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TAR Lazio, Sez. III, 12/7/2018 n. 7778
Sulla rimessione alla Corte di giustizia dell'Ue delle questioni circa la qualificazione giuridica di Poste Italiane s.p.a. e di Poste Tutela s.p.a. e sull'estensione dell'obbligo di svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica

Sono rimesse alla Corte di giustizia Ue le questioni: 1) se la società Poste Italiane s.p.a. debba essere qualificata "organismo di diritto pubblico", ai sensi dell'art 3, comma 1, lett. d), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);
2) se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, Poste Tutela s.p.a., peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche controllate;
3) se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l'aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l'attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale - e regole esclusivamente privatistiche - per l'attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16;
4) se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece - ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico - soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti - in via evolutiva rispetto all'originaria istituzione - attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza;
5) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest'ultimo estranee, il concetto di strumentalità - rispetto al servizio di specifico interesse pubblico - possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi;
6) se infine, ove la prospettazione di Poste Italiane s.p.a. fosse ritenuta condivisibile, debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo - non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti - l'indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea.

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 12/07/2018

N. 07778/2018 REG.PROV.COLL.

N. 09156/2017 REG.RIC.           

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REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 9156 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da


Società Pegaso S.R.L Servizi Fiduciari, Società Sistemi di Sicurezza S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Antonio Scuderi, con domicilio eletto presso lo studio Benedetta Scuderi in Roma, via G. Benzoni 16, Scala D, Int. 7;


Antonio Scuderi non costituito in giudizio;


contro

Poste Tutela S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Salvatore Napolitano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Trieste 16; 

nei confronti

Poste Italiane S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Napolitano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Trieste 16; 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Services Group, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi Srl in Roma, via Cosseria n. 2, rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del bando di gara Poste Tutela S.p.A., pubblicato in G.U.R.I. 5° serie speciale – contratti pubblici n. 87 del 31.7.17, con il quale la predetta società ha indetto procedura aperta per l'istituzione di accordi quadro aventi ad oggetto il servizio di portierato, reception e presidio varchi per le sedi di Poste Italiane s.p.a. e di società del Gruppo suddivisa in 7 lotti cumulabili;

- del relativo capitolato speciale d'oneri in uno a tutti gli allegati;

- dei provvedimenti di rettifica dei modelli C OE;

- dei modelli C OE rettificati e di tutti gli altri atti di gara;

- della nota della società pubblicata sul sito postprocurament con cui sono stati indicati i nuovi valori complessivi dell'appalto;

- dell'avviso di proroga pubblicato sulla GURI n. 109 del 20.09.2017;

- degli avvisi di rettifica e proroga pubblicati sulle GUUE del 22.9.2017 e del 26.9.2017;

- di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, tra cui l'eventuale provvedimento con cui è stata indetta la gara ed anche i chiarimenti resi ai quesiti proposti dagli operatori, pubblicati sul sito il 13 settembre;

per quanto riguarda i motivi aggiunti, presentati dalla società Pegaso s.r.l. Servizi Fiduciari il 5\12\2017 :

- del provvedimento di Poste Tutela S.p.A. pubblicato in G.U.R.I., 5° serie speciale – contratti pubblici n. 125 del 27.10.17 e sulla GU/S S207 del 27.10.2017 (428998-2017-IT), con il quale la predetta società ha prorogato i termini per il ricevimento delle offerte o delle domande di partecipazione per l'istituzione di accordi quadro, aventi ad oggetto il servizio di portierato, reception e presidio varchi per le sedi di Poste Italiane s.p.a. e di società del Gruppo suddivisa in 7 lotti cumulabili;

- di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Poste Tutela S.p.A. e di Poste Italiane S.p.A.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2018 la dott.ssa Gabriella De Michele e uditi per le parti l'Avv. A. Scuderi (anche in sostituzione dell'Avv. L. Lentini) e l'Avv. M. De Cilla in sostituzione dell'Avv. S. Napolitano;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso n. 9156/17, notificato il 28 settembre 2017 e depositato il giorno successivo, la società Pegaso s.r.l. Servizi Fiduciari impugnava il bando di gara – e relativa documentazione allegata – emesso da Poste Tutela s.p.a. e pubblicato in G.U.R.I. (5^ serie speciale – contratti pubblici) n. 87 del 31 luglio 2017, per l’istituzione di accordi quadro, aventi ad oggetto il servizio di portierato, reception e presidio varchi per le sedi di Poste italiane s.p.a. e di società del gruppo, con suddivisione in sette lotti cumulabili – per la durata di 24 mesi (oltre 12 in caso di rinnovo) – per un importo complessivo stimato di €. 25.253.242,00.

In presenza di censure ritenute, ad un primo esame, non prive di profili di fondatezza, con particolare riguardo ad “alcune ambiguità della lex specialis, ostative alla formulazione di un’offerta seria e consapevole, da parte delle imprese interessate”, la procedura di gara contestata veniva sospesa con ordinanza cautelare n. 5507/2017, pubblicata il 20 ottobre 2017. Con successivi motivi aggiunti di gravame, presentati il 5 dicembre 2017, la medesima società Pegaso impugnava quindi il provvedimento di Poste Tutela s.p.a., pubblicato in G.U.R.I., 5^ serie speciale – contratti pubblici, n. 125 del 27 ottobre 2017, con la quale venivano prorogati i termini per la presentazione delle offerte, relative alla medesima gara oggetto del bando sopra specificao, in quanto non compatibili con i tempi di deposito della decisione di merito, da assumere sulla procedura già sospesa. Anche all’atto di proroga in questione, con ordinanza n. 246, pubblicata il 17 gennaio 2018, erano quindi estesi gli effetti della sospensione cautelare.

Alle tesi difensive della società ricorrente aderiva – con intervento ad adiuvandum – la società Services Group s.r.l., mentre si costituivano come parti resistenti la società Poste Tutela s.p.a. e Poste Italiane s.p.a., entrambe con uguale prospettazione, in via pregiudiziale, di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata avviata la procedura di gara di cui trattasi da un’impresa pubblica, ai sensi dell’art. 3, comma 1. Lettera t) del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici), per servizi estranei a quelli ricompresi nei settori speciali (articoli 114 e seguenti del Codice e segnatamente, per i servizi postali, art. 120). Poste tutela s.p.a., in particolare, rappresentava di essere controllata al 100% da Poste Italiane s.p.a., avente a sua volta natura di impresa pubblica, con capitale sociale detenuto per una quota pari al. 29,26% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la restante quota da investitori privati.

In conformità a tale natura giuridica, la medesima società sarebbe stata soggetta alla disciplina del d.lgs. n. 50 solo quando operante nel perimetro dei settori speciali e non anche per un servizio, come quello da affidare nel caso di specie, destinato agli uffici amministrativi e direzionali, prevalentemente dedicati alle operazioni finanziarie e solo in via residuale utilizzati in maniera promiscua; in tale contesto, per l’affidamento del servizio in questione la società sarebbe stata fornita di piena autonomia negoziale, con effettuazione di una procedura selettiva solo in via di autovincolo, in ogni caso sottratto alla cognizione del giudice amministrativo (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, Ad Plen., 1 agosto 2011, n. 16 e successiva giurisprudenza pacifica).

A dette argomentazioni si contrapponeva la ricorrente Pegaso s.r.l., sottolineando la natura di organismo di diritto pubblico di Poste Italiane s.p.a. (Cons. Stato, Ad. Plen. nn. 13, 14, 15 e 16 del 2016) e l’inevitabile estensione di tale qualificazione giuridica alla controllata Poste Tutela s.p.a., di cui sarebbe stata anche deliberata la fusione con la prima per incorporazione (progetto approvato dal CdA di Poste Italiane, con attivazione della procedura semplificata di riassetto societario del Gruppo, in data 20 settembre 2017); fra i servizi ricompresi nei settori speciali, inoltre, sarebbero da considerare sia quelli direttamente menzionati dalla normativa di settore, sia quelli complementari e strumentali, finalizzati a garantirne l’effettivo svolgimento.

Poste Tutela s.p.a., ad ulteriore sostegno dell’eccezione pregiudiziale sollevata, depositava quindi la recente ordinanza della Corte di Cassazione, SS.UU., n. 4899 in data 1 marzo 2018, in cui si affermavano la natura di impresa pubblica di Poste Italiane s.p.a. e la giurisdizione del giudice ordinario per una procedura di gara, non inerente all’attività ricompresa nel settore speciale.

Tenuto conto della nuova problematica sollevata, con ordinanza collegiale n. 4845/18 del 2 maggio 2018 veniva richiesto all’Autorità per le Comunicazioni (AGCOM) e al Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) di fornire chiarimenti sulle seguenti questioni:

1) attività svolte da Poste Italiane spa (che ha incorporato la società Poste Tutela), oltre a quelle relative ai servizi postali, quali attività direttamente esposte (o meno) alla concorrenza su mercati liberamente accessibili, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs n. 50 del 2016;

2) conformità (o meno) dell’ordinanza della Cassazione SS.UU. civili, 1° marzo 2018, n. 4899 alle linee di indirizzo tratte dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 10 aprile 2008, C-393/06 Aigner (pure richiamata nel testo dell’ordinanza) e da tutta la giurisprudenza comunitaria, con precisazione dell’orientamento dell’Ente, in rapporto all’ambito di applicazione della disciplina in materia di appalti nei settori speciali e in quelli ordinari, con particolare riguardo al profilo soggettivo, considerato che l’art. 7 della Direttiva UE 2014/24 (settori ordinari) esclude le “amministrazioni aggiudicatrici” dall’applicazione di detta direttiva quando esercitano una o più attività comprese nell’ambito dei c.d. “settori speciali”;

3) considerazione (anche sulla base di eventuali disposizioni interne) della natura giuridica di Poste Italiane spa e sussistenza (o meno) per tale società del requisito teleologico, previsto per la definizione dell’organismo di diritto pubblico di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), del d.lgs n. 50 del 2016, riferito al soddisfacimento di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale.

In adempimento all’istruttoria, AGCOM e MISE – entrambi in data 28 maggio 2018 – depositavano separate relazioni, a cui seguivano articolate memorie delle parti in causa; su tale base, nella pubblica udienza in data 4 luglio 2018, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

DIRITTO

E’ sottoposta all’esame del Collegio, in via pregiudiziale, una questione di giurisdizione, il cui prioritario esame non può prescindere dalle ragioni enunciate dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con ordinanza n. 4899 in data 1 marzo 2018: ragioni che – pur riguardando un contenzioso diverso da quello attualmente in esame – debbono trovare adeguata considerazione, con riferimento all’enunciata natura giuridica di Poste Italiane s.p.a. quale impresa pubblica, non soggetta alle regole del codice degli appalti per servizi non strettamente attinenti al settore speciale di riferimento, ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. n. 50 del 2016. Detta qualificazione giuridica si estenderebbe alla società Poste Tutela s.p.a., cui è direttamente riconducibile l’appalto, in quanto posseduta al 100% da Poste Italiane s.p.a. ed in via di incorporazione nella stessa.

Nella ricordata ordinanza si enunciano in sintesi, per quanto qui interessa, i seguenti principi:

a) la società Poste Italiane s.p.a., benchè incaricata dell’espletamento del “servizio postale universale”, è attualmente titolare di attività anche di tipo finanziario, o comunque non attinenti al servizio di consegna della corrispondenza: servizio, anche quest’ultimo, ormai svolto in regime di concorrenza;

b) la direttiva 18/2004/CE avrebbe “espressamente espunto” Poste Italiane s.p.a. dal novero degli organismi di diritto pubblico, stante “l’ormai assodata prevalenza”, nel contesto delle attività svolte, “di quelle esigenze di carattere industriale e commerciale, che la giurisprudenza aveva in passato reputato…non significative agli effetti della riconducibilità della società medesima nell’ambito degli organismi anzidetti. Poste Italiane è stata ora più correttamente ed espressamente configurata quale ente aggiudicatore, ai sensi dell’art. 3, comma 29, e dell’allegato VI F del d.lgs. n. 163 del 2006”, difettando il “requisito teleologico di soddisfacimento di bisogni di interesse generale, privi di carattere industriale e commerciale, il quale implica che il soggetto sia incaricato unicamente di soddisfare bisogni del genere, e non consente l’esercizio di altre attività da parte del soggetto medesimo”;

c) le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 13, 14, 15 e 16 del 2016, che qualificano Poste Italiane s.p.a. come organismo di diritto pubblico – in quanto inerenti a questioni di accesso agli atti, connessi al rapporto di impiego dei dipendenti dell’Ente – non recherebbero “un’analisi idonea ad evidenziare in modo chiaro un’esegesi diretta ad affermare la validità della qualificazione in termini generali”, in rapporto alle “fonti che giustificherebbero una simile possibilità nel sistema del d.lgs. n. 163 del 2006”, con conseguente riferibilità delle pronunce in questione solo al diritto di accesso;

d) “l’eventuale qualificazione di Poste Italiane s.p.a. come organismo di diritto pubblico” sarebbe comunque “irrilevante”, in quanto la soggezione alle regole dell’evidenza pubblica dovrebbero risolversi all’interno delle disposizioni che regolano i settori speciali, “sulla base della sicura collocazione di Poste Italiane in quel microsistema come ente aggiudicatore”. Quanto sopra, tenuto conto del fatto che le disposizioni legislative, in tema di contratti conclusi nell’ambito dei settori speciali, si riferiscono sia alle amministrazioni aggiudicatrici che alle imprese pubbliche, se operanti nei settori stessi, con applicazione della peculiare disciplina del Codice “nella presente parte”, accomunando, “in perfetta coerenza …con il criterio di interpretazione sistematica…. sotto la qualificazione di amministrazioni aggiudicatrici anche gli organismi di diritto pubblico”.

Premesso quanto sopra, il Collegio non può non rilevare che alcune argomentazioni della Suprema Corte – e segnatamente quelle sintetizzate nei precedenti punti b) e d) – sembrano porsi in contrasto con la pronuncia della Corte di Giustizia europea, sez. V, n. C-393/06 del 10 aprile 2008 – Ing. Aigner, nella quale si espongono, in estrema sintesi, le opposte conclusioni di seguito esposte nei paragrafi I, II e III, con riferimento alle direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE (ora sostituite – ma senza variazione sui punti qui di interesse – dalle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, cui ha dato attuazione il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

I) Un’apposita direttiva (prima 2004/17/CE, ora 2014//25/UE) disciplina i contratti conclusi nei cosiddetti “settori speciali” (inerenti la gestione dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali: settori, quelli appena indicati, una volta defniti “esclusi”, in ragione del carattere chiuso dei mercati, in cui gli enti aggiudicatori operano per concessione, da parte degli Stati membri, di diritti speciali o esclusivi). Nei settori in questione possono essere “enti aggiudicatori” non solo le “amministrazioni aggiudicatrici” (come ora definite dall’art. 3, comma 1, lettera “a” del d.lgs. n. 50 del 2016, in perfetta corrispondenza alla disciplina comunitaria di riferimento), ma anche “imprese pubbliche”, o “imprese che beneficiano di diritti speciali o esclusivi, concessi loro dall’autorità compotente di uno Stato membro”, nella misura in cui tali enti esercitano una delle attività ricomprese nel settore: le disposizioni della direttiva di riferimento sono da interpretare, infatti, restrittivamente (non meno delle disposizioni legislative interne di attuazione), e quindi solo per contratti riferibili al settore interessato, con abbandono della “teoria del contagio”, di cui alla nota sentenza Mannesmann (cfr. anche in tal senso Corte di Giustizia, cause riunite C-462/03 e C-463/03 – Strabag e Kostmann del 16 giugno 2005, nonché Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16 del 2011 cit.).

II) Per quanto riguarda gli organismi di diritto pubblico (ugualmente definiti ai sensi delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e, attualmente, dalle conformi direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, come trasfuse nell’art. 3, comma 1, lettera “d” del d.lgs. n. 50 del 2016), l’interpretazione deve essere invece non restrittiva, ma funzionale, a partire quindi dalla verifica dell’istituzione, o meno, dell’Ente per il soddisfacimento di bisogni di interesse generale, “aventi carattere diverso da quello industriale o commerciale”. E’ ritenuto a quest’ultimo proposito “indifferente che siffatti bisogni siano anche soddisfatti o possano esserlo da imprese private. E’ importante che si tratti di bisogni ai quali, per ragioni connesse con l’interesse generale, lo Stato o una collettività territoriale scelgano in linea generale di provvedere essi stessi, o nei confronti dei quali intendano mantenere un’influenza determinante…… Si deve aggiungere che è a tale riguardo indifferente che, oltre a tale compito di interesse generale, il detto ente svolga anche altre attività a scopo di lucro, dal momento che continua a farsi carico dei bisogni d’interesse generale che è specificamente obbligato a soddisfare. La parte che le attività esercitate occupano nell’ambito delle attività globali di tale ente è pure priva di pertinenza ai fini della sua qualifica come organismo di diritto pubblico”.

III) La direttiva 2004/18/CE – che ha recepito sul punto direttive precedenti, sulle quali la Corte di Giustizia UE aveva già avuto modo di pronunciarsi e che risulta attualmente sostituita, senza variazioni sul tema, dalla direttiva 2014/24/UE – è applicabile ai contratti degli organismi di diritto pubblico, che si pongano al di fuori del perimetro dei settori speciali, in cui pure detti organismi operino e che restano soggetti alla peculiare disciplina al riguardo prevista, per quanto concerne l’attività propria dei settori stessi. Queste, infatti, le conclusioni della citata pronuncia “Aigner” della Corte di Giustizia: “gli appalti aggiudicati da un Ente, avente qualifica di organismo di diritto pubblico, ai sensi delle direttive 2004/17 e 2004/18, che hanno nessi con l’esercizio di attività di tale ente in uno o più dei settori considerati negli articoli 3- 7 della direttiva 2004/17, debbono essere assoggettati alle procedure previste da tale direttiva. Per contro, tutti gli altri appalti aggiudicati da tale Ente in relazione con l’esercizio di altre attività rientrano nelle procedure previste dalla direttiva 2004/18. Ciascuna di tali due direttive trova applicazione, senza distinzione tra le attività che il detto Ente esercita per adempiere il suo compito di soddisfare bisogni di interesse generale e le attività che esercita in condizioni di concorrenza e anche in presenza di una contabilità, intesa alla separazione dei settori di attività di tale Ente, al fine di evitare i finanziamenti incrociati fra tali settori”.

Risulta ribadito, pertanto, il carattere generale – e dunque l’applicabilità – della direttiva 2004/18/CE (ora 2014/24/UE), riferita ai settori ordinari, a tutti gli organismi di diritto pubblico, anche ove operanti nei settori speciali, quando l’attività contrattuale posta in essere abbia oggetto estraneo a detti settori.

In nessun caso pertanto, per gli organismi in questione, verrebbe meno in materia contrattuale la giurisdizione del giudice amministrativo, prevista per le procedure ad evidenza pubblica, prescritte sia per il settore ordinario che per quello speciale.

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nel paragrafo dell’ordinanza n. 4899/2018, sintetizzato al precedente punto d), dovrebbe quindi ritenersi non “irrilevante”, ma fondamentale, la qualificazione giuridica di Poste Italiane s.p.a. – e della controllata Poste Tutela s.p.a. – in base ai precisi parametri enunciati nell’art. 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016 (parametri, come già esposto, immutati rispetto a quelli recepiti – sempre in conformità alle direttive comunitarie di rispettivo riferimento – dal d.lgs. n. 163 del 2006).

Non sembra inutile precisare, inoltre, che le argomentazioni della stessa Suprema Corte, riportate al precedente punto b), non trovano sicuro riscontro nei testi normativi richiamati: quanto alla direttiva 2004/18/CE (ora 2014/24/UE), infatti, è vero che sono ricomprese tra gli enti aggiudicatori le amministrazioni aggiudicatrici e, fra queste ultime, gli organismi di diritto pubblico, definiti nei precisi termini di cui al citato art. 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. 50 (in precedenza art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006, di identica formulazione), ma ciò implica soltanto che tra gli enti aggiudicatori rientrino appunto anche gli organismi di diritto pubblico, senza per questo essere senz’altro “espunti” dal novero delle amministrazioni aggiudicatrici, di cui al medesimo art. 3, comma 1, lettera a), pacificamente soggette alle disposizioni del Codice per i settori ordinari. Non derogatoria, ma solo implicante un più ampio spettro soggettivo per i settori speciali, inoltre, è la qualificazione degli enti aggiudicatori, di cui all’art. 3, comma 29 del d.lgs n. 163 del 2006 (ora art. 3, comma 1, lettera “e” del d.lgs. n. 50 del 2016), mentre l’allegato VI al medesimo d.lgs. n. 163 contiene solo una mera elencazione non tassativa degli Enti, cui sono affidate funzioni nei settori speciali, di modo che non acquista ugualmente rilevanza derogatoria il fatto che si indichi come ente aggiudicatore, in tale ambito, la società Poste Italiane.

Sotto nessun profilo, pertanto, può ritenersi “irrilevante” la qualificazione, o meno, della medesima società come organismo di diritto pubblico: qualificazione da cui la Cassazione si è sostanzialmente astenuta, ma che è ben presente nelle ricordate pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nn. 13, 14, 15 e 16 del 2016.

Quanto ai requisiti dell’organismo di diritto pubblico (intendendo per tale qualsiasi organismo dotato di soggettività giuridica, anche in forma societaria), la relativa individuazione è affidata ai seguenti parametri (immutati rispetto alla disciplina previgente):

1) finalizzazione specifica della relativa istituzione, per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

2) possesso di personalità giuridica (senza distinzioni fra natura pubblica o privata della stessa);

3) attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri, dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (sul carattere cumulativo di detti requisiti, salvo il carattere esplicitamente alternativo di quelli di cui al punto 3, cfr. Cass. SS.UU. 7 aprile 2010, n. 8225).

Quanto agli “enti aggiudicatori”, possono essere tali le “amministrazioni aggiudicatrici”, come sopra specificate, o le imprese pubbliche che svolgono una delle attività, di cui agli articoli da 115 a 121 del Codice, ovvero che – pur non rientrando fra le predette categorie e, quindi, in via residuale – svolgono le attività, specificate nelle medesime norme sopra citate, “in virtù di diritti speciali o esclusivi, concessi loro dall’autorità competente”. Rientrano fra tali attività, a norma dell’art. 120 del medesimo codice, i servizi postali, nonché servizi anche diversi, alle condizioni di cui al precedente art. 8. Ad avviso del Collegio, la qualificazione di Poste Italiane s.p.a. come organismo di diritto pubblico appare difficilmente confutabile.

Detta società è infatti subentrata, con intenti di efficientamento del servizio, alla preesistente amministrazione centrale, nata dopo l’unità d’Italia con legge 5 maggio 1862, n. 604 (cosiddetta riforma postale, che prevedeva offerta di servizi a tariffa unica su tutto il territorio nazionale), assumendo prima forma di ente pubblico economico, poi di società per azioni, in attuazione della legge 29 gennaio 1994, n. 71 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1 dicembre 1993, n. 487, recante trasformazione dell’Amministrazione delle poste e telecomunicazioni in ente pubblico economico e riorganizzazione del Ministero). A norma dell’art. 1, comma 2, del citato d.l. n. 487 del 1993 spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) deliberare “in ordine alla proprietà ed al collocamento delle partecipazioni azionarie, favorendone la massima partecipazione tra i risparmiatori”. L’attuale società per azioni risulta controllata per una quota pari al. 29,26% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la restante quota da investitori privati; la stessa – pur operando, oltre che nel settore dei servizi postali, anche in ambito finanziario, assicurativo e di telefonia mobile, in regime di concorrenza – è in ogni caso tuttora concessionaria del cosiddetto servizio postale universale (che implica la fornitura obbligatoria – con correlativi esborsi statali a parziale copertura degli oneri – di servizi essenziali di consegna di lettere e pacchi, ad un prezzo controllato, a tutti i Comuni italiani, come dimostra il preannuncio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, in presenza della decisione di non recapitare più la posta a 4.000 Comuni, in quanto servizio ritenuto non remunerativo; cfr. anche al riguardo Cons. Stato, sez. III, 27 maggio 2014, n. 2720). Quanto sopra ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58 (Attuazione della direttiva 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio). Non può non ritenersi, pertanto, che la società in questione, dotata di personalità giuridica, sia stata istituita per soddisfare interessi generali, a carattere non industriale o commerciale, direttamente riconducibili alla libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, garantiti dall’art. 15 della Costituzione e sanciti anche a livello comunitario (requisiti sub 1 e 2 degli organismi di diritto pubblico).

Quanto al concorrente requisito n. 3, va ricordato come all’assetto proprietario di maggioranza – che fa capo al Ministero dell’Economia (ex Ministero del Tesoro), che nomina il Consiglio di Amministrazione – si affianchino il controllo e la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico (che ha accorpato quello delle Comunicazioni) e della Corte dei Conti; il Collegio dei revisori è composto da tre membri effettivi e tre supplenti, interamente designati dalle medesime Amministrazioni di riferimento (cfr. art. 4 d.l. n. 487/1993 cit). L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) è inoltre competente per l’adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio universale, disciplinato peraltro da contratto di programma, in cui controparte del gestore postale è il Ministero dello Sviluppo Economico.

Sussistono dunque, sul piano soggettivo, sufficienti elementi per qualificare la società Poste Italiane come organismo di diritto pubblico, come definito dal già ricordato art. 3, comma 26, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 3, comma 1, lettera “d” del d.lgs. n. 50 del 2016). In termini sostanzialmente conformi, peraltro, si è espressa in più occasioni la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1206 e 24 maggio 2002, n. 2855; Cons. Stato, sez. III, n. 2720/2014 cit., oltre alle ricordate pronunce dell’Adunanza Plenaria nn. 13, 14, 15 e 16 del 2016.).

Appare d’altra parte evidente come l’elemento fondante dell’organismo di diritto pubblico sia appunto quello, riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali – anche qualora la gestione fosse produttiva di utili – non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, da intendere come possibilità di condizionamento aziendale, anche in termini di scelta maggioritaria degli amministratori, chiamati a perseguire determinati obiettivi di qualità del servizio (in tal senso depone il carattere espressamente disgiunto dei requisiti, di cui al punto “c” del ricordato art. 3, comma 1, lettera “d”, del codice degli appalti: cfr. anche Cass. SS.UU., 7 aprile 2010, n. 8225).

E’ propria dell’Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, anche ove affidati a soggetti esterni all’Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, sul piano dell’imparzialità, del buon andamento e della trasparenza.

Le considerazioni in precedenza svolte trovano sostanziale supporto nelle relazioni del MISE e, soprattutto, dell’AGCOM, acquisite in via istruttoria, pur riconoscendosi in entrambe l’ampia liberalizzazione e apertura alla concorrenza del settore di cui trattasi, apertura che trova coronamento nella recente legge n. 124 del 4 agosto 2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza), che ha soppresso la precedente esclusiva di Poste Italiane per i servizi di notificazione degli atti giudiziari e delle infrazioni del codice della strada.

Già con decisione della Commissione europea n. 1642 del 30 aprile 2008, inoltre, era stata stabilita l’esenzione degli appalti di Poste Italiane, relativi a servizi nazionali e internazionali di corriere espresso, mentre con successiva decisione 2010/12/UE del 5 gennaio 2010 è stata esclusa l’applicazione della direttiva 2004/17/CE sui settori speciali per i servizi finanziari, gestiti da Bancoposta (raccolta del risparmio, prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati, attività di investimento e previdenza complementare, servizi di pagamento e trasferimento di denaro).

Come sottolineato in particolare dall’AGCOM, tuttavia, l’operatività dell’ente in ambito concorrenziale rappresenta solo un indice dell’assenza del requisito teleologico, dovendosi riscontrare – per escludere del tutto tale requisito – anche il perseguimento di finalità schiettamente economiche, con piena assunzione del rischio di impresa: circostanze, queste ultime, che non si ravvisano per il cosiddetto servizio postale universale, assegnato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, ai sensi dell’art. 23, comma 2 del d.lgs. n. 261 del 1999. La medesima normativa, all’art. 3, comma 12, dispone che l’onere per la fornitura del servizio universale sia finanziato attraverso trasferimenti posti a carico del bilancio dello Stato e mediante il Fondo di compensazione (non ancora attivato), di cui all’art. 10 dello stesso d.lgs. n. 261 del 1999.

In sede di valutazione del costo netto del servizio universale, in effetti, l’Autorità di norma non si attiene a quanto richiesto e contabilizzato dall’Ente, ma quantifica l’ammontare in base ai costi stimabili per un’impresa “efficiente”, come dovrebbe ritenersi quella operante nel settore: pur in presenza di tale richiamo a criteri di efficienza imprenditoriale, in ogni caso, il rischio di impresa appare chiaramente, se non escluso, fortemente attenuato.

Tenuto conto della ricordata decisione della Commissione Europea n. 1642/2008, potrebbe dunque ritenersi delineato, anche ai sensi dell’art. 14, comma 2 del Codice degli appalti, l’ambito dei settori, in cui Poste italiane può operare con modalità derogatorie, rispetto alle regole generali vigenti in tema di appalti: regole, in base alle quali si è sinora ritenuto che la teoria del contagio fosse superata per le imprese pubbliche, ma non anche per gli organismi di diritto pubblico, essendo questi ultimi tenuti – ove operanti nei settori speciali – a seguire la relativa disciplina solo per le attività strumentali ai settori stessi, senza però sfuggire alla disciplina dei settori ordinari per ogni altra attività, in funzione degli interessi di rilievo per la collettività, comunque ai medesimi affidati.

Tale situazione parrebbe riscontrabile per Poste italiane s.p.a..

Nonostante i principi sopra esposti, tuttavia, il Collegio non può sottrarsi ad una duplice problematica: la prima, da riferire al carattere vincolante delle pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in tema di giurisdizione, nel diritto processuale italiano; la seconda, attinente a possibili profili evolutivi della giurisprudenza comunitaria, in presenza della progressiva trasformazione di alcuni soggetti giuridici, istituiti come organismi di diritto pubblico, in vere e proprie imprese, la cui attività sia svolta, in modo ampiamente preponderante, in regime di concorrenza, come appunto rappresentato da Poste Italiane s.p.a. (cfr. al riguardo direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16, riferiti agli organismi che operano in condizioni normali di mercato, perseguendo profitti e sostenendo le perdite, con riferimento ad attività – ormai maggioritarie nel caso di specie – direttamente esposte alla concorrenza).

Con riferimento al primo quesito, il Collegio rileva che la Corte di Cassazione è in effetti chiamata ad accertare, in via definitiva e vincolante per la pronuncia di merito, ex art. 382 cod. proc. civ., la giurisdizione del giudice investito della causa nel sistema processuale italiano (anche in via di regolamento preventivo); la Corte di Giustizia UE, tuttavia, ha espresso il principio generale, secondo cui il diritto dell’Unione europea impedisce che un giudice nazionale sia vincolato da una norma di procedura interna, in base alla quale lo stesso dovrebbe attenersi alle valutazioni svolte da un giudice nazionale di grado superiore, qualora risulti che le valutazioni di quest’ultimo non siano conformi al diritto dell’Unione, come interpretato dalla predetta Corte (cfr. Corte di Giustizia, sentenza in data 20 ottobre 2011, causa C-396/09 - Interedil s.r.l. in liquidazione).

Può dunque essere affermata la facoltà (o l’obbligo, per i giudici di ultima istanza) di rivolgersi alla Corte di Giustizia, ogni qual volta sussista un “ragionevole dubbio”, circa la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea, indipendentemente da qualsiasi contrastante pronuncia della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite in tema di giurisdizione, o dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, vincolante per le sezioni semplici del medesimo Consiglio di Stato (cfr. anche Corte di Giustizia, Grande Sezione, sentenza del 5 aprile 2016 – causa C-689/13 – Puligienica Facility; Corte di Giustizia, sentenza del 6 ottobre 1982 – causa 283/81 – Cilfit), o anche della Corte Costituzionale (Corte di Giustizia, 20 dicembre 2017 – causa C-322/16 – Global Starnet).

Premesso quanto sopra, quale fattore legittimante della presente ordinanza, si pone l’ulteriore questione – pregiudiziale per la decisione della controversia in esame – della compatibilità con la normativa comunitaria (direttive nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE) della disciplina nazionale di cui all’art. 3, comma 1, lettera “e” del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) ove tale norma sia intesa, in conformità all’interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella citata ordinanza n.4899/2018 (vincolante nel diritto interno per le questioni di giurisdizione), come derogatoria per le imprese, che operano nei settori speciali, di cui alla parte II del Codice, dei principi generali enunciati nell’art. 1 e nel medesimo art. 3, comma 1 lettera a) del Codice stesso, per quanto riguarda l’obbligo di procedure contrattuali ad evidenza pubblica, ove il contratto da concludere non sia attinente alle attività proprie dei settori speciali. In altri termini, si tratta di verificare se i principi, recepiti nella citata pronuncia Aigner, siano o meno suscettibili di superamento, in funzione di una spiccata prevalenza degli interessi di natura industrale e commerciale su quelli, di interesse per la collettività, giustificativi dell’originaria istituzione dell’organismo di diritto pubblico, ovvero se il riferimento a detta istituzione – formalmente presente nel citato art. 3, comma 1, lettera d), punto n. 1 del d.lgs. n. 50 del 2016 – debba essere ritenuto non superabile, anche per imprese operanti in ampio regime di concorrenza.

Il Collegio ritiene pertanto che il presente giudizio debba essere sospeso, per sottoporre alla Corte di Giustizia CE, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, i seguenti quesiti, inerenti a questioni pregiudiziali alla pronuncia richiesta (in quanto implicanti la sussistenza, o meno, di giurisdizione del giudice amministrativo):

1) se la società Poste Italiane s.p.a., in base alle caratteristiche in precedenza indicate, debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell’art 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);

2) se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, Poste Tutela s.p.a., peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche controllate (cfr anche, in tal senso, Corte di Giustizia UE, sez.IV, 5 ottobre 2017, n. 567: obbligo di gara per le società controllate dalla p.a.; Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6211);

3) se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l’aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l’attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l’attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16;

4) se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece – ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico – soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti – in via evolutiva rispetto all’originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza;

5) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest’ultimo estranee, il concetto di strumentalità – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi;

6) se infine, ove la prospettazione di Poste Italiane s.p.a. fosse ritenuta condivisibile, debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo – non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti – l’indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.

Ai sensi della «nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» trasmessa dalla Corte di giustizia all’Italia in data 8 novembre 1996, vanno trasmessi alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato in copia i seguenti atti:

- ricorso e memorie delle parti resistenti;

- relazioni AGCOM e MISE del 28 maggio 2018;

- ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 4899 in data 1 marzo 2018;

- sentenze del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, nn. 13, 14, 15 e 16 del 2016);

- sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6211;

- copia del testo delle seguenti norme nazionali: articoli 1, 3, 14 e 120 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- la presente ordinanza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dispone:

1) a cura della segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con copia degli atti ivi indicati;

2) la sospensione del presente giudizio.

Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Gabriella De Michele, Presidente, Estensore

Vincenzo Blanda, Consigliere

Achille Sinatra, Consigliere

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Gabriella De Michele
 
 
 

IL SEGRETARIO


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