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Corte di Cassazione, sez. VI civ., 20/1/2016 n. 913
Sull'organo comunale competente all'approvazione delle tariffe TARSU.

Materia: ambiente / rifiuti

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE SESTA CIVILE

 

SOTTOSEZIONE T

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. IACOBELLIS Marcello - Presidente

 

Dott. CARACCIOLO Giuseppe - Consigliere

 

Dott. CIGNA Mario - Consigliere

 

Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere

 

Dott. CONTI Roberto Giovanni - rel. Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

sul ricorso 18194-2014 proposto da:

COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS) giusta mandato speciale in calce al ricorso;

- ricorrenti -

 

contro

(OMISSIS) SPA;

- intimata -

avverso la sentenza n. 13/30/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO del 26/11/2013, depositata il 09/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

 

IN FATTO E IN DIRITTO

Il comune di Palermo emetteva a carico della (OMISSIS) SPA una cartella di pagamento relativa a TARSU per l'anno 2008.

La contribuente impugnava l'atto innanzi al giudice tributario che accoglieva il ricorso con sentenza confermata dalla CTR della Sicilia n. 13/30/2014, depositata il 9.1.2014.

Il giudice di appello, nel respingere la prima censura esposta dal comune relativa al fatto che il Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 68, legittimando l'inserimento in un'unica categoria dei locali aventi destinazione abitativa e gli esercizi alberghieri aveva unicamente valore di massima e non precludeva una diversa normativa a livello regolamentare, evidenziava che l'interpretazione della normativa primaria non poteva giustificare la parificazione in un'unica categoria di situazioni oggettivamente diverse svincolando la tariffazione ai fini TARSU dalla effettiva capacita' produttiva di rifiuti, cosi' includendo in un'unica categoria un bed & breakfast e un complesso alberghiero con lavanderia. Aggiungeva che la censura relativa alla ritenuta illegittimita' della delibera della Giunta comunale in tema di determinazione della tariffa era fondata, non appartenendo nella Regione Siciliana la relativa competenza alla Giunta ma al Consiglio o al Sindaco, secondo i diversi orientamenti giurisprudenziali emersi sul punto.

Il Comune di Palermo ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi al quale la parte intimata non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.

Con il primo motivo si deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 68. La CTR non aveva fatto applicazioni dei principi espressi da questa Corte in tema di legittimita' delle delibere comunali che distingueva, ai fini TARSU, la categoria degli esercizi alberghieri da quella delle civili abitazioni. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'articolo 49 dello Statuto del comune di Palermo e della Legge n. 142 del 1990, articolo 4, recepita in Sicilia dal Legge Regionale n. 48 del 1991, articolo 1, lettera a), nonche' della Legge Regionale sic. n. 7 del 1992, articolo 13, comma 1. La CTR, nel ritenere l'illegittimita' della delibera adottata dalla Giunta in tema di tariffe TARSU, aveva disatteso la giurisprudenza di questa Corte che con specifico riferimento alla legislazione regionale siciliana, aveva ritenuto la competenza della Giunta comunale. Il primo motivo di ricorso, pur non specificamente contestando la motivazione della CTR che aveva posto a base del rigetto della censura la ritenuta illegittimita' della delibera nella parte in cui equiparava in un'unica categoria situazioni fra loro disomogenee(demandando comunque al collegio la valutazione sull'ammissibilita' della censura), trova conforto nella giurisprudenza di questa Corte, a cui tenore in tema di TARSU e' legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: infatti la maggiore capacita' produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attivita', il quale puo' eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalita' dell'ente impositore - Cass. n. 4797/2014, Cass. n. 8336/2015. Secondo questa Corte la maggiore capacita' produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attivita', il quale puo' eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalita' dell'ente impositore - v. anche Cass. nn. 11655/09 e 15861/11, rese con riguardo a controversie analoghe a quella qui esaminata.

A tali principi non si e' uniformato il giudice di appello.

Anche il secondo motivo di ricorso e' fondato.

Giova premettere che questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di TARSU, nella vigenza della Legge 8 giugno 1990, n. 142, articolo 32, comma 2, lettera g), la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione di beni e servizi (nella specie, tariffe di diversificazione tra esercizi alberghieri e locali adibiti a uso abitazione) e' di competenza della giunta e non del consiglio comunale poiche' il riferimento letterale alla "disciplina generale delle tariffe" contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole "istituzione e ordinamento" adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovra' procedere alla loro determinazione, e, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potesta' impositiva dell'ente, ma sono funzionali all'individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi cosi' in un'ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria - cfr. Cass. n. 8336/2015, resa con riferimento a TARSU applicata da comune siciliano.

A tal riguardo si e' espressa Cass. n. 360/2014 secondo cui "Nella vigenza della Legge 8 giugno 1990, n. 142, articolo 32, comma 2, lettera g), la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione di beni e servizi e' di competenza della giunta e non del consiglio comunale: sia perche' il riferimento letterale alla "disciplina generale delle tariffe" contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole "istituzione e ordinamento" adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovra' procedere alla loro determinazione; sia perche' i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potesta' impositiva dell'ente, ma sono funzionali all'individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi cosi' in un'ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria".

Giova peraltro precisare, assumendo le argomentazioni seguenti carattere decisivo ai fini della decisione, che nella Regione Siciliana, dotata di competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali - articolo 14 e 15 Statuto regione Siciliana approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455, (pubblicato nella G.U. del Regno d'Italia n. 133-3 del 10 giugno 1946), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 - trova applicazione la riserva contenuta nella Legge n. 142 del 1990, articolo 4, recepita a livello regionale dall'arti letta) Legge Regionale siciliana n. 48 del 1991, secondo la quale lo statuto nell'ambito dei principi fissati dalla legge stabilisce le norme fondamentali per l'organizzazione dell'ente e in particolare determina le attribuzioni degli organi.

Orbene, pur dovendosi ritenere che il Testo Unico enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000, abrogativo della Legge n. 142 del 1990) non e' stato recepito nella regione siciliana (Cass. n. 10230/2012, Cass. n. 11396/2011; Cass. n. 18563/2009), e' decisiva la circostanza che ai sensi dell'articolo 49 dello Statuto del comune di Palermo la Giunta, all'interno delle competenze ad essa riservate, contempla quella di adottare variazioni delle tariffe e aliquote dei tributi comunali e dei corrispettivi dei servizi a domanda individuale entro i limiti indicati dalla legge o dal Consiglio comunale - cfr. in termini CGA n. 64/2012.

A tali conclusioni si perviene, come puntualmente osserva la difesa della parte ricorrente, se si considera il contenuto precettivo di cui alla Legge Regionale sic. n. 7 del 1992, articolo 13, secondo il quale la competenza del sindaco riguarda tutti gli atti che dalla legge o dallo statuto non siano stati specificamente attribuiti alla competenza di altri organi.

Cio' consente di ritenere l'illegittimita' della decisione impugnata che ha invece ritenuto la competenza del Sindaco all'adozione di delibere determinativa del canone TARSU. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Sicilia per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

 

P.Q.M.

La Corte, visti gli articoli375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

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