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TAR Toscana, Sez. II, 14/2/2017 n. 239
Sulla necessità, anche con riferimento alle concessioni, dell'adempimento dell'indicazione nel bando di gara del valore della concessione con riferimento a tutte le concessioni, indipendentemente dalla natura della prestazione o dal loro valore.

L'art. 167, commi 1 e 2, del d.lgs. 50/2016 impone, anche con riferimento alle concessioni, l'inserimento nella legge di gara del "valore di una concessione, ….. costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA, stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi". La previsione è vincolante e costituisce recepimento, nell'ordinamento italiano, dell'art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE, senza alcuna statuizione (ed in questo è una significativa differenza con la direttiva comunitaria) di soglie minime di applicabilità o di una qualche esenzione per le concessioni di minore valore economico. Questa soluzione è già stata affermata dal Consiglio di Stato anche sotto il vigore del previgente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 superando l'orientamento contrario di una parte della giurisprudenza. La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha infatti concluso, sulla base di esigenze sistematiche, per l'essenzialità ed obbligatorietà dell'indicazione nel bando del valore della concessione. Si tratta di un percorso argomentativo finalizzato a garantire al partecipante alla procedura la possibilità di formulare la propria offerta nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere, e questa necessità è comune a tutte le concessioni sia di minimo importo, che di elevato valore economico.

Materia: concessioni / disciplina

Pubblicato il 14/02/2017

 

N. 00239/2017 REG.PROV.COLL.

 

N. 01485/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1485 del 2016, proposto da:

GEDAC s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ivan Marrone C.F. MRRVNI70A04D423K e Dario Rigacci C.F. RGCDRA70S07D612W, con domicilio eletto presso il loro studio (Studio Legale Lessona) in Firenze, via de' Rondinelli 2;

 

contro

il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato in Firenze, via degli Arazzieri 4;

 

nei confronti di

CDA VENDING s.r.l. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Matteo Spatocco C.F. SPTMTT72S17H501Z, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, viale Spartaco Lavagnini 41;

 

per l'annullamento

- degli atti e provvedimenti con cui l'Istituto Comprensivo “Rosai” di Firenze ha indetto, disciplinato e aggiudicato la gara per l'affidamento del servizio di distribuzione automatica di alimenti e bevande e, in particolare, del provvedimento di aggiudicazione definitiva disposto in favore della CDA Vending Srl con decreto prot. n. 7139/d108 del 24 ottobre 2016 nonché, ove occorrer possa, del verbale di gara, della richiesta alla CDA Vending di integrazioni documentali di cui alla pec 20 ottobre 2016, della comunicazione pec del 25 ottobre 2016 con la quale si invita la ricorrente a rimuovere i propri distributori nonché per la declaratoria di inefficacia o l'annullamento del contratto eventualmente stipulato con l'aggiudicataria.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e di Cda Vending s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2017 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

L’Istituto Comprensivo “Rosai” di Firenze, con bando 26 settembre 2016 prot. n. 6285/D10b, ha indetto una gara per affidare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rectius del miglior rapporto qualità/prezzo, la concessione del servizio di ristoro interno tramite distributori automatici per il periodo 21 ottobre 2016 - 20 ottobre 2019. Hanno partecipato alla procedura l’odierna ricorrente e l’impresa CDA Vending s.r.l., poi risultata aggiudicataria con decreto del dirigente scolastico in data 24 ottobre 2016 di cui al protocollo 7139/D10. Gli atti di gara sono stati impugnati con il presente ricorso, notificato in data 14-15 novembre 2016 e depositato il 18 novembre 2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituiti l’impresa CDA Vending s.r.l. e il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza 7 dicembre 2016, n. 630, è stata accolta la domanda cautelare.

All’udienza del 24 gennaio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. Con il presente ricorso è contestata la legittimità di una gara indetta dall’Istituto Comprensivo “Rosai” di Firenze per l’affidamento, con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, della concessione del servizio di ristoro interno tramite distributori automatici, per il periodo 21 ottobre 2016 - 20 ottobre 2019.

1.1 La ricorrente, con primo motivo, deduce che il bando prevedeva a pena di esclusione, per quanto in questa sede interessa, la produzione di una dichiarazione attestante il possesso di una pluralità di requisiti nei quali, a suo dire, era compresa la circostanza di avere adottato il Codice di Autodisciplina del Settore. La controinteressata non ha dichiarato il possesso di detto requisito ed anzi, mediante la cancellazione della relativa dicitura nel modulo di dichiarazione, ha attestato di non possederlo, circostanza poi confermata a seguito di specifica richiesta della stazione appaltante. Questo configurerebbe la violazione di una prescrizione stabilita dal bando di gara a pena di esclusione, il che vizierebbe irrimediabilmente l’aggiudicazione disposta a favore della controinteressata medesima la quale avrebbe dovuto essere espulsa dalla procedura.

Con secondo motivo lamenta che l’offerta dell’aggiudicataria non sarebbe remunerativa, poiché a fronte di un contributo minimo a favore della stazione appaltante previsto negli atti di gara di € 1.000,00 ne ha proposto l’ammontare di € 4.600,00 e questa cifre renderebbe la gestione del servizio priva di equilibrio tra costi e ricavi stimati. Ricorda che essa è stata gestore del servizio lo scorso anno e ne ha ricavato un importo inferiore a € 10.500,00 sostenendo costi per circa € 9.900,00, dei quali € 1.200,00 a titolo di contributo in favore della stazione appaltante, con un margine di utile pari a circa € 600 annui.

In subordine lamenta violazione dell’art. 97 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in tema di anomalia delle offerte presentate in gara, poiché non è stata effettuata la relativa verifica sull’offerta vincitrice.

In via ulteriormente subordinata, si duole che il bando di gara non prevedesse la presentazione da parte dei concorrenti di un pur minimale piano economico finanziario.

Con terzo motivo, dedotto in via ulteriormente subordinata, lamenta che gli atti di gara sarebbero illegittimi poiché non indicano il valore stimato della concessione, costituito dal fatturato totale presuntivamente ricavabile per la durata del contratto.

Con quarto motivo lamenta che due dei tre criteri di attribuzione del punteggio per la qualità delle offerte riguarderebbero elementi soggettivi e che agli stessi sarebbe assegnato un punteggio esorbitante, pari a punti 22 su 30.

1.2 La difesa erariale replica puntualmente alle deduzioni della ricorrente, evidenziando in particolare che il possesso del codice di autodisciplina non sarebbe stato configurato, nella legge di gara, a pena di esclusione e sarebbe invece un elemento di valutazione qualitativa delle offerte. Nessuna norma del d.lgs. n. 50/2016 imporrebbe poi alla stazione appaltante, nel caso in esame, l’obbligo di prevedere la predisposizione, da parte degli offerenti, di un vero e proprio piano economico-finanziario, in ragione del limitato valore economico del servizio; della sua elevata standardizzazione e della semplicità delle prestazioni da eseguire.

Eccepisce quindi l’inammissibilità del terzo motivo di gravame per difetto di interesse e replica che il contratto in gara prevedeva l’installazione di soli nove distributori di bevande e snack in un istituto comprensivo scolastico, cui non hanno tendenzialmente accesso estranei e con utenza fissa e predeterminata, sicché in tal modo l’Istituto avrebbe indicato tutti egli elementi, fra i quali il numero di utenti potenziali, necessari a valutare costi e ricavi della gestione

1.3 La controinteressata replica alle deduzioni della ricorrente sostenendo anch’essa che il bando non avrebbe richiesto il possesso del codice di autodisciplina quale requisito di ammissione alla procedura e, comunque, neppure la ricorrente lo possederebbe, sicché la censura sarebbe inammissibile per carenza di interesse.

Contesta poi che gli articoli 164 e seguenti del d.lgs. n. 50/2016 richiamati dalla ricorrente a sostegno delle proprie argomentazioni non sarebbero applicabili al caso di specie, il quale sarebbe invece regolato dall’articolo 36 del medesimo d.lgs. n. 50/2016. La ricorrente inoltre non avrebbe dimostrato la tesi sostenuta poiché gli incassi che afferma di avere effettuato sono dimostrati unicamente da una autodichiarazione del proprio legale rappresentante, che non costituirebbe prova idonea a tal fine.

Il terzo motivo, poi, oltre che infondato sarebbe inammissibile poiché la ricorrente ha partecipato alla gara dimostrando così di essere stata in grado di formulare un’offerta, e inammissibile sarebbe anche il quarto motivo poiché la ricorrente possiede tutti i requisiti previsti dei criteri contestati e non avrebbe interesse a censurarli. Inoltre non dimostra che senza tale assegnazione essa sarebbe risultata aggiudicataria del servizio, da cui deriverebbe un’ulteriore ragione di inammissibilità del motivo per il mancato superamento della prova di resistenza.

Formula poi istanza istruttoria per ordinare all’impresa Digisoft s.p.a., che governerebbe il programma gestionale utilizzato dalla ricorrente, l’esibizione della documentazione relativa ai suoi incassi per i distributori automatici installati presso la stazione appaltante nel triennio 2013/2016, sull’assunto che gli incassi dalla stessa indicati nel ricorso siano sottostimati. In memoria depositata per l’udienza di discussione sostiene che, anche partendo da tali dati, potrebbe egualmente fruire di un utile che renderebbe remunerativa la sua offerta.

Chiede inoltre l’ammissione di prova testimoniale circa il fatto che la controinteressata, per il tramite del proprio rappresentante, avrebbe cercato di far moltiplicare il contributo offerto per tutti i distributori, arrivando ad una cifra ben più alta di quella offerta.

Sostiene che la mancata indicazione del valore della concessione sarebbe ininfluente nel caso di specie ove nessun concorrente si è lamentato dell’impossibilità di formulare offerta.

Chiede infine di essere rimessa in termini per errore scusabile nel deposito dell’istanza istruttoria e della relativa documentazione, poiché nel sito telematico della giustizia amministrativa il ricorso in oggetto risultava tra quelli già inseriti nel processo amministrativo telematico, e ciò l’avrebbe indotta in errore nel considerarlo soggetto al solo deposito telematico effettuato il 3 giugno 2016, ultimo giorno utile senza provvedere anche a quello cartaceo.

2. In via preliminare deve rilevarsi che, pur essendo la gara in esame soggetta alle norme di cui al d.lgs. n. 50/2016 poiché indetto con bando pubblicato il 29 settembre 2016, la stazione appaltante ha omesso di adottare il provvedimento che determina ammissioni ed esclusioni previsto dall’art. 29, comma 1, secondo periodo del medesimo d.lgs. n. 50/2016 ed ha invece riunito ammissioni ed aggiudicazione in un unico verbale, tra l’altro concluso non con la “proposta di aggiudicazione” ma con l’aggiudicazione provvisoria. Essendo mancata tale fase procedurale, inevitabilmente l’impugnazione proposta ha dovuto essere rivolta simultaneamente contro l’ammissione della controinteressata e l’aggiudicazione disposta a suo favore.

Il neonato rito speciale in materia di impugnazione contro esclusioni ed ammissioni costituisce eccezione al regime “ordinario” del processo appalti (a sua volta eccezione rispetto al rito ordinario e allo stesso rito accelerato ex art. 119 c.p.a.) e, perciò, deve essere applicato solo nel caso espressamente previsto (T.A.R. Puglia - Bari I, 7 dicembre 2016 n. 1367), e cioè quando sia stato emanato il provvedimento di cui all’art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016; in caso contrario l’impugnativa non può che essere rivolta, congiuntamente, avverso l’ammissione dell’aggiudicatario ed il provvedimento di aggiudicazione laddove il secondo sia, come dedotto nel primo motivo, conseguenza del primo.

3. Nel merito la trattazione seguirà l’ordine dei motivi secondo la graduazione proposta del ricorrente, in ossequio al principio affermato dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 7 aprile 2015, n. 5.

3.1 Il primo motivo deve essere respinto.

Il bando di gara, a pagina tre, prevede testualmente che “La busta n.1 - “Documentazione Amministrativa” dovrà contenere, a pena di esclusione:

-le dichiarazioni, redatte utilizzando il “Modulo A”, allegato al presente bando…”

Nel modulo, fra le varie autodichiarazioni da rendere, è prevista quella “di avere adottato il codice di autodisciplina del settore” senza che sia ripetuta la statuizione escludente in caso di omessa dichiarazione.

Il Collegio ritiene che la dicitura “a pena di esclusione” contenuta nel bando debba essere riferita, contrariamente a quanto pretende la ricorrente, all’obbligo dei concorrenti di utilizzare il “Modulo A” e non a quello di rendere tutte le dichiarazioni ivi previste e, in particolare, quella di avere adottato un codice di autodisciplina. La clausola escludente contenuta nel bando ricollega la sanzione espulsiva non alla circostanza di avere omesso alcuna delle dichiarazioni indicate nel “Modulo A”, ma al mancato utilizzo di quest’ultimo. In caso contrario, la previsione escludente avrebbe dovuto essere ribadita all’interno del Modulo A con riferimento alle singole dichiarazioni relative ai requisiti ritenuti essenziali per la partecipazione. L’interpretazione della ricorrente condurrebbe a ritenere esistente una clausola di esclusione non prevista espressamente nella legge di gara, con evidenti problematiche di legittimità dei medesimi, e in ossequio al principio di conservazione degli atti amministrativi deve preferirsi una diversa esegesi che porti al loro mantenimento in essere. Tale interpretazione conservativa è possibile ritenendo che non fosse obbligatorio il possesso dei requisiti corrispondenti a tutte le dichiarazioni indicate nel Modulo A, e che l’onere del ricorrente a pena di esclusione si esaurisse nell’utilizzare detto modulo per rendere le dichiarazioni.

La conclusione è confermata dalla circostanza che il possesso del codice di autodisciplina fosse elemento per il quale era prevista l’attribuzione di un punteggio qualitativo. La legge di gara sarebbe inevitabilmente contraddittoria ove contemporaneamente lo stesso elemento fosse indicato quale requisito di ammissione e quale requisito di qualità dell’offerta.

La dicitura “a pena di esclusione” è pertanto da riferirsi all’obbligo di ciascun concorrente di effettuare le proprie dichiarazioni utilizzando il “Modulo A”, con divieto di renderle su altre modulistica e con altra forma.

3.2 Il secondo motivo deve a sua volta essere respinto poiché, come correttamente replica la controinteressata, la ricorrente non dimostra la tesi sostenuta in quanto pretende di dimostrare la quantità dei propri incassi derivanti dalla pregressa gestione del servizio unicamente con una autodichiarazione del proprio legale rappresentante (doc. 14). Essa però non costituisce prova delle sue asserzioni poiché è un documento proveniente dalla stessa parte interessata.

Per questo stesso motivo non può ritenersi dimostrata l’insostenibilità economica dell’offerta proposta dalla controinteressata.

3.3 Si deve ora passare alla trattazione del terzo motivo di gravame che assume pregiudizialità rispetto alle ulteriori censure dedotte nel secondo motivo: il suo eventuale accoglimento comporterebbe infatti l’impraticabilità, come evidenziato in sede cautelare, di ogni valutazione sulla sostenibilità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria. Non vi sarebbe luogo a discettare di valutazione dell’equilibrio finanziario o eventuale anomalia dell’offerta ove sussistesse una totale incertezza sul valore della concessione poiché il vizio sarebbe talmente invalidante da rendere impossibile esperire alcun meccanismo di valutazione della congruità dell’offerta.

3.3.1 Deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del motivo in esame. La lesività derivante dalla mancanza di una stima del valore della concessione, per la ricorrente che non è risultata aggiudicataria, si manifesta non al momento di emanazione della legge di gara ma in quello successivo in cui interviene l’aggiudicazione del contratto a favore di un terzo concorrente il quale, in caso di fondatezza del motivo, non avrebbe potuto essere considerato in grado di formulare un’offerta consapevole poiché non era noto il valore economico della concessione medesima. Questa circostanza viene contestata dalla ricorrente non perché essa non fosse in grado di formulare l’offerta visto che era già gestore del servizio ma perché, nella sua rappresentazione, nessun altro concorrente avrebbe potuto formulare una proposta contrattuale seria e sostenibile. In questo contesto, la lesività del bando in quanto mancante di detto elemento non poteva che manifestarsi al momento in cui il contratto concessione de quo fosse stato aggiudicato ad un altro partecipante alla procedura, diverso dalla stessa ricorrente. Si tratta di un vizio incidente sulla corretta formulazione e valutazione delle offerte e che può, pertanto, essere sollevato anche dal concorrente che, per effetto della propria qualità di precedente gestore del servizio, conosca già i dati economici fondamentali della concessione.

Il motivo deve quindi essere ritenuto ammissibile.

3.3.2 Nel merito, il bando di gara deve essere ritenuto illegittimo poiché non ha dato applicazione alla previsione di cui all’art. 167, commi 1 e 2, del d.lgs. 50/2016 il quale impone, anche con riferimento alle concessioni, l’inserimento nella legge di gara del “valore di una concessione, ….. costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA, stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi”.

La previsione è vincolante e costituisce recepimento, nell’ordinamento italiano, dell’art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE, senza alcuna statuizione (ed in questo è una significativa differenza con la direttiva comunitaria) di soglie minime di applicabilità o di una qualche esenzione per le concessioni di minore valore economico.

Non sono quindi fondate le argomentazioni delle resistenti tendenti ad escludere l’applicabilità della previsione alle concessioni di minore valore o complessità applicativa: queste non trovano corrispondenza nel testo normativo che, come già ribadito, prevede la necessità dell’adempimento con riferimento a tutte le concessioni, indipendentemente dalla natura della prestazione o dal loro valore.

Questa soluzione è già stata affermata dal Consiglio di Stato anche sotto il vigore del previgente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 superando l’orientamento contrario di una parte della giurisprudenza tra cui quella della Sezione (T.A.R. Toscana II, 24 settembre 2015, n. 1282). La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha infatti concluso, sulla base di esigenze sistematiche, per l’essenzialità ed obbligatorietà dell’indicazione nel bando del valore della concessione (C.d.S. III, 18 ottobre 2016, n. 4343). Si tratta di un percorso argomentativo finalizzato a garantire al partecipante alla procedura la possibilità di formulare la propria offerta nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere, e questa necessità è comune a tutte le concessioni sia di minimo importo, che di elevato valore economico. Non sussiste pertanto alcuna possibilità di recepire le argomentazioni delle resistenti tendenti a limitare l’applicabilità del principio.

Deve poi escludersi che l’indicazione del valore stimato della concessione possa essere surrogata dalla stima del numero delle macchinette da installare presso l’Istituto scolastico e dei possibili utenti, poiché l’art. 167 del l d.lgs. 50/2016 opera un preciso riferimento al valore della concessione in termini monetari (secondo i precisi criteri di cui al quarto comma della disposizione), ed appare quindi insufficiente l’utilizzazione di altri criteri che non possono strutturalmente individuare quale sia il numero concreto di utenti interessati ad utilizzare il servizio e per quale volume di prestazioni.

Stante l’impossibilità di conoscere il valore economico della concessione in esame, deve ritenersi che le istanze istruttorie formulate dalla ricorrente siano irrilevanti poiché la mancanza di tale dato fondamentale non consentirebbe di effettuare alcun giudizio sulla sostenibilità economica di alcuna delle offerte proposte alla stazione appaltante.

4. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei termini soprariferiti, con assorbimento del quarto motivo stante la radicalità del vizio testé descritto che comporta l’integrale annullamento della procedura. Gli atti della gara devono conseguentemente essere annullati a partire dal bando, mentre deve essere respinta l’azione di declaratoria di inefficacia del contratto poiché non risulta che questo sia stato stipulato.

La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese processuali tra le parti.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) accoglie l’azione impugnatoria e, per l’effetto, dispone l’annullamento di tutti gli atti di gara, a partire dal bando 26 settembre 2016 prot. n. 6285/D10b emanato dall’Istituto Comprensivo Rosai di Firenze;

b) respinge, come da motivazione, l’azione di declaratoria di inefficacia del contratto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Romano,        Presidente

Luigi Viola,    Consigliere

Alessandro Cacciari,  Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Alessandro Cacciari               Saverio Romano

                       

IL SEGRETARIO

 

 

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