, ove si legge che la previsione di ulteriori interventi potrà essere approfondita solo “compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche necessarie”, sia la relazione tecnica integrativa, dalla quale risulta che le infrastrutture ivi previste sono state valutate “compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche necessarie anche in relazione alle altre priorità di opere pubbliche in ambito provinciale”.

 

Il motivo esaminato deve quindi essere respinto.

 

13.2. Con il secondo motivo di ricorso SMA denuncia che nemmeno nel sub-procedimento di valutazione strategica ambientale (VAS) la propria osservazione sarebbe stata presa in considerazione. Inoltre, la deliberazione impugnata non sarebbe accompagnata dalla redazione del parere motivato di cui all'art. 15, comma 1, del d.lgs. 3.4.2006, n. 152.

 

Anche questo mezzo è privo di pregio.

 

La disciplina provinciale per l'applicazione ai piani e ai programmi della direttiva sulla valutazione strategica 2001/42/CE, del 27 giugno 2001, è contenuta nel d.P.P. 14.9.2006, n. 15-68/Leg. In esso è stabilito che la valutazione strategica, quale processo di autovalutazione, deve essere “inserita nel procedimento di adozione dei piani e dei programmi provinciali” (art. 1); che le proposte devono essere messe a disposizione del pubblico “in osservanza delle disposizioni procedurali previste dalle norme vigenti concernenti la fase di pubblicità dei piani o dei programmi in corso di formazione” (art. 5); che il soggetto competente adotta il piano o il programma “considerando” le osservazioni presentate; che il provvedimento di adozione deve essere accompagnato dalla “sintesi non tecnica del rapporto ambientale e delle osservazioni” (art. 6).

 

Ebbene, nella vicenda all’esame la valutazione strategica è stata “inserita” nel procedimento - codificato nell’art. 52 della l.p. n. 3 del 2000 - che ha portato all’approvazione del piano stralcio; è stata osservata la fase di pubblicità (peraltro, la proposta è stata messa a disposizione del pubblico, tramite i comuni della valle, per 60 giorni anziché per 30 come dispone il testo dell’art. 52); (come già visto) la Giunta provinciale ha adottato il piano “considerando” le osservazioni presentate (tutte citate nel testo del provvedimento); la deliberazione è stata approvata unitamente alla relazione tecnica integrativa (che pure “considera”, menzionandola, l’osservazione di interesse di parte ricorrente), allegata alla quale è la “sintesi non tecnica dei pareri e delle osservazioni pervenute”. Tale ultimo documento dà puntualmente atto dell’avvenuto esame di tutte le osservazioni presentate, delle quali molte presupponevano “un elevato grado di elaborazione progettuale” ed esulavano dagli obiettivi del piano perché proponevano “la realizzazione di ulteriori interventi”. In effetti, la finalità di tale sintesi è limitata alla "divulgazione dei principali temi affrontati dalla valutazione strategica" e alla "comunicazione dei relativi risultati con un linguaggio comprensibile anche ai non esperti” (cfr. all. III, par. 3.2., d.P.P. n. 15-68/Leg. del 2006).

 

Per quanto riguarda il parere motivato di cui all'art. 15 (valutazione del rapporto ambientale e degli esiti dei risultati della consultazione) del d.lgs. n. 152 del 2006, previsto dall’art. 5 bis del d.P.P. n. 15-68/Leg. del 2006, occorre rilevare che tale disposizione è stata introdotta solo nel 2015, con l'art. 23 del d.P.P. 20.7.2015, n. 9-23/Leg., quindi quando il procedimento istruttorio di cui trattasi era pressoché completato. In ogni caso, la struttura competente in materia ambientale, cioè il Dipartimento Territorio, Agricoltura, Ambiente e Foreste, ha egualmente espresso il proprio parere sul piano stralcio, ancora con nota del 3 marzo 2014, evidenziando che “la valutazione degli effetti del piano è stata condotta in maniera esaustiva supportando le scelte verso alternative progettuali che minimizzano gli effetti negativi o che garantiscono la sostenibilità socio-economica” e che il piano è “coerente con i principi di sostenibilità ambientale definiti a livello comunitario e a livello provinciale” (cfr. doc. all. n. 5 in atti dell’Amministrazione).

 

Le censure sono perciò infondate.

 

13.3. Con il terzo motivo di ricorso SMA lamenta che la Provincia e il Comun general de Fascia abbiano stipulato l'intesa in data 12 febbraio 2015 senza aver esaminato le osservazioni dei privati, quindi in assenza di un completo quadro istruttorio.

 

Anche questo mezzo è privo di pregio.

 

In fatto occorre rilevare che l’osservazione della ricorrente è stata presentata ancora nell’ottobre dell’anno 2013 e, quindi, che essa era negli atti del procedimento al momento della stipulazione dell’intesa istituzionale.

 

In diritto occorre osservare che l’art. 52 della l.p. n. 3 del 2000 si limita a prevedere che il piano della mobilità deve essere approvato “previa conclusione di un'intesa con le comunità interessate” e che detta intesa deve essere “sottoscritta entro sessanta giorni dal ricevimento della proposta inoltrata dalla Provincia”. Correlatamente, l’art. 8, commi 9 e 10, della l.p. 16.6.2006, n. 3, sul governo dell'autonomia del Trentino, prevede che in materia di programmazione provinciale la Provincia, i comuni e le comunità stipulano intese istituzionali “per la definizione degli obiettivi, nonché per l'individuazione e la realizzazione - in forma integrata - delle azioni e delle attività di loro competenza”, e che “la conclusione di intese è obbligatoria nelle materie relative al governo del territorio, ai servizi pubblici e alle attività economiche”. Inoltre, ai sensi del comma 7 dell’art. 19 della legge da ultimo citata, “spetta al Comun general de Fascia la stipula delle intese istituzionali … per quanto riguarda il relativo territorio”.

 

Pertanto, nessuna norma stabilisce che la stipulazione dell’intesa qui di interesse debba essere preceduta da un’istruttoria volta all’esame delle osservazioni presentate dai privati. E ciò è conforme al sistema ordinamentale, posto che il procedimento che conduce all’approvazione del piano della mobilità, anche per stralci, è di tipo complesso, caratterizzato da decisioni di natura amministrativa nelle quali confluisce un sub-procedimento di natura politico-pattizia, come è quello relativo alla necessità di concordare con la Comunità di valle gli obiettivi, gli interventi, le azioni e gli strumenti di interesse del territorio locale.

 

13.4. Da ultimo, occorre esaminare il quarto motivo di ricorso, con il quale SMA - dopo aver asserito che il piano stralcio della mobilità è stato approvato “con il concorso determinante del Comun General de Fascia” che ha sottoscritto l’intesa con la Provincia - ha prospettato l’illegittimità costituzionale degli artt. da 15 a 21 della già citata l.p. n. 3 del 2006, sulle comunità quali enti pubblici a struttura associativa costituite dai comuni compresi in un determinato territorio. E ciò in relazione a:

 

- gli artt. 5, 114, 118 e 128 della Costituzione, sul rilievo che il Comun general de Fascia / Comunità di valle sarebbe un ente territoriale dotato di autonomia politica che si interpone tra i comuni e la Provincia;

 

- l’art. 4, primo comma, n. 3), dello Statuto speciale d’autonomia, atteso che la competenza legislativa in materia di enti locali è attribuita alla Regione Trentino - Alto Adige.

 

Parte ricorrente si è anche premurata di informare che la stessa questione di illegittimità costituzionale è stata sollevata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 3994, pubblicata il 28 luglio 2014, per cui chiede di “valutare la sospensione del presente giudizio” sino alla pronuncia della Corte costituzionale.

 

La questione è inammissibile.

 

Censurando di illegittimità alcuni articoli della legge provinciale sul governo dell'autonomia, parte ricorrente ha, dichiaratamente, ricopiato le argomentazioni che il Consiglio di Stato aveva esposto con la citata ordinanza 3994/2014. Tuttavia, dopo l’ordinanza di rimessione è entrata in vigore la l.p. 13.11.2014, n. 12, recante “Modificazioni della legge provinciale 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in materia di governo dell’autonomia del Trentino), della legge provinciale 15 giugno 2005, n. 7 (legge provinciale sul Consiglio delle autonomie locali 2005), e di disposizioni connesse”, che ha modificato la l.p. n. 3 del 2006 innovando in profondità sia l’assetto istituzionale delle comunità, sia l’allocazione delle funzioni amministrative tra Provincia, le comunità e i comuni. Di conseguenza, con ordinanza n. 115 del 2016 la Corte costituzionale ha restituito gli atti al giudice rimettente affinché compia “una nuova valutazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, alla luce del profondo mutamento del complessivo quadro normativo di riferimento”.

 

Ne discende che la normativa sopravvenuta ha inciso sulle censure di parte ricorrente, testualmente riprodotte da un provvedimento precedente al “profondo mutamento del quadro normativo di riferimento”. Dette censure sono quindi inammissibili perché hanno perso di attualità, mentre nessuna altra censura è stata sollevata con riguardo all’assetto istituzionale disegnato con la l.p. n. 12 del 2014.

 

Né, sotto diverso profilo, la questione può essere ritenuta rilevante dal Collegio, posto che è stata sollevata sull’assunto che il Comun general de Fascia avrebbe esercitato competenze proprie dei comuni. In tali termini la questione è infatti priva di rilevanza, sia perché la contestata intesa tra la Provincia e la Comunità locale ha un mero valore politico-pattizio in un procedimento e per un provvedimento pianificatorio di esclusiva competenza della Provincia, sia perché, in attuazione del comma 4 dell’art. 52 della l.p. n. 3 del 2000, la Provincia ha acquisito anche i pareri dei Comuni territorialmente interessati i quali, dunque, hanno direttamente partecipato al procedimento di formazione del piano stralcio per la mobilità. Ne consegue che sono irrilevanti rispetto al thema decidendum le argomentazioni attinenti alle presunte funzioni c.d. “interposte” del Comun general de Fascia poste a fondamento dell’allegata incostituzionalità degli articoli sopra indicati della l.p. n. 3 del 2006.

 

14. In definitiva, anche il ricorso n.r.r. 7 del 2016 è infondato e deve essere, perciò, respinto.

 

15. Le spese di giudizio sono compensate, tenuto conto della peculiarità fattuale della vicenda ma anche di quanto disposto con la già citata sentenza n. 45 del 2015.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige / Südtirol, sede di Trento,

 

definitivamente pronunciando sui ricorsi n.r.r. 7 del 2016, n.r.r. 8 del 2016 e n.r.r. 23 del 2016, come in epigrafe proposti,

 

li riunisce e li respinge.

 

Compensa le spese di giudizio tra tutte le parti in causa.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Roberta Vigotti, Presidente

 

Carlo Polidori, Consigliere

 

Alma Chiettini, Consigliere, Estensore

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

Alma Chiettini

 

Roberta Vigotti

 

IL SEGRETARIO

 

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