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ANAC, 2/10/2018 n. 841
L'ANAC ritiene inopportuno attribuire il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza agli avvocati iscritti all'albo speciale delle amministrazioni e degli enti pubblici ai sensi dell'art. 23 della l. n. 247/2012.

Materia: pubblica amministrazione / trasparenza

Delibera numero 841 del 02 ottobre 2018

Oggetto: attribuzione dell'incarico di Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza al Direttore del Dipartimento Legale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale (AdSP).

 

Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

Vista la legge 6 novembre 2012, n. 190 «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione»;

Visto il decreto legislativo n. 33/2013 “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” e s.m.i.

Visto il decreto legislativo n. 39/2013 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190” e s.m.i.

Visti gli aggiornamenti al Piano Nazionale Anticorruzione 2015 e 2016 adottati con determinazioni n. 12 del 28 ottobre 2015 e n. 831 del 3 agosto 2016 e il PNA 2017 adottato con delibera dell’Autorità n. 1208 del 22 novembre 2017

Valutata l’istruttoria predisposta dall’Ufficio PNA e Regolazione Anticorruzione e Trasparenza;

 

Considerato in fatto

Con nota acquisita al protocollo dell’Autorità n. 36064 del 24.04.2018 il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale (AdSP) ha chiesto ad ANAC un parere circa la possibilità di attribuire al Dirigente Avvocato iscritto all’albo speciale di cui all’art. 23 della Legge 31 dicembre 2012, n. 247 anche la funzione di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT).

La questione è nata da un rilievo avanzato alla AdSP dal Ministero vigilante (Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) che ha richiamato sul punto una recente pronuncia del giudice amministrativo (TAR Emilia Romagna sentenza n.890/2017) intervenuta su fattispecie analoga verificatasi presso la Adsp del Mare Adriatico centro-settentrionale (porto di Ravenna). In tale pronuncia il giudice di prime cure ha stabilito l’esistenza di un’incompatibilità fra i due ruoli e ha, pertanto, annullato un bando di selezione di un avvocato cui attribuire le funzioni di dirigente dell’ufficio legale nella parte in cui prevedeva che tale dirigente cumulasse anche la funzione di RPCT.

Ritenuto in diritto

Per procedere all’esame della questione occorre tenere in considerazione e valutare il quadro normativo e giurisprudenziale sul rapporto di lavoro degli avvocati degli enti pubblici (legge 31 dicembre 2012 n. 247 “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione”); la pronuncia del TAR Emilia Romagna n.890/2017; i criteri di scelta del RPCT dettati nella Legge 6 novembre 2012, n. 190 e le relative indicazioni fornite dall’Autorità nei PNA.

Quanto alle norme e all’orientamento giurisprudenziale sul rapporto di lavoro degli avvocati degli enti pubblici, si ricorda che l’art. 3 del regio-decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 «Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore» ha previsto che gli avvocati e i procuratori degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti pubblici sono «iscritti nell’elenco speciale» annesso all’albo (art. 3, comma 4).

L’art. 23 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 «Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense» ha confermato la precedente disposizione e ha disposto che:

«gli avvocati degli uffici legali specificamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in persone giuridiche di diritto privato, sino a quando siano partecipati prevalentemente da enti pubblici, ai quali venga assicurata la piena indipendenza ed autonomia nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell'ente ed un trattamento economico adeguato alla funzione professionale svolta, sono iscritti in un elenco speciale annesso all'albo» (comma 1, prima parte);

«l’iscrizione nell'elenco è obbligatoria per compiere le prestazioni indicate nell'articolo 2» e «nel contratto di lavoro è garantita l’autonomia e l'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell’avvocato» (comma 1, seconda parte);

«per l'iscrizione nell'elenco gli interessati presentano la deliberazione dell'ente dalla quale risulti la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell'ente stesso e l'appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni; la responsabilità dell'ufficio è affidata ad un avvocato iscritto nell'elenco speciale che esercita i suoi poteri in conformità con i principi della legge professionale» (comma 2);

«gli avvocati iscritti nell'elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell'ordine» (comma 3).

Le richiamate disposizioni hanno condotto la giurisprudenza ad affermare che le avvocature degli enti pubblici devono essere costituite in un apposito ufficio dotato di adeguata stabilità ed autonomia organizzativa, nonché distinto dagli altri uffici di gestione amministrativa. A tale ufficio devono essere preposti avvocati addetti in via esclusiva alle cause e agli affari legali con esclusione dello svolgimento di “attività di gestione”.

Si richiamano alcune sentenze della Cassazione civile che hanno affermato «L’art. 3, comma 4, lett. b, r.d. n. 1578 del 1933 (allora vigente e poi ripreso dall’art. 23 della legge 31 dicembre 2012, n. 247)  va interpretato nel senso che l’iscrizione nell’albo speciale degli avvocati e procuratori legali dipendenti da enti pubblici richiede, quale presupposto imprescindibile, la “esclusività” dell’espletamento, da parte degli stessi, dell’attività di assistenza, rappresentanza e difesa dell’ente pubblico, presso il quale prestano la propria opera, nelle cause e negli affari dell’ente stesso. Tale esclusività deve essere accertata con riferimento ad una valutazione sostanziale della natura delle attività svolte dal dipendente e deve essere esclusa qualora accanto a compiti riconducibili alla attività di assistenza e rappresentanza e difesa dell’ente lo stesso svolga mansioni amministrative o, comunque di natura diversa. Nella specie è stata ritenuta corretta la cancellazione dall’albo speciale di un avvocato che svolgeva per un ente pubblico oltre alle attività di rappresentanza e difesa anche attività di natura gestionale» (Cassazione civile, sez. un., 18 aprile 2002 n.5559 e Cassazione civile, sez. un., 15 settembre 2010, n. 19547).

Anche il giudice amministrativo ha osservato, che l'istituzione di un ufficio legale nell'ambito di un ente pubblico determina la costituzione di una struttura che si differenzia da ogni altro centro operativo in sostanziale estraneità rispetto alla restante parte della organizzazione amministrativa e, in particolare, alle altre partizioni dell’amministrazione (CdS sez V, 16 settembre 2004, n. 6023; Tar Sardegna Cagliari sez. II, 14 gennaio 2008, n. 7).

Più recentemente, il Consiglio di Stato ha confermato che le scelte organizzative compiute nella p.a. devono sempre garantire l'indipendenza e l'autonomia connaturate all'esercizio delle funzioni di consulenza legale e di rappresentanza e assistenza in giudizio dell'ente (CdS sezione VI, n. 5448/2016).

La necessità ai fini dell’iscrizione nell’Elenco Speciale dello svolgimento in via esclusiva delle funzioni di avvocato dell’ente pubblico è stata ribadita nei pareri e nella giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense (CNF) sia anteriore alla legge 247/2012 (in riferimento al RDL 1578/1933), sia successiva.

Il CNF ha infatti affermato: «Al fine di poter invocare l'applicabilità della deroga al principio generale dell'incompatibilità, il pubblico dipendente deve provare che presso l'ente da cui dipende sia stato istituito un ufficio legale con la specifica ed esclusiva attribuzione della trattazione delle cause e affari legali dello stesso e che a tale ufficio egli sia adibito, occupandosi, in via esclusiva, delle cause ed affari dell'ente. Per uffici legali devono intendersi quelli dotati di una propria autonomia, cui sono affidati compiti di consulenza e assistenza, giudiziale e stragiudiziale, in controversie coinvolgenti gli enti di appartenenza, non rientrando, pertanto, in tale accezione le attività di "gestione", quali, ad esempio, del personale e degli affari generali.» Cons. Naz.le Forense, 29/05/2006, n. 37.

Tale posizione è stata ribadita anche dopo l’entrata in vigore della legge 247/2012 (Sentenza CNF n. 114 del 22 luglio 2015).

Se tali principi contenuti nella norma citata e ripresi dalla giurisprudenza valgono in riferimento a tutte le amministrazioni pubbliche e quindi anche per le Autorità di sistema portuale, il legislatore sembra avere operato, invece, diversamente per gli avvocati presso le Regioni e gli enti locali.

Infatti, l’art. 1 comma 221 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (Legge di stabilità 2016) ha stabilito, una deroga all’art. 23 della l. 247/2012 prevedendo la possibilità di attribuire ai dirigenti dell'avvocatura civica e della polizia municipale anche altre funzioni di natura gestoria.

In particolare tale norma dispone, che «Le regioni e gli enti locali provvedono alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche dirigenziali secondo i rispettivi ordinamenti, nonché al riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni. Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell'avvocatura civica e della polizia municipale. Per la medesima finalità, non trovano applicazione le disposizioni adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ove la dimensione dell'ente risulti incompatibile con la rotazione dell'incarico dirigenziale».

Al riguardo, il parere del CNF del 28 febbraio 2017 ha, invece, confermato la imprescindibile necessità di garantire agli avvocati, anche di regioni ed enti locali, non solo l’autonomia e l’indipendenza propria e dell’ufficio cui appartengono nell’espletamento della funzione tipicamente legale –sia essa di consulenza o di assistenza e rappresentanza dell’ente - ma anche l’estraneità dal resto della macchina amministrativa. Tale principio, indispensabile ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’Elenco speciale annesso all’albo, era sancito dalla legge del 1933 ed è stato confermato dalla l. 247/2012.

Sostanzialmente il CNF ha ritenuto che «il rapporto tra l’art. 1, comma 221 della legge n. 208/2015 e l’art. 23 della legge n 247/2012 va declinato in termini di specialità, ma non nel senso affermato dall’ANCI: non è cioè l’art. 1, comma 221 a porsi quale norma speciale in relazione alla disciplina “generale” di cui all’art. 23 della legge 247/2012 ma è semmai vero il contrario. E’ infatti quest’ultima disposizione che, afferendo all’ordinamento sezionale della professione forense, detta i criteri e le condizioni di validità per l’iscrizione negli Albi e negli Elenchi speciali degli Avvocati, ponendosi quale norma speciale (rectius: eccezionale) rispetto alla disciplina dell’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.»

Con tale parere, il CNF ha rigettato l’interpretazione dell’ANCI secondo cui, invece, l’art. 1, comma 221, della legge n. 208/2015 sarebbe speciale rispetto alla disciplina generale dell’ordinamento forense, ex art. 23 l. 247/2012 e dunque prevalente.

Tale questione, tuttavia non riguarda il caso in esame in quanto l’AdSP non rientra tra i soggetti indicati dalla norma. Pertanto l’Autorità ritiene non sia opportuno un approfondimento in questa sede ma se ne è dato conto solo ai fini della ricostruzione del quadro normativo.

Nel solco della richiamata giurisprudenza si colloca anche la sentenza n.890/2017 del TAR Emilia Romagna.

Tale pronuncia muove da un fatto analogo a quello oggetto di richiesta di parere in esame. La sentenza si occupa infatti proprio della valutazione della compatibilità o meno dello svolgimento del ruolo di RPCT da parte del dirigente dell’ufficio legale iscritto all’albo speciale presso la Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale (Porto di Ravenna).

Il giudice di prime cure ha ritenuto che fra i due ruoli vi sia incompatibilità perché, in primo luogo, ai sensi della dell’art. 23 l. 247/2012, gli avvocati degli enti pubblici devono essere incardinati in un ufficio legale stabilmente costituito e incaricati in forma esclusiva dello svolgimento di tali funzioni in piena libertà ed autonomia, con esclusione di ogni attività di gestione amministrativa.  In secondo luogo, le competenze del RPCT, pur non essendo propriamente compiti di amministrazione attiva, talvolta possono presentare profili che potrebbero creare delle incompatibilità per un legale nello svolgimento dei compiti che gli sono propri. Tale affermazione è stata fatta nonostante in giudizio fosse emerso l’orientamento di ANAC sulla necessità che il responsabile per la prevenzione della corruzione «non debba essere assegnato a uffici che svolgano un’attività di gestione e di amministrazione attiva».  Al riguardo il giudice ha considerato, invece, l’art. 43, comma 5, d.lgs. 33/2013 che prevede che il RPCT segnali i casi di inadempimento o di adempimento parziale degli obblighi in materia di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione del procedimento disciplinare, oltre a segnalare gli inadempimenti al vertice politico dell'amministrazione, all'OIV ai fini dell'attivazione delle altre forme di responsabilità. Qualora da questo tipo di segnalazioni derivasse un contenzioso con l’ente per cui presta la sua opera il legale iscritto nell’albo speciale, questi si troverebbe in una situazione di conflitto di interessi perché finirebbe per essere l’avvocato di se stesso.

Occorre adesso evidenziare che da un punto di vista normativo la legge 6 novembre 2012, n. 190, istitutiva della figura del RPCT, non fornisce indicazioni sulla nomina del RPCT in quanto avvocato di un ente pubblico.

L’Autorità ha fornito diversi orientamenti sulla scelta del RPCT - da ultimo nell’aggiornamento del 2017 del PNA adottato con Determinazione Anac n. 831 del 3 agosto 2016 (§ 5.2) – ma non si è espressa con specifico riferimento alla possibilità che un avvocato dell’Ente iscritto all’Albo speciale sia nominato RPCT.

L’Autorità ha finora indicato che l’attribuzione delle funzioni di RPCT debba preferibilmente ricadere su dirigenti o funzionari che si trovino in una posizione di stabilità nell’amministrazione al fine di garantire un’adeguata conoscenza del funzionamento della stessa; che non provengano direttamente da uffici di diretta collaborazione con l’organo di indirizzo per la particolarità del vincolo fiduciario che li lega all’Autorità di indirizzo politico; che non si trovino in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi. Dovrebbero, quindi, compatibilmente con la struttura organizzativa, essere esclusi dalla designazione i dirigenti incaricati di quei settori che sono considerati più esposti al rischio della corruzione, come, ad esempio l’Ufficio gestione del patrimonio, l’Ufficio contratti, e in generale quelli assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva. La scelta ricade comunque nell’autonomia organizzativa dell’ente o amministrazione.

L’ANAC, inoltre, ha sottolineato (PNA 2016 -§ 5.2) la necessità che al RPCT siano attribuiti funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività.  In tal senso è opportuno che l’organo di indirizzo disponga eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare tale autonomia.

Inoltre, è stato ribadito che, a garanzia dello svolgimento delle funzioni del RPCT in condizioni di autonomia e di indipendenza, il legislatore ha previsto una speciale disciplina in caso di revoca dell’incarico (cfr. da ultimo delibera n. 657  del 18 luglio 2018 recante «Regolamento sull’esercizio del potere dell’Autorità di richiedere il riesame dei provvedimenti di revoca o di misure discriminatorie adottati nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) per attività svolte in materia di prevenzione della corruzione»).

Recentemente, nel PNA 2017 (Adottato con Determinazione n.1208 del 22/11/2017 - Parte Speciale – Autorità di sistema Portuale paragrafo 2.2.), più volte invocato nella richiesta di parere dalla Adsp del Mar Adriatico Settentrionale a sostegno del proprio operato, l’Autorità ha fornito solo l’indicazione per cui nelle AdSP è preferibile che il RPCT venga, salvo casi particolari, preferibilmente, selezionato tra i dirigenti di ruolo in servizio. Ad esso è opportuno siano riconosciuti poteri e funzioni idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico con autonomia ed effettività, eventualmente anche con modifiche attuative, evitando laddove possibile il conferimento dell’incarico al Segretario Generale dell’Ente, onde evitare il cumulo di funzioni in capo ad uno stesso soggetto.

Per completezza si richiama da ultimo un precedente della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) in una delle risalenti FAQ (FAQ 2.4. in materia di Anticorruzione) laddove si asserisce che l’avvocato comunale può partecipare all’ufficio dei controlli interni e all’ufficio del responsabile della prevenzione della corruzione non sussistendo ipotesi di incompatibilità. Si precisa sul punto che la Faq si riferiva alle realtà comunali spesso caratterizzate da carenza in organico di figure idonee a ricoprire la funzione di Responsabile della prevenzione della Corruzione.

Da quanto sopra, emerge una prima considerazione e cioè che, teoricamente, proprio quel requisito di indipendenza ed autonomia che dovrebbe caratterizzare la posizione dell’avvocato iscritto nell’albo speciale di un ente è del tutto in linea con i requisiti richiesti per lo svolgimento della funzione di RPCT.

Tuttavia, ai fini della conferibilità dell’incarico di RPCT ad un avvocato dell’Ente iscritto all’albo speciale, la questione deve essere valutata alla luce delle disposizioni di cui alla legge 247/2012 e della giurisprudenza sopra richiamata

Ciò che rileva, in particolare, è la valutazione sull’eventuale violazione del principio di esclusività della funzione dell’avvocato previsto dall’art. 23 della l. 247/2012, qualora ad un avvocato iscritto nell’albo speciale sia attribuito il ruolo di RPCT.

In subordine, occorre valutare se l’attività di RPCT si concretizzi in attività di gestione, circostanza ritenuta rilevante dal TAR Emilia Romagna nella sentenza n. 890/2017 anche se non esplicitata nell’art. 23 della l. 247/2012;

Quanto al primo profilo, si rinvia alle indicazioni della giurisprudenza sopra richiamata, poiché non spetta all’Autorità fornire interpretazioni su che cosa si intenda per esclusività della funzione degli avvocati negli enti pubblici e sulla relativa estensione alla luce dell’art. 23 della l. 247/2012.

Ciò che può certamente essere valutato dall’Autorità riguarda, invece, il ruolo del RPCT e l’eventuale svolgimento da parte di quest’ultimo di “attività gestionale”, considerato nella richiamata sentenza del TAR Emilia Romagna n. 890/2017 come causa di incompatibilità tra il ruolo di RPCT e di avvocato iscritto all’albo speciale.

L’art. 23 della l. 247/2012 non annovera esplicitamente lo svolgimento di attività di gestione tra i criteri   che rendono non compatibile il ruolo di avvocato con quello di Responsabile per la prevenzione della corruzione. Tale principio è stato invece sostenuto dalla giurisprudenza, valutando «corretta la cancellazione dall’albo speciale di un avvocato che svolgeva per un ente pubblico oltre alle attività di rappresentanza e difesa anche attività di natura gestionale» (Cassazione civile, sez. un., 15/09/2010, n. 19547).

Sembrerebbe ritenersi cioè, che lo svolgimento di attività di gestione da parte degli avvocati degli uffici legali presso gli enti pubblici potrebbe inficiare proprio quel carattere di esclusività, a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia, che il legislatore ha indicato come requisito fondamentale per l’iscrizione all’albo speciale

A questo punto occorre valutare se effettivamente può dirsi che il RPCT, nello svolgimento delle funzioni proprie - a prescindere da quelle che gli possono derivare dall’eventuale titolarità di un ufficio – ponga in essere anche attività di natura gestionale. Si evidenzia, sul punto, che sebbene il RPCT non svolge prettamente funzioni di amministrazione attiva, come sottolineato anche dal giudice di prime cure nella sentenza richiamata, nel modo tradizionalmente inteso (adozione di atti e di provvedimenti amministrativi connessi al raggiungimento dei fini istituzionali della p.a.),  esso svolge, tuttavia,  importanti compiti, quali la predisposizione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (PTPC) e la verifica dell’attuazione delle misure di prevenzione ivi contenute, attività che lo inducono a rapportarsi con le varie strutture dell’amministrazione, con l’organo di indirizzo politico e con tutti i dirigenti dell’ente.

Giova, inoltre, ricordare che al RPCT spetta anche l’importante compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni sulle inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, ai sensi dall’art. 15 del d.lgs. n. 39/2013, con capacità proprie di intervento anche sanzionatorio (cfr. Delibera ANAC 833/2016 e TAR n. 6593/2016) e che tale compito potrebbe rientrare tra quelli “di amministrazione e gestione attiva” generando quindi un possibile vulnus al corretto svolgimento dei compiti dell’avvocato.

 

Alla luce di quanto sopra premesso:

 

Il Consiglio

Ritenuto che non spetti all’ANAC l’interpretazione del requisito di esclusività della funzione di avvocato di un ente pubblico iscritto all’albo speciale di cui alla legge 247/2012.

Ritenuto, invece, che spetti all’ANAC esprimersi sul rapporto fra il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e quello di avvocato di un ente pubblico iscritto all’albo speciale di cui alla legge 247/2012 e sulla possibilità di attribuire i due incarichi alla medesima persona.

Considerato che quello di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è un ruolo che comporta necessariamente rapporti costanti e diretti con l’organo di vertice e con tutte le strutture dell’amministrazione.

Considerate le numerose attribuzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, alcune delle quali presentano profili di natura gestionale e sanzionatoria.

Ritiene altamente non opportuno attribuire il ruolo di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza agli avvocati iscritti all’albo speciale delle amministrazioni e degli enti pubblici ai sensi dell’art. 23 della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

Il presente provvedimento è comunicato alla Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Meridionale e pubblicato sul sito istituzionale dell’Autorità.

 

Raffaele Cantone

Depositato presso la Segreteria del Consiglio il 11 ottobre 2018

Il Segretario Maria Esposito

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