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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Liguria, 12/10/2018 n. 127
Sull'interpretazione e portata applicativa delle disposizioni di cui all'art.21 c. 1, del d.lgs. n. 175/2016, in relazione alle società partecipate che abbiano adottato un piano di risanamento ai sensi dell'art. 14 del medesimo decreto

La Sezione, sulla richiesta avanzata dal Comune di Sanremo, afferma i seguenti principi: 1) l'art. 21, comma 1, del D.lgs. n. 175 del 2016, si applica a tutte le società partecipate da enti locali dovendosi considerare il riferimento all'elenco ISTAT citato dalla norma come relativo agli enti locali partecipanti. Tale norma non fa venir meno il principio dell’autonomia patrimoniale sancito dalla disciplina civilistica; 2) l’accantonamento previsto dall’art. 21 comma 1, del D.lgs. n. 175 del 2016, deve essere pari al valore dell’intera predita registrata dalla società partecipata e deve essere suddiviso tra gli enti partecipanti in una quota proporzionale al valore della partecipazione. In nessun caso tale accantonamento può essere limitato al valore della quota parte del patrimonio netto della società partecipata detenuta da ogni ente locale. 3) per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra “valore” e “costi” della produzione, ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile, nella sua attuale formulazione; 4) gli enti locali soci devono procedere all'accantonamento previsto dal comma 1, dell'art. 21 anche nell'ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento, ai sensi dell'art. 14 del D.lgs. n. 175/2016, nel quale, tra le misure di ripristino dell'equilibrio economico-finanziario della società, non sia previsto l'esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite; 5) gli Enti locali devono procedere con l’accantonamento di cui al comma 1, dell’art. 21 del D.lgs. n. 175 del 2016 nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato negativo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata; 6) gli Enti locali possono non procedere all’accantonamento, o ridurre lo stesso, nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato positivo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata.

Materia: società / partecipazione pubblica

Deliberazione n. 127/2018/PAR

 

 

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Regionale di Controllo per la Liguria

 

composta dai seguenti magistrati:

 

Fabio VIOLA                               Presidente

Alessandro BENIGNI                    Consigliere

Francesco BELSANTI                    Consigliere (relatore)

Donato CENTRONE                      Primo Referendario

Claudio GUERRINI                       Primo Referendario

 

Nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2018 ha assunto la seguente

 

DELIBERAZIONE

 

Vista la lettera prot. n. 34 del 8 maggio 2018 - trasmessa tramite nota del Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali della Liguria n. 35 del 8 maggio 2018, assunta al protocollo della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria il 9 maggio 2018 con il n. 1823-9/05/2018-SC_LIG-T85-A - con la quale il Sindaco del Comune Sanremo ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista l’ordinanza presidenziale n. 42 del 2018 che ha deferito la questione all’esame collegiale della Sezione;

Udito in camera di consiglio il magistrato relatore, dott. Francesco Belsanti;

PREMESSO IN FATTO:

Con la nota in epigrafe, il Comune di Sanremo ha formulato una richiesta di parere in ordine alla corretta interpretazione e alla portata applicativa delle disposizioni di cui all’art.21 comma 1, del d.lgs. n. 175 del 2016, in relazione alle società partecipate che abbiano adottato un piano di risanamento ai sensi dell’art. 14 del medesimo decreto senza alcun intervento finanziario da parte degli enti pubblici soci.

Il Comune premette che il contesto di riferimento è quello di una società a partecipazione totalmente pubblica, affidataria in house del servizio idrico integrato, la quale, avendo maturato ingenti perdite presenterà un piano di risanamento finalizzato al ripristino dell'equilibrio economico finanziario ai sensi dell’art. 14 del succitato decreto sotto forma di un concordato preventivo in continuità (art. 161 Legge fallimentare) o accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis Legge fallimentare).

Il Piano, che verrà sottoposto all'omologazione da parte del Tribunale, non prevede il ripiano delle perdite da parte dei soci mediante esborso delle somme necessarie in quanto la copertura avverrà mediante il conferimento di un ramo aziendale di un’altra società partecipata (operante nel medesimo settore idrico) sulla base del percorso originariamente programmato.

In tale contesto l'Ente socio si è confrontato con alcune criticità applicative ed interpretative, di carattere generale, che concernono le disposizioni contenute nell'art. 14 del D.lgs. 175/2016 riferibili alla fattispecie richiamata dall’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 175 del 2016 (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica).

Quest’ultima norma, nell'individuare l'ambito soggettivo di applicazione, dispone quanto segue: “Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell'elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell'esercizio successivo, all'importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile. L'importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l'importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione".

         La formulazione letterale della disposizione, secondo l’Ente, determinerebbe un'evidente incertezza interpretativa circa il richiamo fatto dalla norma all'elenco di cui alla L. 196/2009 (cd. Elenco Istat); ossia se l’inciso sia da ricondurre alle società partecipate ovvero alle pubbliche amministrazioni.

         L’Ente sostiene la prima soluzione sulla base di alcune considerazioni:

         - all'art. 2, definendo le pubbliche amministrazioni, il decreto in esame fa riferimento all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, senza alcun richiamo all'elenco di cui alla L. 196/2009;

- nei successivi articoli del Testo unico le pubbliche amministrazioni sono citate e richiamate senza alcun rinvio al D.Lgs. 165/2001 ma semplicemente valorizzando la definizione introdotta nell'ambito dell'art. 2, dal momento che si citano genericamente le pubbliche amministrazioni a prescindere da un puntuale riferimento normativo;

- all'art. 21 si fa riferimento (unico caso nel Testo Unico) alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con una soluzione che appare ingiustificatamente aggravata se fosse da intendere genericamente riferita alle pubbliche amministrazioni come definite nell'ambito dell'art. 2.

         Tale interpretazione sarebbe da preferire, secondo il Comune, anche alla luce di altre considerazioni sostanziali:

- non sarebbe ipotizzabile una responsabilità degli enti partecipanti per le posizioni debitorie in capo alle società partecipate alla luce dell'autonomia patrimoniale perfetta caratterizzante queste ultime;

- non sarebbe neppure ipotizzabile una responsabilità verso terzi per attività di direzione e coordinamento (ex art. 2497 c.c.) alla luce della specifica delimitazione dell'operatività di tale disposizione effettuata con la L 102/2009;

- non sarebbe neppure ipotizzabile un obbligo delle amministrazioni partecipanti di ripiano delle perdite, dal momento che le stesse amministrazioni hanno comunque una limitazione nel capitale conferito;

- la disposizione si presenterebbe logica se finalizzata ad evitare gli effetti negativi delle perdite nell'ambito del conto consolidato della pubblica amministrazione (a cui concorrono le realtà iscritte nell'elenco ISTAT) ponendo a carico degli enti soci gli obblighi di compensazione, garantendone così la neutralità;

         Inoltre, osserva il Comune di Sanremo, tale interpretazione è stata esplicitamente adottata dal Consiglio di Stato nel parere n. 638 del 14 marzo 2017[1].

         Infine, la disposizione, con riferimento alle società che gestiscono servizi pubblici a rete di rilevanza economica prevede che l’accantonamento sia calcolato non con riferimento al risultato d'esercizio bensì con riferimento alla "differenza tra valore e costi della produzione”,

         L’Ente evidenzia ancora che si rende necessario un coordinamento della norma di cui all’art. 21 con la riforma contabile attuata dal D.Lgs. 139/2015 in materia di bilanci societari dal momento che la norma originariamente prevista nella Legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), e trasfusa poi nell'art. 21, è antecedente alla riforma introdotta dal Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139, concernente “Attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge". Tra le novità introdotte dal succitato decreto, infatti, vi è anche, a livello del Conto Economico, la soppressione del raggruppamento "E) Proventi e oneri straordinari" che, prima della riforma, ricomprendeva al suo interno le svalutazioni dei crediti considerandole poste straordinarie non rientranti nella gestione caratteristica della società. L’Ente ritiene, pertanto, più corretto e conforme alla ratio dell'art. 21 escludere dal parametro "differenza tra valore e costi della produzione" le componenti straordinarie, allo scopo di ripristinare il valore che sarebbe stato da considerare in funzione della ratio originaria della disposizione;

         Infine, secondo il Comune di Sanremo, si rende necessario un coordinamento della disposizione con le norme della legge fallimentare, laddove sia stato predisposto un Piano di risanamento aziendale sulla base degli strumenti recati dalla predetta legge, che talvolta dispongono la sospensione degli effetti conseguenti alle perdite maturate.

         Esposte le precedenti premesse il Comune formula i seguenti quesiti:

         1) se sia corretto applicare l'art. 21 esclusivamente alle perdite registrate dalle società partecipate da enti locali iscritte nell'elenco ISTAT di cui all'art. 1, c. 3, del D.lgs. 196/2009;

         2) qualora codesta Corte ritenga l'articolo di cui sopra applicabile a tutte le società pubbliche (anche non inserite nell'elenco ISTAT), tenuto conto dei limiti dell'autonomia patrimoniale perfetta prevista nei rapporti tra socio e società di capitali ai sensi del codice civile, in base alla quale il socio risponde nei limiti della quota di capitale detenuta, se l'art. 21, c. 1, possa intendersi nel senso che l'accantonamento richiesto di quota del risultato negativo d'esercizio o della differenza tra valore e costi della produzione, proporzionale alla quota di partecipazione, possa avvenire esclusivamente nei limiti del valore della quota parte detenuta da ogni ente locale del patrimonio netto della società partecipata;

         3) se la normativa di cui all'art. 21, specificatamente dettata per le società che gestiscono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, possa escludere dal parametro "differenza tra valore e costi della produzione" le voci relative alla gestione straordinaria allo scopo di garantire il ripristino della medesima logica che aveva informato tale disposizione normativa prima della riforma del bilancio delle imprese;

         4) se gli enti locali soci possano non procedere all'accantonamento dell'art. 21 nell'ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento a norma dell'art. 14 del D.lgs. n. 175/2016 nel quale tra le misure di ripristino dell'equilibrio economico-finanziario della società non sia previsto l'esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite;

         5) se il descritto obbligo di accantonamento debba essere assolto con riferimento ai risultati dell'esercizio immediatamente precedente (ad esempio nel corso del 2017 a fronte del risultato economico della società maturata nell'esercizio 2016), ovvero ai risultati emergenti dall'ultimo bilancio di esercizio chiuso (ad esempio nel corso del 2018 a fronte del risultato della società derivante dal bilancio relativo all'esercizio di competenza 2016 approvato nel corso del 2017);

         6) se, nell'ipotesi che l'accantonamento debba essere effettuato in relazione all'ultimo bilancio chiuso (ad esempio nel 2018 a fronte del bilancio relativo all'esercizio di competenza 2016 chiuso nel corso del 2017), sia possibile non procedere allo stesso accantonamento laddove, nel mentre, il risultato economico negativo sia stato comunque riassorbito (nell'esempio, laddove non figuri nel bilancio relativo all'esercizio 2017).

 

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

       1. La richiesta di parere risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo e procedurale in quanto sottoscritta dall’organo legittimato a rappresentare l’Ente e trasmessa tramite il Consiglio delle Autonomie locali, nel rispetto quindi delle formalità previste dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003.

       2. Sotto il profilo oggettivo  la stessa è ammissibile poiché i quesiti proposti riguardano l’interpretazione di disposizioni normative dettate dal legislatore nazionale in funzione di coordinamento della finanza pubblica e relative a vincoli finanziari posti a carico degli enti locali, come tali riconducibili alla nozione di “contabilità pubblica” strumentale all’esercizio della funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, quale delineata nelle pronunce di orientamento generale, rispettivamente, delle Sezioni riunite in sede di controllo (cfr. in particolare deliberazione n. 54/CONTR/10) e della Sezione delle autonomie (cfr. in particolare deliberazioni n. 5/AUT/2006, n. 9/AUT/2009 e n. 3/SEZAUT/2014/QMIG).

         3. La norma di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo.

         Viene, dunque, creata una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati.

         Come questa Sezione ha già avuto modo di precisare (Sez. Liguria deliberazione n. 24/2017/PAR) “il meccanismo dell’accantonamento risponde inoltre all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi.  Le citate disposizioni prevedono anche che le somme accantonate nel fondo vincolato in questione tornino nuovamente nella disponibilità dell’ente partecipante (e possano cioè essere destinate alla copertura di spese effettive) qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione, oppure il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Lo stesso effetto si realizza ove le perdite conseguite in esercizi precedenti siano ripianate dagli stessi soggetti partecipati, cioè siano riassorbite attraverso la gestione successiva.

  L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non comporta l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente obbligo al ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato (come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza contabile).     L’introduzione della disciplina in esame non ha significato il venir meno del sistema di limiti individuato dalla stessa giurisprudenza con riguardo alla possibilità per gli enti locali di ricorrere a tali operazioni nell’ambito dei rapporti finanziari con le proprie partecipate (per tutte cfr. per esempio Sezione controllo Lombardia, deliberazione n. 410/2016/PRSE e la numerosa giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche il referto della Sezione delle Autonomie di cui alla deliberazione n. 27/SEZAUT/2016/FRG).

         Come già chiarito da questa Sezione nella citata deliberazione n. 24/2017/PAR), pur in presenza degli accantonamenti in argomento, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati si ritiene permanga del tutto precluso allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione oggi ripresa e confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016. Anche con riguardo ai precetti normativi appena richiamati è stata riscontrata la coerenza con i principi e le disposizioni dell’Unione europea che vietano la possibilità per i soggetti che operano nel mercato comune di beneficiare di diritti speciali ed esclusivi o, comunque, di privilegi di qualsiasi natura in grado di alterare la normale esplicazione dei meccanismi di concorrenza nel mercato.

Ne deriva, pertanto, che un ente locale che dovesse assorbire a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21 in oggetto, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile. Come chiarito tra le altre dalla Sezione Piemonte con Delibera n. 48/2017/SRCPIE/PAR, con la statuizione dell’articolo 21 del nuovo testo unico “il legislatore prevede, infatti, un articolato meccanismo di creazione di fondi vincolati a copertura dei rischi di perdite, così manifestando una forte esigenza di cautela (per l’Ente) e di responsabilizzazione” (laddove l’Ente si vede limitata la sua gestione di competenza).

         La delibera n. 9 del 2016 della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, che precede l'emanazione del t. u. in materia di società a partecipazione pubblica, dedica il punto 8.2 all'accantonamento di risorse per perdite reiterate negli organismi partecipati e interventi di soccorso finanziario. La Sezione chiarisce che “l'adempimento dell'obbligo di accantonamento non esime dalla dimostrazione, in caso di soccorso finanziario ai sensi dell'art. 6, comma 19, dl. n. 78/2010, della presenza di un interesse a coltivare la Partecipazione nella società in perdita, la capacità della società di tornare in utile (previa valutazione di un piano industriale) nonché l'economicità e l'efficacia della gestione del servizio tramite il predetto organismo, piuttosto che prendere atto dell'avvenuto scioglimento della medesima a norma dell'art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.”.

         Essendo questa l’interpretazione, e la conseguente finalità, della norma in esame, vengono meno tutte le argomentazioni sostenute dal Comune di Sanremo per limitare alle sole società ricomprese nell’allegato Istat di cui all'art. 1, comma 3, del D. lgs. 196/2009, l’applicazione della norma in esame, ravvisandosi la necessità di comportamenti di responsabilizzazione e di prudenza nei confronti di ogni organismo partecipato.

         Per quanto osservato, quindi, non viene meno la regola, riferita alle società partecipate, dell'autonomia patrimoniale perfetta e non è ipotizzabile una responsabilità verso terzi per attività di direzione e coordinamento (ex art. 2497 c.c.) né tanto meno è ipotizzabile un obbligo delle amministrazioni partecipanti di ripiano delle perdite, dal momento che le stesse amministrazioni hanno comunque una limitazione nel capitale conferito.

         Per le argomentazioni sopraesposte, una norma prudenziale della portata dell’art. 21 non può avere un’applicazione restrittiva, in relazione ai rari e soli casi di enti locali che partecipino in società di cui al citato allegato Istat, ma, a parere di questa Sezione, deve ritenersi applicabile a tutte le società pubbliche (anche non inserite nell'elenco ISTAT) partecipate da Amministrazioni pubbliche inserite nell'elenco ISTAT.

         4. In relazione al secondo quesito, questa Sezione evidenzia come il dato letterale della norma appare chiaro nella sua formulazione e non suscettibile di diversa interpretazione: il primo capoverso del comma 1 dell’art. 21 richiede un accantonamento, nell'anno successivo alla perdita d’esercizio, di importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato; ossia l’intera perdita d’esercizio.

         E’ evidente che se l’obbligo di accantonamento trovasse un limite nel valore della quota parte detenuta da ogni ente locale del patrimonio netto della società partecipata, la perdita non troverebbe “copertura” nel fondo in quanto l’ammontare della quota di partecipazione è cosa ben diversa dall’ammontare della perdita ed i due valori non coincidono.

         Occorre ricordare che l’ammontare della quota di partecipazione nel patrimonio dell’Ente corrisponde all’unica “perdita” certa ed ammissibile per l’Ente locale partecipante nel caso in cui la gestione negativa della società porti alla cessazione di quest’ultima. Difatti, nel sistema in esame vige la regola dell’autonomia patrimoniale delle società partecipate, regola che non viene derogata dalla disposizione di cui all’art.21. Motivo per cui l’unico capitale di “rischio” dei soci è rappresentato dalla quota versata.

         Di contro, come evidenziato da questa Sezione nel rispondere al primo quesito, l’accantonamento previsto dalla norma in esame ha una diversa finalità che in alcun modo può pregiudicare la regola dell’autonomia patrimoniale.

         Per quanto detto, pertanto, l’ammontare della perdita (rectius: dell’accantonamento) dovrà essere ripartito in misura proporzionale alla quota percentuale di partecipazione.

 

       5. In relazione al terzo quesito, la Sezione non può avallare alcuna interpretazione teleologica in quanto, come per il punto precedente, la norma è chiara nel suo tenore letterale. Per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra “valore” e “costi” della produzione, ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile, nella sua attuale formulazione. E’ vero che il D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139, ha disposto modifiche agli schemi di bilanci delle società di capitali, che si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari approvati dal 2016, ma è allo stesso tempo da evidenziare che il d.lgs. n. 175 del 2016 ha confermato la formulazione preesistente della norma (inserita, per la prima volta nell’ordinamento, con l’art. 1, commi 551 e seguenti, della legge n. 147 del 2013). In altri casi, invece, lo stesso legislatore del testo unico sulle società pubbliche, pur riprendendo norme precedenti, le ha modificate o integrate (cfr, per esempio, art. 14, comma 5). Pertanto, si ritiene debba essere privilegiata, anche dopo il d.lgs. n. 139 del 2016, la formulazione letterale dell’art. 21 del d.lgs. n. 175 del 2016. Quest’ultima, comunque, al suo interno, mantiene un significato, posto che per le sole società che gestiscono servizi pubblici locali a rete, a differenza che per le altre (per es., società strumentali) viene tenuta fuori la “gestione finanziaria”.

         6. Per ciò che concerne il quarto quesito ritiene la Sezione che il dato letterale della norma nonché il principio di prudenza escludano la possibilità che gli enti locali soci possano non procedere all'accantonamento, previsto dall'art. 21, nell'ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento a norma dell'art. 14 del D.lgs. n. 175/2016 nel quale, tra le misure di ripristino dell'equilibrio economico-finanziario della società, non sia previsto l'esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite. Ciò in quanto, fintanto che non siano noti gli effetti del piano di risanamento, non è possibile escludere che l’Ente debba intervenire, in caso di dimostrata utilità, a ripianare le perdite.

         7. In riferimento al quinto quesito, la norma fa riferimento al risultato – negativo – di esercizio, il quale si consacra nel rendiconto (bilancio d’esercizio) approvato formalmente dalla società partecipata. Solo in tale momento acquista certezza contabile e rilevanza ai sensi della disposizione in esame. Pertanto, l’accantonamento dovrà essere effettuato nel primo bilancio successivo alla “certificazione” del risultato negativo. La norma, tra l’altro, consente all’Amministrazione, in fase di programmazione, di valutare come utilizzare le proprie risorse contemperando le finalità perseguite dalla società partecipate con le finalità perseguite con le altre procedure di spesa.

Quanto sopra non impedisce all’Ente partecipante, nell’ambito della verifica sull’andamento della gestione societaria, di valutare prudenzialmente di procedere ad accantonamenti anche prima dell’approvazione del bilancio d’esercizio.

         8. Allo stesso modo, rispondendo all’ultimo quesito, la Sezione ritiene che, al fine di valutare il riassorbimento delle perdite, l’Ente dovrà attendere la certificazione dei risultati della società partecipata mediante l’approvazione del bilancio d’esercizio i cui risultati positivi incideranno, pertanto, sul primo bilancio di previsione successivo a tale certificazione.   

P.Q.M.

la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria, sulla richiesta avanzata dal Comune di Sanremo, afferma i seguenti principi:

         1) l'art. 21, comma 1, del D.lgs. n. 175 del 2016, si applica a tutte le società partecipate da enti locali dovendosi considerare il riferimento all'elenco ISTAT citato dalla norma come relativo agli enti locali partecipanti. Tale norma non fa venir meno il principio dell’autonomia patrimoniale sancito dalla disciplina civilistica;

         2) l’accantonamento previsto dall’art. 21 comma 1, del D.lgs. n. 175 del 2016, deve essere pari al valore dell’intera predita registrata dalla società partecipata e deve essere suddiviso tra gli enti partecipanti in una quota proporzionale al valore della partecipazione. In nessun caso tale accantonamento può essere limitato al valore della quota parte del patrimonio netto della società partecipata detenuta da ogni ente locale.

         3) per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra “valore” e “costi” della produzione, ai sensi dell'articolo 2425 del codice civile, nella sua attuale formulazione;

         4) gli enti locali soci devono procedere all'accantonamento previsto dal comma 1, dell'art. 21 anche nell'ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento, ai sensi dell'art. 14 del D.lgs. n. 175/2016, nel quale, tra le misure di ripristino dell'equilibrio economico-finanziario della società, non sia previsto l'esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite;

         5) gli Enti locali devono procedere con l’accantonamento di cui al comma 1, dell’art. 21 del D.lgs. n. 175 del 2016 nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato negativo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata;

         6) gli Enti locali possono non procedere all’accantonamento, o ridurre lo stesso, nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato positivo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata.

 

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura del funzionario preposto all’attività di supporto della Sezione, al Sindaco del Comune di Sanremo.

Così deliberato in Genova nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2018.

 

     Il magistrato relatore                                                     Il Presidente

       Francesco Belsanti                                                           Fabio Viola

    

      

 

Depositato in segreteria il 12 ottobre 2018

      Il Funzionario Preposto

         Antonella Sfettina



[1] «Sempre in relazione all'art 21, si osserva che tale norma, rendendo il socio locale partecipe dei risultati negativi della gestione delle società inserite nel conto economico consolidato dello Stato, determina il definitivo superamento dell'autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza i rapporti fra il socio e la società. La spesa iniziale per l’assunzione delle partecipazioni sociali potrebbe non essere rappresentativa degli oneri finanziari che conseguono all'acquisto. L’ impossibilità di valutare preventivamente gli oneri a carico della finanza pubblica e di procedere alla relativa registrazione di spesa determinerebbe un cronico conflitto con le regole di contabilità pubblica e sarebbe logico pensare che l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni nelle predette società sia sempre precluso. Tuttavia, la fattispecie presenta delle significative difficoltà applicative perché non è possibile determinare preventivamente se una società ricada o meno nel citato elenco, giacché il relativo accertamento, concentrandosi sui ricavi conseguiti dalla società, si svolge necessariamente ex post. Peraltro, i rapporti che si instaurano fra il socio locale e le società inserite nel conto economico consolidato appaiono comunque assai problematici: da un lato, il socio pubblico non potrà disporre alcuna ricapitalizzazione o altre operazioni finanziarie volte alla copertura delle perdite, se non nel rispetto degli stringenti limiti previsti dall'art. 14, comma 5 del T.U.; dall'altro è obbligato comunque a disporre degli accantonamenti secondo i limiti e l'ammontare specificati nel successivo art. 21.  La disciplina sull'obbligo di accantonamento è sostanzialmente sterile, in quanto il relativo importo solo eccezionalmente potrà essere utilizzato per far fronte alla copertura delle perdite di esercizio. Infatti, sebbene lo stesso comma 21, preveda fra le cause che consentono il recupero dell'importo accantonato il "caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio", sulla fattispecie continuano a persistere i divieti previsti dal quinto comma dell'art. 14 del T.U.»

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