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Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Siciliana, 24/1/2018 n. 50
L'assunzione illegittima nella Pa per la mancanza delle qualifiche e dei titoli previsti obbliga il dipendente pubblico a restituire gli stipendi indebitamente percepiti.

Materia: azienda / cessione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai seguenti magistrati:

Luciana Savagnone - Presidente

Giuseppe Colavecchio - giudice

Adriana Parlato - giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 50/2018

nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 64098 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di Galizia Silvio, nato a Scicli il 24 giugno 1967, elettivamente domiciliato a Palermo, presso lo studio dell’avvocato Luigi Piccione che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine della memoria di costituzione trasmessa tramite posta certificata il 23 agosto 2017;

Esaminati gli atti e documenti di causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 13 settembre 2017, il relatore, dott.ssa Adriana Parlato, il Pubblico Ministero, nella persona della dott.ssa Licia Centro e, per il convenuto, l’avvocato Luigi Piccione;

 

FATTO

Il Commissario Straordinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, con note n. 1055/C.S. del 1° luglio 2013 e n. 15632 19 luglio 2017, informava il Procuratore contabile di un’ipotesi di danno erariale corrispondente agli emolumenti versati al dott. Galizia, già collaboratore amministrativo cat. D. presso l’azienda ospedaliera Civile – M.P. Arezzo di Ragusa, successivamente confluita nell’A.s.p. di Ragusa, asseritamente assunto in assenza dei titoli che ne avrebbero legittimato la mobilità da altro ente; trasmetteva, in allegato, la propria deliberazione n. 909 del 18 aprile 2013 di annullamento in autotutela del provvedimento che aveva accolto l’istanza di mobilità intercompartimentale dallo stesso proposta in qualità di Segretario Direttore dell’Azienda Socio Sanitaria di Assistenza alla Persona “Pietro Di Lorenzo Busacca” di Scicli, con conseguente risoluzione senza preavviso ex art. 14 del CCNL 1994-1997 del rapporto di lavoro, e una tabella riepilogativa dei costi sostenuti dall’azienda per retribuire l’interessato nel periodo fra il 1° agosto 2009 e il 23 aprile 2013, pari a euro 131.580,35; il denunciante faceva pervenire, inoltre, documentazione relativa al processo penale attinente la vicenda in oggetto in cui l’interessato, unitamente ad altri soggetti, era coinvolto.

Nelle premesse dell’atto di autotutela sopra indicato venivano ricostruiti i diversi passaggi in cui si era articolata la vicenda, di seguito illustrati.

Il Galizia aveva prestato servizio quale dipendente a tempo determinato presso gli assessorati regionali della famiglia e dei lavori pubblici; aveva anche prestato la propria attività professionale presso l’Azienda Socio Sanitaria di “Busacca”, partecipando, con esito favorevole, ad una procedura di selezione di progressione verticale, conseguente a una precedente rimodulazione ampliativa della pianta organica, indetta dallo stesso ente ai sensi dell’art. 119 del proprio regolamento interno; in seguito, grazie all’inquadramento ottenuto, era transitato, mediante una procedura di mobilità intercompartimentale, nei ruoli dell’azienda ospedaliera Civile M.P. Arezzo di Ragusa, con cui, in data 14 luglio 2009, aveva stipulato un contratto individuale di lavoro.

L’azienda, con nota del 9 gennaio 2013, chiedeva al dipendente, imputato presso Tribunale Penale di Ragusa nel procedimento n. 1411/2007 R.G.N.R. – 131/08 R.G.., relativo ad un’ipotesi di reato riguardante l’assunzione a tempo indeterminato presso l’amministrazione di provenienza, di fornire chiarimenti in ordine al reclutamento presso l’ente di assistenza, presupposto per la partecipazione alla procedura di mobilità che lo aveva fatto approdare nei ruoli dell’ente ospedaliero; veniva, al contempo, avviata un’indagine interna, in esito alla quale la direzione amministrativa del personale giungeva alle conclusioni compendiate nella relazione n. 849 del 13 febbraio 2013 e, cioè, che il Galizia non avrebbe potuto partecipare alla selezione interna indetta dall’A.S.S.A.P. di Scicli poiché non rientrava fra il personale a tempo indeterminato impiegato presso quell’ente, evidenziando pure che il Galizia aveva partecipato alla progressione dichiarando di essere in servizio dal 1 aprile 2005 ai sensi dell’art. 31 della legge 6972/1890, norma già all’epoca non più vigore.

Da ciò conseguiva l’adozione da parte del Commissario Straordinario dell’A.s.p. della menzionata delibera n. 909 del 18 aprile, di risoluzione senza preavviso del rapporto di lavoro intrattenuto con il convenuto.

Il P.M., ricevuta la superiore notizia di danno, acquisiva copia della pronuncia che aveva definito il primo grado del procedimento penale cui era stato sottoposto il Galizia con la condanna di quest’ultimo per il delitto di cui all’art. 323 c.p., per aver concorso con altri, nell’esecuzione di un unitario disegno criminoso, all’adozione una serie di atti ad hoc (il regolamento interno dell’Opera Pia Pietro Busacca; il piano del fabbisogno di personale, il provvedimento d’indizione della selezione interna e l’approvazione della relativa graduatoria, il superamento del periodo di prova, l’autorizzazione alla mobilità), tutti diretti al fine di creare una parvenza di legittimità alla sua indebita assunzione a tempo indeterminato, a sua volta rivolta alla partecipazione al procedimento di mobilità e all’assunzione presso l’azienda ospedaliera di Ragusa; interveniva, in seguito, la decisione della Corte d’Appello di Catania n. 1604/2016 del 5 maggio 2016, che dichiarava estinto il reato per prescrizione ma che, nella sostanza, in merito allo svolgimento dei fatti, accoglieva la ricostruzione del giudice di prime cure, confermando la condanna del Galizia al pagamento di un provvisionale determinata in 5.000 euro, per aver leso il buon andamento e la trasparenza delle P.A., salvo la liquidazione in separata sede civile dell’intero danno da risarcire.

Il procuratore, in data 18 ottobre 2016, ritenendo che il quadro probatorio acquisito fosse idoneo a supportare l’ipotesi accusatoria, notificava all’interessato un atto d’invito a dedurre; non considerando idonee a superare le contestazioni preliminari le deduzioni difensive depositate dal presunto responsabile il 28 novembre 2016, lo conveniva in giudizio, con atto di citazione ritualmente notificato, al fine di sentirlo condannare al pagamento di euro 131.580,35, somma corrispondente alla retribuzione versatagli dall’A.s.p., a fronte di un’assunzione in servizio cui non avrebbe avuto diritto e costituente, quindi, danno erariale.

Il convenuto si costituiva il 23 agosto 2017, con il patrocinio dell’avvocato Piccione e, in primo luogo, lamentava che l'azienda sanitaria presunta danneggiata, licenziandolo, avesse censurato, senza averne il potere, un provvedimento, quello riguardante il proprio inquadramento presso l’A.S.S.A.P., proveniente da un'altra amministrazione; rilevava, inoltre, che la questione della legittimità della risoluzione del proprio rapporto con l’A.s.p. era ancora sub judice, atteso che le valutazioni sul punto contenute nelle decisioni dei giudici penali avevano valenza solo incidentale poiché il G.O. poteva solo disapplicare gli atti e non annullarli; osservava, ancora, che il danno accertato in sede penale avrebbe riguardato il vulnus alla trasparenza e all'efficienza dell’amministrazione e non gli emolumenti percepiti, oggetto della richiesta risarcitoria avanzata nel presente giudizio; affermava, di seguito, che da ciò avrebbe dovuto desumersi l’inesistenza di altre poste di danno da risarcirsi in favore dell’A.s.p., costituitasi parte civile, rispetto a quello individuato dal giudice penale, e, di conseguenza, l’azione della procura sarebbe stata connotata da un’inammissibile valenza sanzionatoria; sosteneva anche che, dato che le retribuzioni contestate gli erano state corrisposte a fronte dell’esercizio di attività lavorativa effettivamente svolta, con impegno, perizia e diligenza, per la quale era in possesso dei requisiti professionali richiesti ed a fronte della quale il datore di lavoro aveva tratto il correlativo vantaggio, si doveva, quanto meno, applicare il meccanismo della compensatio lucri cum damno; chiedeva, in via gradata, che dal calcolo dell’eventuale danno fossero escluse le trattenute previdenziali e fiscali; eccepiva, in via ancora gradata, la prescrizione dell’intera pretesa attorea, ovvero, in ulteriore subordine, della quota afferente le mensilità retributive erogate prima del quinquennio antecedente la data di notifica dell'invito a dedurre, effettuata il 18 ottobre 2016, negando che il dies a quo potesse essere spostato in avanti, dato che l’amministrazione si era costituita nel giudizio penale istaurato prima ancora della sua assunzione presso l’A.s.p.

Il 5 settembre il P.M. depositava documentazione riguardante il processo penale cui si è fatto sopra riferimento.

All’udienza del 13 settembre 2017 il rappresentante della procura e il difensore del convenuto confermavano la richiesta formulate nei precedenti scritti difensivi.

Considerato in

DIRITTO

1. L’odierno giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero, concernente un’ipotesi di danno asseritamente patito dall’A.s.p. di Ragusa, pari alle retribuzioni corrisposte all’odierno convenuto, cui sono state contestate condotte dolose mirate ad ottenere, simulando un’apparente regolarità delle procedure propedeutiche all’istaurazione del rapporto di lavoro, un’illegittima assunzione a tempo determinato.

2. Prima di valutare il merito della controversia occorre soffermarsi sulle eccezioni preliminari di rito e di merito prospettate dal convenuto.

a. Il Galizia ha ritenuto insussistente il presupposto fondante la propria eventuale responsabilità, sostenendo l’illegittimità della risoluzione del rapporto con l’azienda ospedaliera.

Tale provvedimento, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato adottato in carenza di potere, poiché rivolto alla caducazione dei provvedimenti d’inquadramento, prodromici alla contestata assunzione, provenienti dall’ente assistenziale, mentre, invece, il potere di autotutela dovrebbe riguardare atti promananti dalla medesima amministrazione che lo esercita; inoltre, il convenuto ha rilevato che il giudice penale, conoscendoli solo incidentalmente, aveva disapplicato i provvedimenti in questione senza poterli annullare; infine, pur senza sollevare esplicitamente la questione di difetto di giurisdizione, ha evidenziato che la controversia relativa al proprio licenziamento era ancora pendente davanti al giudice del lavoro.

Al riguardo si rassegnano le seguenti considerazioni.

In primo luogo, lo scrutinio della legittimità dei provvedimenti non interessa di per sé il presente giudizio, che ha, invece, a oggetto la ricorrenza o meno dei presupposti necessari a configurare in capo al convenuto la responsabilità amministrativa in relazione alla condotta dolosa addebitatagli dal pubblico ministero, consistente nella messa in atto di un meccanismo fraudolento volto a garantirgli un’indebita assunzione presso una pubblica amministrazione e la connessa percezione della relativa retribuzione; in secondo luogo, il parallelo svolgimento di un processo innanzi al giudice del lavoro non influisce sul procedimento in atto, stante la diversità dei giudizi e la loro reciproca autonomia; infine, non vi è dubbio che sia il giudice contabile a dover conoscere della contestazione rivolta ad un pubblico dipendente di aver provocato un danno erariale.

 b. Il convenuto ha eccepito anche la prescrizione del danno, ancorando il relativo dies a quo alle date dei singoli pagamenti ed evidenziando che l’amministrazione, costituitasi parte civile nel procedimento penale, doveva necessariamente essere a conoscenza di tutti i fatti contestati; in subordine ha chiesto di dichiarare prescritti gli emolumenti percepiti nel quinquennio anteriore la notifica dell’invito a dedurre.

L’eccezione non merita accoglimento, neppure nel più ristretto ambito con cui è stata proposta in via gradata.

Proprio la costituzione di parte civile, infatti, vale a interrompere il decorso del termine prescrizionale fino alla conclusione del processo penale, definito, nel caso in esame, con la pronuncia d’intervenuta prescrizione dichiarata dalla Corte d’Appello di Catania con sentenza del 5 maggio 2016: nessuna delle mensilità retributiva di cui si compone il danno, di conseguenza, si è prescritta. (cfr. ex pluribus la sentenza di questa Sezione n. 466/2015; deve anche rammentarsi che l’art. 2 delle norme transitorie allegate al nuovo Codice di Giustizia Contabile, nell’individuare la data di entrata in vigore di talune disposizioni, fra cui l’art. 66 contenente la nuova disciplina degli atti interruttivi della prescrizione, garantisce comunque la salvezza dell’efficacia degli atti già compiuti sotto il precedente regime).

3. Nel merito, si osserva che data l’intervenuta prescrizione dei reati commessi attraverso le medesime condotte asseritamente foriere di danno erariale non si è in presenza di un giudicato penale di condanna che, ai sensi dell’articolo 651 del codice di procedura penale, faccia stato nel giudizio contabile; tuttavia, il materiale probatorio sottoposto alla cognizione del giudice penale e le stesse pronunce dallo stesso adottate possono essere liberamente apprezzate dal Collegio al fine di valutare la fondatezza della pretesa attorea.

L’esame dell’intero compendio documentale posto a sostegno della citazione conduce al convincimento che la stessa sia fondata, sia nell’an che nel quantum.

a.1. Sotto il primo profilo, anche alla luce delle numerose testimonianze raccolte nel processo penale, possono considerarsi provate le condotte del convenuto, cui è riconducibile la paternità, in accordo con i soggetti che li avevano formalmente emanati, dei provvedimenti culminati nella superamento della progressione verticale e nell’inquadramento superiore di conseguenza ottenuto (cfr. il capo d’imputazione rivolto al Galizia e le pagine 7 e seguenti della richiamata sentenza di primo grado che accolgono pienamente la tesi accusatoria; vd., inoltre, 18 e 21 e ss della pronuncia d’appello).

Si fa riferimento all’approvazione del regolamento e dell’ordinamento dei servizi dell’ente e relativa nuova pianta organica, in cui era inclusa la figura professionale poi ricoperta dal Galizia, adottata mediante delibera n. 93 del 23 dicembre 2005; all’approvazione del relativo piano triennale del fabbisogno di personale di cui alla delibera n. 26 del 23 febbraio 2006; alla selezione, per soli titoli, per i posti in questione, rivolto al personale “che abbia prestato servizio a qualsiasi titolo presso l’ente e che abbia svolto le mansioni del posto messo a selezione”; alla nomina della commissione esaminatrice con delibera n. 29 del 2 marzo 2006 e all’approvazione delle relative graduatorie con delibera 51 del 17 marzo 2006; alla stipula dei successivi contratti individuali di lavoro, all’attestazione del superamento del periodo di prova e al nulla osta alla richiesta di mobilità volontaria inoltrata dai tre soggetti vincitori della selezione.

Numerosi elementi inducono a ritenere che la pluralità di atti indicata sia stata un mezzo preordinatamente rivolto al conseguimento di un beneficio non spettante, consistente in uno stabile rapporto impiegatizio, ottenuto, dal Galizia e da altri correi senza averne titolo.

Una prima osservazione riguarda la modifica della pianta organica: la relativa delibera è stata giustificata con l’urgente esigenza di dotare l’ente dei profili professionali indispensabili al suo funzionamento; tale motivazione, in realtà, appare pretestuosa ed è contraddetta dalla concessione dell’autorizzazione alla mobilità rilasciata, dopo breve tempo, a tutti e tre i vincitori della procedura.

In secondo luogo, il convenuto non avrebbe potuto partecipare con esito favorevole alla selezione, successivamente bandita, per cui furono presentate solo le tre domande proposte dai vincitori: la stessa, infatti, fu indetta ai sensi dell’art. 119 del regolamento interno approvato con la delibera n. 93 del 23 dicembre 2005, riguardante le progressioni verticali, definite come il “passaggio del dipendente alla categoria immediatamente superiore, previo il superamento di apposite procedure selettive”, ed il Galizia non era un dipendente dell’ente, ma vi aveva solo prestato la propria opera in via di fatto.

Tale circostanza è incontrovertibile: questi, infatti, nel medesimo periodo (dal 1° marzo 2005 al 4 marzo 2006) in cui, nella domanda di partecipazione, aveva dichiarato di aver prestato servizio presso l’A.S.S.A.P., era stato impiegato a tempo determinato presso l’assessorato regionale della famiglia (dal 1° ottobre 2004 fino al 31 ottobre 2005 e dall’8 novembre 2005 fino al marzo 2006).

Non è neppure efficace la difesa avanzata dal Galizia e da altri imputati coinvolti nel processo penale, secondo cui lo stesso avrebbe dovuto considerarsi assunto sulla base dell’art. 31 della legge 6972/1890 (c.d. legge Crispi) il quale prevedeva che “le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza hanno facolta`… di valersi dell'opera degli impiegati del Comune, ovvero degli impiegati dipendenti da altre istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza”, poiché la disposizione riportata, alla data del 1° marzo 2005, epoca della presunta assunzione, non era più in vigore, dal momento che l’art. 30 della legge 328/2000, recante la “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato dei servizi sociali”, ha disposto l’abrogazione della “legge Crispi” dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di riordino, da emanarsi ai sensi del precedente articolo 10 e che, in seguito, il decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, avente a oggetto il "Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell'articolo 10 della legge 8 novembre 1000 n. 328", all’art.21, ha riaffermato l'abrogazione della legge n.6972/1890 alla data di entrata in vigore del decreto stesso; infine, la norma, comunque, sarebbe stata insuscettibile di applicazione al caso di specie, anche a volere ammettere un’ultrattività della stessa: al riguardo, è, infatti, sufficiente osservare che, se per un verso è vero che ai sensi dell’art. 21 da ultimo citato, “nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni, ad esse seguitano ad applicarsi le disposizioni previgenti, in quanto non contrastanti con i principi della libertà dell'assistenza, con i principi della legge e con le disposizioni del presente decreto legislativo", per altro verso è pur vero che ciò avrebbe consentito, ai sensi dell’art. 31 della legge Crispi. di valersi dell’opera degli impiegati dipendenti dal Comune ovvero degli impiegati dipendenti da altre istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, qualifiche che non sono mai state rivestite dal convenuto, che era un impiegato regionale a tempo determinato.

In definitiva, in sostanza, non si trattò di una progressione ma dell’illegittima stabilizzazione di un soggetto che non era mai era stato assunto, in assenza del superamento di un pubblico concorso, necessario secondo la regola generale recata dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione, di cui l’art. 49 della legge regionale n. 15/2004, costituisce mera esplicazione, prevedendo l’espletamento del concorso per i posti per i quali è richiesta la sola scuola dell’obbligo e rinviando alla legge regionale n. 12/91 che stabilisce l’identica disciplina per i posti per la cui copertura i candidati devono essere in possesso di un titolo di studio superiore.

Tale illegittimità non può dirsi sanata dalla formulazione del bando (aff. 85) che all’art. 3 richiedeva “l’aver prestato servizio a qualsiasi titolo presso l’Ente”, poiché tale enunciazione, contenuta in un atto la cui redazione è stata pure ispirata dal convenuto (cfr. pag. 10 e seguenti della sentenza di primo grado) appare, anzi, dolosamente preordinata a consentirgli di godere di un’illegittima stabilizzazione, laddove lo stesso, invece, non avrebbe mai potuto aspirare ad una progressione verticale, non essendo affatto un dipendente della A.S.S.A.P.

Tutti i provvedimenti sopra esaminati non portano la firma del Galizia, tuttavia, secondo quanto dichiarato dai testi condivisibilmente ritenuti attendibili dai collegi penali di primo e secondo grado, di tali atti egli fu il coautore e l’ispiratore; lo stesso Galizia, invece, sottoscrisse personalmente, in aperto conflitto di interessi, sia il superamento del proprio periodo di prova, fra l’altro prima dello spirare dei sei mesi previsto dall’art. 14 bis del CCNL del 6 luglio 1995, sia il nulla osta alla mobilità, contraddicendo, come già osservato, la manifestata esigenza di acquisire nuove figure indispensabili al funzionamento dell’ente che aveva giustificato l’indizione della selezione.

a.2 Le condotte descritte furono realizzate dal responsabile con l’evidente intento, dolosamente perseguito, di procurarsi un vantaggio non spettante: appare quindi, con tutta evidenza, la sussistenza dell’elemento psicologico necessario a configurare la responsabilità amministrativa dell’odierno convenuto.

a.3. Infine, il comportamento del convenuto ha consentito di creare l’apparenza di una legittima assunzione a tempo indeterminato nella qualifica di Segretario Direttore D3, presupposto per la mobilità presso l’azienda ospedaliera e per l’erogazione da parte della stessa della retribuzione, integrante un danno erariale a causa della mancanza dei titoli necessari all’assunzione: si ravvisa, quindi, il prescritto nesso causale fra la condotta contestata e il danno.

b. L’azione del P.M. è pienamente fondata anche riguardo al quantum della pretesa erariale, riguardante tutte le somme versate dall’azienda danneggiata, quindi anche le ritenute previdenziali e fiscali.

b. 1. La tesi per cui il convenuto dovrebbe essere chiamato a rifondere solo gli importi netti ricevuti, prospettata dalla difesa del convenuto, non merita accoglimento: costituisce danno erariale, infatti, ogni somma versata dall’amministrazione danneggiata in conseguenza dell’azione illecita del responsabile, a prescindere dall’eventuale arricchimento di quest’ultimo (cfr., ex pluribus, la sentenza n. 108/2017, che sottolinea come il danno corrisponda alla misura di ciò che è stato versato dall’amministrazione in conseguenza dell’illecito, a prescindere dall’eventuale arricchimento del responsabile)

b.2 Appare preclusa anche l’operatività del meccanismo della compensatio lucri cum damno, pure auspicata dalla difesa del Galizia.

Lo stesso, da una parte, ha affermato di essere qualificato per svolgere le mansioni corrispondenti alle mansioni assegnategli dall’azienda ospedaliera; dall’altra, invece, ha invocato l’applicazione di un principio giurisprudenziale riguardante la compensazione fra il danno e l’utilità delle prestazioni, elaborato, però, in riferimento ad attività ma fungibili, di carattere materiale, rese da soggetti inquadrati in qualifiche non elevate.

Al riguardo il Collegio osserva che le mansioni svolte, corrispondenti alla categoria D3, in effetti, richiedevano qualifiche e titoli, di cui il Galizia, però, non era in possesso, con la conseguenza che non può farsi luogo alla richiesta compensazione fra le utilità di cui si sarebbe giovata l’amministrazione e le perdite dalla stessa subite (cfr. la sentenza di questa Sezione n. 55/2014, che distingue le due diverse ipotesi di prestazioni fungibili e di elevato profilo professionale).

b. 3. Da ultimo si osserva che la provvisionale di 5.000,00 euro che il Galizia è stato condannato a pagare in favore dell’amministrazione dal giudice penale di primo grado, con statuizione confermata dai giudici d’appello, non esclude la risarcibilità dell’intero pregiudizio patito dall’ente, ma copre, solo in parte, il danno patrimoniale, morale e all’immagine dell’amministrazione, facendo espressamente salvo l’integrale risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede (civile, secondo quanto affermato dal G.P. ma, in realtà, contabile).

Il pagamento della provvisionale non influisce, quindi, sull’azionabilità della pretesa concernente il pagamento dei salari.

4. In conclusione, ritenuta meritevole d’integrale accoglimento la domanda formulata dal Pubblico ministero, il signor Galizia, riconosciuto responsabile del danno provocato all’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, è condannato a pagare a favore del medesimo ente la somma di 131.580,35 euro, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria dalla data degli accrediti stipendiali fino al deposito della sentenza e degli interessi legali, dal deposito della presente sentenza al soddisfo

5. Le spese di causa seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore dello Stato, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando nel giudizio di responsabilità n. 64098, accogliendo la domanda del procuratore, condanna il signor Galizia Silvio al pagamento in favore dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa della somma di €.131.580,35 euro, da maggiorarsi della rivalutazione monetaria, dalla data degli accrediti stipendiali fino al deposito della sentenza e degli interessi legali, dal deposito della presente sentenza al soddisfo, oltre al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giustizia, liquidate in euro 220,42 (euro duecentoventi/42).

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 13 settembre 2017.

 

L'estensore                                                                          Il Presidente

 

F.to Adriana Parlato                                                    F.to Luciana Savagnone

 

Depositata oggi in segreteria nei modi di legge.

 

Palermo, 24 gennaio 2018

 

 Il Direttore della Segreteria

 

F.to dott.ssa Rita Casamichele

 

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