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TAR Sardegna, sez. I, 28/8/2017 n. 563
L'incameramento della cauzione nelle gare pubbliche di appalto costituisce conseguenza ex lege dell'esclusione per riscontrato difetto dei requisiti di partecipazione da parte del concorrente.

Il quantum della sanzione di incameramento non è modulabile; a qualsiasi tipologia di omissione/falsità consegue l' (integrale) escussione della cauzione.

Per consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche di appalto l'incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell'esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. n. 163/2006, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate. Inoltre, la presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara, quantomeno per aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con relative questioni derivate (come si è verificato nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario). L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, si impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza. Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all'esclusione dalla gara ed alla segnalazione all'Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l'anticipata liquidazione dei danni subiti dall'Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest'ultima e l'imprenditore. In definitiva, l'incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell'amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l'amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara.

Il "quantum" della sanzione di incameramento non è "modulabile"; a tipologia di omissione/falsità consegue l' (integrale) escussione della cauzione. Nel regime normativo attuale la norma (art. 75 c. 6° Codice 163/2006), così come articolata, secondo la giurisprudenza dominante (per non dire granitica, salvo alcune pronunzie di primo grado) non lascia spazi interpretativi, non menzionando, con la formulazione prescelta, alcun in ordine all'elemento soggettivo, né "modulazioni" quantitative con applicazione di un potere riduttivo e/o individuazione di "tetti" massimi di applicazione in concreto. Senza possibilità, sia per il Giudice sia per l'Amministrazione di effettuare una analisi della "specifica" tipologia di violazione e della sua conseguente lesività dell'ordinamento e del bene sottostante. E senza poter considerare le varie "giustificazioni" (quali quelle prodotte in sede di soccorso istruttorio (valutate positivamente dalla P.A.), sicuramente inidonee a consentire l'ammissione in gara, ma che potrebbero rilevare, quanto meno, per la modulazione della sanzione pecuniaria accessoria.

Materia: appalti / disciplina

Pubblicato il 28/08/2017

 

N. 00563/2017 REG.PROV.COLL.

 

N. 00666/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 666 del 2016, proposto da:

OMISSIS Scarl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Elefante, Silvio Pinna, con domicilio eletto presso lo studio Silvio Pinna in Cagliari, via San Lucifero N.65;

 

contro

COMUNE DI ALGHERO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Costantino Tessarolo, Paolo Pinna Parpaglia, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Pinna Parpaglia in Cagliari, via Logudoro N. 3/B;

 

per l'annullamento

- della determinazione n. 1286 del 27.6.2016, emessa dal Comune di Alghero, con riferimento alle ivi contenute statuizioni di:

 

*<ESCUSSIONE DELLA CAUZIONE PROVVISORIA> prestata dalla ricorrente

 

*e di SEGNALAZIONE DELLE CIRCOSTANZE ALL'AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI PER L' <ANNOTAZIONE SUL CASELLARIO INFORMATICO> DELLE IMPRESE;

 

- di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente o connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Alghero;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2017 la dott.ssa Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente Omissisè stata ammessa ed è risultata aggiudicataria della gara indetta dal Comune di Alghero per l’affidamento del servizio di igiene urbana, per anni 7, base d’asta euro 58.240.847 (importo annuale euro 8.320 121).

 

La gara è stata impugnata dalla 2ª classificata, CICLAT Trasporti Ambiente, il cui ricorso è stato accolto dal Tar con sentenza 529 del 25 giugno 2016, a causa dell’omessa dichiarazione dell’aggiudicataria di 12 risoluzioni contrattuali intervenute a carico di A.A., (Consorziata di Omissis), esecutrice del servizio al 91%.

 

La sentenza è stata impugnata dalla parte privata in Consiglio di Stato.

 

Il Comune, preso atto della sentenza di primo grado di esclusione dell’aggiudicataria, per carenza dei requisiti generali, ha disposto con il provvedimento qui impugnato, l’ <ESCUSSIONE DELLA CAUZIONE PROVVISORIA> prestata dalla ricorrente, con , anche, SEGNALAZIONE dell’esclusione ALL'AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI PER L' <ANNOTAZIONE SUL CASELLARIO INFORMATICO> DELLE IMPRESE.

 

Con ricorso avviato per la notifica il 26/7/2016 e depositato il 29/7 sono state formulate le seguenti censure:

 

1) violazione di legge per falsa applicazione dell’articolo 38 comma 1-ter e dell’articolo 48 del decreto legislativo 163/2006; carenza di motivazione; illegittimità derivata;

 

2) illegittimità derivata.

 

È stata formulata in ricorso anche domanda di risarcimento, nella misura che sarà quantificata in corso di causa, di tutti i danni subiti e subendi a causa della crisi di liquidità conseguente all’escussione della cauzione provvisoria ed alla successiva rivalsa, su Omissis, del fideiussore, nonché quelli derivanti dalla sospensione dalle gare che dovesse essere disposta dall’Anac ai sensi dell’articolo 38 comma 1 ter del codice 163/2006. Senza che sia necessario e/o debba essere dimostrato il carattere “colpevole” della violazione compiuta dal Comune di Alghero, in considerazione della sentenza della Corte di giustizia, 3ª sezione, dell’ 30/9/2010 causa C-314/2009.

 

Si è costituito in giudizio il Comune chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Alla Camera di consiglio del 21 settembre 2016 con ordinanza n. 217 la domanda cautelare è stata accolta, in considerazione della pendenza dell’appello e della sua prossima definizione cautelare, con le seguenti motivazioni:

 

“Rilevato che è stata impugnata (dalla ricorrente Omissis) la sentenza di accoglimento del TAR Sardegna n. 529 del 25.6.2016 (su ricorso Ciclat);

 

considerato che il Consiglio di Stato ha fissato la trattazione cautelare al 17.11.2016;

 

considerato che i presupposti fattuali oggetto dell’esclusione (risoluzioni contrattuali presso altre Amministrazione non dichiarate) sono stati considerati ed apprezzati, in giurisprudenza, in modo difforme e non omogeneo (come peraltro esplicitato in sentenza);

 

preso atto che parte ricorrente ha limitato, nell’odierna Camera di consiglio, la richiesta di sospensione alla sola escussione della cauzione (disposta a seguito del pronunciato provvedimento di esclusione e di revoca dell’aggiudicazione in precedenza pronunziata dalla stazione appaltante, necessitata dal decisum di primo grado);

 

considerato che la somma da escutere è di entità particolarmente rilevante (1.164.000 euro); con fissazione per la trattazione di merito del ricorso dell’udienza pubblica al 19 gennaio 2017.”

 

Con sentenza n. 712 del 16 febbraio 2017 il Consiglio di Stato, sezione 5ª, ha confermato la decisione di 1º grado.

 

All’udienza del 21 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione

 

DIRITTO

La società Omissis scarl ha promosso questo ricorso in regime di “esecutività” della sentenza di primo grado529/2016 del Tar Sardegna, pronunzia che non aveva ancora raggiunto il valore di “giudicato”, essendo pendente l’appello promosso dalla soccombente privata. Nella speranza di una opposta valutazione dei presupposti da parte del giudice di 2º grado, finalizzato all’accertamento della legittimità dell’avvenuta ammissione alla gara di Omissis.

 

La sentenza di questo Tar aveva accolto il ricorso radicato dalla seconda classificata Ciclat, ritenendo che l’ ”omessa dichiarazione”, in sede di partecipazione alla gara, da parte di Omissis (in riferimento alla consorziata A.A.) di ben 12 risoluzioni contrattuali, intervenute e pronunziate presso altre amministrazioni pubbliche, doveva essere sanzionata con l’esclusione.

 

A tale decisione conseguiva l’escussione della (molto consistente, in relazione al “quantum” dell’appalto settennale) cauzione provvisoria, a causa della mancata possibilità di stipula dell’importante contratto settennale, per fatto dell’aggiudicatario:

 

dichiarazione negativa, rivelatasi non corrispondente al vero, delle situazioni di cui alla lett. f), seconda parte, dell’art. 38 Codice 163/2006).

 

La sussistenza di impedimenti che, per qualsiasi ragione, ostano alla stipula, implica l’applicazione dell’escussione pecuniaria-escussione cauzione provvisoria.

 

A tale provvedimento lesivo (a livello finanziario) consegue, anche, la comunicazione all’Anac ai fini della valutazione, in quella sede, dell’eventuale applicazione dell’ulteriore sanzione (giuridica) dell’iscrizione al Casellario informatico dell’impresa esclusa, che impedisce la partecipazione a future gare per un determinato periodo, stabilito dall’ Autorità, considerando anche –per l’irrogazione della sanzione- la sussistenza di elementi soggettivi che possono avere caratterizzato diversamente il livello di “colpa”.

 

Sostiene la ricorrente che l’incameramento della cauzione presuppone necessariamente l’imputabilità, come profilo soggettivo.

 

In mancanza di colpevolezza, stante la natura sanzionatoria della misura, l’amministrazione non potrebbe disporre l’introito globale (cauzione provvisoria).

 

La tesi della ricorrente è che nell’azione volontaria deve essere, previamente, riscontrato il disvalore e, quanto meno, la colpa.

 

Inoltre, parte ricorrente ritiene che, in ogni caso, l’amministrazione avrebbe dovuto attendere la decisione del Consiglio di Stato, in modo da poter operare, ai fini sanzionatori, pecuniari, in un contesto di “definitività”.

 

**

 

La controversia qui radicata deve, quindi, preliminarmente essere scissa tra provvedimento finale disposta “escussione” (acquisizione delle somme corrispondenti alla cauzione provvisoria), suscettibile di immediata applicazione, e la mera “segnalazione”, non avente immediata portata lesiva, in quanto mera <comunicazione> , da parte della stazione appaltante, all’Anac, finalizzata all’attivazione di un ulteriore e diverso procedimento che verrà istruito gestito da parte di altro soggetto, unico titolare del relativo potere.

 

Per quanto concerne l’impugnazione della comunicazione all’Anac il ricorso , limitatamente a questa parte, è inammissibile, non avendo l’atto natura provvedimentale, trattandosi di atto dovuto di “avvio” (finalizzato all’adozione di, eventuale, futuro altro provvedimento -di Iscrizione-).

 

Circoscritta la controversia alla sola escussione della cauzione provvisoria occorre verificare, essenzialmente, se la decisione debba essere inquadrata nell’ambito di una sfera vincolata oppure possa, in qualche modo, tale sfera connotarsi, anche, con elementi discrezionali.

 

Con valutazione di eventuali elementi soggettivi (oltre al dato oggettivo dell’esclusione) che possano rilevare nell’analisi della condotta assunta dal partecipante escluso.

 

Nel caso in esame due sono le valutazioni che il Collegio ritiene rilevanti nel caso concreto.

 

In primo luogo va evidenziato che la giurisprudenza prevalente interpreta le norme in termini di mero “automatismo”, quale conseguenza vincolata ed inevitabile alla pronuncia di esclusione. Senza che l’amministrazione possa valutare la condotta dell’impresa esclusa per situazioni ove la colpa è assente o comunque lieve.

 

In secondo luogo, nella fattispecie concreta, si evidenzia che, anche accedendo alla tesi di quella giurisprudenza che riconosce la sussistenza di un certo margine di possibile “valutazione” dell’amministrazione, la condotta non potrebbe essere interpretata come suscettibile di giustificazioni.

 

Omissis-Aimeri ha formulato non una dichiarazione “carente”e/o “difettosa”, ma ha ritenuto, nell’ambito della propria (libera) sfera valutativa, di non portare a conoscenza del Comune di Alghero la sussistenza di plurimi contenziosi stragiudiziali e giudiziari in relazione all’attività medesima (gestione rifiuti) compiuta in favore di molti altri enti; i quali potevano essere suscettibili di valutazione ai fini dell’accertamento della gravità professionale.

 

L’unico profilo che potrebbe rilevare è che la ricorrente non è stata esclusa dal Comune, che l’ ha ammessa e dichiarata aggiudicataria, previa valutazioni degli inadempimenti contrattuale , ma dalla decisione giurisdizionale, assunta a seguito del ricorso della seconda, Ciclat.

 

In questo peculiare contesto va analizzata la correlazione sussistente tra esclusione ed escussione.

 

A fronte di una dichiarazione (espressamente) negativa è risultato, invece, che sussistevano 12 risoluzioni presso altre amministrazioni relativamente a contratti riferiti al servizio rifiuti-igiene urbana.

 

In sede di procedimento amministrativo le questioni sono emerse solo a seguito del fatto che Ciclat ha portato all’attenzione della stazione appaltante tutte le risoluzioni.

 

Quindi il Comune ha potuto esaminare gli atti solo in forza di intervento del terzo, e non per messa a disposizione dei dati e dei documenti da parte del concorrente Omissis.

 

E ha ritenuto gli errori non gravi e, quindi, non impeditivi.

 

Questa situazione connotata da rilevanti contestazioni compiute nell’esercizio di servizi, presso altre comunità, doveva essere posta alla libera valutazione della stazione appaltante. La quale, se del caso, avrebbe potuto richiedere documentazione illustrativa e chiarificatori in relazione alle 12 risoluzioni contrattuali subite dalla ricorrente.

 

In riferimento a questi aspetti si richiamano, per economia processuale, le motivazioni contenute nelle due sentenze di primo e di secondo grado ove si precisano i termini della questione; che qui costituiscono elementi ormai non suscettibili di rivalutazione.

 

A fronte di tale peculiare situazione, nemmeno accedendo alla tesi minoritaria dell’insussistenza di automatismo tra esclusione ed escussione, vi sarebbe margine per poter considerare l’omessa dichiarazione, ex articolo 38 lettera f) 163/2006 come inidonea ad attivare il procedimento di escussione.

 

L’aggiudicazione fu disposta all’esito della verifica di quanto “autocertificato” in sede di offerta. Evidentemente in questa sede l’amministrazione non aveva la possibilità di analizzare le risoluzioni e le loro cause; non avendo l’impresa dichiarato il “materiale necessario”.

 

Sotto tale profilo, quindi è mancata la <messa in disponibilità > in favore dell’amministrazione dei dati di fatto e di diritto che hanno caratterizzato l’esecuzione e/o non esecuzione dei servizi assegnati da altri soggetti pubblici.

 

In carenza di tale elemento-presupposto fattuale l’amministrazione non poteva compiere la correlata “valutazione di gravità “nell’esercizio dell’attività professionale, che avrebbe impedito l’affidamento del servizio specifico, ad Alghero.

 

Né tale omissione poteva essere oggetto di “soccorso istruttorio”, istituto non applicabile ove la parte abbia, sostanzialmente, dichiarato di non voler dichiarare, con formula espressa, l’esistenza di determinati fatti-elementi giuridici in essere, in relazione ad un preciso requisito stabilito dalla norma che prevede l’esclusione in caso di riscontrati errori professionali gravi.

 

Dunque, in questo caso, sia che la fattispecie venga inquadrata nel regime più immediato ed incontestabile dell’automatismo, sia che questa possa implicare, anche, l’esistenza di spazi valutativi discrezionali, l’omessa dichiarazione determina la conseguenza dell’escussione, in quanto il contratto non è stato possibile stipularlo per condotta non solo negligente, ma dolosa, in relazione alla volontà di non dichiarare elementi che l’amministrazione avrebbe, invece, dovuto acquisire (già in sede di offerta) e valutare.

 

L’ <impossibilità> di compiere l’analisi, ex articolo 38 lettera f) del codice 163/2006, da parte dell’amministrazione, in relazione al possibile riscontro di errori gravi nell’esercizio dell’attività professionale del partecipante (accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante), è dipesa esclusivamente dalla carenza di idonea dichiarazione.

In questo contesto, non sussiste alcun “margine” (ammesso che questo possa essere individuato e “ritagliato” dal combinato disposto delle diverse norme) per poter riconoscere l’esistenza di elementi che possano “giustificare” il comportamento della condotta di Omissise della sua “volontaria omessa dichiarazione specifica”.

 

Il Comune, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, non era tenuto a svolgere previamente alcuna attività valutativa volta al riscontro della gravità degli elementi che hanno condotto a tale esclusione, dovendo sia il provvedimento di incameramento della cauzione che quello della segnalazione all’Autorità scaturire dall’esclusione, senza esplicazione di un giudizio di gravità del comportamento commesso dall’impresa in altri rapporti contrattuali pregressi.

 

Ne consegue che in sede di rinnovata valutazione dei requisiti di partecipazione (post sentenza di esclusione) il Comune ha preso atto della carenza sostanziale della dichiarazione (in riferimento al contenuto dei pregressi contrattuali contestati da altre Amministrazioni) ed ha disposto l’ escussione, in piena coerenza con il sistema normativo che delinea la correlazione in termini di causa-effetto.

 

L’aver dichiarato di non aver commesso errori gravi nell’attività professionale si è rivelata dunque, con la valutazione dei fatti in sede giudiziaria, non corrispondente a verità.

 

E la “valutazione di gravità” spettava solo ed unicamente all’Amministrazione e non al candidato partecipante, il quale non era il soggetto titolato a “scindere” fra fattispecie rilevanti (da dichiarare), gravi, e violazioni irrilevanti.

 

Né rileva che l’Amministrazione comunale abbia ritenuto, per difendere il provvedimento originario di aggiudicazione, di costituirsi (in quel giudizio) sostenendo che era stata comunque espressa una valutazione di “non gravità” del contegno dell’odierna ricorrente (che era stata nel frattempo ammessa a soccorso istruttorio).

 

Allo stato risulta l’esistenza di una “causa escludente”, ritenuta legittima anche dal giudice d’appello, che promana effetti duplici: escussione e segnalazione, senza che vi sia la necessità di “riformulare” il giudizio in termini di gravità/lievità.

 

Il Comune ha, quindi, assunto un provvedimento, necessario ed ineludibile, che aveva come presupposto la decisione contenuta nella sentenza di primo grado.

 

La cauzione provvisoria assolve, infatti, sia una funzione indennitaria, in quanto garantisce alla stazione appaltante il risarcimento dei danni cagionati dall'eventuale rifiuto-impedimento dell'impresa aggiudicataria di stipulare il contratto, sia una funzione sanzionatoria, in caso di inadempimenti procedimentali compiuti dal concorrente, in relazione alla <veridicità> delle dichiarazioni fornite.

 

Si tratta di un istituto che svolge un’azione di “garanzia” del rispetto dell'ampio <patto d'integrità> cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche.

 

In sintesi il Collegio ritiene che:

 

*considerato che è venuto meno , con il formarsi del giudicato (a seguito dell’intervenuta pronunzia del Consiglio di Stato n. 712/2017), l’unico elemento che aveva determinato questo Collegio ad accogliere, in sede cautelare (ante sentenza d’appello), la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, anche in considerazione della consistenza della somma richiesta, (€ 1.164.000 corrispondente la cauzione provvisoria); e con ciò anche la censura di illegittimità derivata;

 

* considerato che l’impresa partecipante ha effettuato una dichiarazione “negativa”, in relazione alla lett. f) dell’art. 38 Codice 163/2006, che si è rivelata non corrispondente alla situazione reale,

 

*considerato che il Comune non è stato posto in condizione di compiere la “valutazione di gravità” degli errori professionali commessi;

 

*rilevato che l’esclusione consegue alla “carenza dei requisiti di partecipazione”;

 

*considerato che la cauzione provvisoria garantisce la futura stipula del contratto;

 

*rilevato che il contratto non si è potuto stipulare a causa della condotta omissiva della partecipante esclusa;

 

*considerata la consequenzialità dell’incameramento della cauzione rispetto alla condotta relativa ad una dichiarazione “positiva a contenuto omissivo” (dichiarazione di non avere pendenze gravi professionali);

 

l’escussione sia stata legittimamente disposta a carico della ricorrente.

 

In quanto:

 

*la ricorrente è stata destinataria della sanzione dell’esclusione per un comportamento volontario di “omessa comunicazione/illustrazione”, in sede di partecipazione ,alla gara di elementi rilevanti di condotta professionale;

 

*in particolare sono state omesse le dichiarazioni attinenti molteplici risoluzioni, 12, che l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare;

 

*e la dichiarazione <negativa> va assimilata alla dichiarazione “falsa” e infedele, perché impedisce alla stazione appaltante di poter valutare il precedente professionale negativo.

 

Tra le ultime pronunzie d’appello, a sostegno dell’automatismo, si richiama la recentissima Consiglio di Stato, sez. V, 27/07/2017:

 

“Per consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche di appalto l'incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell'esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate (cfr. Cons. Stato, IV, 19 novembre 2015, n. 5280; 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778).

 

Inoltre Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34 ha ritenuto che la presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara, quantomeno per aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con relative questioni derivate (come si è verificato nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario).

 

L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, si impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza.

 

Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all'esclusione dalla gara ed alla segnalazione all'Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l'anticipata liquidazione dei danni subiti dall'Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest'ultima e l'imprenditore. In definitiva, l'incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell'amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l'amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara”.

 

In piena coerenza anche la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 04/05/2017 n. 20141 :

 

“Non merita favorevole considerazione neppure la doglianza circa la pretese illegittimità dell'incameramento della cauzione provvisoria per il mancato vaglio dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa, non essendo esso previsto dalla disposizione, secondo cui la cauzione ha la funzione di garantire la serietà dell'offerta fino alla mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'aggiudicatario, sia volontaria o meno (ex multis, Cons. Stato, ad plen. n. 8 del 2012; Cons. Stato, V, 10 agosto 2016 n. 3578).”

 

Si reputa opportuno richiamare, anche, un recente precedente di questo Tar, sez. I, n. 234 del 31/03/2017 che ha esaminato un contenzioso di contenuto analogo.

 

“Dunque la giurisprudenza prevalente qualifica come fase meramente consequenziale l'escussione della somma prevista a titolo di garanzia per la "partecipazione" (a dimostrazione della serietà dell'offerta).

 

Benché alcune "aperture" sono state espresse dal giudice di primo grado, in casi del tutto particolari, consentendo l'applicazione dell'errore scusabile (tra le recenti vedasi l'interessante pronunzia TAR Lazio, II bis, del 20.12.2016 n. 12661).

 

Resta, peraltro, immodificato l'orientamento generalizzato del Consiglio di Stato (cfr. da ultimo sentenza n. 55 del 12/01/2017) manifestato in materia, sotto la vigenza del decreto legislativo n. 163/2006 ( applicabile nella fattispecie), che unifica ed omogeneizza la correlazione fra esclusione e sanzione (in termini di asettico automatismo), prevedendo che:

 

"a) l'esclusione dalla procedura selettiva costituisce la logica conseguenza della mancanza dei prescritti requisiti di ammissione;

 

b) l'incameramento della cauzione discende automaticamente dall'art. 75, comma 6, del D. Lgs. n. 163/2006, a mente del quale la suddetta "garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario", essendo indubbio che il concorrente che partecipi alla gara in carenza dei prescritti requisiti, INDIPENDENTEMENTE DALLA CIRCOSTANZA CHE TALE CARENZA SIA ASCRIVIBILE AD UNA SUA COLPA, pregiudichi la possibilità di sottoscrivere il contratto per un fatto proprio (Cons. Stato, A. P., 4/5/2012, n. 8; Sez. IV, 19/11/2015, n. 5280);

 

c) quanto alla segnalazione all'ANAC è sufficiente rilevare che la stessa, per un verso, è priva di contenuti provvedimentali (dovendo questi ricondursi unicamente alla determinazione eventualmente adottata dall'ANAC) e, per altro verso, costituisce materia di un obbligo gravante sulla stazione appaltante, rispetto al quale il concorrente interessato non vanta una posizione tutelata che gli consenta di inibire che la stessa sia effettuata".

 

Rimettendo l'analisi dell'<elemento soggettivo>, in una fase successiva (in applicazione della specifica norma che lo consente), esclusivamente in capo all'Autorità Anticorruzione, nel corso dell'eventuale procedimento sanzionatorio radicato, con valutazione delle circostanze di fatto o della buona fede dell'impresa, ma ai soli fini dell'iscrizione al Casellario (e non anche ai fini del recupero della cauzione già incamerata, che rimane inattaccabile anche in presenza di errori inconsapevoli, con parificazione di situazioni profondamente differenziate).”

 

Infine si richiama, a completamento dell’analisi giurisprudenziale, un altro precedente di questo Tar n. 1228 del 22.12.2015, ove si è analizzata l’ eventuale rilevanza dell’<elemento soggettivo> del partecipante, che potrebbe essere qui rilevante in considerazione dell’esercitato soccorso istruttorio (con esito positivo) e dell’intervenuta ammissione della ricorrente alla gara, con Amministrazione pienamente “consapevole” della sussistenza delle 12 risoluzioni, ritenute, tutte, non gravi.

 

In considerazione anche del fatto che l’Anac, con delibera del 9 novembre 2016 (depositata in giudizio dalla ricorrente il 22/5/2017), ha ritenuto, in relazione alle medesime risoluzioni contrattuali di Aimeri, non dichiarate in altra gara (ed oggetto di esclusione la cui legittimità era stata confermata dal Tar Lombardia con sentenza del 7/5/2015 n. 1121), che “al dichiarante deve ritenersi riconosciuta una certa autonomia nella valutazione della gravità della condotta ai fini dichiarativi”. Ed in considerazione di tale presupposto ha ritenuto configurabile l’elemento psicologico della colpa in relazione alla dichiarazione resa, optando per l’applicazione della sola sanzione pecuniaria (euro 1.500), proprio in considerazione delle attenuanti.

 

Nella pronuncia Tar del Sardegna n. 1228/2015 sono stati approfonditi plurimi profili, sia per quanto attiene l’elemento psicologico, sia in riferimento all’aspetto del “quantum” della sanzione irrogata, nonché in relazione all’eventuale “potere riduttivo” correlato alla “gravità” della condotta. Comparando le diverse fattispecie sussistenti (“esclusione” e “iscrizione Anac-Casellario”), che rilevano a fronte del medesimo comportamento.

 

In quanto l’ “omogeneizzazione” assoluta delle fattispecie (con totale “appiattimento”) può apparire una soluzione non appropriata. Si riporta, per economia processuale, l’estratto della decisione, in quanto sono stati in quel contesto analizzati profili qui di rilievo in risposta alle argomentazioni sviluppate dalla difesa della ricorrente.

 

< …..Paragrafo B): ESCUSSIONE della CAUZIONE, quale sanzione consequenziale ed accessoria.

 

Le sanzioni previste come conseguenti all’esclusione implicano la valutazione di un delicato profilo, inerente l’ “escussione della garanzia” e la “segnalazione all’Autorità”.

 

La disposizione che legittima l’incameramento anche per difetto dei requisiti generali e non limitatamente ai requisiti speciali sussiste ed è l’art. 18 della L. 5/2007 della Sardegna.

 

E, comunque, anche a livello nazionale la giurisprudenza ha ritenuto applicabile la norma statale sanzionatoria anche in caso di accertata carenza dei requisiti generali (cfr. TAR Lazio11250 Sez. I ter 15 settembre 2015; T.A.R. Milano, Sez. III 3212 29 dicembre 2014 ; CS Sez. V n. 2578 13 maggio 2013 ; CS Sez. V n. 1370 6 marzo 2013).

 

Inoltre l’Adunanza Plenaria con sentenza n. 34 del 10.12.2014 ha statuito che “è legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l'escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese <non risultate aggiudicatarie>, ma <solo concorrenti>, in caso di riscontrata assenza del possesso dei REQUISITI di CARATTERE GENERALE di cui all'art. 38 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163.”

 

La questione è delicata sia per quanto concerne il profilo squisitamente giuridico, sia per quanto attiene l’aspetto economico, per l’ingente ammontare, essendo correlata ad una gara di altissimo livello finanziario (in quel caso trattavasi di appalto di oltre 210 milioni di euro per 7 anni), e consistente in 2.117.442 euro.

 

L’incameramento della cauzione costituisce, secondo la specifica normativa, corollario e conseguenza diretta della disposta “esclusione” dalla gara, legittimamente disposta,

 

La norma applicata è l’ art. 75 comma 6° Codice 163/2006.

 

Analoga disposizione la si ritrova anche nell’art. 48 1° comma.

 

Secondo il legislatore la disposta <escussione> costituisce “effetto” direttamente discendente dall’esclusione.

 

La sanzione è stata prevista, in particolare, quale conseguenza della “mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario”.

 

Il presupposto dell’incameramento viene individuato come mero “fatto oggettivo”:

 

il riscontro dell’avvenuta legittima esclusione.

 

La norma non richiede la necessità di una previa analisi dell’ “elemento soggettivo” con approfondimento della condotta assunta, nel caso concreto, dal partecipante.

 

Non è cioè previsto che l’Amministrazione possa (o debba) valutare quale sia stata la <tipologia di esclusione> e quali siano gli elementi che, nello specifico, l’hanno determinata e sono stati causa della decisione espulsiva.

 

E ciò nonostante, certamente, ben diversa possa essere qualificata la condotta assunta dal soggetto:

 

-che compie <false> dichiarazioni con riscontro del “mancato possesso” dei requisiti, con palese e concreta violazione delle previsioni normative in tema di requisiti morali e speciali;

 

-che <omette> di rendere talune dichiarazioni in un contesto controverso a causa di previsioni del bando di gara in contrasto con la normativa primaria o in relazione a disposizioni normative non chiare, elementi che possono aver indotto in errore il soggetto partecipante.

 

Tali radicali differenti condotte sono invece “appiattite” dal legislatore, prevedendo per esse la medesima sanzione (escussione integrale), senza alcuna possibilità di “modulazione”.

 

Questa normativa così rigida non offre spazio ad un ambito di analisi dei (differenti) comportamenti, configurando la sanzione con profili di “appropriatezza” e “proporzionalità”.

 

Non sono previste “esimenti” e/o “attenuazioni” dell’incameramento integrale, in modo da correlarlo alla <reale offensività> dell’ordinamento, ancorandolo alle <diverse> tipologie di condotte (si può menzionare l’ipotesi “estrema” della morte del titolare dell’impresa, con conseguente impossibilità, del tutto “incolpevole”, di procedere alla firma del contratto).

 

Non sussistono margini, nella normativa, per poter verificare se il comportamento (“falso” o solo “omissivo”) sia tale da “giustificare” e ritenere effettivamente dovuta l’ (integrale) sanzione pecuniaria conseguente alla accertata mancata dichiarazione e/o sussistenza dei requisiti.

 

Prima dell’escussione della cauzione non è prevista, l’esplicazione di un’ analisi della sussistenza dei profili di “colpa” nelle sue diverse caratterizzazioni, in modo da poter “modulare” in modo appropriato la conseguente sanzione pecuniaria.

 

Né è stato previsto dal legislatore un potere “riduttivo” che consenta di considerare (per riconoscere esimenti o riscontri di carente grave colpevolezza) fatti che denotino la sussistenza e la rilevanza di posizioni connotate da <inconsapevolezza> o da colpa “lieve” o, comunque, “non grave”.

 

Qualora, ad esempio, sussistano oggettivamente previsioni di bando/disciplinare non chiare e/o contraddittorie o comunque suscettibili di interpretazione contrastanti, tali da rendere “giustificati” o “giustificabili” determinati comportamenti dei partecipanti.

 

Per il “quadro di riferimento” che disciplina l’escussione della cauzione, vanno esaminate le due norme contenute nel Codice dei contratti, che disciplinano l’ <incameramento> della cauzione:

 

-art. 75 6° comma ;

 

-art. 48 1° comma.

 

La prima norma, art. 75, più asciutta e stringata, prevede unicamente che la garanzia copre l’Amministrazione dalla “mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’affidatario”.

 

La disposizione si articola, dunque, nell’individuazione:

 

-da un lato, di un “presupposto oggettivo”, l’esclusione;

 

-dall’altro il mancato raggiungimento di uno “scopo” (impedimento alla stipulazione del contratto).

 

E’ opportuno però analizzare, stante l’identità di natura, anche l’art. 48, in quanto tale norma risulta maggiormente utile per delineare la tipologia dell’effettivo ambito di applicazione della sanzione pecuniaria.

 

Questa seconda norma, art. 48, è strutturata in modo da definire con maggior dettaglio, esplicandoli in modo più restrittivo, i presupposti che sono ritenuti necessari:

 

-verifica da parte, della stazione appaltante, del “possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa” o del “requisito di qualificazione”;

 

-riscontro che “tale prova non sia fornita”, ovvero “non confermi le dichiarazioni” contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta”.

 

La giurisprudenza ha riconosciuto, sotto il profilo soggettivo, estensivamente, che la sanzione pecuniaria risarcitoria si applica non solo nei confronti dell’aggiudicatario, ma anche a carico degli altri soggetti verificati (Cons. Stato Sez. III, 29/07/2015, n. 3749; AP 34 del 10.12.2014).

 

Inoltre, ha ritenuto di dover ricomprendere nella causa sanzionatoria "qualunque ostacolo alla stipulazione" comunque <riconducibile> al partecipante, e dunque non solo in caso di rifiuto di constatato difetto di “requisiti speciali”, ma anche in caso di mancanza di “requisiti generali” di cui all'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2015, n. 1321).

 

Tale ultimo profilo, in Sardegna, era già stato risolto normativamente con l’art. 18 della LR 5/2007, che prevede la sanzione non solo per la carenza dei requisiti speciali ma anche per quelli generali.

 

Nel nostro caso la causa/fonte è costituita dalla “dichiarazione” di insussistenza di errori professionali gravi commessi presso altre Amministrazioni (lett. f art. 38 163/2006)

 

Il legislatore, nell’ art. 48 del Codice (rispetto a quanto compiuto dall’art. 75), ha meglio delineato e strutturato la tipologia di “condotta”, definendo sostanzialmente rilevante, ai fini dell’escussione della cauzione, la “mancanza dei requisiti, la mancata prova, la mancata conferma delle dichiarazioni”.

 

Sfugge però, anche in questa norma, il confine fra “omessa” e “falsa” dichiarazione del partecipante ai fini dell’ possibilità di incameramento.

 

Nel nostro caso vi è stata, come già evidenziato, una dichiarazione “negativa”

 

La sanzione dell’esclusione si giustifica pienamente,  ma diversa potrebbe essere la valutazione sul piano sanzionatorio pecuniario.

 

Si deve constatare che le norme, così come formulate, ed in particolare l’art. 75 (sotto quest’aspetto tranciante), non lasciano spazio ad una valutazione dell’ <elemento soggettivo> in ordine alla “causa” della impossibilità di procedere alla stipula del contratto.

 

Non consentono cioè l’analisi, da parte dell’Amministrazione (e poi da parte del giudice), della “colpevolezza” del comportamento, della sua lesività e della sua eventuale “giustificazione”.

 

La verifica della reale sussistenza di elementi concreti di colpevolezza non è ammessa dall’art. 75, che si limita a compiere un riscontro meramente oggettivo, imponendo un legame indissolubile in termini di <automatismo> fra esclusione ed escussione.

 

Con l’effetto che la sanzione pecuniaria, di incameramento integrale, consegue in forma automatica e necessaria dalla disposta esclusione (qualsiasi sia la causa che l’ha determinata) e a prescindere dall’importanza della violazione in concreto compiuta.

 

Senza che sia possibile analizzare e verificare lo stato di “colpa” del soggetto partecipante alla gara (ed escluso), nelle sue diverse caratterizzazioni e graduazioni, o di riscontro dell’esistenza di esimenti, specie in relazione a questioni giuridiche controverse.

 

In materia di cauzione questo giudice ha già effettuato, in un passato abbastanza recente, con la sentenza n. 294 del 10.4.2013, un “tentativo” interpretativo proprio per allargare le maglie della norma (art. 75), oltretutto in un caso di escussione di cauzione di bassissimo importo (3.467 euro), sostenendo e valorizzando un principio di diritto (a prescindere dall’entità del danno), proprio per consentire l’abbattimento del principio di mera “automaticità” fra esclusione e cauzione.

 

La fattispecie era molto peculiare.

 

In quel contenzioso non era stata impugnata l’esclusione ma solo l’incameramento della cauzione e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza ai fini dell’iscrizione al Casellario informatico.

 

In quell’ occasione il Collegio ha ritenuto di interpretare la norma in materia di escussione della sanzione in modo costituzionalmente orientato, al fine di consentire l’analisi della “consapevolezza” del soggetto in ordine alla violazione compiuta.

 

La questione, benché di limitato rilievo finanziario, era stata affrontata al fine di affermare la sussistenza, essenzialmente, di un doveroso principio di <appropriatezza> e di proporzionalità fra “condotta” e “sanzione”.

 

In un caso nel quale era riconoscibile uno stato di “buona fede”, di “errore scusabile” e di assenza di “colpevolezza” (in quanto l’esclusione era derivata da un contrasto fra DURC e disguido telematico nel pagamento dei contributi).

 

Si riteneva, cioè, innanzitutto, l’ammissibilità dell’impugnazione della sola escussione; poi si riteneva doverosa l’applicazione del principio secondo il quale per verificare la fondatezza del <fatto> (oggettivamente riscontrabile), nelle sue diverse articolazioni, non si potesse prescindere dal dare riscontro (anche) dell’elemento soggettivo, quanto meno, in termini di “consapevolezza” della violazione.

 

In quel caso l’ irregolarità contributiva, derivante da DURC contrastanti, era stata attestata, ma l’operatore economico era <inconsapevole> del mancato pagamento realizzatosi a causa di un disguido informatico bancario.

 

Ne è seguito l’accoglimento dell’impugnazione con annullamento integrale della disposta escussione della sanzione, perché la condotta del soggetto non integrava l’essenzialità del presupposto (sussistenza dell’irregolarità contributiva rilevabile dalla parte privata).

 

Tale pronuncia (probabilmente per la sua scarsa rilevanza economica) non è stata appellata ed è passata in giudicato.

 

Nella controversia oggetto del presente gravame la “condotta” impeditiva alla costituzione del rapporto contrattuale si correla, invece, a delle “false” dichiarazioni (elemento oggettivo), volute e consapevoli.

 

Rispetto a tale condotta non sussistono “cause” esterne che hanno concorso al compimento della dichiarazione e che avrebbero potuto diversificare e modulare , sotto il profilo del “quantum”, l’ appropriata sanzione

 

Il legislatore, articolando la norma (art. 75) in forma di automatismo, sostanzialmente “appiattisce” e omogeneizza tutte le posizioni , considerando in modo paritario anche qualora chi compie la violazione sarebbe stato, anche solo in parte, indotto dalla stessa stazione appaltante (cfr. sul punto Tar Sardegna , 1^ sez., n. 1228 del 22/12/2015.

 

La lesività del bene protetto dall’ordinamento può differenziarsi.

 

La valutazione del tutto paritaria di due condotte per natura diverse e collocabili a livelli radicalmente difformi, per quanto concerne la protezione del bene, potrebbe condurre ad una irragionevolezza sostanziale.

 

I comportamenti andrebbero considerati sì comunque lesivi (con legittima esclusione), ma potrebbe essere riconosciuta (de jure condendo) una diversità di concreta “lesività” dell’ordinamento, con conseguente differenziazione anche a livello (di quantum) sanzionatorio.

 

Condotte valutabili diversamente potrebbero determinare profili sanzionatori modulati ed appropriati.

 

Il legislatore, come ha fatto per il procedimento presso l’Autorità, potrebbe rendere rilevanti e consentire la valutazione di gravità (o la lievità) o meno della condotta del concorrente.

 

Analogamente , cioè, a quanto già avviene in riferimento alla disciplina del procedimento, innanzi all’ANAC, per l’ “iscrizione al Casellario informatico” (cfr. art. 38 1 ter del Codice 163/2006), norma che implica il previo riscontro del “dolo” o della “colpa grave” del soggetto agente per l’applicazione della sanzione.

 

La rilevanza dell’ “elemento soggettivo” potrebbe essere estesa (per volontà del legislatore) anche ai fini dell’incameramento della cauzione, così come l’art. 38 1 ter del Codice 163/2006 ha ritenuto di non poter prescindere, ai diversi fini dell’iscrizione al Casellario informatico da parte dell’Autorità di vigilanza. Consentendo di definire uno “spazio” di valutazione e non un mero strumento consequenziale in tutte le ipotesi (gravi o lievi)

 

Con previo riscontro (oltre al fatto oggettivo dell’esclusione) anche del profilo “soggettivo”, analizzando se la violazione sia stata commessa (e riconosciuta) con “dolo o “colpa grave”.

 

Ma solo nella fattispecie del 38 1° ter non si può prescindere dalla previa analisi delle <specifiche cause> che hanno condotto all’esclusione, con approfondimento della colpevolezza e della consapevolezza da parte dell’operatore economico.

 

E tale procedimento, lo si sottolinea, è stato previsto per l’ipotesi di produzione di “falsa” dichiarazione e/o documentazione (con possibilità di valutarne la non lesività proprio a causa dell’elemento soggettivo “ordinario” o “lieve”) .

 

Falsa dichiarazione e analisi della colpevolezza è, dunque, una relazione già ammessa dall’ordinamento, benchè limitatamente all’applicazione dell’ulteriore sanzione accessoria, la terza (dopo l’ esclusione e l’ escussione) per l’iscrizione al Casellario informatico, ai fini della sospensione della possibilità di partecipare ad altre gare pubbliche.

 

L’ ”omissione” non costituisce, invece, neppure presupposto per la segnalazione.

 

La norma infatti prevede che:

 

“In caso di presentazione di <falsa> dichiarazione o <falsa> documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'autorità che, se ritiene che siano state rese con <DOLO O COLPA GRAVE> in <considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione>, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1, lettera h), fino ad un anno, decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.”

 

In sostanza , sebbene la condotta sia caratterizzata da elementi di pesante ed estrema gravità (falsità – dolo o colpa grave) è possibile rinvenire, secondo il legislatore, un elemento soggettivo “giustificativo”, lasciando indenne l’operatore economico, per l’applicazione della (terza) sanzione.

 

Inoltre il legislatore con il D.L. 24 giugno 2014 n. 90 ha radicalmente riformulato, in termini amplissimi, l’istituto del potere di soccorso prevedendo (con l’introduzione del comma 2° bis all’art. 38), in materia di appalti, un “dovere” istruttorio esteso addirittura anche per il caso di “mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli ELEMENTI e delle DICHIARAZIONI sostitutive”.

 

E questa tematica è stata già affrontata approfonditamente da questo giudice con la sentenza Tar Sardegna n. 856 del 12/06/2015, evidenziando i profili innovativi della riforma.

 

La volontà del legislatore è stata quella di ampliare fortemente lo spazio operativo del “soccorso istruttorio”, per superare, soprattutto (ma non solo), le restrizioni derivanti da difetti più o meno formali delle istanze di partecipazione alle gara pubbliche, ampliando a dismisura (estendendo la legge di conversione anche agli “elementi” e non solo alle dichiarazioni) la possibilità di “sanare”, con il pagamento di una sanzione “appropriata” a questa tipologia di mancanze.

 

Prevedendo un “costo” per l’omissione.

 

Infatti alla “integrazione/regolarizzazione” successiva (alla scadenza) si applica (solo) una sanzione pecuniaria commisurata “all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro”.

 

Attribuendo, cioè, alla omessa dichiarazione e/o elemento (poi effettivamente integrato), una specifica ed appropriata “graduazione” della sanzione economica e, comunque, con previsione di un “tetto” massimo di “pagamento” del soccorso.

 

Con l’effetto di determinare la caduta degli sbarramenti giurisprudenziali più restrittivi che impedivano, anche nei casi-limite, l’esplicazione del potere/dovere istruttorio (esercitato a buon fine) da parte dell’Amministrazione.

 

E la previsione di una sanzione pecuniaria “appropriata” e “modulata” potrebbe ancorarsi al margine di esercizio del soccorso, , il cui “costo” , per le omesse dichiarazioni, viene modulato e quantificate dal legislatore , entro un tetto massimo.

 

Occorrerebbe quindi un intervento legislativo che coordinasse e rendesse sistematiche i diversi criteri applicati:

 

- il criterio (meramente oggettivo) scelto dall’art. 75

 

-quello, diverso, e che potrebbe essere più appropriato, delineato dall’art. 38 ter (che richiede la valutazione anche dell’ elemento soggettivo), sia quello dall’art. 38 2° bis (che modula la sanzione e, comunque, individua un limite massimo della sanzione applicabile, 50.000 euro, a prescindere dal quantum dell’appalto).

 

Ma, allo stato, non vi è la possibilità di graduazione in caso di esclusione e di escussione della cauzione (che rimane “integrale”, rapportata al quantum globale dell’appalto); l’elemento soggettivo rimane ininfluente sul piano della sanzione applicabile (quantum pecuniario) del partecipante rimane privo di rilevanza.

 

Il “quantum” della sanzione di incameramento non è “modulabile”; a <qualsiasi> tipologia di omissione/falsità consegue l’ (integrale) escussione della cauzione.

 

Nel regime normativo attuale la norma (art. 75 comma 6° Codice 163/2006), così come articolata, secondo la giurisprudenza dominante (per non dire granitica, salvo alcune pronunzie di primo grado) non lascia spazi interpretativi, non menzionando, con la formulazione prescelta, alcun <potere valutativo> in ordine all’elemento soggettivo, né “modulazioni” quantitative con applicazione di un potere riduttivo e/o individuazione di “tetti” massimi di applicazione in concreto.

 

Senza possibilità, sia per il Giudice sia per l’Amministrazione di effettuare una analisi della “specifica” tipologia di violazione e della sua conseguente lesività dell’ordinamento e del bene sottostante.

 

E senza poter considerare le varie “giustificazioni” (quali quelle prodotte in sede di soccorso istruttorio (valutate positivamente dalla P.A.) , sicuramente inidonee a consentire l’ammissione in gara, ma che potrebbero rilevare, quanto meno, per la modulazione della sanzione pecuniaria accessoria.

 

Da ultimo si evidenzia che la compatibilità costituzionale della norma (art. 75) è stata valutata dalla Corte, che ha avuto modo di occuparsi della questione di legittimità costituzionale dell’escussione della cauzione provvisoria, nell’ambito degli appalti pubblici.

 

In particolare con l’ordinanza n. 211 del 13.7.2011, in riferimento ad una questione sollevata dal Tar del Veneto il 16.9.2010, che sostanzialmente evidenziava proprio la mancanza di una opportuna possibilità di <graduazione della somma> nel sistema legislativo.

 

Il Tar del Veneto riteneva “iniqua la norma che permette un prelievo patrimoniale forzoso in danno delle imprese volto a sanzionare in via indifferenziata mancanze oggettivamente valutabili in modo diverso e proporzionale all’intrinseca gravità del fatto”.

 

La questione è stata ritenuta dalla Corte (oltretutto con ordinanza, senza cioè neppure ammettere la questione in sede di sentenza), <manifestamente infondata>, sostenendo la correttezza della previsione di incameramento della cauzione provvisoria (in relazione all’art. 48 codice 163/2006, recante norma analoga all’art. 75) quale “<automatica> conseguenza del provvedimento di esclusione”.

 

In particolare la Corte ha sostenuto che l’escussione della cauzione:

 

-è coerente con il concetto di garanzia del rispetto del patto di integrità cui si vincola chi partecipa alle gare pubbliche;

 

-è congruente rispetto alla funzione di garantire serietà ed affidabilità dell’offerta, sanzionando la violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente; rappresenta anticipata liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante, tenuto conto che l’operatore economico, con la domanda di partecipazione, sottoscrive e si impegna ad osservare le regole della relativa procedura, delle quali ha contezza;

 

-costituisce una scelta del legislatore ordinario che, alla luce di tali considerazioni, non può essere giudicata frutto di un uso distorto ed arbitrario della discrezionalità a lui spettante.

 

In definitiva la Corte ha ritenuto, nel 2011, che non contrasta in modo manifesto con il canone della “ragionevolezza” la norma che prevede l’<automatismo> dell’incameramento (globale nel “quantum”) quale effetto dell’esclusione dalla gara.

 

In conclusione, nella fattispecie in esame, all’esclusione consegue, per legge (ritenuta costituzionale), quale effetto diretto ed <automatico> (e quindi non sindacabile) l’incameramento della cauzione, a prescindere dalla valutazione della “colpevolezza e/o buona fede”, non attribuendo la norma (art. 75) spazi e margini discrezionali di valutazione da parte della stazione appaltante e da parte del giudice, né sotto il profilo soggettivo, né quantitativo (cfr. da ultimo Cons. Stato Sez. IV, 09/06/2015, n. 2829; Consiglio di Stato sez. V 26 maggio 2015 n. 2638; Consiglio di Stato sez. IV 11 novembre 2014 n. 5516; Consiglio di Stato sez. IV 03 ottobre 2014 n. 4950; Consiglio di Stato sez. IV 22 settembre 2014 n. 4733).>

 

Il Collegio , pur riconoscendo la sussistenza (anche) di un orientamento minoritario (tra le recenti vedasi l’interessante pronunzia TAR Lazio, II bis, del 20.12.2016 n.12661, con attribuzione di rilevanza all’errore scusabile; Tar Lazio n. 6197 del 11.6.2014; Tar Sardegna n. 294 del 10.4.2013; C.S. n. 1288 del 2.3.2011) deve riconoscere che la norma impone l’applicazione di un regime <automatico> fra esclusione ed escussione della cauzione (causa/effetto).

 

Alla luce di tutte le considerazioni svolte il ricorso va respinto.

 

Anche per la parte risarcitoria.

 

In considerazione del peculiare sviluppo del giudizio (il Comune aveva valutato, post soccorso istruttorio, “non gravi” le risoluzioni ed ammesso la ricorrente) le spese di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

Caro Lucrezio Monticelli, Presidente

 

Grazia Flaim, Consigliere, Estensore

 

Antonio Plaisant, Consigliere

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

Grazia Flaim

 

Caro Lucrezio Monticelli

 

IL SEGRETARIO

 

 

 

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