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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 6/12/2017 n. 348
Sulla sussistenza dell'obbligo di adottare i provvedimenti di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria in riferimento ad una società gerente una farmacia comunale, ai sensi dell'art. 1, c. 4, lett. a), d.lgs. 175/2016.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

                                                                                               Lombardia/348/2017/PAR

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO

PER LA LOMBARDIA

 

composta dai magistrati:

dott.ssa Simonetta Rosa                    Presidente

dott. Marcello Degni                          Consigliere

  dott. Luigi Burti                                 Consigliere

dott.ssa Laura De Rentiis                   Primo Referendario

dott. Donato Centrone                       Primo Referendario (relatore)

dott.ssa Rossana De Corato                Primo Referendario

dott. Paolo Bertozzi                           Primo Referendario

dott. Cristian Pettinari                        Referendario

dott. Giovanni Guida                          Referendario

dott.ssa Sara Molinaro                       Referendario

 

nella camera di consiglio del 21 novembre 2017

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo, modificata con le deliberazioni n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento previsto dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota del 31 ottobre 2017 con la quale il Comune di Val Masino (SO) ha richiesto un parere nell’ambito delle funzioni consultive attribuite alle Sezioni regionali di questa Corte;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per la camera di consiglio del 21 novembre 2017 per deliberare sulla richiesta di parere del Comune;

Udito il relatore, dott. Donato Centrone

Premesso che

Il Sindaco di Val Masino (SO), con nota del 31 ottobre 2017, ha formulato una richiesta di parere in materia di razionalizzazione delle partecipazioni societarie.

Il Comune, classificato come montano, ed avente popolazione pari a poco più di 900 abitanti, è titolare di una farmacia comunale, gestita mediante una società a responsabilità limitata. Quest’ultima è stata costituita nel 2007, quando il Comune, a seguito della chiusura dell’unica farmacia privata, ha ritenuto necessario esercitare il diritto di prelazione, scelta determinata dalla volontà di garantire alla popolazione, prevalentemente anziana, un servizio pubblico essenziale, tenuto conto che il collegamento con il fondovalle è spesso interrotto a causa di frane e, comunque, abbastanza difficoltoso. Il fatturato annuo oscilla fra i 300 ed i 350 mila euro, essendo il bacino d'utenza limitato alla popolazione residente, ad eccezione del periodo estivo, durante il quale il territorio è interessato da un discreto afflusso turistico. La società ha chiuso in perdita un solo esercizio, il 2008, a causa delle spese di investimento sostenute per l'avvio delle attività. In seguito, il bilancio è sempre stato chiuso in attivo. Il Comune evidenzia, altresì, il pubblico interesse del servizio offerto alla popolazione, tenuto conto delle caratteristiche del territorio (dal punto di vista geo-morfologico, il Comune si trova nella omonima valle alpina, ad un’altezza che va da 800 a circa 1.200 metri sul livello del mare, ed è collegato ai paesi del fondovalle da un'unica strada di montagna), del fatto che i residenti sono prevalentemente adulti ed anziani, e che la farmacia privata più vicina dista circa 18 chilometri ed il più vicino presidio ospedaliero circa 32 chilometri.

Alla luce di quanto esposto, il Sindaco istante pone due quesiti:

1)   con il primo, chiede se sussista l'obbligo di adottare i provvedimenti di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria in riferimento alla società gerente la farmacia comunale, alla luce di quanto disposto dall'art. 1, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 175 del 2016, in base al quale "Restano ferme: a) le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l'esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento dì una specifica missione di pubblico interesse".

2)   con il secondo, chiede se sussista l'obbligo per il Comune di adottare i provvedimenti indicati al comma 1 dell'art. 20 del d.lgs. 175 del 2016, tenuto conto del fatto che la società rientra in una delle categorie di cui all'articolo 4 (in particolare, di quelle indicate alla lett. a), “produzione di un servizio di interesse generale”), ancorché abbia conseguito, nell’ultimo triennio, un fatturato medio non superiore a euro 500.000.

In merito all’ammissibilità della richiesta

La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge n. 131 del 2003, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti. In relazione allo specifico quesito formulato dal Sindaco del Comune di Val Masino, il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva per l'attivazione di questa particolare forma di collaborazione, è ormai consolidato l'orientamento che vede, nel caso del comune, il Sindaco quale organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’Ente. Il presente presupposto sussiste nel quesito richiesto dal Sindaco del Comune di Val Masino, con nota del 31 ottobre 2017.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare come la disposizione, contenuta nel comma 8 dell’art. 7 della legge 131 del 2003, attribuisca agli enti locali la facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica. Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali. La Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 27 aprile 2004, ha fissato principi e modalità per l’esercizio dell’attività consultiva, modificati ed integrati con le successive delibere n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009, precisando che la funzione consultiva va ristretta alla materia della contabilità pubblica, quindi ai bilanci ed alle norme e principi che disciplinano la gestione finanziaria e del patrimonio. In seguito, le Sezioni riunite della Corte dei conti, con una pronuncia di coordinamento, emanata ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009 (delibera n. 54/CONTR/2010), hanno nuovamente definito, esprimendo principi vincolanti per le Sezioni regionali, l’ampiezza della funzione consultiva attribuita dalla legge. In particolare, è stato affermato “che non è da condividere qualsivoglia interpretazione dell’espressione “in materia di contabilità pubblica”, che, vanificando lo stesso limite posto dal legislatore, conduca al risultato di estendere l’attività consultiva in discorso a tutti i settori dell’azione amministrativa, in tal guisa realizzando, perdippiù, l’inaccettabile risultato di immettere questa Corte nei processi decisionali degli Enti territoriali. Ma soprattutto, che non “sono parimenti condivisibili linee interpretative che ricomprendano nel concetto di contabilità pubblica qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio”. I riferiti principi di diritto sono stati ripresi, dalle medesime Sezioni riunite, in successive pronunce (si rinvia, per esempio, alle deliberazioni n. 60/CONTR del 7 dicembre 2010 e n. 1/CONTR del 13 gennaio 2011), nonché dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione 3/QMIG del 19 febbraio 2014.

La richiesta di parere risulta, pertanto, ammissibile in quanto tesa ad ottenere un chiarimento interpretativo di carattere generale in ordine a due norme (gli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 175/2016), contenenti disposizioni di finanza pubblica imponenti un processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute da pubbliche amministrazioni. Tuttavia, il parere reso dalla Sezione deve limitarsi all’analisi complessiva delle disposizioni legislative, senza poter effettuare, in questa sede, un sindacato di legittimità sul provvedimento di revisione straordinaria e di razionalizzazione periodica, adottato e adottando dal Comune. Il testo unico sulle società pubbliche attribuisce, infatti, alla Corte dei conti specifica potestà di controllo successivo in materia, sia sul processo di razionalizzazione periodica (art. 20, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 175 del 2016) che su quello revisione straordinaria (l’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 175 del 2016 prescrive che il provvedimento di ricognizione vada inviato alla competente sezione della Corte dei conti “perché verifichi il puntuale adempimento degli obblighi di cui al presente articolo”). Si rinvia, pertanto, ogni valutazione circa l’aderenza del piano di revisione straordinaria delle partecipazioni societarie, nonché di razionalizzazione periodica, adottato in concreto dal Comune, al pertinente momento di controllo successivo prescritto dalla legge.

Considerato in diritto

I. L’art. 24 del d.lgs. n. 175 del 2016 ha posto a carico di tutte le amministrazioni pubbliche l’obbligo di effettuare una ricognizione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute, direttamente o indirettamente, finalizzata alla loro razionalizzazione. L’operazione, di natura straordinaria, costituisce la base della successiva revisione periodica delle ridette partecipazioni, prescritta dal medesimo art. 20 del testo unico. La revisione straordinaria costituisce, per gli enti locali (oltre che per regioni, università, camere di commercio e autorità portuali), un aggiornamento dell’analogo piano di razionalizzazione richiesto dall’art. 1, commi 611 e seguenti, della legge n. 190 del 2014. Il testo unico sulle società pubbliche prevede un articolato sistema di verifiche sugli esiti della ricognizione effettuata (da comunicare, fra gli altri, alla competente Sezione della Corte dei conti), oltre a dei meccanismi sanzionatori (art. 20, commi 1 e 3, e art. 24, comma 1).

L’art. 24 del d.lgs. n. 175 del 2016, in particolare, nel disciplinare il procedimento di revisione straordinaria prescrive che le partecipazioni detenute in società, sia direttamente che indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche, alla data di entrata in vigore del decreto, non riconducibili ad alcuna delle categorie elencate nel precedente articolo 4, commi 1, 2 e 3, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2 (esplicitanti i parametri ed i presupposti in base ai quali deliberare i piani di razionalizzazione periodica) vanno alienate o sono oggetto delle misure indicate all’articolo 20, comma 1 (“razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”).

A sua volta, l’art. 20 del d.lgs. n. 175/2016, imponente la razionalizzazione periodica, prescrive che, fermo restando quanto disposto dal citato articolo 24, comma 1, le amministrazioni pubbliche effettuino annualmente, con apposito provvedimento, un'analisi dell'assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti indicati al comma 2, un piano di riassetto, anche in questo caso finalizzato alla “razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”.

Entrambe le norme impongono, pertanto, di definire i presupposti in base ai quali programmare i provvedimenti da adottare in sede di revisione straordinaria e razionalizzazione periodica, e l’articolazione di questi ultimi, che saranno tuttavia esaminati, in questa sede, limitatamente ai profili di dubbio interpretativo palesati dal Comune istante (involgenti, per il primo quesito, l’eventuale incidenza, sugli obblighi esposti, della previsione contenuta nell’art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2016 e, per il secondo, il rapporto fra la ricorrenza di uno dei presupposti elencati nell’art. 20, comma 2, del testo unico con l’articolazione dei provvedimenti da adottare ai sensi dell’art. 24, comma 1, e 20, comma 1).

II. Con il primo quesito il Comune chiede se sussista l'obbligo di adottare i provvedimenti di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria in riferimento ad una società gerente una farmacia comunale, alla luce di quanto disposto dall'art. 1, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 175 del 2016, in base al quale "Restano ferme: a) le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l'esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento dì una specifica missione di pubblico interesse".

La disposizione da ultimo citata non sembra porre alcuna preclusione all’adozione dei provvedimenti di “razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”, richiesti dalla legge alla ricorrenza dei presupposti indicati dall’art. 24, comma 1, e 20, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016.

In particolare, per quanto interessa ai fini del dubbio interpretativo prospettato dal Comune istante, l’art. 24 del testo unico impone che il processo di revisione straordinaria investa le società non riconducibili ad alcuna delle categorie previste dal precedente art. 4, commi 1, 2 e 3. Si tratta dell’accertamento del requisito della stretta inerenza della partecipazione societaria alla missione istituzionale dell’ente pubblico socio (quale definita dalla legge) e della riconduzione dell’oggetto sociale ad una delle categorie elencate ai commi 2 e 3 dell’art. 4.

Un accertamento condotto sulla base di analoghi parametri va effettuato, anche se non espressamente previsto, in sede di approvazione dei piani di razionalizzazione periodica. Il legislatore, infatti, presuppone, che, in sede di revisione straordinaria, ex art. 24, gli enti pubblici provvedano a dismettere le società non riconducibili alle missioni istituzionali attribuite dalla legge agli enti pubblici. In seguito, compiuta tale forma di revisione straordinaria (che, per le società c.d. non inerenti, non può non condurre all’adozione di provvedimenti di alienazione/scioglimento), il legislatore ritiene fisiologicamente sufficiente, in sede di razionalizzazione periodica, l’analisi sulla base dei soli parametri indicati nell’art. 20, comma 2. Questo non esclude, tuttavia, che, anche in occasione dell’adozione dei ridetti piani periodici, ove l’amministrazione non abbia in precedenza valutato la mancata inerenza alle proprie finalità istituzionali o sia intervenuta una modifica legislativa, debba comunque valutare le azioni da adottare ai sensi dell’art. 20, comma 1, anche sulla base della ricorrenza dei presupposti indicati all’art. 4, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 175 del 2016.  

Nello specifico, l’art. 4 del d.lgs. n. 175 del 2016 dispone, al comma 1, che le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. La disposizione riprende quanto già prescritto dall’art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007 (che, di conseguenza, viene abrogato dall’art. 28, comma 1, lett. f, del testo unico). Per l’interpretazione di quest’ultima norma può farsi rinvio alle pregresse pronunce della magistratura contabile ed amministrativa (cfr., per esempio, SRC Lombardia, deliberazioni n. 387/2015/PAR e n. 72/2016/PAR), salvo segnalare che l’attuale art. 4 del TUSP, da un lato, estende la valutazione di stretta conformità alle finalità istituzionali dell’ente socio anche alle partecipazioni societarie indirette e, dall’altro, elide la duplice eccezione presente nella legge finanziaria per il 2008, che aveva ridotto il sindacato di inerenza alle sole società c.d. strumentali.

Al comma 2 dell’art. 4, inoltre, il TUSP specifica, in positivo, le categorie di società legittimamente costituibili o detenibili da enti pubblici. Queste ultime possono “esclusivamente” espletare le seguenti attività: a) produzione di un servizio di interesse generale, inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti strumentali; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra PA (art. 193 del d.lgs. n. 50 del 2016); c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un servizio d’interesse generale, attraverso un contratto di partenariato (art. 180 del d.lgs. n. 50/2016); d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni ; e) servizi di committenza, incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici. La norma riproduce le principali ipotesi di legittima detenzione di partecipazioni societarie già affermate nelle prassi e valorizzate dalla giurisprudenza. I successivi commi 6, 7 e 8 dell’art. 4 in esame ampliano, o meglio, specificano l’ambito di legittima esplicazione del potere di costituzione o acquisizione di società da parte di pubbliche amministrazioni (sul rapporto fra le disposizioni da ultimo citate e la clausola di carattere generale contenuta nel comma 1 dell’esposto art. 4 può farsi rinvio alla deliberazione della scrivente Sezione n. 201/2017/PAR).

 

Per quanto concerne l’applicazione della disciplina dettata in materia di razionalizzazione delle partecipazioni societarie a quelle eroganti servizi farmaceutici comunali, la scrivente Sezione, in numerosi precedenti (richiamati, in parte, nelle deliberazioni n. 86/2015/QMIG e n. 217/2015/PAR), ha ricordato come la pretesa specificità di quest’ultimo vada limitata alla disciplina delle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali (legge n. 475 del 1968 e legge n. 362 del 1991). Il preteso ancoramento ad esigenze specifiche, anche aventi un ancoramento costituzionale (art. 32 Cost.), non esime, invece, che la concreta gestione del servizio farmaceutico comunale osservi le regole di finanza pubblica, salve le eventuali eccezioni espressamente previste (può farsi riferimento alle precedenti deliberazioni della scrivente Sezione n. 447/2013/PAR, 449/2013/PAR e n. 489/2011/PAR). In particolare, nella deliberazione n. 403/2013/PAR (in conformità ad altri coevi pronunciamenti), la Sezione aveva affermato la sottoposizione delle società comunali gerenti farmacie all’abrogato art. 14, comma 32, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010 (che imponeva ai comuni di piccole e medie dimensioni demografiche la dismissione o la limitazione alla detenzione di societarie). Medesimo ragionamento interpretativo è stato fatto, mutatis mutandis, per gli obblighi discendenti dalla precedente normativa sui piani di razionalizzazione societaria (art. 1, commi 611 e seguenti, della legge di stabilità per il 2015), che faceva riferimento alla mera detenzione di partecipazioni, senza ulteriori precisazioni in ordine al servizio gestito (cfr. la deliberazione della scrivente Sezione n. 217/2015/PAR).

Le riferite conclusioni possono essere mantenute ferme anche con riferimento alle prescrizioni introdotte, in tema di revisione straordinaria e razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie, dagli artt. 24 e 20 del d.lgs. n. 175 del 2016. I due processi, infatti, come meglio precisato in sede di esame del secondo quesito, possono avere quale esito, non solo azioni di “soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione” (iniziative coerenti all’assenza di stretta inerenza alle missioni istituzionali dell’ente locale), ma anche di “fusione” o “razionalizzazione” (in particolare, dei costi di funzionamento). Queste ultime risultano congrue in presenza di partecipazioni societarie che, pur valutabili come “inerenti” (quali sono, ex lege, quelle che gestiscono servizi farmaceutici, cfr. art. 9, comma 1, della legge n. 475 del 1968, come sostituito dall’art. 10 della legge n. 362 del 1991), potrebbero necessitare di accorpamento con altre società o organismi gestionali esterni (o uffici interni) gerenti attività similari o riduzione dei costi interni di funzionamento.    

Tale quadro interpretativo non sembra poter essere inciso dalla disposizione contenuta nell’art. 1, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 175 del 2016. Quest’ultima precisa che restano ferme “le specifiche disposizioni, contenute in leggi o regolamenti governativi o ministeriali, che disciplinano società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituite per l'esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse”. La precisazione fa seguito alla clausola generale di salvaguardia, contenuta nel precedente comma 3 (“Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato”) e, ad integrazione di quest’ultima (che ricorda la valenza suppletiva delle ordinarie regole di diritto privato), si limita a mantenere ferma l’eventuale disciplina speciale prevista dal legislatore ai fini della costituzione e della gestione di predeterminate partecipazioni societarie, in assoluta prevalenza statali (come, per esempio, RAI spa, cfr. art. 49 e seguenti del d.lgs. n. 177 del 2005; Cassa Depositi e Prestiti spa, cfr. art. 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, Poste Italiane spa, cfr. decreto-legge n. 487 del 1993 convertito dalla legge n. 71 del 1994, etc. ).    

III. Con il secondo quesito, il Comune chiede se sussista l'obbligo di adottare i provvedimenti indicati al comma 1 dell'art. 20 del d.lgs. 175 del 2016, tenuto conto del fatto che la società gerente la farmacia locale rientra in una delle categorie di cui all'articolo 4 (in particolare, di quelle indicate alla lett. a), “produzione di un servizio di interesse generale”), ma non ha conseguito, nell’ultimo triennio, un fatturato medio superiore a euro 500.000.

Alla prima parte del quesito (sottoposizione ai provvedimenti di razionalizzazione anche delle società gerenti “un servizio di interesse generale”) è stata già fornita risposta positiva in sede di esame del primo dubbio interpretativo posto dal Comune istante.

Per quanto concerne l’inclusione nei processi di razionalizzazione delle società che abbiano conseguito, nell’ultimo triennio, un fatturato medio non superiore a euro 500.000, l’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016 (richiamato, ai fini della disciplina della revisione straordinaria, dall’art. 24, comma 1, del medesimo testo unico), prescrive che i piani di revisione debbano essere adottati ove l’amministrazione socia rilevi, fra gli altri: a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie, già esaminate, elencate dal precedente articolo 4; b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale, che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti; f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento; g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite dall’articolo 4.

L’art. 26, comma 12-quinquies, del d.lgs. n. 175 del 2016, inserito dal d.lgs. correttivo n. 100 del 2017, ha precisato che “ai fini dell'applicazione del criterio di cui all'articolo 20, comma 2, lettera d), il primo triennio rilevante è il triennio 2017-2019”. Nelle more, la disposizione transitoria applica l’inferiore soglia di fatturato medio di cinquecentomila euro, da valutare, con riferimento all’adozione dei piani di revisione straordinaria, al triennio 2013-2015 (ed ai trienni 2015-2017 e 2016-2018 ai fini dei piani di revisione periodica prescritti dall’art. 20).

Circa la valenza precettiva degli esposti parametri, in aderenza agli orientamenti giurisprudenziali maturati in sede di esame di quelli analoghi posti dall’art. 1, comma 611, della legge n. 190/2014 (può farsi rinvio, per esempio, alle deliberazioni della Corte dei conti, SRC Lombardia, n. 2, 7, 18, 24 e 25/2016), si può ritenere che la ricorrenza di uno solo di essi non obblighi, necessariamente, l’amministrazione pubblica socia all’adozione di provvedimenti di alienazione o scioglimento, ma imponga l’esplicitazione formale delle alternative azioni di razionalizzazione prescritte dalla legge, soggette a verifica entro l’anno successivo (cfr. art. 20, comma 4, nonché, sia pure, indirettamente, l’art. 24, comma 4, del testo unico). I parametri legislativi indicati nell’art. 20, comma 2, impongono, infatti, all’ente socio (“I piani di razionalizzazione…sono adottati ove…”) la necessaria adozione di un programma di revisione, il cui contenuto può consistere, come precisato dal precedente comma 1 del medesimo art. 20, in un “piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”. Di conseguenza, la ricorrenza dei parametri elencati dall’art. 20, comma 2, impone, in rapporto alla concreta situazione in cui versa l’ente socio (nonché delle relazioni con la società e con gli altri soci, pubblici o privati), l’adozione, alternativa e motivata, di provvedimenti di fusione (coerenti, per esempio, nel caso in cui siano rilevate, ai sensi delle lett. c) e g), “partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali”), di scioglimento o di cessione (in caso di partecipazioni non strettamente inerenti alle finalità istituzionali dell’ente, come imposto dall’art. 4, comma 1, del decreto, o di impraticabilità, in presenza di uno o più parametri di criticità, di provvedimenti alternativi) o, infine, di differente “razionalizzazione” (come potrebbe accadere nel caso in cui ricorrano uno o più parametri indicati alle lett. b), d), e) ed f) del comma 2 dell’art. 20).

Per quanto riguarda, nello specifico, il servizio farmaceutico comunale, pare opportuno ricordare che l’art. 9 della legge n. 475 del 1968 dispone che la gestione possa avvenire, oltre che “a mezzo di società di capitali”, anche “in economia”, “a mezzo di azienda speciale” e “a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari”. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 5587/2014), seguita in seguito anche dalla scrivente Sezione regionale di controllo (cfr., per esempio, deliberazioni n. 26/2016/VSG e n. 140/2016/VSG), ha ammesso l’affidamento a terzi mediante concessione preceduta da gare ad evidenza pubblica.

P.Q.M.

nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione regionale di controllo.

 

                    Il magistrato relatore                                                 Il presidente

    (dott. Donato Centrone)                              (dott.ssa Simonetta Rosa)

 

Depositata in segreteria

il 6 dicembre 2017

Il direttore della segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)

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