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TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 6/12/2018 n. 2746
Sui requisiti che devono sussistere affinché il requisito del controllo analogo sia soddisfatto in caso di società in house pluripartecipata.

Ai fini del controllo analogo congiunto, non ogni singolo Comune deve poter individualmente condizionare tutti gli atti di portata generale della società in house, ma è sufficiente, come nel caso di specie, che gli Enti Comunali possano condizionare congiuntamente ogni atto fondamentale della partecipata, nonché vincolare individualmente, mediante poteri di veto, tutte le decisioni che hanno ricadute dirette sul rispettivo territorio. Ed invero, come ribadito dalla più recente giurisprudenza in tema di controllo congiunto nell'ambito di una fattispecie analoga a quella in questione: "in caso di in house c.d. pluripartecipato … il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse e … il requisito in questione è per contro escluso allorché l'ente pubblico partecipante non abbia la benché minima possibilità di partecipare al controllo dell'ente in house.

Affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, in linea con gli artt. 12 della dir. 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:
a) gli organi decisionali dell'organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;
b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell'organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all'in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal ;
c) l'organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.
Emerge in definitiva l'esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un'influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell'ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull'operato del management in grado di conformare l'azione di quest'ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore. Tali poteri si esplicano sia in generale rispetto al complesso delle attività statutariamente demandate alla società, sia in relazione allo specifico servizio di igiene urbana prestato per il comune partecipante". Pertanto, l'affidamento posto in essere nel caso di specie si pone in conformità al modello previsto dall'art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, in attuazione dell'art. 12 della Dir. 2014/24/UE.

Come risulta dal disposto dell'art. 5, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 50/2016, emesso in attuazione dell'art. 12 della Dir. 2014/24/UE: "oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi", mentre per l'art. 16, c. 3, del d.lgs. n. 175/2016: "Gli statuti delle società di cui al presente articolo" (in house) "devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci". Dal disposto letterale delle norme succitate si ricava, dunque, che il rispetto della soglia dell'80% dell'attività della società a favore degli enti pubblici soci comporta la legittimità dell'azione dell'organismo societario secondo il modello dell'in house providing sotto il profilo della vocazione commerciale, come nel caso di specie, nel quale Asm Pavia opera per circa il 90% in favore dei comuni soci, come non risulta contestato in atti.
"A questo specifico riguardo il giudice europeo ha affermato che, al fine di stabilire se il requisito dell'attività prevalente sia soddisfatto, occorre considerare che una società partecipata da enti pubblici, che svolge attività nell'interesse di questi ultimi, può a sua volta essere attiva sul mercato e (...) pertanto entrare in concorrenza con altre imprese (§ 60); e che la deroga all'obbligo dell'evidenza pubblica può giustificarsi solo se le attività svolte dalla medesima società siano sostanzialmente destinate in via esclusiva all'ente (§ 62). In questa linea, il fatturato computabile nell'attività prevalente può essere rappresentato solo da quello che l'impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall'ente locale controllante, nell'ambito del quale va comunque compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni (§ 65). A questo specifico riguardo la Corte di giustizia ha precisato che le attività rientranti nell'in house providing sono tutte quelle che quest'ultima realizza nell'ambito di un affidamento effettuato dall'amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l'utente delle prestazioni (§ 66); e che non assume per contro rilevanza accertare chi remunera le prestazioni dell'impresa in questione, potendo trattarsi sia dell'ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente (§ 67). La Corte di giustizia ha concluso nel senso che nell'ipotesi di in house pluripartecipato la condizione relativa alla parte più importante della propria attività può ricorrere qualora l'impresa in questione svolga la parte più importante della propria attività non necessariamente con questo o quell'ente locale ma con tali enti complessivamente considerati (§ 70)"

La regione Lombardia non ha ancora provveduto all'istituzione degli ambiti sovracomunali, essendo l'organizzazione e l'affidamento del servizio di igiene ambientale in tale Regione affidato alla competenza dei rispettivi Comuni. Ne consegue l'impossibilità di applicare in Lombardia, e quindinel comune di Bereguardo, le disposizioni normative in materia di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, con il conseguente rigetto pure di tale censura.

Materia: appalti / disciplina

Pubblicato il 06/12/2018

 

N. 02746/2018 REG.PROV.COLL.

 

N. 01020/2018 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1020 del 2018, proposto da

Pizzamiglio Andrea S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Racalbuto e Stefano Sonzogni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, corso Monforte n. 2;

 

contro

Comune di Bereguardo, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Larga n. 23;

 

nei confronti

Asm Pavia S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Adavastro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Donizetti n. 47;

 

per l'annullamento

previa adozione di idonee misure cautelari in sede collegiale

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Bereguardo n. 9, del 26.02.2018, pubblicata all’albo pretorio per 15 giorni consecutivi, dal 3.03.2018 al 18.03.2018, avente ad oggetto “Affidamento del Servizio relativo alla gestione dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari in «House providing» ad ASM PAVIA S.P.A. – Approvazione relazione ex art. 34 D.L. 179/2012. Approvazione schema contratto”;

- dell'anzidetta relazione allegata alla deliberazione consiliare 9/2018, approvata ai sensi dell’articolo 34, comma 20, D.L. n. 179/2012, convertito in L. n. 221/2012;

- over occorrer possa, d’ogni altro atto presupposto, connesso o comunque collegato, anche non cognito, compresa la Carta dei Servizi di cui la suddetta deliberazione consiliare 9/2018 ha preso atto;

 

nonché per la declaratoria d’inefficacia

del contratto di servizio tra il Comune di Bereguardo ed ASM Pavia S.p.a., ove nel frattempo stipulato

e per il risarcimento del danno ingiustamente patito dalla società ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bereguardo e di Asm Pavia S.p.a;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2018 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso all’esame del collegio la società istante ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali il comune di Bereguardo ha disposto l’affidamento del servizio relativo alla gestione dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari in «house providing» ad Asm Pavia S.p.a., nonché l’approvazione della relazione ex art. 34 del d.l. n. 179/2012 e dello schema di contratto.

A sostegno del proprio gravame l’istante ha dedotto, con il primo motivo, la violazione dell’art. 34, comma 20, della legge n. 221/2012, degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 17 della Direttiva 23/2014/UE, dell’art. 12 della Direttiva 24/2014/UE, degli artt. 49, 56 e 106 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché l’eccesso di potere per sviamento, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza d’istruttoria e motivazione, violazione del principio di proporzionalità, contraddittorietà, illogicità, perplessità, ingiustizia manifesta, assumendo l’assenza, in capo ad Asm Pavia, dei requisiti legittimanti l’affidamento “in house” dei servizi ambientali assentiti dal comune di Bereguardo, atteso il solo virtuale controllo analogo congiunto previsto dallo statuto di ASM Pavia, e formulando richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, nonché assumendo l’insussistenza dei requisiti legittimanti l’affidamento “in house”, con riguardo alla vocazione commerciale di ASM Pavia; con il secondo motivo, la violazione dell’art 3bis, comma 1bis, del d.l. n. 138/2011, convertito in legge 148/2011, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 609, della legge n. 190/2014, assumendo il mancato rispetto della specifica normativa in materia di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica; con il terzo motivo, la violazione dell’art. 34, comma 20, della legge n. 221/2012, dell’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 168 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 1, 3 e 6, della legge n. 241/1990, degli artt. 2 e 3 della legge n. 287/1990, degli artt. 49, 56 e 106, TFUE, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, carenza d’istruttoria, difetto di motivazione, sviamento di potere, contraddittorietà, illogicità, perplessità, sviamento di potere e violazione dei principi di proporzionalità, efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, assumendo l’indebita lesione della concorrenza conseguente all’immotivata e sproporzionata eccessiva durata dell’affidamento ad Asm Pavia, anche alla luce della parziale e non veritiera analisi dei costi di prestazioni dei servizi ambientali.

L’istante ha chiesto, altresì, la declaratoria di inefficacia del contratto e il risarcimento del danno.

Si sono costituiti il Comune intimato e Asm Pavia S.p.a.; quest’ultima ha eccepito, in via preliminare, l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso. Entrambe le controparti hanno chiesto la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.

Con ordinanza n. 780 del 2018 la sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla società ricorrente.

Il contratto di servizio è stato, dunque, stipulato.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 25 ottobre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

Il Collegio ritiene, in via preliminare, di assorbire le eccezioni di assunta irricevibilità e inammissibilità del ricorso sollevate da Asm Pavia, in ragione dell’infondatezza del gravame, come risulta dalle considerazioni che seguono.

Ed invero, la società ricorrente, attiva nel settore dei servizi di igiene urbana nella provincia di Pavia, ha impugnato l’affidamento ad opera del comune di Bereguardo del servizio relativo alla gestione dei rifiuti solidi urbani e dei servizi complementari in «house providing» ad Asm Pavia S.p.a., nonché l’approvazione della relazione ex art. 34 del d.l. n. 179/2012 e dello schema di contratto, assumendo l’inesistenza dei requisiti legittimanti il ricorso al modello di gestione “in house”, la violazione della specifica normativa concernente i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, nonché la parziale e comunque non veritiera istruttoria sull’economicità delle modalità e relativi costi d’espletamento del servizio, soprattutto avuto riguardo alla notevole, e non proporzionata, durata dell’affidamento medesimo (pari a 7 anni).

Va anzitutto respinto il primo motivo di gravame, con il quale l’istante ha dedotto plurime violazioni di legge e l’eccesso di potere sotto diversi profili, sostenendo l’assenza, in capo ad Asm Pavia, dei requisiti legittimanti l’affidamento “in house” dei servizi ambientali assentiti dal comune di Bereguardo, sia in considerazione dell’assunto solo virtuale controllo analogo congiunto previsto dallo statuto di Asm Pavia, sia con riferimento alla vocazione commerciale della stessa, formulando, altresì, richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.

La tesi della ricorrente si incentra, essenzialmente, sull’insussistenza in concreto dei suddetti requisiti legittimanti l’affidamento “in house” dei servizi ambientali, sia in relazione alla qualificazione di microazionista del comune di Bereguardo, detentore dello 0,01115% del capitale sociale di AMS Pavia, sia della formulazione del nuovo statuto della stessa Asm, che avrebbe consolidato la sostanziale irrilevanza dei soci minori, diversi dal socio dominante comune di Pavia, relegando i margini di controllo esclusivamente alle modalità di gestione del servizio affidato dal singolo Comune o, al più, alla realizzazione di opere funzionali all’erogazione del servizio, quando debbano essere insediate nel territorio del singolo Comune socio.

Per la Pizzamiglio, fuori di questi casi, un socio come il Comune di Bereguardo sarebbe di fatto estromesso dal controllo della società, rispetto alla quale godrebbe delle medesime prerogative di cui potrebbe disporre nei confronti di un appaltatore privato.

Infatti, nonostante l’art. 1, comma 5, lettera a), dello statuto, preveda la previa autorizzazione assembleare al compimento di una serie di atti gestionali, in specie di pianificazione e programmazione, la disposizione statutaria stabilisce che, dopo le prime due votazioni assembleari, ove è richiesta una doppia maggioranza (in base al peso azionario ed al numero di Comuni), si proceda ad una terza votazione, secondo le maggioranze legali del Codice Civile, ovvero rimettendo ogni decisione al Comune di Pavia, che da solo possiede oltre il 95% del capitale sociale. Ai Comuni dissenzienti non resterebbe, dunque, che recedere dalla società, come in effetti previsto dallo stesso art. 1, comma 5, dello statuto; e la stessa conseguenza sarebbe prevista dalla lettera c) del citato art. 1, comma 5, allorquando il Comune rilevi un non corretto scostamento tra l’operazione dell’organo amministrativo e gli indirizzi deliberati dall’assemblea.

Il controllo analogo non si desumerebbe nemmeno dall’art. 1, comma 5, lett. b): clausola statutaria che solo in apparenza riconosce ai Comuni una sorta di diritto di veto assoluto, per l’assunzione delle delibere assembleari che incidano direttamente nel proprio servizio o territorio, e, dunque, potenzialmente suscettibile di paralizzare la vita della società, impedendo l’approvazione di delibere assembleari anche se sostenute da tutti gli altri soci: la previsione, in realtà, dovrebbe essere intesa come recante una pattuizione parasociale, che ancorché materialmente inserita nello statuto, sarebbe dotata di effetto meramente obbligatorio e non reale.

Il controllo analogo sarebbe escluso, inoltre, in virtù del combinato disposto dell’art. 19, comma 3, dello statuto (che riserva 2 consiglieri su 3, tra cui il Presidente, al socio titolare di oltre i due terzi del capitale sociale e vale a dire il Comune di Pavia), e dell’art. 20 sempre dello statuto (che riserva all’organo amministrativo i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, salve le prerogative d’indirizzo dell’assemblea).

Alla luce dell’interpretazione che scaturirebbe dalla consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia UE, per la ricorrente il controllo (sebbene esercitato in concorso con altri enti soci) dovrebbe riguardare gli “obiettivi strategici” e le “decisioni significative” della persona giuridica controllata nel suo complesso e non il servizio svolto, o la società esclusivamente con riferimento al servizio erogato a favore dell’ente socio.

Ebbene, deve intanto osservarsi che, come ammesso anche dalla società ricorrente, proprio con riferimento alla rispondenza di Asm Pavia ai requisiti richiesti per la qualificazione come società “in house”, soggetta al controllo analogo congiunto dei Comuni soci, si è pronunciato favorevolmente il Consiglio di Stato, con la sentenza della sezione V del 15 gennaio 2018, n. 182.

Esaminando la res controversa alla luce delle prescrizioni in tema di 'in house providing' recate dall'articolo 12 della direttiva 2014/24/UE, il Giudice di appello ha rilevato che «la direttiva in parola ha in buona parte trasfuso orientamenti giurisprudenziali piuttosto consolidati, anche per quanto riguarda la questione dell'individuazione del 'controllo analogo' nel caso di organismi in house di carattere pluripartecipato.

Pertanto, i presupposti e le condizioni per procedere a un affidamento diretto in regime di controllo analogo congiunto possono essere certamente desunti dalle previsioni di cui all'articolo 12 della richiamata direttiva». 

Ha osservato poi che: «non emergono in atti dubbi di sorta circa il fatto che sussistano in capo ad ASM almeno due dei tre requisiti legali perché si possa legittimamente procedere a un affidamento diretto in regime di delegazione interorganica (ci si riferisce, in particolare: i) al fatto che la società in parola sia interamente in mano pubblica e ii) al fatto che la società in parola realizza oltre l'ottanta per cento del proprio fatturato in favore degli enti che partecipano al suo capitale).

Pertanto, qui di seguito ci si soffermerà soltanto sulla (controversa) sussistenza in capo ad ASM Pavia del requisito rappresentato dall'esistenza di un rapporto di controllo analogo pluripartecipato, per come definito dall'articolo 12, paragrafo 3 della richiamata direttiva.

Come è noto, la disposizione appena richiamata stabilisce che "un'amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l'amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi.

(...)

Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;

ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e

iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti".

Occorre a questo punto soffermarsi sulla questione se nel caso in esame possa affermarsi la sussistenza del richiamato requisito del controllo analogo, per come chiarito dalla pertinente giurisprudenza».

Richiamando, poi, orientamenti già espressi dalla Sezione, il Giudice ha osservato che: «nel caso di affidamento in house conseguente alla istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati … Occorre, in particolare, verificare che l'ente pubblico affidante (rispettivamente la totalità dei soci pubblici) eserciti(no), pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria, sicché risulta indispensabile, che le decisioni più importanti siano sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante o, in caso di in house frazionato - come nella fattispecie in esame -, della totalità degli enti pubblici soci (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 aprile 2007, n. 1514) … Ai fini di un legittimo affidamento in house, occorre altresì:

 

- (i) che l'attività della società affidataria sia limitata allo svolgimento dei servizi pubblici nel territorio degli enti soci (e si tratta di un requisito sussistente nel caso in esame),

 

- (ii) che venga esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi (e si tratta anche in questo caso di un requisito sussistente nel caso dell'appellante),

 

- (iii) che si svolga tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti (si tratta anche in questo caso di un requisito che, secondo quanto di seguito si dirà, sussiste nel caso in esame),

 

- (iv) che gli enti soci esercitino un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società (in tal senso: CGCE, Sez. II, 17 luglio 2008, C-371/05, caso Comune di Mantova; CGCE, Sez. III, 13 novembre 2008, C-324/07, caso Coditel Brabant; CGCE, Sez. III, 10 settembre 2009, causa C-573/07, caso SEA).

 

Ebbene, riconducendo le coordinate appena richiamate alle peculiarità che caratterizzano l'appellante se ne deduce la legittimità della delibera consiliare di affidamento del servizio in esame all'A.S.M. Pavia s.p.a., interamente partecipata da enti pubblici locali (Comune di Pavia e Comuni minori limitrofi, sul piano socio-economico facenti parte di un'area urbana in gran parte integrata, riflettentesi tra l'altro sull'integrazione dei servizi pubblici locali), e precisamente al 99,49% dal Comune di Pavia, allo 0,50% da altri Comuni minori».

 

Per il Giudice, sulla base di una valutazione unitaria e globale degli indici ricostruttivi dell'assetto organizzativo connotante struttura e funzione della società affidataria A.S.M. Pavia s.p.a. e dei rapporti tra la società predetta e i Comuni soci affidanti «deve pervenirsi alla conclusione che ricorre un modulo organizzativo istituzionalizzato …, il quale assoggetta l'attività della società affidataria, anche sul piano dell'effettività, a poteri di indirizzo, vigilanza e controllo dei Comuni soci affidanti, sganciati dall'entità della partecipazione societaria e divergenti dal comune modello societario codicistico, che appaiono indubbiamente idonei ad integrare il requisito del controllo analogo da ultimo richiamato dall'articolo 12 della Direttiva 2014/24/UE (e, in seguito, dall'articolo 5 del nuovo 'Codice dei contratti')».

 

La decisione continua statuendo che «il Collegio ritiene che il primo Giudice non abbia adeguatamente valorizzato alcuni indici che deponevano invece nel senso della sussistenza di siffatti poteri.

 

Ci si riferisce in particolare:

 

- al fatto che lo Statuto sociale (articolo 1, comma 6) riconosce a ciascun Comune che affida servizi alla ASM Pavia la titolarità di poteri propulsivi nei confronti del CdA, da esercitare attraverso la formulazione di specifiche proposte relative alle modalità di gestione del servizio. Si tratta di un potere che evidentemente esorbita da quanto ordinariamente esigibile dal socio di minoranza di una società di capitali in relazione all'operatività dell'Organo di amministrazione;

 

- al fatto che lo stesso Statuto riconosce a ciascun Ente socio (anche di minoranza, come nel caso di specie) poteri di veto sulle deliberazioni sociali idonee a riverberarsi sull'esecuzione del contratto di servizio, laddove tale deliberazioni si discostino dalle proposte formulate dall'Ente;

 

- al fatto che lo Statuto riconosce alla maggioranza dei Comuni che abbiano affidato servizi all'appellante (maggioranza da intendersi in senso 'capitario' e non riferita alla percentuale di capitale sociale detenuta) il potere di approvare il Piano industriale, se ciò sia stato richiesto dai due terzi dei componenti dell'Organismo di coordinamento.

 

Il primo Giudice ha ritenuto ostativa al riconoscimento del requisito del 'controllo analogo congiunto' il fatto che i principali poteri propulsivi spettanti al singolo Ente fossero limitati all'esercizio del servizio nell'ambito del territorio comunale.

 

Al riguardo il Collegio osserva che (in base a quanto esposto) tale tesi non sembra tenere conto in modo adeguato del complesso dei poteri di indirizzo e vigilanza congiuntamente esercitabili dai Comuni attraverso lo strumento dell'Assemblea intercomunale.

 

Ma anche volendo limitare l'esame agli aspetti specificamente tenuti in considerazione dal primo Giudice, il Collegio osserva che del tutto correttamente la verifica in ordine alla sussistenza del controllo analogo (sotto la specie dell'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative) possa avere primario riguardo ai servizi svolti nel territorio del singolo comune affidante.

 

Non va dimenticato al riguardo che la sussistenza dei richiamati 'requisiti Teckal' è strumentale rispetto alla verifica di legittimità dell'affidamento diretto da parte di un singolo Ente e in relazione a uno specifico servizio. Ne consegue che è del tutto coerente (e compatibile con il generale principio di proporzionalità) che la verifica in ordine all'effettività dei poteri di vigilanza e di controllo sia svolta in primis avendo riguardo alle modalità di esercizio di interesse del singolo Ente.

 

Al contrario, risulterebbe eccedentario (e incompatibile con il richiamato canone di proporzionalità) imporre che ciascun Ente partecipante possa esercitare poteri di vigilanza, di controllo e di veto anche con riferimento all'espletamento da parte dell'Organismo in house di servizi che in alcun modo interessano il singolo Ente ,,,Per le ragioni esposte deve ritenersi che sussistano nel caso in esame i presupposti individuati anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'UE per configurare un'ipotesi di in house pluripartecipato (ci si riferisce, in particolare, ai requisiti individuati dalla sentenza del 29 novembre 2012 inc cause riunite C-182/11 e C-183/11 - Econord)».

 

Ebbene, questo T.A.R. ritiene che tali statuizioni possano essere qui confermate, soprattutto alla luce del nuovo statuto di Asm Pavia, che garantisce ancora di più la sussistenza del controllo analogo congiunto.

 

Ed invero, l’art. 1, comma 4, dello statuto, così recita: “Ai fini dell'esercizio del controllo analogo, i Comuni che affidano servizi alla Società esercitano poteri di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività di ASM Pavia con le modalità definite dal presente Statuto e dai contratti di servizio. Pertanto la Società, oltre ai normali controlli spettanti ai soci in base al Codice Civile, è soggetta, congiuntamente da parte di tutti gli Enti soci affidanti i servizi, ad un controllo analogo a quello da questi esercitato sui propri uffici. Tale controllo avviene secondo le modalità di cui al presente Statuto, ed attraverso gli adempimenti ed i flussi informativi che la società deve garantire a ciascun Ente socio coerentemente con le previsioni dei regolamenti sui sistemi dei controlli sulle società partecipate di matrice comunale”. Ancora, secondo il disposto dell’art. 1, comma 5, lettera b): “le deliberazioni assembleari attinenti la gestione di servizi, nonché la costruzione e gestione di opere funzionali ai medesimi realizzate dalla Società sul territorio di un singolo Comune, richiederanno, per l’approvazione, il consenso esplicito e vincolante del Comune interessato a tali opere e gestioni locali, ferma comunque la regolamentazione del rapporto di servizio a mezzo di apposito contratto e/o convenzione che assicuri il controllo più sopra precisato”; per la lettera a) della stessa norma: “la predisposizione e l’approvazione del piano industriale, della relazione previsionale triennale aziendale, del pianoprogramma, del bilancio economico di previsione pluriennale, del bilancio economico di previsione annuale e di altri eventuali documenti programmatici e strategici; del bilancio di sostenibilità, ambientale, sociale; del codice etico, delle spese di rappresentanza; delle carte dei servizi, delle indagini di customer satisfaction; degli schemi generali dei contratti di servizio, delle relazioni sul governo societario; nonché delle determinazioni nelle materie di cui sopra che la Società deve assumere in seno a Consorzi e/o Enti partecipati e su cui la medesima esercita un controllo congiunto, dovranno formare oggetto di indirizzi vincolanti e di approvazione da parte dell'Assemblea e si intenderanno approvati: in prima convocazione, con il voto favorevole di due terzi del capitale sociale, purché rappresentativo anche dei due terzi dei Comuni soci; in seconda convocazione, a maggioranza semplice purché rappresentativa anche della maggioranza dei Comuni soci presenti in assemblea; ed in terza convocazione a maggioranza semplice con facoltà di recesso dei soci dissenzienti che lamentino motivatamente la violazione delle proprie prerogative di controllo congiunto, fermo restando in ogni caso quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 2437 bis c.c.”; a ciascun Ente Pubblico socio sono in ogni caso riconosciuti, per la stessa norma: “c) poteri propulsivi nei confronti del Consiglio di Amministrazione, o dell'Amministratore Unico, consistenti in proposte di specifiche iniziative inerenti l'esecuzione del contratto di servizio stipulato - sempre nel rispetto dell'economicità della gestione del servizio - e di poteri di veto sulle deliberazioni, specificamente incidenti sull'attuazione del contratto di servizio, che si discostino da tali proposte; nei casi in cui il Comune ha diritto a far valere la risoluzione del contratto di servizio, come da previsioni di quest'ultimo, e la revoca dell'affidamento, il Comune stesso ha titolo a recedere dalla Società; d) il diritto di recesso dalla Società qualora, in caso di accertato e dimostrato scostamento dagli indirizzi impartiti dall’Assemblea, nonché dalle prescrizioni vincolanti contenute nel contratto di servizio e di ogni ulteriore pattuizione intervenuta tra i Soci regolante l’organizzazione della Società e il miglior perseguimento dell’oggetto sociale, la Società, su richiesta del Socio, non vi ponga rimedio a mezzo di adeguata, motivata deliberazione dell’Assemblea; e) un flusso informativo costante anche attraverso piattaforme digitali dedicate. Gli Enti Soci potranno valutare e richiedere ulteriori meccanismi, anche tramite la stipula di patti parasociali ai sensi della normativa vigente; f) il diritto, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, di presentare denunzia di gravi irregolarità al Tribunale competente, nonché di disporre ispezioni, anche ai fini dell’espletamento del controllo analogo. La Società, in ogni caso, adotta le obbligatorie procedure e meccanismi operativi in materia di trasparenza amministrativa, prevenzione della corruzione, prevenzione dei reati di cui la società stessa potrebbe essere dichiarata responsabile”.

Ai sensi dell’art. 12, comma 2, dello statuto: “Ai fini dell'esercizio dei poteri di controllo analogo, il diritto di recesso può essere altresì esercitato dal Comune socio nei casi di cui al precedente articolo 1, comma 4, nonché negli altri casi previsti dal presente statuto”; per il successivo comma 3: “In caso di legittimo recesso dell’Ente Socio, l’affidamento del servizio ed il correlato contratto di servizio si intenderanno automaticamente privi di effetti, salvo l’obbligo per la Società di garantire la continuità del servizio nelle more delle determinazioni in ordine al nuovo affidamento da parte dell’Ente che ha esercitato legittimamente il recesso”.

Riguardo alla nomina del Consiglio di Amministrazione, lo statuto prevede, ai sensi dell’art. 19, commi 2 e 3, che: “2. L’Organo Amministrativo è nominato dall’Assemblea con il voto favorevole, in prima convocazione, dei due terzi del capitale sociale, purché rappresentativo anche dei due terzi dei Comuni soci; in seconda convocazione, a maggioranza semplice purché rappresentativa anche della maggioranza dei Comuni soci presenti in assemblea; ed in terza convocazione a maggioranza semplice con facoltà di recesso dei soci dissenzienti che lamentino motivatamente la violazione delle proprie prerogative di controllo congiunto, fermo restando in ogni caso quanto previsto dal comma 3 dell’art. 2437. 3. In deroga a quanto previsto al precedente comma, qualora un singolo Socio sia titolare dei due terzi del capitale sociale, il medesimo ha diritto di proporre la nomina dell'Amministratore Unico, o, nel caso di istituzione del Consiglio di Amministrazione, di due amministratori, fra i quali l'Assemblea eleggerà il Presidente. In tale ultimo caso: a) la nomina dei due componenti, indicati dal Socio titolare dei due terzi del capitale, avviene senza diritto di voto degli altri Enti soci; b) la nomina del terzo componente avviene a maggioranza del numero dei Comuni soci, con esclusione del diritto di voto del Socio titolare dei due terzi del capitale sociale”; inoltre, ai sensi dell’art. 20: “1. L’Organo Amministrativo, nel rispetto delle previsioni del presente Statuto ed in particolare dell'art. 1, comma 5, e dell'art. 18, è investito dei poteri di ordinaria amministrazione corrente della Società, nonché di esecuzione delle decisioni assembleari relative sia ai principali atti di gestione ordinaria, sia agli atti di straordinaria amministrazione della Società, essendo ad esso demandato il compito di compiere gli atti necessari per l'attuazione dell'oggetto sociale, esclusi quelli che per legge e per Statuto sono riservati ad altri organi. 2. Sarà cura dell’Organo Amministrativo adattare l'operato delle strutture gestionali societarie agli indirizzi operativi enunciati dall'Assemblea e dai Comuni Soci, nonché predisporre report periodici a norma dell'art. 1, comma 5 del presente statuto. Fermi i poteri e le facoltà di ciascun Comune che affida l'erogazione di servizi alla Società, riconosciuti dal precedente art. 1, comma 5, ed il diritto di recesso disciplinato all'art. 12 restano comunque pieni i compiti e le responsabilità dell’Organo Amministrativo, inerenti le attività gestionali ed l'esecuzione dei contratti di servizio. A tale scopo, nel definire gli indirizzi sui contenuti essenziali dei contratti di servizio, a norma del precedente art. 1, comma 5, l'Assemblea dovrà delineare forme e modalità dei controlli comunali sui servizi affidati che tengano conto dei compiti e delle specifiche responsabilità relativi alla gestione che incombono sull'Organo Amministrativo. …”.

A parere del Collegio, tale modello statutario consente ai Comuni soci, come Bereguardo, di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obbiettivi strategici e sulle decisioni significative di Asm Pavia, potendo finanche il singolo Comune, indipendentemente dalla quota di partecipazione, opporre il proprio veto alla società nel suo complesso riguardo alla gestione dei propri servizi.

 

Ed invero, ai fini del controllo analogo congiunto, non ogni singolo Comune deve poter individualmente condizionare tutti gli atti di portata generale della società in house, ma è sufficiente, come nel caso di specie, che gli Enti Comunali possano condizionare congiuntamente ogni atto fondamentale della partecipata, nonché vincolare individualmente, mediante poteri di veto, tutte le decisioni che hanno ricadute dirette sul rispettivo territorio.

 

Ed invero, come ribadito dalla più recente giurisprudenza in tema di controllo congiunto nell’ambito di una fattispecie analoga a quella in questione: “in caso di in house c.d. pluripartecipato sulla base dei principi affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e 183/11 … il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse (§ 29) e … il requisito in questione è per contro escluso allorché l'ente pubblico partecipante non abbia la benché minima possibilità di partecipare al controllo dell'ente in house (§ 31). Ma anche in questo caso l'eventualità che si paventa nel presente appello è nel caso di specie da escludere alla luce delle previsioni statutarie sopra esaminate. Queste, infatti, attribuiscono all'assemblea dei soci pubblici competenze decisionali aventi ad oggetto le strategie di gestione, le decisioni più importati e quelle che riguardano i servizi svolti nel proprio interesse” (Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2017, n. 2796).

 

“Deve affermarsi, in linea con gli artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, che affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

 

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

 

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

 

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

 

Dal complesso di tali previsioni interne emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore. Tali poteri si esplicano sia in generale rispetto al complesso delle attività statutariamente demandate alla società, sia in relazione allo specifico servizio di igiene urbana prestato per il comune partecipante” (Consiglio di Stato, sez. V, 30 aprile 2018, n. 2599).

 

Il Collegio ritiene, quindi, alla luce delle suddette considerazioni, di non dover aderire alla richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, in quanto l’affidamento posto in essere nel caso di specie si pone in conformità al modello previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, in attuazione dell’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE.

 

Né coglie nel segno la censura concernente l’insussistenza dei presupposti legittimanti l’affidamento in house in ragione dell’asserita vocazione commerciale di ASM Pavia, desumibile, per la ricorrente, dalle partecipazioni da essa detenute in altre Società.

 

Come risulta, infatti, dal disposto dell’art. 5, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 50/2016, emesso proprio in attuazione dell’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE: “oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi”, mentre per l’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 175/2016: “Gli statuti delle società di cui al presente articolo” (in house) “devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci”.

 

Dal disposto letterale delle norme succitate si ricava, dunque, che il rispetto della soglia dell’80% dell’attività della società a favore degli enti pubblici soci comporta la legittimità dell’azione dell’organismo societario secondo il modello dell’in house providing sotto il profilo della vocazione commerciale, come nel caso di specie, nel quale Asm Pavia opera per circa il 90% in favore dei comuni soci, come non risulta contestato in atti.

 

“A questo specifico riguardo il giudice europeo ha affermato che, al fine di stabilire se il requisito dell'attività prevalente sia soddisfatto, occorre considerare che una società partecipata da enti pubblici, che svolge attività nell'interesse di questi ultimi, può a sua volta essere attiva sul mercato e (...) pertanto entrare in concorrenza con altre imprese (§ 60); e che la deroga all'obbligo dell'evidenza pubblica può giustificarsi solo se le attività svolte dalla medesima società siano sostanzialmente destinate in via esclusiva all'ente (§ 62).

 

In questa linea, il fatturato computabile nell'attività prevalente può essere rappresentato solo da quello che l'impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall'ente locale controllante, nell'ambito del quale va comunque compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni (§ 65). A questo specifico riguardo la Corte di giustizia ha precisato che le attività rientranti nell'in house providing sono tutte quelle che quest'ultima realizza nell'ambito di un affidamento effettuato dall'amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l'utente delle prestazioni (§ 66); e che non assume per contro rilevanza accertare chi remunera le prestazioni dell'impresa in questione, potendo trattarsi sia dell'ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente (§ 67). La Corte di giustizia ha concluso nel senso che nell'ipotesi di in house pluripartecipato la condizione relativa alla parte più importante della propria attività può ricorrere qualora l'impresa in questione svolga la parte più importante della propria attività non necessariamente con questo o quell'ente locale ma con tali enti complessivamente considerati (§ 70)” (Cons. di Stato, sez. V, 30 aprile 2018, n. 2599, che richiama i principi affermati da Corte di giustizia, 11 maggio 2006, causa C-340/04).

 

Il primo motivo deve essere, dunque, respinto.

 

In relazione alla seconda censura, concernente l’assunta violazione dell’art 3bis, comma 1bis, del d.l. n. 138/2011, convertito in legge 148/2011, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 609, della legge n. 190/2014, con riferimento all’asserito mancato rispetto della specifica normativa in materia di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, deve rilevarsi che tale normativa disciplina le modalità di affidamento dei servizi a rete in ambiti sovra-comunali. La regione Lombardia non ha ancora provveduto all’istituzione di tali ambiti, essendo l’organizzazione e l’affidamento del servizio di igiene ambientale in tale Regione affidato alla competenza dei rispettivi Comuni. Ne consegue l’impossibilità di applicare in Lombardia, e quindi nel comune di Bereguardo, le disposizioni normative in materia di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, con il conseguente rigetto pure di tale censura.

Riguardo al terzo motivo, concernente la violazione dell’art. 34, comma 20, della legge n. 221/2012, dell’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 168 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 1, 3 e 6, della legge n. 241/1990, degli artt. 2 e 3 della legge n. 287/1990, degli artt. 49, 56 e 106, TFUE, nonché l’eccesso di potere sotto diversi profili, in relazione all’assunta l’indebita lesione della concorrenza conseguente all’immotivata e sproporzionata eccessiva durata dell’affidamento ad Asm Pavia, anche alla luce della parziale e non veritiera analisi dei costi di prestazioni dei servizi ambientali, il Collegio, sulla base della documentazione versata in atti ed in particolare della relazione prevista dall’art. 34, comma 20, del d.l. n. 179/2012, ritiene che la censura non colga nel segno, atteso che la conferma del modello gestionale in house è stata valutata ed apprezzata in maniera approfondita anche in rapporto agli altri moduli previsti dall’ordinamento in via alternativa, oltre che con riferimento alla congruità e alla convenienza economica della scelta, riguardo all’oggetto e al valore della prestazione.

Per il disposto letterale della norma succitata, invero: “Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica,[…] l'affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell'ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.”

In particolare, dall’esame della relazione succitata (in particolare pagg. 10-16), il cui contenuto si richiama integralmente, risultano illustrati idoneamente: le caratteristiche del servizio oggetto di affidamento, unitamente all’illustrazione del quadro normativo di riferimento, nonché quelle dell'affidataria, i presupposti in base ai quali la stessa è qualificabile come ente in house, i risultati tecnico-economici conseguiti dalla medesima negli esercizi precedenti; le motivazioni strategiche che hanno indotto il Comune a confermare il modello dell'in house providing per il servizio di gestione integrata dei rifiuti, unitamente alle peculiarità tecniche ed economiche del servizio e delle premialità assicurate dal Gestore in house; l’accurata analisi dei costi del servizio con riferimento alle peculiarità tecniche del medesimo e in relazione a quelli applicati in comuni equivalenti per popolazioni e numero di utenze.

La relazione opera, dunque, un’analisi approfondita sulle ragioni della scelta del modello, motivando più che idoneamente sulle caratteristiche qualitative ed economiche del modello di gestione del servizio prescelto.

Ne risulta l’infondatezza pure della terza censura dedotta dall’istante, essendo inammissibili i prospetti dalla stessa prodotti perché riferibili a realtà territoriali differenti tra loro per numero di abitanti e per conformazione urbanistica, nonché a prestazioni di servizio che differiscono tra loro per frequenza e per tipologia, e tendenti a porsi in contrasto con la motivazione risultante dalla suddetta relazione, costituente espressione di un potere di spiccata natura discrezionale e, dunque, insindacabile, perché non espresso in maniera illogica od incongrua.

Risulta del tutto legittima anche la durata settennale del contratto, avuto riguardo al modello gestionale prescelto dell’in house, del quale, come osservato, sussistono i presupposti, e comunque giustificata anche con riferimento alle utilità che conseguono al Comune dai meccanismi premiali e di abbattimento del canone previsti nel progetto esecutivo.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, unitamente all’istanza risarcitoria.

Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti del Comune intimato e di Asm Pavia, in solido e per la stessa quota, che si liquidano nella somma complessiva pari ad euro 6.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci,      Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Alessandra Tagliasacchi,        Primo Referendario

 

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Elena Quadri              Angelo Gabbricci

                       

IL SEGRETARIO

 

 

 

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