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TAR Lazio, sez. I, 17/2/2017 n. 2547
Sulla rimessione alla Corte di giustizia dell'Ue in ordine alla Autorità competente (AGCM o AEEGSI) a sanzionare un operatore economico per pratica commerciale scorretta nel settore delle forniture di energia elettrica e gas naturale.

Il Tar Lazio, Roma, sez. I, ritiene di investire la Corte di Giustizia dell'Unione europea della questione rilevante, legata all'interpretazione dell'art. 27, c.1 bis, del Codice del Consumo in relazione alle disposizioni euro-unitarie applicabili al settore delle forniture di energia elettrica e gas naturale, e cioè :
1) se la ratio della direttiva "generale" n. 2005/29/CE, intesa quale "rete di sicurezza" per la tutela dei consumatori, nonché, nello specifico, il "Considerando n. 10", l'art. 3, paragrafo 4,e l'art. 5, paragrafo 3, della medesima direttiva ostino a una norma nazionale che riconduca la valutazione del rispetto degli obblighi specifici previsti dalle direttive settoriali n. 2009/72/CE e n. 2009/73/CE a tutela dell'utenza nell'ambito di applicazione della direttiva generale n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette, escludendo, per l'effetto, l'intervento dell'autorità di settore - nel caso di specie AEEGSI - a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta o sleale;
2) se il principio di specialità di cui all'art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE deve essere inteso quale principio regolatore dei rapporti tra ordinamenti (ordinamento generale e ordinamenti di settore), ovvero dei rapporti tra norme (norme generali e norme speciali) ovvero, ancora, dei rapporti tra autorità indipendenti preposte alla regolazione e vigilanza dei rispettivi settori;
3) se la nozione di "contrasto" di cui all'art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE possa ritenersi integrata solo in caso di radicale antinomia tra le disposizioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette e le altre norme di derivazione europea che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali, ovvero se sia sufficiente che le norme in questione dettino una disciplina difforme dalla normativa sulle pratiche commerciali scorrette, tale da determinare un concorso di norme in relazione a una stessa fattispecie concreta;
4) se la nozione di norme comunitarie di cui all'art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE abbia riguardo alle sole disposizioni contenute nei regolamenti e nelle direttive europee, nonché alle norme di diretta trasposizione delle stesse, ovvero se includa anche le disposizioni legislative regolamentari attuative di principi di diritto europeo;
5) se il principio di specialità, sancito al "Considerando 10" e all'art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE e gli artt. 37 della direttiva 2009/72/CE e 41 della direttiva 2009/73/CE ostino a una interpretazione delle corrispondenti norme di trasposizione nazionale per cui si ritenga che, ogni qualvolta si verifichi in un settore regolamentato, contenente una disciplina "consumeristica" settoriale con attribuzione di poteri regolatori e sanzionatori all'autorità del settore, una condotta riconducibile alla nozione di "pratica aggressiva", ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29/CE, o "in ogni caso aggressiva" ai sensi dell'Allegato I della direttiva 2005/29/CE, debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette, e ciò anche qualora esista una normativa settoriale, adottata a tutela dei (medesimi) consumatori e fondata su previsioni di diritto dell'Unione, che regoli in modo compiuto le medesime "pratiche aggressive" e "in ogni caso aggressive" o, comunque, le medesime "pratiche scorrette/sleali".

Materia: energia / Autorità per l'energia elettrica e il gas

Pubblicato il 17/02/2017

 

N. 02547/2017 REG.PROV.COLL.

 

N. 01774/2016 REG.RIC.          

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1774 del 2016, proposto da:

 

Acea Energia S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati prof. Fabio Cintioli e Giuseppe Lo Pinto, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

 

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti di

Adiconsum - Associazione Difesa Consumatori e Ambiente, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Lidia Dimasi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, P.le Clodio, 18;

Movimento Consumatori, non costituito in giudizio;

Movimento Difesa del Cittadino, non costituito in giudizio;

Federconsumatori, non costituito in giudizio;

Gianluca Salvati, non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento, previa sospensione,

- del provvedimento sanzionatorio n. 25698 adottato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a conclusione del procedimento PS9815 il 4 novembre 2015 e notificato in data 2 dicembre 2015;

- degli atti presupposti e conseguenziali, ivi compresi l’atto di avvio del procedimento PS9815 prot. 19636 del 28 febbraio 2015, la comunicazione di chiusura dell’istruttoria del 31 luglio 2015, la nota prot. 34537 del 15 maggio 2015, con la quale sono stati rigettati gli impegni proposti e la nota 49508 del 31 luglio 2015, con la quale sono state dichiarate inammissibili le integrazioni degli impegni proposti.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dell’Autorità per l'Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nonché di Adiconsum - Associazione Difesa Consumatori e Ambiente, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE;

Visto l'art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione Europea;

Visto l’art. 19, paragrafo 3, lett. b), del Trattato sull’Unione europea;

Visti lo Statuto e il Regolamento di procedura della Corte di giustizia dell’Unione europea;

Viste le “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2016/C 439/01) della Corte di giustizia dell’Unione europea;

Visto l'art. 79, co. 1, cod. proc. amm;

Relatore nell'udienza pubblica del 25 gennaio 2017 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

1. L’oggetto della controversia e i fatti rilevanti.

1.1. Con provvedimento adottato nell’adunanza del 4 novembre 2015, l’Autorità Garante della Concorrenze e del Mercato (AGCM) deliberava che: a) due pratiche commerciali, come ivi descritte e poste in essere dalla Acea Energia s.p.a. (Impresa), erano ritenute “scorrette”, ai sensi degli artt. 20, comma 2, 24, 25, lett. d) e 26, lett. f) del d.lgs. 6.9.2005, n. 206 (Codice del Consumo), b) una condotta, sempre posta in essere dalla medesima società, aveva violato gli artt. 49, comma 1, lett. h), e 51, commi 6 e 7, e 52 del medesimo Codice del Consumo. Ne era quindi imposta “inibitoria” ed era irrogata la sanzione pecuniaria amministrativa di euro 600.000,00 totali.

In particolare, le due “pratiche” commerciali “scorrette” erano consistite nella conclusione di contratti non richiesti di fornitura di energia elettrica e di gas naturale finalizzate all’acquisizione di clientela sul “mercato libero” mentre la “condotta” sanzionata corrispondeva all’aver concluso - dopo la data del 13.6.2014 di entrata in vigore del d.lgs. 21.2.2014, n. 21, concernente “Attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13CEE e 1999/44/CEE e che abroga le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE” – contratti a distanza e fuori dai locali commerciali, in violazione dei diritti attribuiti al consumatore dal suddetto d.lgs.

1.2. L’AGCM, nel provvedimento, descriveva le fasi di avvio del procedimento (originato da numerose segnalazioni) e di acquisizione di documentazione, riportava le argomentazioni difensive dell’impresa, di cui era stata consentita la partecipazione procedimentale, illustrava i pareri dell’Autorità di settore (Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico – AEEGSI) nonché dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni – AgCom.

Le valutazioni conclusive dell’AGCM, in sintesi, riportavano quanto segue.

1.3. In premessa, l’Autorità evidenziava che l’Impresa era una società operante nella vendita al dettaglio di energia elettrica e gas naturale a clienti domestici e non domestici di piccole dimensioni. Era quindi descritta l’evoluzione del mercato legato alla liberalizzazione delle suddette forniture (c.d. “mercato libero”), quale “mass market”, in cui i consumatori agiscono in condizioni di “razionalità limitata” e subiscono una forte inerzia dovuta a elevati costi di ricerca e di cambiamento percepiti e ove sono presenti un elevato livello di disinformazione e uno scarso livello di comprensione delle offerte, anche tra coloro i quali hanno abbandonato il regime di “tutela”. Tali ragioni configuravano il mercato di riferimento come “mercato push”, ove i nuovi potenziali clienti devono essere contattati singolarmente e convinti mediante mezzi di comunicazione particolari, quali vendite a domicilio o “teleselling” che, per la loro peculiarità, sono maggiormente idonei a vincolare consumatori non pienamente consapevoli o anche indotti in errore riguardo all’effettivo momento di instaurazione di un vincolo contrattuale.

1.4. Nel descrivere le condotte dell’Impresa – prese in considerazione distintamente perché non era riscontrato un carattere necessariamente e indissolubilmente congiunto dell’offerta di energia e/o gas naturale – l’AGCM rilevava che la violazione degli artt. 20, 24, 25, lett. d) e 26, lett. f) del Codice del Consumo era legata a profili di aggressività, concernenti le modalità della condotta mediante acquisizione di contratti di fornitura senza consenso effettivo del consumatore (assenza del medesimo o di manifestazione di volontà ovvero falsità della sottoscrizione) ovvero con comunicazione di informazioni ingannevoli e/o con omissione di informazioni rilevanti, al fine di ottenere un’adesione non consapevole alla proposta di contratto, e con imposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso nonché richiesta di pagamento di importi non dovuti. Le risultanze istruttorie, poi, evidenziavano anche il mancato rispetto dei requisiti di forma previsti dagli artt. 49, lett. h), 51, commi 6 e 7, 52 e 54 del Codice del Consumo, come modificato dal d.lgs. n. 21/2014, di recepimento della Direttiva 2011/83/UE (c.d. “consumer rights”).

1.5. Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, l’Impresa chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in questione, deducendo otto motivi di ricorso.

Con il primo motivo, Acea osservava che l’AGCM aveva in realtà censurato dei comportamenti su casi concreti e inefficienze organizzative. Per quanto riguardava quest’ultime, l’Impresa precisava che vigevano regolamenti posti dall’Autorità di settore (AEEGSI) che aveva fissato puntuali regole giuridiche sul punto nel suo “Codice di condotta commerciale”, di cui alla delibera Arg/com n. 104/2010 e alla delibera n. 153/2012, che risultavano, come tali, rispettate per quanto riguardava il rapporto tra venditore e cliente finale. Ne conseguiva l’incompetenza dell’AGCM a fini sanzionatori, sotto tale profilo, con violazione dei principi di tassatività, certezza e colpevolezza dell’illecito amministrativo, dato che la stessa AEEGSI, nel suo parere endoprocedimentale, aveva riscontrato comportamenti conformi agli “standard” fissati da tale normativa di settore, rilevando solo alcune notazioni negative su irregolarità minime e formali. Né l’entrata in vigore dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo, di cui al d.lgs. n. 21/2014, poteva essere richiamata per pervenire a conclusione diversa.

Con il secondo e terzo motivo, l’Impresa contestava la ricostruzione operata dall’AGCM relativamente a casi specifici, richiamando la documentazione allegata, e sulla base delle sole (peraltro esigue) segnalazioni – non verificate in concreto – dei consumatori.

Con il quarto motivo, era contestato che vi fossero state imposizioni di ostacoli all’esercizio del diritto di “ripensamento”, sempre prendendo a riferimento i singoli casi evidenziati dall’AGCM, legati alle modalità di attivazione della c.d. “procedura di ripristino”, peraltro regolata integralmente dall’AEEGSI, con conseguente duplicazione formale e sostanziale delle competenze sanzionatorie, in violazione anche dell’art. 6 CEDU e del principio del “ne bis in idem”.

Il quinto motivo era orientato a contestare l’asserita mancata acquisizione del consenso dell’utente su supporto “durevole”, peraltro non esattamente evidenziata nella contestazione dell’addebito, con conseguente violazione del principio della c.d. “parità della armi” applicabile anche in campo procedimentale.

Con il sesto motivo, l’Impresa riprendeva la censura orientata a evidenziare l’avvenuta contestazione non di una condotta ma di una modalità di organizzazione posta “a monte”, rispettosa peraltro del richiamato codice di condotta dell’AEEGSI, anche in riferimento alla modalità di vendita in “teleselling”.

Il settimo motivo di ricorso censurava il rigetto degli impegni cui aveva dato luogo l’AGCM nel corso del procedimento, considerato che la stessa AEEGSI si era espressa favorevolmente nel parere in quella sede reso.

L’ottavo motivo, infine, si soffermava sulla commisurazione della sanzione, contestandone l’ammontare in relazione al fatturato preso in considerazione, legato anche a quello del “mercato tutelato”.

1.6 Si costituivano in giudizio le tre Autorità nonché l’associazione di consumatori indicate in epigrafe, illustrando in distinte memorie le proprie tesi orientate alla reiezione del ricorso.

1.7 Rinviata la fase cautelare a quella di merito, in prossimità della pubblica udienza, le parti costituite depositavano memorie (la ricorrente anche “di replica”) a sostegno delle rispettive tesi difensive.

1.8 Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2017 parte ricorrente chiedeva in sede di trattazione orale – oltre all’accoglimento del ricorso - anche un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, come illustrato, e la causa era trattenuta in decisione.

2. Le norme nazionali applicabili in materia e le conclusioni della giurisprudenza nazionale.

2.1. Il Collegio rileva che la ricorrente ha posto tra i motivi di ricorso la doglianza relativa all’incompetenza dell’Autorità “antitrust” italiana a pronunciarsi relativamente a condotte che ricadano già nell’ambito della regolazione demandata alla specifica Autorità di settore, lamentando che l’AGCM non avrebbe considerato che il comportamento censurato aveva comunque seguito tutte le indicazioni – oltre che del Codice del Consumo – del Codice di condotta commerciale e della Delibere nn. 153/2012 e 266/2014 dell’AEEGSI, con conseguente “sovrapponibilità” tra disciplina speciale di settore e Codice del Consumo, entrambe peraltro traenti origine da normativa UE.

La questione, come prospettata, assume rilevanza primaria nell’economia processuale legata all’esame dei motivi di ricorso, in quanto, un eventuale riconoscimento della dedotta incompetenza dell’AGCM a sanzionare condotte ricadenti nell’ambito della potestà regolamentare e/o sanzionatoria di altra Autorità nazionale comporterebbe automaticamente l’accoglimento del gravame senza necessità di delibare gli ulteriori motivi, fondati sul “merito” della controversia.

2.2. Ebbene, per quanto riguarda la normativa italiana applicabile, si rileva che essa è ricavabile in primo luogo dal Codice del Consumo.

L’AGCM ha infatti ritenuto, per le due pratiche commerciali prese in considerazione, la violazione degli artt. 20, comma 2, 24, 25, lett. d) e 26, lett. f) di detto Codice, che si riportano.

Art. 20, comma 2:

“2. Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.”

Art. 24:

“E' considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

Art. 25, lett. d):

“Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:...d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;”.

Art. 26, lett. f):

“Sono considerate in ogni caso aggressive le seguenti pratiche commerciali:… f) esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista

ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto, salvo quanto previsto dall'articolo 66-sexies, comma 2;”.

Per quanto riguarda la terza condotta sanzionata, l’AGCM ha ritenuto la violazione degli artt. 49, comma 1, lett. h), 51, comma 6, 52, comma 2, lett. c) e 54 di detto codice, che si riportano.

Art. 49, comma 1, lett. h):

“1. Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le informazioni seguenti, in maniera chiara e comprensibile:… h) in caso di sussistenza di un diritto di recesso, le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto conformemente all'articolo 54, comma 1, nonché il modulo tipo di recesso di cui all'allegato I, parte B;”.

Art. 51, comma 6:

“Quando un contratto a distanza deve essere concluso per telefono, il professionista deve confermare l'offerta al consumatore, il quale è vincolato solo dopo aver firmato l'offerta o dopo averla accettata per iscritto; in tali casi il documento informatico può essere sottoscritto con firma elettronica ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Dette conferme possono essere effettuate, se il consumatore acconsente, anche su un supporto durevole.”

Art. 52, comma 2, lett. c):

“Fatto salvo l'articolo 53, il periodo di recesso di cui al comma 1 termina dopo quattordici giorni a partire:… c) nel caso di contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale, dal giorno della conclusione del contratto.”.

Art. 54:

“1. Prima della scadenza del periodo di recesso, il consumatore informa il professionista della sua decisione di esercitare il diritto di recesso dal contratto. A tal fine il consumatore può:

a) utilizzare il modulo tipo di recesso di cui all'allegato I, parte B; oppure

b) presentare una qualsiasi altra dichiarazione esplicita della sua decisione di recedere dal contratto.

2. Il consumatore ha esercitato il proprio diritto di recesso entro il periodo di recesso di cui all'articolo 52, comma 2, e all'articolo 53 se la comunicazione relativa all'esercizio del diritto di recesso è inviata dal consumatore prima della scadenza del periodo di recesso.

3. Il professionista, oltre alle possibilità di cui al comma 1, può offrire al consumatore l'opzione di compilare e inviare elettronicamente il modulo di recesso tipo riportato all'allegato I, parte B, o una qualsiasi altra dichiarazione esplicita sul sito web del professionista. In tali casi il professionista comunica senza indugio al consumatore una conferma di ricevimento, su un supporto durevole, del recesso esercitato.

4. L'onere della prova relativa all'esercizio del diritto di recesso conformemente al presente articolo incombe sul consumatore.”.

A tali norme deve aggiungersi anche l’art. 66-quinqiues del medesimo Codice, in ordine alla disciplina applicabile per “forniture non richieste”, che si riporta:

“Fornitura non richiesta

1. Il consumatore è esonerato dall'obbligo di fornire qualsiasi prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta di beni, acqua, gas, elettricità, teleriscaldamento o contenuto digitale o di prestazione non richiesta di servizi, vietate dall'articolo 20, comma 5, e dall'articolo 26, comma 1, lettera f), del presente Codice. In tali casi, l'assenza di una risposta da parte del consumatore in seguito a tale fornitura non richiesta non costituisce consenso.

2. Salvo consenso del consumatore, da esprimersi prima o al momento della conclusione del contratto, il professionista non può adempiere eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di valore e qualità equivalenti o superiori.”.

In ordine alla ripartizione di competenze tra Autorità amministrative indipendenti nazionali, inoltre, si richiama altresì l’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo, come introdotto dall'art. 1, comma 6, lett. a), d.lgs. n. 21/2014:

“Anche nei settori regolati, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze.”.

2.3. Sulla compatibilità di tale ultima norma con l’ordinamento euro-unitario, anche in considerazione della circostanza che pende tutt’ora procedura di infrazione n. 2013/2169 avviata dalla Commissione Europea nei confronti della Repubblica Italiana con atto di diffida ex art. 258 TFUE, in ordine alla compatibilità di tale disciplina nazionale in relazione all’articolo 3, paragrafo 4, e degli articoli da 11 a 13 della direttiva 2005/29/CE e dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 2002/22/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE, si è recentemente pronunciata la giurisprudenza nazionale, attraverso la Sezione Sesta del Consiglio di Stato che, con l’ordinanza 17.1.2017, n. 167, ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267, comma 3, TFUE, formulando i seguenti quesiti nell’ambito di un contenzioso che riguardava il rapporto di intervento tra AGCM e AgCom:

“1) se la ratio della direttiva ‘generale’ n. 2005/29/CE quale ‘rete di sicurezza’ per la tutela dei consumatori, nonché il considerando 10 e l’articolo 3, comma 4, della medesima direttiva n. 2005/29/CE, ostino ad una disciplina nazionale che riconduca la valutazione del rispetto degli obblighi specifici, previsti della direttiva settoriale n. 2002/22/CE a tutela dell’utenza, nell’ambito di applicazione della direttiva generale n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette, escludendo, per l’effetto, l’intervento dell’Autorità competente a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta/sleale;

2) se il principio di specialità sancito dall’articolo 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE debba essere inteso quale principio regolatore dei rapporti tra ordinamenti (ordinamento generale e ordinamenti di settore), oppure dei rapporti tra norme (norme generali e norme speciali), oppure, ancora, dei rapporti tra Autorità preposte alla regolazione e vigilanza dei rispettivi settori;

3) se la nozione di «contrasto» di cui all’articolo 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE possa ritenersi integrata solo in caso di radicale antinomia tra le disposizioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette e le altre norme di derivazione europea che disciplinano specifici aspetti settoriali delle pratiche commerciali, oppure se sia sufficiente che le norme in questione dettino una disciplina difforme dalla normativa sulle pratiche commerciali scorrette in relazione alle specificità del settore, tale da determinare un concorso di norme (Normenkollision) in relazione ad una stessa fattispecie concreta;

4) Se la nozione di norme comunitarie di cui all’articolo 3, comma 4, della direttiva n. 2005/29/CE abbia riguardo alle sole disposizioni contenute nei regolamenti e nelle direttive europee, nonché alle norme di diretta trasposizione delle stesse, ovvero se includa anche le disposizioni legislative e regolamentari attuative di principi di diritto europeo;

5) Se il principio di specialità, sancito al considerando 10 e all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE, e gli articoli 20 e 21 della direttiva 2002/22/CE e 3 e 4 della direttiva 2002/21/CE ostino ad una interpretazione delle corrispondenti norme di trasposizione nazionale per cui si ritenga che, ogniqualvolta si verifichi in un settore regolamentato, contenente una disciplina ‘consumeristica’ settoriale con attribuzione di poteri regolatori e sanzionatori all’Autorità del settore, una condotta riconducibile alla nozione di ‘pratica aggressiva’, ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29/CE, o ‘in ogni caso aggressiva’ ai sensi dell’Allegato I della direttiva 2005/29/CE, debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette, e ciò anche qualora esista una normativa settoriale, adottata a tutela dei consumatori e fondata su previsioni di diritto dell’Unione, che regoli in modo compiuto le medesime ‘pratiche aggressive’ e ‘in ogni caso aggressive’ o, comunque, le medesime ‘pratiche scorrette’».

Il Consiglio di Stato ha ricordato che già l’Adunanza Plenaria di quel consesso, con sentenza n. 4 del 9 febbraio 2016, aveva enunciato i seguenti principi di diritto:

“(i) la competenza ad irrogare la sanzione per una “pratica commerciale considerata in ogni caso aggressiva” è sempre individuabile nell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - AGCM, in quanto:

- la fattispecie in esame…integra pacificamente una “condotta anticoncorrenziale” ai sensi dell’articolo 26, comma 1, lettera f), d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, pur attuata mediante l’inosservanza di obblighi imposti dal Codice delle comunicazioni elettroniche e dalla normativa ad esso riferibile;

- tale condotta, infatti, consiste specificamente nel porre in opera pratiche commerciali aggressive attraverso la violazione di obblighi informativi circa i servizi telefonici preimpostati;

- nel nostro sistema, mentre la pratica commerciale aggressiva è inequivocabilmente attratta nell’area di competenza dell’AGCM, la violazione degli obblighi informativi suddetta è invece, di per sé, suscettibile di sanzione da parte dell’AGCom;

- nel caso di specie ricorre una ipotesi di specialità per progressione di condotte lesive che, muovendo dalla violazione di meri obblighi informativi, comportano la realizzazione di una pratica commerciale vietata ben più grave per entità e per disvalore sociale, ovvero di una pratica commerciale aggressiva:

- si realizza quindi nell’ipotesi in esame, ai fini dell’individuazione dell’Autorità competente, più che un conflitto astratto di norme in senso stretto, una progressione illecita, descrivibile come ipotesi di assorbimento-consunzione, atteso che la condotta astrattamente illecita secondo il corpus normativo presidiato dall’AGCom è elemento costitutivo di un più grave e più ampio illecito anticoncorrenziale vietato secondo la normativa di settore presidiata dall’AGCM appellante;

- infatti, la violazione dei predetti obblighi informativi di per sé non è sufficiente ad integrare la fattispecie di illecito concorrenziale, poiché da tali obblighi è necessario inferire l’esistenza di un condizionamento tale da limitare considerevolmente, e in alcuni casi addirittura escludere, la libertà di scelta degli utenti in ordine all’utilizzo e al pagamento dei servizi preimpostati e, per conseguenza, ritenere integrata la condotta del «pagamento immediato o differito di prodotti che il consumatore non ha richiesto» che, ai sensi dell’art. 26 del Codice del consumo, costituisce «pratica commerciale considerata in ogni caso aggressiva»;

- sebbene tale conclusione non possa ritenersi in contrasto con le pronunce dell’Adunanza Plenaria nn. 11-16 del 2012, atteso che le stesse stabilivano (al punto 6. della sentenza n. 11 del 2012) da un lato che «occorre impostare il rapporto tra la disciplina contenuta nel Codice del consumo e quella dettata dal Codice delle comunicazioni elettroniche e dai provvedimenti attuativi/integrativi adottati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni» muovendo dalla circostanza che «la disciplina recata da quest'ultimo corpus normativo, presenti proprio quei requisiti di specificità rispetto alla disciplina generale, che ne impone l’applicabilità alle fattispecie in esame», occorre procedere ad un revirement parziale delle pronunce medesime, nella misura in cui esse possano essere lette come mera applicazione del criterio di specialità per settori e non per fattispecie concrete, in considerazione del fatto che, con lettera di costituzione in mora del 18 ottobre 2013, ex art. 258 TFUE, la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2013-2169) nei confronti della Repubblica Italiana per scorretta attuazione ed esecuzione della direttiva 2005/29/UE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e della direttiva al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, contestando l’inadeguata applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, e degli articoli da 11 a 13 della direttiva in materia di pratiche sleali, poiché, in sostanza, nell’ordinamento italiano non sarebbe correttamente applicato il principio della lex specialis contenuto nella direttiva, che regola il coordinamento tra tale disciplina (a carattere generale) e le normative specifiche di settore, in particolare addebitando all’Italia che tale errata applicazione del diritto europeo, riconducibile a criteri interpretativi delle disposizioni italiane di recepimento della normativa europea stabiliti in alcune sentenze di giudici amministrativi e in delibere dell’AGCM, avrebbe provocato la mancata attuazione della direttiva pratiche commerciali sleali nel settore delle comunicazioni elettroniche…;

(ii) non viene meno l’interesse alla pronuncia di annullamento per incompetenza dell’AGCM, dovendo essere invece direttamente respinta la censura di incompetenza, in quanto:

- proprio per superare la citata procedura d’infrazione n. 2013-2169 avviata dalla Commissione europea con lettera di costituzione in mora del 18 ottobre 2013, è stata emanata la disposizione normativa di cui l’articolo 1, comma 6, lettera a), d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, recante l’attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori con cui è stato inserito, nell’art. 27 del Codice del consumo, il sopra citato comma 1-bis;

- tale norma ha una portata di interpretazione autentica, atteso che, anche alla luce di una corretta analisi ermeneutica delle sentenze dell’Adunanza plenaria nn. 11 - 16 del 2012 e dell’applicazione dei principi da essa scaturenti è indubbia la competenza dell’AGCM ad applicare la disciplina sulle pratiche commerciali scorrette nel caso oggetto del presente giudizio già in base alla normativa antecedente che l’articolo 1, comma 6, lettera a), d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, si è limitato, per quanto qui rileva, soltanto a confermare;

- né in senso contrario può opporsi la previsione, contenuta in tale norma sopravvenuta, di un eventuale previo parere dell’AGCom, poiché tale segmento procedimentale, ora previsto nell’articolo 16 della delibera AGCM 1° aprile 2015, n. 25411 (Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore), era già previsto in precedenti delibere (delibera AGCM 15 novembre 2007, n. 17589), sicché il legislatore non ha fatto altro che innalzare al rango di norma primaria una disposizione già esistente nell’ordinamento, che, per tale motivo, non può ritenersi avere portata sostanzialmente innovativa;

- né nel caso di specie, con specifico riferimento all’individuazione dell’Autorità competente, potrebbe porsi un problema di compatibilità comunitaria della normativa italiana quale sollevata dalle parti appellate, tenendo conto del noto principio di indifferenza dell’Unione rispetto all’organizzazione interna;

- né, infine, si può condividere la tesi di una violazione del principio ne bis in idem, poiché l’articolo 4 Prot. n. 7 CEDU implica soltanto, nella sostanza, la tendenziale messa al bando del c.d. “doppio binario” sanzionatorio, vale a dire della previsione, per il medesimo fatto, di sanzioni di natura distinta (sul piano della qualificazione interna) applicabili alla stessa persona tramite procedimenti di diverso tipo, essendo la violazione della norma convenzionale innescata non dalla mera pendenza contemporanea di due procedimenti (peraltro, nel caso di specie, ne risulta pendente soltanto uno), ma dal fatto che uno di essi venga instaurato o prosegua dopo che l’altro si sia chiuso con una decisione definitiva, non importa se di assoluzione o di condanna, con la conseguenza che nessuna violazione del principio del ne bis in idem può dedursi come sussistente nel caso in esame.”.

Tali osservazioni, ad opinione del Collegio, si adattano analogicamente al caso di specie, ove è in esame il rapporto di competenza tra AGCM e AEEGSI, come in prosieguo specificato sub 4.

2.4. Nel caso di specie, dunque, vengono in rilievo anche le norme nazionali che regolano l’attività dell’AEEGSI, come richiamate nei propri scritti difensivi dalla ricorrente.

In particolare, si evidenzia la disciplina dell’Autorità di settore (AEEGSI) contenuta nella delibera 153/2012, espressamente confermata con delibera n. 266/2014 dopo l’entrata in vigore del ricordato d.lgs. n. 21/2014.

Si richiamano quindi gli artt. 1, 2, 5, 6, 10, 11 e 12 Allegato A delibera n. 153/2012 cit. (modificata ed integrata con la deliberazione 208/2016/R/eel).

Art. 1:

• “…chiamata di conferma è la chiamata telefonica effettuata dal venditore o, per conto del venditore, da un soggetto da lui incaricato, al cliente finale in seguito alla conclusione di un contratto in luogo diverso dai locali commerciali del venditore, allo scopo di fornire al cliente ulteriore conferma della conclusione del contratto;

• Codice di condotta commerciale è l’allegato A alla deliberazione dell’Autorità 8 luglio 2010, ARG/com 104/10 come successivamente modificato e integrato;

• contratto non richiesto è il contratto tra il venditore ed il cliente finale che quest’ultimo ritiene derivi da una pratica commerciale scorretta, così come definita dagli articoli 20, comma 2, 21 e 22 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206;

• lettera di conferma è la comunicazione scritta inviata dal venditore al cliente finale in seguito alla conclusione di un contratto attraverso forme di comunicazione a distanza o in luogo diverso dai locali commerciali del venditore, allo scopo di fornire al cliente ulteriore conferma della conclusione del contratto;

• periodo transitorio è il periodo in cui l’attivazione non richiesta ha avuto luogo;

• reclamo per contratto non richiesto è ogni reclamo scritto con il quale il cliente finale, o per suo conto un rappresentante legale o un’associazione di consumatori, lamenta un contratto non richiesto o un’attivazione non richiesta…;

Art. 2:

“Il presente provvedimento si applica ai rapporti tra venditori, di energia elettrica o di gas naturale, e clienti finali:

a) del servizio elettrico aventi diritto alla maggior tutela di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legge 18 giugno 2007, n. 73;

b) del servizio gas considerati clienti vulnerabili ai sensi dell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, ad esclusione dei clienti titolari di utenze relative ad attività di servizio pubblico.

2.2 In caso di rapporti aventi ad oggetto contratti per la fornitura congiunta di energia elettrica e di gas naturale, il presente provvedimento si applica se il cliente finale si trova in almeno una delle condizioni indicate alle lettere a) e b) del precedente comma 2.1.”.

Art. 5:

“5.1 Fermo restando quanto previsto ai Titoli III e IV del Codice di condotta commerciale, il venditore, in caso di contratti conclusi in un luogo diverso dai locali commerciali del venditore o attraverso forme di comunicazione a distanza, immediatamente dopo la conclusione del contratto e prima di inoltrare al SII o all’impresa di distribuzione la relativa richiesta di switching e/o di accesso per sostituzione deve:

a) inviare al cliente finale una lettera di conferma rispondente ai requisiti indicati al successivo comma 5.2…;

b) in alternativa, nei soli casi di contratti conclusi in luogo diverso dai locali commerciali del venditore, acquisire la conferma della volontà contrattuale del cliente, mediante una chiamata di conferma rispondente ai requisiti di cui al successivo comma…”;

5.4 In sede di acquisizione del consenso del cliente finale alla registrazione della chiamata di conferma, l’operatore telefonico informa il cliente finale circa le finalità della registrazione specificando che in caso di rifiuto il cliente medesimo non potrà fruire delle procedure di gestione dei reclami per contratti non richiesti di cui alla Parte III della presente deliberazione.

5.5 Qualora il cliente non rilasci il proprio consenso alla registrazione della chiamata di conferma o il cliente non risulti rintracciabile dopo almeno 5 tentativi di contatto telefonico, il venditore provvede comunque a documentare il rispetto di quanto previsto al comma 5.3, lettere a) e b).”.

Art. 6:

“6.1 Il cliente che ritenga di essere stato oggetto di un contratto o di una attivazione non richiesta, fatto salvo quanto previsto all’articolo 5, comma 5.4, può inviare, direttamente o tramite un rappresentante legale o un’associazione di consumatori, un reclamo per contratto non richiesto al venditore non richiesto immediatamente dopo aver avuto conoscenza del contratto o dell’attivazione non richiesta e comunque non più tardi di 30 giorni solari dalla data in cui ne ha avuto conoscenza. L’invio del reclamo per contratto non richiesto ai sensi del presente articolo 6 è, per il cliente, condizione necessaria per accedere alla procedura di ripristino di cui alla successiva Parte IV.”

Art. 10:

“Le disposizioni previste nella presente Parte IV si applicano nei confronti dei venditori, qualora si verifichino le seguenti condizioni:

a) il venditore sia un venditore precedente;

b) il venditore sia un venditore non richiesto ed abbia aderito alla procedura di ripristino ai sensi del comma 10.2.

10.2 I venditori che intendono aderire alla procedura di ripristino, ne danno comunicazione all’Autorità…”.

Art. 11:

“11.1 La procedura di ripristino di cui al presente articolo si applica nel caso in cui il venditore non richiesto vi abbia aderito ai sensi dell’articolo 10, comma 1…”.

Art. 12:

“12.1 Nei casi di cui all’articolo 11, comma 11.1, il venditore non richiesto storna le fatture eventualmente emesse nei confronti del cliente finale e procede ad applicare ai prelievi relativi al periodo in cui l’attivazione non richiesta ha avuto luogo:

a) per le forniture di energia elettrica, per ogni mese e ogni fascia oraria del periodo in cui ha avuto luogo l’attivazione non richiesta, le condizioni economiche applicate ai clienti in maggior tutela di cui all’articolo 7, comma 7.1 del TIV aventi le medesime caratteristiche del cliente oggetto di contratto non richiesto, ad esclusione del corrispettivo PCV relativo alla commercializzazione della vendita al dettaglio;

b) per le forniture di gas naturale, per ogni mese del periodo in cui ha avuto luogo l’attivazione non richiesta, le condizioni economiche previste per i clienti del servizio di tutela di cui all’articolo 5, comma 5.1 del TIVG ad esclusione della componente QVD relativa alla commercializzazione della vendita al dettaglio.”.

Viene in rilievo, altresì, la delibera n. 104/2010 della medesima AEEGSI, che approva il “Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica e gas naturale ai clienti finali”, di cui al relativo Allegato A, la cui applicazione è volta, secondo l’art. 2, al caso in cui al cliente finale, al quale siano riconducibili punti di riconsegna esclusivamente alimentati in bassa tensione e/o consumi di gas naturale complessivamente non superiori a 200.000 Smc/anno, venga proposto un contratto di fornitura per uno o più punti di prelievo/riconsegna. Gli articoli seguenti descrivono, quindi, per quel che rileva nella presente sede, le modalità di diffusione dell’informazione, la formazione del personale commerciale, i criteri di comunicazione dei prezzi di fornitura del servizio, delle informazioni relative alla spesa complessiva e delle informazioni minime da fornire nelle comunicazioni a scopo commerciale, la riconoscibilità e le regole di comportamento del personale commerciale, le informazioni preliminari alla conclusione del contratto, i criteri per la redazione del contratto e il suo contenuto, le modalità di consegna del medesimo e il diritto al “ripensamento”, i casi di indennizzo automatico.

La suddetta delibera n. 266/2014 dell’AEEGSI – di adeguamento al ricordato d.lgs. n. 21/2014 - ha poi precisato che il Codice di condotta commerciale detta disposizioni in accordo alle previsioni del Codice del Consumo e delle direttive comunitarie in materia energetica, di volta in volta succedutesi, e le regole che gli esercenti la vendita devono osservare nei rapporti commerciali con i clienti finali.

Risulta, poi, la sottoscrizione di un “protocollo d’intesa” tra AGCM e AEEGSI – a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo (di cui al d.lgs, n. 21/2014) - il cui art. 4 stabilisce che “…in base a quanto previsto nell’art. 27, comma 1 bis, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il rispetto della regolazione vigente da parte del professionista esclude, limitatamente a tale profilo, la configurabilità di una condotta contraria alla diligenza professionale”.

A queste disposizioni si aggiunga quanto disposto dal d.lgs. 1 giugno 2011, n. 93, concernente “Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE.”

A riguardo, si richiama quanto disposto dall’art. 41, sul generale potere di vigilanza dell’AEEGSI, e dall’art. 45, che prevede in dettaglio poteri sanzionatori dell’AEEGSI, fermo restando quanto previsto in senso generale nell’attribuzione di poteri sanzionatori dalla legge 14 novembre 1995, n. 481.

3. Le norme dell’Unione che regolano la fattispecie e di cui è richiesta l’interpretazione.

Viene in rilievo in primo luogo, per quel che rileva nella presente sede, la direttiva 2005/29/CE.

Si richiamano in proposito:

a) il “Considerando 10”, secondo cui: “È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto comunitario esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. La presente direttiva modifica pertanto la direttiva 84/450/CEE, la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza la direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori e la direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto comunitario specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello comunitario non esista una specifica legislazione di settore e vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti. Ciò è particolarmente importante per prodotti complessi che comportano rischi elevati per i consumatori, come alcuni prodotti finanziari. La presente direttiva completa pertanto l'acquis comunitario applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori.”;

b) l’art. 3, paragrafo 4, secondo cui: “In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.”;

c) l’art. 8, per il quale: “È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, limiti o sia idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. “;

d) l’art. 9, per il quale: “Nel determinare se una pratica commerciale comporti molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:

a) i tempi, il luogo, la natura o la persistenza;

b) il ricorso alla minaccia fisica o verbale;

c) lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravita tale da alterare la capacita di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto;

d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista;

e) qualsiasi minaccia di promuovere un'azione legale ove tale azione non sia giuridicamente ammessa.”.

Rileva poi, per la disciplina di settore, la Direttiva n. 2009/72/CE “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE”, il cui “Considerando n. 37” prevede che:

“I regolatori dell'energia dovrebbero essere dotati dei poteri necessari per assumere decisioni vincolanti per le imprese elettriche e per imporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti delle imprese elettriche che non rispettano i loro obblighi o proporre che un tribunale competente imponga tali sanzioni. Ai regolatori dell'energia dovrebbe inoltre essere conferito il potere necessario per adottare, indipendentemente dall'applicazione delle norme in materia di concorrenza, le misure idonee a garantire vantaggi per il consumatore promuovendo la concorrenza effettiva necessaria per il buon funzionamento del mercato interno dell'energia elettrica… Ai regolatori dell'energia dovrebbero inoltre essere conferite le competenze per contribuire a garantire un servizio universale e pubblico di qualità elevata in coerenza con l'apertura del mercato, per la tutela dei clienti vulnerabili e per la piena efficacia delle misure per la tutela dei consumatori. Queste disposizioni non dovrebbero pregiudicare le competenze della Commissione relative all'applicazione delle norme in materia di concorrenza…”.

Il “Considerando n. 51” e il “Considerando n. 52” prevedono poi che:

“(51) Gli interessi dei consumatori dovrebbero essere al centro della presente direttiva e la qualità del servizio dovrebbe rientrare tra le competenze fondamentali delle imprese elettriche. Occorre rafforzare e salvaguardare gli attuali diritti dei consumatori, garantendo tra l'altro una maggiore trasparenza. Le disposizioni in materia di protezione dei consumatori dovrebbero assicurare che ciascuno di essi, nel mandato della Comunità più ampio, tragga profitto da un mercato competitivo. I diritti dei consumatori dovrebbero essere fatti rispettare dagli Stati membri o, ove lo Stato membro abbia così disposto, dalle autorità di regolamentazione.

(52) I consumatori di energia elettrica devono poter disporre di informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico. La Commissione dovrebbe istituire, dopo aver consultato i soggetti interessati tra cui gli Stati membri, le autorità nazionali di regolamentazione, le organizzazioni dei consumatori e le imprese elettriche, una lista di controllo europea per i consumatori di energia accessibile e di facile consultazione che fornisca ai consumatori informazioni pratiche sui loro diritti. Detta lista di controllo per i consumatori di energia dovrebbe essere fornita a tutti i consumatori e dovrebbe essere messa a disposizione del pubblico.”

Si richiama inoltre l’art. 3, paragrafo 12 e paragrafo 13, secondo cui:

“12. Gli Stati membri si accertano che vengano istituiti sportelli unici al fine di fornire ai consumatori tutte le informazioni necessarie concernenti i loro diritti, la legislazione in vigore e le modalità di ricorso a loro disposizione in caso di controversia. Tali sportelli unici possono far parte di sportelli generali di informazione dei consumatori.

13. Gli Stati membri garantiscono che sia predisposto un meccanismo indipendente quale un Mediatore dell'energia o un organismo dei consumatori ai fini di un trattamento efficiente dei reclami e della risoluzione extragiudiziale delle controversie.”

L’art. 37, paragrafi 1, 2, 11, 15, 16 e 17 della medesima Direttiva dispone, a sua volta, per quel che rileva, che:

“1. L'autorità di regolamentazione ha i seguenti compiti:… n) garantire, in collaborazione con altre autorità competenti, che le misure di tutela dei consumatori, incluse quelle indicate all'allegato I, siano effettive e applicate;

2. Ove uno Stato membro lo abbia previsto, i compiti di vigilanza di cui al paragrafo 1 possono essere svolti da autorità diverse da quella di regolamentazione. In tal caso le informazioni risultanti dall'esercizio di tale vigilanza sono messe quanto prima a disposizione dell'autorità di regolamentazione.

Pur mantenendo la propria autonomia, fatte salve le proprie competenze specifiche e in conformità ai principi in materia di miglioramento della regolamentazione, l'autorità di regolamentazione si consulta, se del caso, con i gestori del sistema di trasmissione e, se del caso, coopera strettamente con altre autorità nazionali pertinenti nello svolgimento dei compiti di cui al paragrafo 1.

Le approvazioni concesse da un'autorità di regolamentazione o dall'Agenzia ai sensi della presente direttiva non pregiudicano l'uso debitamente giustificato in futuro delle competenze dell'autorità di regolamentazione ai sensi del presente articolo né sanzioni imposte da altre pertinenti autorità o dalla Commissione…

11. Qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro un gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione per quanto concerne gli obblighi di quest'ultimo ai sensi della presente direttiva, può adire l'autorità di regolamentazione la quale, in veste di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro un termine di due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l'autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Tale termine prorogato può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. La decisione dell'autorità di regolamentazione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia invalidata in seguito ad impugnazione.

15. I reclami di cui ai paragrafi 11 e 12 lasciano impregiudicati i mezzi di impugnazione previsti dal diritto comunitario e/o nazionale.

16. Le decisioni delle autorità di regolamentazione sono pienamente motivate e giustificate al fine di consentire il ricorso giurisdizionale. Le decisioni sono pubblicamente accessibili, pur mantenendo la riservatezza delle informazioni commercialmente sensibili.

17. Gli Stati membri provvedono affinché a livello nazionale esistano meccanismi idonei per consentire alla parte che è stata oggetto di una decisione di un'autorità di regolamentazione di proporre ricorso dinanzi a un organo indipendente dalle parti interessate e da qualsiasi governo.”

Parimenti in rilievo, per il settore del gas naturale, si pone la Direttiva 2009/73/CE, il cui “Considerando n. 33” ricalca quanto indicato nel “Considerando n. 37” della Direttiva 2009/72/CE, laddove afferma che:

“I regolatori dell'energia dovrebbero avere il potere di adottare decisioni vincolanti per le imprese del settore del gas naturale e di imporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti delle imprese del settore del gas naturale che non rispettano i loro obblighi o proporre che un tribunale competente imponga loro dette sanzioni. Ai regolatori dell'energia dovrebbe inoltre essere conferito il potere necessario per adottare, indipendentemente dall'applicazione delle norme in materia di concorrenza, le misure idonee a garantire vantaggi per il consumatore, promuovendo la concorrenza effettiva necessaria per il buon funzionamento del mercato interno del gas naturale.”

Il “Considerando n. 48” e il “Considerando n. 49” prevedono poi che:

“(48) Gli interessi dei consumatori dovrebbero essere al centro della presente direttiva e la qualità del servizio dovrebbe rientrare tra le competenze fondamentali delle imprese di gas naturale. Occorre rafforzare e salvaguardare gli attuali diritti dei consumatori, garantendo tra l'altro una maggiore trasparenza. La protezione dei consumatori dovrebbe assicurare che tutti i consumatori nel contesto più ampio della Comunità traggano profitto da un mercato competitivo. I diritti dei consumatori dovrebbero essere fatti rispettare dagli Stati membri o, qualora uno Stato membro abbia disposto in tal senso, dalle autorità di regolamentazione.

(49) I consumatori dovrebbero poter disporre di informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico. La Commissione dovrebbe istituire, dopo aver consultato i soggetti interessati tra cui gli Stati membri, le autorità nazionali di regolamentazione, le organizzazioni dei consumatori e le imprese di gas naturale, una lista di controllo europea per i consumatori di energia accessibile e di facile consultazione che fornisca ai consumatori informazioni pratiche sui loro diritti. La lista di controllo per i consumatori di energia dovrebbe essere fornita a tutti i consumatori e resa pubblicamente disponibile.”

L’art. 3, paragrafo 9, ripropone per il settore del gas naturale quanto previsto dall’art. 3, paragrafi 12 e 13, delle Direttiva 2009/72/CE, mentre l’art. 41, paragrafo 1, lett. o), prevede a sua volta che:

“L'autorità di regolamentazione ha i seguenti compiti:…o) garantire, in collaborazione con altre autorità competenti, che le misure di tutela dei consumatori, incluse quelle indicate all'allegato I, siano effettive e applicate;”

Disposizioni analoghe a quelle di cui ai paragrafi 15, 16 e 17 dell’art. 3 della Direttiva 2009/72/CE sono contenute negli ulteriori paragrafi di detto art. 41.

Da ultimo, si evidenzia l’Allegato I ad entrambe le direttive del c.d “pacchetto energia”, 2009/72/CE e 2009/73/CE (a loro volta precedute dalle direttive 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2008/92/CE), il cui art. 1 detta “Misure sulla tutela dei consumatori” e specifica che per i clienti “Le condizioni devono essere eque e comunicate in anticipo. Dovrebbero comunque essere trasmesse prima della conclusione o della conferma del contratto. Qualora il contratto sia concluso mediante un intermediario, le informazioni concernenti gli aspetti di cui al presente punto sono anch'esse comunicate prima della stipulazione del contratto;” e che i clienti… e) non debbano sostenere spese per cambiare fornitore; f) beneficino di procedure trasparenti, semplici e poco onerose per l'esame dei reclami. In particolare, tutti i consumatori devono godere del diritto ad una prestazione di servizi di buon livello e alla gestione dei reclami da parte del proprio fornitore di energia elettrica. Tali procedure per la risoluzione extragiudiziale delle controversie devono consentire una equa e rapida soluzione delle controversie, preferibilmente entro un termine di tre mesi, affiancata dall'introduzione, ove garantito, di un sistema di rimborso e/o indennizzo”.

4. I motivi in ordine alla rimessione alla Corte di Giustizia.

4.1. Il Collegio osserva che parte ricorrente, in specifica deduzione difensiva, ha rappresentato la censura legata alla ritenuta incompetenza dell’AGCM a pronunciarsi in ordine a una condotta (asseritamente) giudicata conforme alle disposizioni in argomento dettate dall’Autorità di settore e sopra riportate.

Tale censura è di primaria valutazione in quanto, se fosse riscontrata l’effettiva incompetenza dall’AGCM ad adottare il provvedimento impugnato, perché invasivo delle competenze già riconosciute ad altra Autorità (AEEGSI), il ricorso sarebbe direttamente accolto, senza necessità di valutazione degli altri motivi, certamente subordinati a questo.

4.2 Ebbene, nella propria esposizione difensiva, parte ricorrente ha evidenziato la necessità di promuovere sul punto una questione pregiudiziale di interpretazione delle norme della UE e sul punto il Collegio concorda, ricalcando la questione oggetto di interpretazione quella sopra ricordata, già recentemente proposta alla Corte UE dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 167/17 cit., relativa a contenzioso riguardante il settore delle comunicazioni elettroniche.

In sintesi, può rilevarsi che la tesi di parte ricorrente è fondata sulla considerazione che la normativa in vigore ha esaustivamente regolamentato il settore oggetto del procedimento in questione, considerando e dettando regole di comportamento che riguardano l’intero contenuto delle condotte contestate e sanzionate dall’AGCM, come confermato dallo stesso parere endoprocedimentale reso dall’AEEGSI, in cui è fatta ampia disamina del quadro regolamentare di riferimento ed è chiarito che il proprio “Codice di condotta commerciale” era stato adottato in accordo a quanto previsto dal Codice del consumo ed alle direttive comunitarie in materia energetica, così da formalizzare regole che gli esercenti della vendita di energia elettrica e/o gas naturale devono rispettare nei loro rapporti commerciali con i clienti finali. Le previsioni di tale codice di condotta, quindi, costituirebbero tutte le regole operative necessarie per dare attuazione alle norme comunitarie riguardanti il comparto energetico, assorbendo nel contempo le previsioni generali del Codice del consumo.

Secondo la ricostruzione di parte ricorrente, le specifiche delibere dell’Autorità di regolazione AEEGSI, tra cui principalmente la richiamata n. 153/12, avrebbero introdotto un sistema di gestione dei reclami in ordine all’attivazione di “forniture non richieste”, legato all’adozione di specifiche misure preventive, esaurite le quali, nel rispetto di quanto dettato dall’AEEGSI, non vi sarebbe spazio per l’ulteriore intervento dell’Autorità “antitrust”.

La stessa AEEGSI ha affermato il proprio ruolo di “chiusura” derivante dalla lettura dell’ordinamento euro-unitario che le riconosce una generale potestà sanzionatoria nel mercato energetico, con conseguente applicazione del c.d “principio di specialità”, riconosciuto dall’art. 3 paragrafo 4, direttiva 2005/29/CE.

Né, poteva scalfire tale conclusione, l’entrata in vigore nell’ordinamento italiano dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del consumo, in quanto l’armonizzazione con la normativa euro-unitaria di riferimento dovrebbe individuarsi concludendo che, in caso di pratiche commerciali “scorrette”, l’applicabilità della disciplina “consumeristica” generale si porrebbe come necessaria solo nell’ipotesi in cui la disciplina di settore non fosse completa ed esaustiva, circostanza questa che - per quanto sopra ricostruito - non apparirebbe presente nel caso di specie.

Tale conclusione sarebbe confermata dalla stessa lettura della direttiva 2005/29/CE (art. 3, par. 4 e “Considerando 10”), come orientata dalla Commissione europea nella lettera di avvio della procedura di infrazione n. 2013/2169, secondo cui tale direttiva opera come una “rete di sicurezza” che garantisce il mantenimento di un elevato livello di tutela dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali in tutti i settori, colmando le lacune di altre specifiche normative settoriali. Ciò porrebbe in evidenza che, laddove non fossero riscontrate lacune in specifiche normative settoriali, la suddetta “rete di sicurezza”, codificata nell’ordinamento italiano con il richiamato art. 27, comma 1 bis, Codice del consumo, non opererebbe, risolvendo in tal modo ogni problematica di incertezza giuridica in merito alla regime applicabile che ancora dopo l’entrata in vigore di tale norma la Commissione europea ritiene di richiamare.

In sostanza, la tesi di parte ricorrente pone in evidenza che, attraverso il provvedimento impugnato, l’AGCM abbia sanzionato non specifici fatti violativi del diritto dei consumatori ma generali regole di condotta, ritenute dagli operatori commerciali del tutto conformi alla disciplina di settore riconducibile alla relativa autorità di regolazione (AEEGSI), la quale – infatti - non è mai intervenuta in argomento e, nel parere reso nel corso del procedimento in esame, si è limitata a richiamare genericamente la sussistenza di poteri sanzionatori riconducibili all’AGCM, ma di tipo integrativo, e senza però evidenziare profili di censurabilità specifica delle condotte riscontrate.

4.3 Alla luce di tale prospettazione, quindi, il Collegio ritiene di investire la Corte di Giustizia dell’Unione europea della questione rilevante, legata all’interpretazione dell’art. 27, comma 1 bis, del Codice del Consumo in relazione alle disposizioni euro-unitarie applicabili al settore delle forniture di energia elettrica e gas naturale, analogamente a quanto già effettuato dal Consiglio di Stato, per il settore delle telecomunicazioni, con l’ordinanza n. 167/17 sopra richiamata.

5. Questioni pregiudiziali.

1) Se la “ratio” della direttiva “generale” n. 2005/29/CE, intesa quale “rete di sicurezza” per la tutela dei consumatori, nonché, nello specifico, il “Considerando n. 10”, l’art. 3, paragrafo 4,e l’art. 5, paragrafo 3, della medesima direttiva ostino a una norma nazionale che riconduca la valutazione del rispetto degli obblighi specifici previsti dalle direttive settoriali n. 2009/72/CE e n. 2009/73/CE a tutela dell’utenza nell’ambito di applicazione della direttiva generale n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette, escludendo, per l’effetto, l’intervento dell’autorità di settore - nel caso di specie AEEGSI - a reprimere una violazione della direttiva settoriale in ogni ipotesi che sia suscettibile di integrare altresì gli estremi di una pratica commerciale scorretta o sleale;

2) Se il principio di specialità di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE deve essere inteso quale principio regolatore dei rapporti tra ordinamenti (ordinamento generale e ordinamenti di settore), ovvero dei rapporti tra norme (norme generali e norme speciali) ovvero, ancora, dei rapporti tra autorità indipendenti preposte alla regolazione e vigilanza dei rispettivi settori;

3) Se la nozione di “contrasto” di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE possa ritenersi integrata solo in caso di radicale antinomia tra le disposizioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette e le altre norme di derivazione europea che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali, ovvero se sia sufficiente che le norme in questione dettino una disciplina difforme dalla normativa sulle pratiche commerciali scorrette, tale da determinare un concorso di norme in relazione a una stessa fattispecie concreta;

4) Se la nozione di norme comunitarie di cui all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE abbia riguardo alle sole disposizioni contenute nei regolamenti e nelle direttive europee, nonché alle norme di diretta trasposizione delle stesse, ovvero se includa anche le disposizioni legislative regolamentari attuative di principi di diritto europeo;

5) Se il principio di specialità, sancito al “Considerando 10” e all’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29/CE e gli artt. 37 della direttiva 2009/72/CE e 41 della direttiva 2009/73/CE ostino a una interpretazione delle corrispondenti norme di trasposizione nazionale per cui si ritenga che, ogni qualvolta si verifichi in un settore regolamentato, contenente una disciplina “consumeristica” settoriale con attribuzione di poteri regolatori e sanzionatori all’autorità del settore, una condotta riconducibile alla nozione di “pratica aggressiva”, ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29/CE, o “in ogni caso aggressiva” ai sensi dell’Allegato I della direttiva 2005/29/CE, debba sempre trovare applicazione la normativa generale sulle pratiche scorrette, e ciò anche qualora esista una normativa settoriale, adottata a tutela dei (medesimi) consumatori e fondata su previsioni di diritto dell’Unione, che regoli in modo compiuto le medesime “pratiche aggressive” e “in ogni caso aggressive” o, comunque, le medesime “pratiche scorrette/sleali”.

Ne consegue la rimessione alla Corte competente e la sospensione del presente giudizio allo stato degli atti, secondo quanto indicato in dispositivo.

A tale fine, e in attuazione delle raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale come recentemente aggiornate (2016/C 439/01), si dispone la trasmissione alla cancelleria della Corte di Giustizia di copia del fascicolo della causa.

Il presente giudizio viene sospeso fino alla pronuncia della Corte di Giustizia, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dispone:

1) la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea delle questioni pregiudiziali indicate in motivazione;

2) a cura della segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dell’art. 105, paragrafo 1 del regolamento di procedura, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con copia del fascicolo di causa;

3) la sospensione del presente giudizio;

4) la riserva alla decisione definitiva di ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Rosa Perna,     Presidente FF

Ivo Correale,   Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli,         Referendario

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Ivo Correale               Rosa Perna

                       

IL SEGRETARIO

 

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