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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Sicilia, 26/10/2017 n. 177
Sull'utilizzazione da parte di un Comune, ai fini della gestione in economia del serv. di spazzamento e di raccolta dei rifiuti, del personale assunto dalla S.R.R. mediante l'istituto del distacco o del comando o se debba avvenire in altra forma giur

Materia: lavoro / disciplina

Deliberazione n. 177 /2017/PAR

                                     

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

nella Camera di consiglio dell’adunanza generale del  5 ottobre 2017 ha emesso la seguente

 

DELIBERAZIONE

visto il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni;

visto l’art. 23 del R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana);

visto il D.lgs. 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana);

visto il D.lgs. 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana - integrazioni e modifiche al D.lgs. n. 655 del 1948);

vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);

vista la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e, in particolare, l’art. 7, comma 8;

visto il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

vista la richiesta di parere inoltrata dal Sindaco del Comune di Pietraperzia con la nota n. 0011258 del 4 settembre 2017 (acquisita in pari data al prot. CdC n. 7270);

vista l’ordinanza n. 160/2017/CONTR del 14 settembre 2017, con la quale il Presidente della Sezione ha convocato l’odierna camera di consiglio;

udito il magistrato relatore, referendario Francesco Antonino Cancilla;

 

*****

 

Premesso che:

Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Pietraperzia ha esposto preliminarmente che l’ente, che costituisce un autonomo ambito di raccolta ottimale ai sensi della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, ha previsto -in sede di piano di intervento- la gestione diretta in economia del servizio di spazzamento e di raccolta dei rifiuti attraverso l’impiego di personale proprio e l’utilizzazione -ai sensi dell’art. 19, comma 8, della medesima legge regionale n. 9 del 2010- di lavoratori assunti dalla S.R.R., avente forma giuridica di società consortile per azioni.

Tanto premesso, il Sindaco ha formulato i seguenti quesiti:

1)- se l’utilizzazione -da parte del Comune- del personale assunto dalla S.R.R. possa avvenire mediante l’istituto del distacco o del comando o debba avvenire in altra forma giuridica;

2)- se l’utilizzazione di tale personale rientri in una tipologia di lavoro flessibile con conseguente applicabilità del limite di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010;

3)- se, piuttosto, tale utilizzazione di personale debba essere considerata alla stregua di una nuova assunzione con relativa applicazione dei vincoli normativi e finanziari;

4)- se il costo di tale personale vada incluso nelle spese di personale rilevanti ai fini del rispetto del parametro di cui all’art. 1, commi 557 e seguenti, della legge n. 296 del 2006.

 

*****

In via preliminare, la richiesta di parere va reputata ammissibile sotto il profilo soggettivo, essendo a firma del legale rappresentante dell’ente.

Per quanto attiene al profilo oggettivo, bisogna tener conto dei criteri elaborati dalle Sezioni Riunite con la deliberazione n. 1 del 2004, e dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 5 del 17 febbraio 2006, integrati -per la delimitazione del concetto di contabilità pubblica- da ciò che è stato stabilito dalle Sezioni riunite centrali in sede di controllo con deliberazione n. 54/2010/CONTR.

La giurisprudenza ha quindi ripetutamente sottolineato che la funzione consultiva, attribuita alla Corte dei Conti dall’art. 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, non solo deve essere svolta con esclusivo riferimento a specifici quesiti inerenti “materie di contabilità pubblica”, ma deve riguardare “tematiche di portata ed interesse generali”, non potendo esplicarsi in ordine a “singoli fatti gestionali” di pertinenza dell’Amministrazione, che conducano all’inaccettabile risultato di immettere la Corte nei processi decisionali degli enti territoriali (v., ex plurimis, delibera delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/2010/PAR).

Nella fattispecie in esame i quesiti sono ammissibili soltanto nei limiti in cui implicano la disamina di istituti specifici connessi alla normativa sul contenimento della spesa per il personale e di questioni afferenti la contabilizzazione di tale spesa. 

Di conseguenza, malgrado i riferimenti contenuti nella richiesta del Comune, il parere della Sezione non potrà soffermarsi sulla disciplina dell’organizzazione della gestione integrata dei rifiuti prevista dalla legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, trattandosi di materia che esula dalla contabilità pubblica.

Va aggiunto che gli enti -mediante la formulazione generica dei quesiti- non possono conseguire consulenze di carattere generale da parte della Corte, la cui funzione consultiva riguarda soltanto l’interpretazione di specifiche disposizioni di legge o di istituti giuridici dettagliatamente indicati dall’amministrazione istante. La pronuncia nel merito su tale specie di quesiti, peraltro, finirebbe per incidere su profili discrezionali demandati esclusivamente agli organi politici.

E’ quindi inammissibile la seconda parte del primo quesito, poiché il Comune mira ad ottenere dalla Corte la precisa individuazione delle forme giuridiche, diverse dal comando e dal distacco, che consentirebbero l’utilizzo del personale della S.R.R.; la domanda è generica e finisce per demandare alla Sezione l’individuazione delle disposizioni rilevanti. Desta poi perplessità il fatto che lo stesso ente abbia ammesso di avere già previsto -nel piano di intervento- l’utilizzazione del personale assunto dalla S.R.R., pur senza pervenire ex ante ad una corretta qualificazione giuslavoristica del rapporto con tali dipendenti della S.R.R.. Una pronuncia della Corte sulla forma di utilizzo di tali unità lavorative potrebbe equivalere ad una valutazione ex post sulla legittimità di siffatta scelta del Comune.

E’ conseguentemente inammissibile pure il secondo quesito, con il quale si chiede se l’utilizzazione di tale personale rientri in una tipologia di lavoro flessibile con conseguente applicabilità del limite di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010. Invero, esclusa per le ragioni che si esporranno l’applicabilità del comando e del distacco quali regolamentati nel pubblico impiego, la Corte, per rispondere alla seconda domanda del Comune, sarebbe costretta a individuare le diverse forme giuridiche di utilizzo del personale applicabili nella fattispecie in esame e dovrebbe verificare la loro assoggettabilità quale lavoro flessibile all’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010. Ciò, tuttavia, esula dalla funzione consultiva così come sopra descritta alla luce dei principi espressi dalle Sezioni riunite.

Dall’inammissibilità della seconda parte del primo quesito discende pure quella del terzo quesito, con il quale si domanda se l’utilizzazione di personale debba essere considerata alla stregua di una nuova assunzione con relativa applicazione dei vincoli normativi e finanziari. Per pronunciarsi sul merito del quesito, che non indica l’istituto di cui il Comune intende avvalersi, la Sezione dovrebbe infatti analizzare le diverse tipologie di utilizzo del personale della S.R.R. e accertare se le stesse possano assimilarsi ad una nuova assunzione.

In ordine al quarto quesito, infine,  con il quale si chiede se il costo di tale personale della S.R.R. debba essere incluso nelle spese di personale rilevanti ai fini del rispetto del parametro di cui all’art. 1, commi 557 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, la Sezione potrà limitarsi soltanto a fornire l’interpretazione di tali disposizioni, fermo restando che non potrà pronunciarsi né sull’ammissibilità dell’utilizzo del personale della S.R.R. né sulla qualificazione giuridica del rapporto.

 

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Nel merito, il Collegio osserva che con il primo quesito il Sindaco di Pietraperzia chiede se l’utilizzazione -da parte del Comune- del personale assunto dalla S.R.R., ai sensi dell’art. 19, comma 8, della legge regionale n. 9 del 2010, possa avvenire mediante l’istituto del distacco o del comando o debba avvenire in altra forma giuridica.

Innanzitutto, la Sezione rileva che l’art. 19, comma 8, della citata legge regionale 8 aprile 2010, n. 9, dispone che: “8. Il personale di cui ai commi 6 e 7 è assunto all'esito delle procedure volte a garantire il definitivo avvio del servizio di gestione, affidato con le modalità di cui all'articolo 15. Tale personale è utilizzato dai soggetti affidatari dell'appalto che ne assumono la responsabilità gestionale, operativa e disciplinare, anche per quanto concerne l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, nonché per l'erogazione delle retribuzioni”. I commi 6 e 7 si riferiscono al personale già in servizio presso le società o i consorzi d'ambito e proveniente dai comuni, dalle province o dalla regione. Il richiamo alla gestione diretta è semmai contenuto nel comma 4 del medesimo art. 19, che stabilisce che: “4. Nel caso in cui, per effetto della modifica degli Ambiti territoriali ottimali e della costituzione delle S.R.R., il servizio di gestione integrata dei rifiuti si svolga per una parte del territorio mediante affidamento esterno a soggetti imprenditoriali e per la rimanente parte mediante gestione diretta, la durata di quest'ultima non può eccedere la durata dell'appalto esterno. Resta ferma la facoltà della S.R.R. di affidare, anche prima di tale scadenza, la gestione del servizio all'appaltatore individuato ai sensi dell'articolo 15”.

Va da sé che il Collegio non può fornire indicazioni sulle modalità applicative della legge regionale n. 9 del 2010, che, oltretutto, implica il compimento di valutazioni e scelte discrezionali da parte dell’ente in coordinamento con la Regione nel quadro delle attribuzioni delle cosiddette S.R.R.  “società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti”.

Nell’esaminare il quesito, dunque, la Sezione potrà limitarsi soltanto a verificare l’applicabilità dell’istituto del distacco o del comando con specifica attenzione alla sua incidenza sotto il profilo della spesa e della contabilizzazione.

Ciò premesso, si precisa che -secondo il prevalente insegnamento- il distacco è l’utilizzazione temporanea del dipendente presso un ufficio, che è diverso da quello che costituisce la sua sede di servizio e che rientra comunque nella medesima amministrazione. Pertanto, il distacco non ricorre quando la prestazione venga eseguita presso altra amministrazione; in tale ipotesi, infatti, si configura il comando, che è l’istituto sul quale va concentrata l’attenzione. A tal proposito, in primo luogo, occorre osservare che, in mancanza di una specifica definizione normativa, il comando è stato individuato dalla giurisprudenza in tutte quelle ipotesi in cui il dipendente pubblico è destinato a prestare servizio presso una P.A. diversa da quella di appartenenza, senza che si abbia la costituzione di un nuovo rapporto di impiego con l’ente destinatario della prestazione, il quale sarà tenuto soltanto a rimborsare all’amministrazione di appartenenza il trattamento economico fondamentale. Alla posizione di comando del dipendente presso una nuova amministrazione non si accompagna, infatti, la soppressione del posto in organico presso l’amministrazione di provenienza, venendosi piuttosto a configurare una mobilità temporanea presso l’ente di destinazione, grazie ad un meccanismo caratterizzato dalla reversibilità (salvo provvedimento di immissione nei ruoli).

La Sezione delle Autonomie nella deliberazione n. 12/2017/QMIG ha evidenziato che le caratteristiche fondamentali dell’istituto del comando -disciplinato originariamente dagli artt. 56 e 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e poi dalla contrattazione collettiva di settore e dal decreto legislativo n. 267 del 2000, come da richiamo operato dall’art. 70, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001- sono la temporaneità e l’interesse dell’amministrazione ricevente. Il dipendente comandato, autorizzato dall’ente “a quo” su richiesta motivata dalla necessità dell’ente “ad quem”, non solo non svolge più la sua prestazione presso l’ente cedente, bensì soggiace al potere direttivo e gestionale dell’ente beneficiario. Il trattamento economico fondamentale del personale comandato -ai sensi dell’art. 70, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001- rimane di competenza dell’amministrazione cedente, ancorché successivamente rimborsato.

Il provvedimento di comando, dunque, non comporta una novazione soggettiva del rapporto di lavoro né, tanto meno, la costituzione di un rapporto di impiego comunque conformato con l’amministrazione destinataria delle prestazioni, ma determina esclusivamente una modificazione oggettiva del rapporto originario, nel senso che sorge nell'impiegato l'obbligo di prestare servizio nell'interesse immediato del diverso ente e di sottostare al relativo potere gerarchico (direttivo e disciplinare), mentre lo stato giuridico ed economico del "comandato" resta regolato alla stregua dell'ordinamento proprio dell'ente “comandante”.

Sulla base di tale ricostruzione la Sezione delle Autonomie nella medesima deliberazione n. 12/2017/QMIG ha quindi chiarito che: “Trattasi dunque di un’operazione di finanza neutrale che non incide sulla spesa degli enti coinvolti, purché quella sostenuta dall’ente cedente sia figurativamente considerata come spesa di personale”. La stessa Sezione ha poi aggiunto che: “Deve   escludersi che l’istituto del comando possa ricondursi alle tipologie negoziali oggetto della disciplina vincolistica prevista per le assunzioni pubbliche, sia “precarie” che a tempo determinato. La ratio di tale disciplina [cioè dell’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010] è quella di limitare la spesa connessa all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile elencate nella norma de qua (sottoponendo le stesse ad uno specifico limite) che, al contrario di un comando, generano un incremento della spesa pubblica globale, oltre che della spesa di personale del singolo ente locale”.

Ciò premesso, occorre rilevare che i dipendenti assunti dalla S.R.R. non possono considerarsi dipendenti pubblici, sicché ad essi non può applicarsi la disciplina del comando, così come sopra ricostruita. Sul versante lavoristico, invero, le S.R.R. non rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 165 del 2001 e della disciplina del pubblico impiego, nell’ambito della quale trovano collocazione il comando e il distacco. Al riguardo, va infatti osservato che -ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge regionale n. 9 del 2010- le S.R.R. sono società consortili di capitali, che sono costituite dalla provincia e dai comuni in ciascun ambito territoriale ottimale e che devono svolgere le funzioni affidate dalla medesima legge; esse, dunque, non possono essere incluse tra le amministrazioni pubbliche, di cui al comma 2 dell’art. 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

In sintesi, poiché la S.R.R. per i profili lavoristici non si configura quale amministrazione pubblica, le sue unità di personale non hanno la qualifica di dipendente pubblico e non possono fruire del comando e del distacco.

Va chiarito che le società controllate dalla pubblica amministrazione solo a determinati fini vengono incluse nel settore pubblico allargato; ciò avviene, ad esempio, nell’ambito dei contratti, per i quali è stata elaborata la nozione di organismo di diritto pubblico, oppure per l’applicazione della disciplina sulla trasparenza prevista dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 o, infine, nella definizione del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, che include, accanto agli organismi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, le unità istituzionali che producono beni non destinabili alla vendita soggetti a controllo pubblico, a prescindere dalla forma giuridica da esse rivestita.

Alle società partecipate non possono applicarsi neppure gli altri istituti sulla mobilità del pubblico impiego. Al riguardo, si evidenzia che la mobilità del personale delle società partecipate è specificamente disciplinata dall’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, che contiene una regolamentazione puntuale, sicché non è applicabile l’art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che si occupa della mobilità nel pubblico impiego. A tal proposito, il Collegio condivide l’orientamento espresso dalla Sezione regionale di controllo per la Campania nella deliberazione n. 56/2017/PAR, che ha affermato che l’art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 non è applicabile in maniera generalizzata al settore del personale delle società a partecipazione pubblica, per il quale può operare solo nei ristretti ambiti soggettivi e oggettivi, legislativamente consentiti, di “reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati” e di “riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione”. Tale preclusione discende, oltre che dal tenore letterale delle disposizioni, anche dall’esigenza di rispettare il divieto di attuare processi di mobilità fra la partecipata e l’Ente, al fine di evitare l’elusione dei vincoli alle assunzioni e del principio costituzionale del concorso pubblico.

Non va poi trascurato che la Corte costituzionale ha più volte censurato le leggi regionali che consentivano i meccanismi di reinternalizzazione attraverso il passaggio automatico dall’impiego privato (società partecipata) a quello pubblico (Ente territoriale), aggirando in tal modo l’art. 97 Cost. e, in particolare, la regola che condiziona l’acquisizione dello status di dipendente pubblico al previo esperimento di un pubblico concorso.  Al riguardo, la Corte costituzionale ha ritenuto che l’operazione di trasferimento avrebbe realizzato un’ipotesi di “inquadramento riservato senza concorso” anche nei casi in cui il personale dipendente da una società partecipata fosse stato assunto ab origine in seguito all’espletamento di una procedura selettiva equiparabile ad un concorso pubblico (cfr. Corte costituzionale, 1 luglio 2013, n. 167, e 16 luglio 2013, n. 227, nonché 30 gennaio 2015, n. 37). Vanno pure considerati i possibili riflessi  negativi sul rispetto -da parte degli enti territoriali- dei limiti alle facoltà assunzionali, delle norme sul patto di stabilità interno (art. 1, commi 557 ss., legge 27 dicembre 2006, n. 296) e sul saldo non negativo -in termini di competenza- tra le entrate finali e le spese finali ex articolo 1, comma 710, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), e, in generale, dei vigenti vincoli di finanza pubblica (es. dell’articolo 3, comma 5, del decreto legge n.90 del 2014; dell’art.4, comma 3, del decreto legge n. 78 del 19 giugno 2015; dell’art.1, comma 424, della legge n.190 del 2014).

Sono quindi ancora attuali gli orientamenti della Sezione delle Autonomie espressi nella deliberazione n. 9/2015/QMIG, ove si è affermato che: “Il richiamo alla presenza, nell’ordinamento (nazionale e comunitario), di diversi criteri di individuazione del c.d. settore pubblico allargato (perimetro che risulta mutevole nel tempo, come nel caso delle unità istituzionali inserite nell’elenco annuale predisposto dall’ISTAT), dimostra che la scelta di estendere le misure di “pubblicizzazione” deve essere rimessa al prudente apprezzamento del legislatore. Pertanto, il Collegio ritiene di stretta interpretazione le norme sulla mobilità del personale dipendente dalle società partecipate (e dalle aziende speciali)”.

In conclusione, fermo restando che è rimesso all’ente procedere all’interpretazione e all’applicazione della legge regionale n. 9 del 2010 anche per i profili attinenti alla gestione del personale, deve escludersi che l’utilizzazione da parte del Comune del personale assunto dalla S.R.R. possa avvenire mediante l’istituto del distacco o del comando disciplinati nell’ambito del pubblico impiego.

Il Collegio, invece, non può pronunciarsi sul merito della seconda parte del quesito, con il quale il Comune chiede se l’utilizzazione dei dipendenti della S.R.R. possa avvenire mediante altra forma giuridica. Il quesito sul punto è generico e ha una palese finalità esplorativa, poiché non solo non indica le disposizioni o gli istituti giuridici, di cui si chiede l’interpretazione, ma anche perché mira soprattutto ad una consulenza generale in ambito giuslavoristico, che esula delle caratteristiche e dalle finalità della funzione consultiva della Corte.

Nella parte preliminare si è già chiarito che il secondo e il terzo quesito sono inammissibili sia per effetto dell’inammissibilità della seconda parte del primo quesito sia in ragione della loro generica formulazione. Infatti, -come già precisato- la pronuncia sul merito richiederebbe da parte della Corte l’individuazione delle disposizioni astrattamente applicabili, la verifica della loro concreta applicabilità, l’analisi delle ricadute sul piano finanziario; la Sezione, dunque, fornirebbe una consulenza di tipo generale all’ente, che, peraltro, ha già previsto di utilizzare il personale della S.R.R., senza procedere preliminarmente alla qualificazione giuridica del rapporto che ne deriverebbe.

In ordine al quarto quesito, con il quale si chiede se il costo del personale della S.R.R. debba essere incluso nelle spese rilevanti ai fini del rispetto del parametro di cui all’art. 1, commi 557 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, va precisato che il Collegio non può pronunciarsi sulla legittimità dell’utilizzo di tale personale, trattandosi di scelta già compiuta dall’Amministrazione nel piano di intervento sui rifiuti, né sulla forma giuridica applicabile, che neppure è accennata nella richiesta di parere.

La Sezione, tuttavia, reputa opportuno rilevare che l’art. 1, comma 557 e seguenti, della legge n. 296 del 2006 impone in via generale un serio contenimento della spesa per il personale, della quale il comma 557 bis del medesimo art. 1 fornisce un’accezione molto estesa, prevedendo che:  “Ai fini dell'applicazione del comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente”. Il comma 557 quater, a sua volta, dispone che: “Ai fini dell'applicazione del comma 557, a decorrere dall'anno 2014 gli enti assicurano, nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, il contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

Da tali norme emerge l’ampiezza del concetto di “spese di personale”, atteso che il legislatore ha inteso conseguire gli obiettivi del contenimento e dell’accurata programmazione di tale spesa.

Per quanto attiene agli innumerevoli profili attinenti all’applicazione dei limiti posti dalle menzionate disposizioni, il Collegio non può non richiamare diverse deliberazioni della Sezione delle Autonomie, che l’ente dovrà attentamente considerare.

In particolare, con la deliberazione 16/2016/QMIG la Sezione delle Autonomie ha affermato i seguenti principi: “1. Alla luce della normativa introdotta dalla legge di stabilità 2016 e del nuovo sistema di armonizzazione contabile, deve confermarsi la vigenza e la cogenza delle disposizioni dettate dall’art. 1, comma 557 e ss., l. n. 296/2006, in materia di riduzione delle spese di personale.

2. Secondo la vigente disciplina in materia di contenimento della spesa del personale permane, a carico degli enti territoriali, l’obbligo di riduzione di cui all’art. 1, comma 557, l. n. 296/2006, secondo il parametro individuato dal comma 557-quater, da intendere in senso statico, con riferimento al triennio 2011-2013.

3. Con riferimento al parametro dell’art. 1, comma 557, lett. a), l. n. 296/2006, non è possibile, in mancanza di norme espresse, depurare il denominatore del rapporto spesa di personale/spesa corrente dalle spese di natura eccezionale o, comunque, non ricorrenti che siano dovute a scelte discrezionali degli enti.

4.  Il principio contabile di cui all’allegato n. 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, punto 5.2, disciplina compiutamente la corretta imputazione degli impegni per la spesa del personale per effetto del passaggio al nuovo sistema di armonizzazione contabile”

Nella deliberazione n. 27/2015/QMIG la Sezione delle Autonomie ha chiarito che: “Le disposizioni contenute nel comma 557 lett. a) della legge n. 296/2006, che impongono la riduzione dell’incidenza della spesa di personale rispetto al complesso delle spese correnti, devono considerarsi immediatamente cogenti alla stregua del parametro fissato dal comma 557 quater e la programmazione delle risorse umane deve essere orientata al rispetto dell’obiettivo di contenimento della spesa di personale ivi indicato”.

In definitiva, qualora l’ente riuscisse a individuare una forma giuridica consentita per l’utilizzo del personale della S.R.R., la spesa in questione dovrà essere comunque computata ai fini della verifica dei parametri posti dall’art. 1, comma 557 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, così come interpretati dalla Sezione delle Autonomie, tenuto conto del fatto che l’art. 1, comma 557 bis, della medesima legge finisce per includervi gli oneri per qualsiasi prestazione di collaborazione coordinata o per qualsiasi forma di somministrazione di personale per un ente locale.

                                                          

P.Q.M.

Nelle considerazioni sopra esposte è il parere della Sezione di controllo per la Regione siciliana.

Copia della presente deliberazione sarà inviata, a cura della Segreteria, all’Amministrazione richiedente, nonché all’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione pubblica – Dipartimento delle Autonomie locali.

Così deliberato a Palermo, nella camera di consiglio del 5 ottobre 2017

L’ESTENSORE                                 IL PRESIDENTE

 (Francesco Antonino Cancilla)         (Anna Luisa Carra)

 

Depositata in segreteria il 26 ottobre 2017

 

IL FUNZIONARIO RESPONSABILE

(Fabio Guiducci)

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