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TAR Lazio, sez. I, 8/3/2019 n. 3101
Sulla natura e sui presupposti che devono sussistere ai fini dello scioglimento ex art. 143 TUEL di un consiglio comunale

La natura dello scioglimento quale rimedio di "extrema ratio" volto a salvaguardare beni primari dell'intera collettività nazionale, messi in pericolo o compromessi dalla collusione tra amministratori locali e criminalità organizzata o dal condizionamento comunque subito dai primi, non fronteggiabile con altri apparati preventivi o sanzionatori dell'ordinamento, ovvero, in altre parole, lo stesso obiettivo di ripristino delle condizioni di legalità che il legislatore assegna alla misura in presenza delle condizioni eccezionali tratteggiate dall'art. 143 TUEL, richiede che l'intervento sia posto in essere solo laddove l'influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi dell'amministrazione locale sia fondatamente e univocamente percepibile, risolvendosi altrimenti l'applicazione della norma in un'inammissibile ingerenza dello Stato nei governi locali. Ne consegue imprescindibilmente che, nell'apprezzamento della eventuale sussistenza delle ridette condizioni eccezionali, nessuna realtà locale debba scontare in linea di principio ovvero pregiudizialmente la mera appartenenza a un più vasto territorio, ritenuto, sotto il profilo giuridico, ma anche sotto quello storico, pervasivamente interessato dalla presenza di fenomeni criminali radicati e organizzati nel territorio.

In base alle specifiche caratteristiche di ciascuna parte del territorio nazionale, l'accertamento da compiersi ex art. 143 del d.lgs. 267/2000, ai fini del suo positivo riscontro di legittimità in via giudiziale, deve necessariamente far trasparire l'esistenza di un modello di collegamento diretto o indiretto tra amministratori e criminalità organizzata di tipo mafioso o similare ovvero di forme di condizionamento dei primi, che possono anche riflettersi, caso per caso, in una diversa conformazione degli elementi che denotano la presenza delle condizioni patologiche che determinano i gravi effetti negativi nella gestione della cosa pubblica richiamati dalla disposizione, ma che non può che essere identico nell'apprezzamento della consistenza degli elementi stessi, che, laddove conduca allo scioglimento dell'organo elettivo locale, deve dar conto in ogni caso della loro concretezza, univocità e rilevanza.

Materia: enti locali / ordinamento
Pubblicato il 08/03/2019

N. 03101/2019 REG.PROV.COLL.

N. 10390/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10390 del 2017, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Gagliardi La Gala, Giovanni Caponio e Gianluigi Pellegrino, elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba Tortolini, 30, presso lo studio Placidi Srl;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'interno - Ufficio territoriale del Governo di Bari - in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti

Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio; 

per l'annullamento:

del decreto n.49114-Area II-EE.LL. del 25 settembre 2017 adottato dal Prefetto della Provincia di Bari con il quale è stata disposta la “sospensione degli Organi del Comune di -OMISSIS- dalla carica ricoperta; nonché da ogni altro incarico ad essa connesso” ed è stata, contestualmente, incaricata una Commissione “con i poteri spettanti al Sindaco, alla Giunta ed al Consiglio” per la “provvisoria amministrazione dell'Ente fino alla definizione del procedimento di scioglimento”;

nonché, di tutti gli altri atti presupposti e connessi, tra cui segnatamente:

- la “Relazione” predisposta dalla Prefettura di Bari che ha attivato - a norma dell'art.143 del Decreto Leg.vo 18 agosto 2000 n.267 - la procedura per lo “scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS- e l'affidamento della gestione dell'Ente ad una Commissione Straordinaria”;

- la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella seduta del 23 settembre 2017, di scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS- e la sottostante “proposta” del Ministero dell'Interno unitamente alla “Relazione” che la suffraga;

- il conseguenziale decreto del Presidente della Repubblica che ha disposto lo “scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS-” e la contestuale nomina della Commissione Straordinaria di surroga degli Organi elettivi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'interno - Ufficio territoriale del Governo di Bari, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza collegiale di questa sezione n. 6100/2018 del 31.5.2018;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2019 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’odierno gravame, nelle qualità precedentemente rivestita di sindaco del Comune di -OMISSIS-, il ricorrente ha impugnato il decreto del Presidente della Repubblica (adottato in data 25 settembre 2017) e gli atti connessi indicati in epigrafe, con i quali gli organi del predetto Comune sono stati disciolti ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Queste le censure articolate a sostegno del gravame:

I. Violazione ed errata applicazione dell’art. 143 del decreto legislativo n. 267/2000;

II. Eccesso di potere per errore nel presupposto e travisamento dei fatti;

III. Sviamento di potere tra fini della norma e scopi perseguiti.

Il ricorrente rappresenta l’insussistenza dei presupposti ai quali l’art. 143 del d.lgs. 167/2000 subordina l’emanazione del gravato provvedimento dissolutorio, attesa l’assenza, nel caso di specie, di “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata”.

La dedotta inidoneità probatoria ricorrerebbe sia con riferimento a singole vicende poste dall’amministrazione alla base del provvedimento impugnato (e delle quali viene rappresentata l’insussistenza in fatto o l’assenza di significatività) sia con riferimento alle argomentazioni complessivamente utilizzate, spesso generiche e assertive.

Con atto notificato alle amministrazioni resistenti il 13 novembre 2017, il ricorrente ha poi articolato, a seguito dell’avvenuta acquisizione della copia della relazione prefettizia e della proposta ministeriale, una “memoria” contenente argomentazioni ulteriori, rispetto a quelle spese nel ricorso introduttivo, con le quali il -OMISSIS- ha sviluppato i motivi di doglianza già articolati nel ricorso introduttivo, contestando ulteriormente la sussistenza in fatto o la valenza probatoria delle circostanze poste a base del censurato provvedimento dissolutorio, ribadendo l’assenza, pur alla luce della motivazione complessiva dell’atto, della dimostrazione di collegamenti e condizionamenti dell’amministrazione disciolta da parte della criminalità organizzata e censurando la motivazione dell’atto, non rispondente ai necessari principi di logicità, coerenza e razionalità.

Tale memoria, alla luce dei suoi requisiti formali e sostanziali, deve essere considerato un ricorso per motivi aggiunti.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Interno, costituiti in giudizio, hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza del 31 maggio 2018, il Collegio ha disposto incombenti istruttori, adempiuti dall’amministrazione.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 13 febbraio 2019.

DIRITTO

1. Si controverte in ordine alla legittimità del decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2017, che ha disposto, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), lo scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-, con affidamento della gestione dell'ente a una commissione straordinaria, e degli atti connessi meglio indicati in epigrafe.

La questione è proposta dal ricorrente, che rivestiva precedentemente la funzione di sindaco del predetto comune a seguito di consultazioni amministrative del giugno 2013, il quale, mediante le dedotte doglianze, assume l’insussistenza dell’evidenza dei gravi elementi cui l’art. 143 TUEL subordina l’esercizio della potestà eccezionale di scioglimento dell’organo elettivo comunale.

L’atto impugnato e i provvedimenti istruttori sulla cui base esso è stato adottato avrebbero, secondo il ricorrente, enfatizzato singole vicende in sé prive di specifica concretezza e univocità probatoria in ordine alla sussistenza di un concreto condizionamento degli organi elettivi dell’ente locale, condizionamento la ricorrenza del quale non potrebbe neppure desumersi dalla motivazione dell’atto, generica, assertiva e complessivamente insufficiente.

Resistono a tale prospettazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Interno, i quali sostengono l’infondatezza nel merito del gravame.

1.1 Preliminarmente il Collegio ritiene di dare atto dell’inutilizzabilità della memoria depositata dal ricorrente il 1 febbraio 2019.

La memoria, benché qualificata “di replica” dal deducente, non fa seguito a precedenti memorie e documenti versati in atti dalle amministrazioni resistenti e presenta, in sostanza, il contenuto di una nuova interlocuzione, intervenuta, tuttavia, oltre il termine dimidiato di quindici giorni individuato dall’art. 73, comma 1, c.p.a.

2. Prima di passare all’esame delle singole questioni poste dal gravame, ritiene il Collegio necessario premettere una sintetica ricognizione del quadro normativo applicabile alla fattispecie.

In tale ambito, si osserva che, ai sensi del citato art. 143 TUEL, comma 1, “…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

Il comma 2 della stessa norma dispone che, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1, anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. In particolare, il prefetto può nominare una commissione d’indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell’Interno ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.

Il comma 3 prevede che, entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1, ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell’Interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al Procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’articolo 329 c.p.p., comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.

Infine, come sopra già ricordato, secondo il comma 4 dell’art. 143 TUEL, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.

3. Sempre in via preliminare, non sembra superfluo richiamare, in linea generale, gli indirizzi di interpretazione e applicazione della normativa in materia, come definiti dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa (Corte Costituzionale, sentenza 19 marzo 1993, n. 103; C. Stato, IV 21 maggio 2007, n. 2583; 24 aprile 2009, n. 2615; VI, 15 marzo 2010, n. 1490; 17 gennaio 2011, n. 227; 10 marzo 2011, n. 1547; III, 19 ottobre 2015, n. 4792, 24 febbraio 2016, n. 748, IV, 3 marzo 2016, n. 876, Tar Lazio, Roma, I, 1° luglio 2013, n. 6492; 21 novembre 2013, n. 9941; 20 marzo 2014, n. 3081).

A tale riguardo, si rammenta che lo scioglimento dell’organo elettivo si connota quale misura di carattere “straordinario” per fronteggiare un’emergenza “straordinaria”.

Nel relativo procedimento sono giustificati ampi margini nella potestà di apprezzamento dell’amministrazione nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, non traducibili in singoli addebiti personali, ma tali da rendere plausibile il condizionamento degli amministratori, pur quando il valore indiziario dei dati non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale, essendo asse portante della valutazione di scioglimento, da un lato, la accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, le precarie condizioni di funzionalità dell’ente in conseguenza del condizionamento criminale.

Pertanto, in tale ambito di apprezzamento, rispetto alla pur riscontrata commissione di atti illegittimi da parte dell’amministrazione, è necessario un quid pluris, consistente in una condotta, attiva od omissiva, condizionata dalla criminalità anche in quanto subita, riscontrata dall’amministrazione competente con discrezionalità ampia, ma non disancorata da situazioni di fatto suffragate da obbiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusione, così da rendere pregiudizievole per i legittimi interessi della comunità locale il permanere alla sua guida degli organi elettivi.

Ciò in quanto l’art. 143 TUEL precisa le caratteristiche di obiettività delle risultanze da identificare, richiedendo che esse siano concrete, e perciò fattuali, univoche, ovvero non di ambivalente interpretazione, rilevanti, in quanto significative di forme di condizionamento.

4. Qualche cenno va ancora riservato alla tipologia dello scrutinio di legittimità rimesso alla presente sede, che, come da costante giurisprudenza, in conseguenza dei profili interpretativi sopra accennati, è esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la eventuale deviazione del procedimento dal suo fine di legge.

Con l’avvertenza che l’operazione in cui consiste l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può però essere effettuata mediante l’estrapolazione di singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l'esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull'operato consiliare.

Ciò, in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio interessato dalla misura di cui si discute, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, poiché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione della misura stessa (C. Stato, IV, 6 aprile 2005, n. 1573; 4 febbraio 2003, n. 562; V, 22 marzo 1998, n. 319; 3 febbraio 2000, n. 585).

Ebbene, nel caso di specie, come sarà precisato in prosieguo, tali presupposti “di insieme” non si rinvengono anche esaminando non atomisticamente gli episodi riportati nelle relazioni sopra richiamate.

Manca nel caso di specie, in sostanza, il profilo fondamentale teso a individuare il legame tra l’operato degli amministratori locali e il vantaggio, sia pure indiretto, delle “cosche” locali, attraverso gli evidenziati episodi – commissivi od omissivi - contestati (TAR Lazio, Roma, I, 22 marzo 2018, n. 3187).

A ciò si aggiunga che, se è pur vero cha la stessa giurisprudenza amministrativa ha posto in luce che la misura di cui all'art. 143 cit. non ha natura di provvedimento di tipo “sanzionatorio” ma preventivo, con eminente finalità di salvaguardia dell’amministrazione pubblica di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata e la possibilità di dare peso anche a situazioni non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata (Consiglio di Stato, III, 18 ottobre 2018, n. 5970), è altrettanto innegabile che comunque tale funzione “preventiva” non può limitarsi a legittimare una mera e generica operazione deduttiva e astratta, scollegata dai ricordati elementi concreti, univoci e rilevanti idonei a evidenziare una forma diretta o indiretta di condizionamento da parte della malavita organizzata.

5. Sulla scorta di tutte le coordinate normative, interpretative e giurisprudenziali di cui è stata fatta sin qui sintetica ricognizione può passarsi, quindi, alla disamina del ricorso in esame.

Le questioni sostanziali prospettate dal ricorrente attengono all’asserita inesistenza, nella fattispecie, degli elementi componenti il grave quadro che legittima il ricorso alla misura straordinaria di cui si discute.

Per effettuare tale disamina, va rammentato quanto già sopra visto, in uno alla citata giurisprudenza, ovvero come la ragionevolezza o meno della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per l’adozione del rimedio previsto dalla disposizione non possa che derivare dalla considerazione unitaria, ovvero dall’esame complessivo, degli elementi presi in considerazione nel procedimento, nell’ottica dell’asserito “condizionamento”.

6. Detti elementi possono essere compiutamente desunti dalla proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno.

6.1 Infatti, come rilevato dalla Sezione in analoghi contenziosi (ex multis, Tar Lazio, Roma, I, 27 ottobre 2016, n. 10557, 10 luglio 2015, n. 9685, 21 novembre 2013, n. 9941), nell’ambito della complessità dell’iter, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che caratterizza l’andamento del procedimento ex art. 143 del d.lgs. 267/2000, la relazione ministeriale va identificata come il momento centrale di rappresentazione analitica delle anomalie riscontrate nelle fasi antecedenti alla sua adozione, e, indi, quale vero nucleo espressivo della determinazione tecnica sottostante allo scioglimento.

6.2 Nella fattispecie, la proposta di scioglimento formulata dal Ministero dell’Interno riferisce alcuni fatti verificatisi in occasione della locale festa del Santo Patrono i quali, unitamente ad altri elementi emersi in una riunione di coordinamento con le forze di Polizia, hanno determinato l’insediamento della Commissione di accesso.

Dall’attività istruttoria compiuta dall’insediata Commissione sarebbe poi emerso, in un comune ricompreso in un ambito territoriale notoriamente caratterizzato dalla pervasiva presenza di locali organizzazioni criminali, un andamento gestionale dell’amministrazione comunale nel quale l’uso distorto della cosa pubblica si sarebbe concretizzato nel favorire soggetti o imprese collegati, direttamente o indirettamente, ad ambienti malavitosi.

In primo luogo la Giunta presenterebbe una sostanziale continuità amministrativa con la compagine eletta nel 2010.

Il sindaco, inoltre, gravato da diversi precedenti di polizia, lavorerebbe alle dipendenze di soggetti contigui alla criminalità organizzata.

Più in generale, una fitta rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni con esponenti delle locali consorterie criminali riguarderebbe sia alcuni amministratori sia alcuni componenti dell’apparato burocratico.

Particolare enfasi è dedicata alla vicenda della mongolfiera che si è innalzata in volo durante i festeggiamenti del -OMISSIS-, sulla quale, oltre il nome del Santo, compariva il nome di una famiglia “mafiosa”.

In tale occasione, rileva la relazione ministeriale, la giunta non avrebbe condannato né stimmatizzato l’episodio, rilasciando, per contro, dichiarazioni tendenti a minimizzare l’accaduto.

6.3 La proposta rileva poi come ulteriori elementi sintomatici della ricorrenza di cointeressenze tra amministratori e cosche locali si trarrebbe dall’esame delle procedure di appalto, spesso disposte con procedure di somma urgenza o affidamento diretto in assenza dei presupposti di legge.

A tal fine rileverebbero:

- la presenza, durante l’esecuzione dell’appalto per l’affidamento dei lavori per la pulizia di un canale d’acqua e per la manutenzione ordinaria e straordinaria di strade comunali, di un soggetto pluripregiudicato, il quale avrebbe tenuto un atteggiamento da supervisore;

- l’affidamento, nel 2013, del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani a una ditta che, nel 2016, sarebbe stata raggiunta da un’interdittiva antimafia; l’affidamento del 2013, come peraltro rilevato pure dall’Anac, era avvenuto in assenza di gara;

- l’affidamento, avvenuto in violazione delle normativa di settore, dei lavori di efficientamento energetico degli istituti scolatici, peraltro disposto a favore di una ditta già affidataria di altri appalti comunali e il titolare della quale, gravato da numerosi precedenti di polizia e da frequentazioni con malavitosi, è stato candidato, nella lista del sindaco, nel 2013;

- l’affidamento della gestione del cimitero comunale in favore di un soggetto parente di un assessore (in carica fino a ottobre 2014) e affine di un consigliere comunale, legato da parentela a un pluripregiudicato; l’offerta, peraltro, sarebbe stata materialmente formulata dal responsabile di una delle aree amministrative dell’ente locale;

- la mancata adozione di provvedimenti sanzionatori in ordine alla gestione, in assenza di autorizzazione e su terreno appartenente a un noto pregiudicato affiliato a un’organizzazione criminale, del mercato domenicale;

- la concessione di un consistente contributo economico in favore di una società sportiva in passato amministrata da un assessore comunale.

7. Il quadro indiziario descritto nella proposta ministeriale, va completato con l’esame della relazione prefettizia, che la prima richiama come sua “parte integrante”.

Il Prefetto, dopo aver descritto, con riferimento ai personaggi e alle famiglie coinvolte, il panorama criminale di -OMISSIS-, rileva come già nel 2009 fu disposto un accesso nel comune di -OMISSIS- a seguito dell’operazione “-OMISSIS-”, diretta dalla DDA.

La relazione stessa riferisce, tuttavia, che il giudizio penale che ha fatto seguito all’indagine si è concluso con la condanna del -OMISSIS- e di altri pregiudicati e l’assoluzione dei “colletti bianchi” coinvolti.

L’esposizione continua esaminando le figure degli assessori e dei consiglieri comunali, che il Prefetto rileva essere spesso legati tra di loro da vincoli familiari o amicali e sostanzialmente privi di una precisa collocazione ideologica partitica, tale da consentire loro frequenti cambi di schieramento, riferendo, per alcuni di essi, l’esistenza di pregiudizi penali e di legami con pregiudicati.

La relazione esamina, infine, le criticità in materia di appalti già evidenziate nella proposta ministeriale, che vengono descritte in maniera più dettagliata e alle quali si aggiungono : a) la vicenda riguardante la “-OMISSIS-” (che avrebbe alle sue dipendenze la moglie e il genero di un “capoclan”, un altro soggetto vicino a un “clan” e il cognato di un ex consigliere comunale di maggioranza e che avrebbe continuato a gestire il verde pubblico sulla base di una serie di proroghe, sebbene, a seguito di gara, fosse stato individuato il nuovo aggiudicatario); b) l’acquisto, con procedura di affidamento diretto, di forniture per il corpo dei vigili urbani dalla “-OMISSIS-”, i cui gestori sarebbero stati, uno, arrestato per usura nel 2005 e, l’altro, più volte controllato con “boss” mafiosi e pregiudicati; c) l’affidamento di un appalto alla “-OMISSIS-”, l’amministratore unico della quale avrebbe precedenti di polizia e sarebbe fratello di un sacerdote che nel 2016 aveva invitato i cittadini a partecipare alla messa in suffragio di un boss assassinato in Canada; d) la concessione di contributi pubblici a favore della cooperativa “-OMISSIS-”, società che gestisce una scuola dell’infanzia e il cui legale rappresentante è la moglie di un consigliere comunale eletto nelle liste dell’opposizione e poi transitato nelle fila della maggioranza.

8. L’esame del quadro delineato nella proposta in esame, analizzato alla luce delle emergenze processuali, fa emergere la fondatezza della censura ricorsuale inerente la carenza, nella fattispecie, dei presupposti per lo scioglimento degli organi elettivi locali.

Per arrivare a tale conclusione, va rammentato che, alla stregua delle ridette coordinate ermeneutiche, se è vero che gli elementi concreti, univoci e rilevanti che legittimano il ricorso al rimedio ex art. 143 cit. non devono necessariamente ridondare in attività di rilievo penale, è pur vero che essi non possono non dimostrare quella consistenza e unidirezionalità necessarie a permettere una fondata percezione della loro forte e decisa valenza rivelatrice dei collegamenti esistenti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata e dei conseguenti condizionamenti sull’attività amministrativa.

8.1 E tutto ciò nella fattispecie non è dato osservare, a partire dalla stessa struttura motivazionale della relazione prefettizia.

Questa, pur dando atto, nelle sue premesse, del fatto che l’operazione “-OMISSIS-” – nella quale erano stati inizialmente coinvolti, unitamente a soggetti riconducibili ai locali clan, anche alcuni assessori - si è conclusa con la condanna dei soli indagati per reati di criminalità organizzata e con l’assoluzione degli amministratori coinvolti, basa poi una parte preponderante delle sue argomentazioni proprio sugli assunti della detta operazione riguardanti gli amministratori a suo tempo indagati e poi assolti.

In particolare, la prospettazione accusatoria formulata in sede di indagine viene utilizzata sia per definire il profilo dei singoli consiglieri e assessori, sia per provare le frequentazioni problematiche degli altri amministratori laddove abbiano con i primi rapporti amicali o di consuetudine.

Né può qui rilevare il dato, evidenziato dalla difesa erariale, per cui la misura di rigore adottata “interviene ... ancor prima che si determinino i presupposti per il procedimento penale o anche del procedimento di prevenzione”, atteso che, nel caso in esame, contrariamente a quanto accade nella maggior parte dei casi, nei quali il provvedimento dissolutorio è adottato in ragione e in concomitanza con l’inizio dell’indagine penale, la pronuncia assolutoria, relativa all’accertamento dei fatti e non solo alla loro qualificazione giuridica, era già intervenuta prima dell’adozione del provvedimento amministrativo di scioglimento.

La relazione, peraltro, si limita a riportare i fatti a suo tempo contestati in sede penale, senza farsi carico di evidenziare un disvalore sintomatico degli stessi, ulteriore rispetto a quello non ritenuto ricorrente nella sede penale.

E’ in proposito significativo il fatto che, dallo stesso verbale del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica del 27 giugno 2017 (allegato sub 4 alla produzione versata in atti dalle amministrazioni resistenti in adempimento dell’ordinanza collegiale), emerge come, in tale sede, dalla lettura della relazione della Commissione d’accesso, “non” erano “emersi riscontri giudiziari nei confronti della compagine politico – amministrativa comunale, eccetto quelli rivenienti dall’Operazione anticrimine “-OMISSIS-” del 2009”, così che “l’attività del collegio è stata anche indirizzata alla verifica della permanenza, nell’attuale scenario politico di -OMISSIS- di personaggi in qualche modo coinvolti nella suddetta operazione di p.g.”.

In sostanza la valenza probante di uno dei pilastri argomentativi dell’intero provvedimento, il coinvolgimento di alcuni amministratori nell’operazione -OMISSIS-, risulta estremamente ridimensionato dagli stessi atti istruttori che ne hanno preceduto l’adozione.

Sempre con riferimento alle premesse della relazione va poi considerato il fatto che la relazione riferisce di un accesso disposto nel 2009, a seguito dell’inizio della citata indagine “-OMISSIS-”, ma non menziona l’avvenuta adozione di un provvedimento dissolutorio ai sensi dell’art. 143; ciò che dequota ulteriormente l’utilità di dati meno recenti, sia pure alla luce della molto enfatizzata continuità delle diverse giunte.

Il dato della continuità, peraltro, è espressamente riferito alla giunta eletta nel 2010 e, quindi, in tempo successivo all’operazione “-OMISSIS-”, e non è, come sostenuto dal ricorrente, portatore, di un intrinseco disvalore, né sintomatico, di per sé, dell’esistenza di collegamenti e condizionamenti con la criminalità organizzata.

9. Indicazioni ulteriori non possono poi essere tratte dal mero richiamo alla collocazione territoriale del comune oggetto della misura dissolutoria.

Il contesto territoriale, infatti, nulla dice, di per sé, in ordine all’eventuale collegamento esistente tra gli amministratori di un determinato comune e la criminalità organizzata.

Come già rilevato dalla Sezione in analoghi contenziosi (tra cui Tar Lazio, I, 4 luglio 2013, n. 6609), la natura dello scioglimento quale rimedio di “extrema ratio” volto a salvaguardare beni primari dell’intera collettività nazionale, messi in pericolo o compromessi dalla collusione tra amministratori locali e criminalità organizzata o dal condizionamento comunque subito dai primi, non fronteggiabile con altri apparati preventivi o sanzionatori dell’ordinamento, ovvero, in altre parole, lo stesso obiettivo di ripristino delle condizioni di legalità che il legislatore assegna alla misura in presenza delle condizioni eccezionali tratteggiate dall’art. 143 TUEL, richiede che l’intervento sia posto in essere solo laddove l’influenza della criminalità organizzata sugli organi elettivi dell’amministrazione locale sia fondatamente e univocamente percepibile, risolvendosi altrimenti l’applicazione della norma in un’inammissibile ingerenza dello Stato nei governi locali.

Ne consegue imprescindibilmente che, nell’apprezzamento della eventuale sussistenza delle ridette condizioni eccezionali, nessuna realtà locale (quale specificamente quella di -OMISSIS-, sita in provincia di Bari) debba scontare in linea di principio ovvero pregiudizialmente la mera appartenenza a un più vasto territorio, ritenuto, sotto il profilo giuridico, ma anche sotto quello storico, pervasivamente interessato dalla presenza di fenomeni criminali radicati e organizzati nel territorio.

Diversamente opinandosi, un ordinamento democratico e pluralistico, quale quello vigente, non potrebbe tollerare la stessa esistenza del considerato potere di intervento centrale, autoritativo e “ab externo”, sugli organi locali (TAR Lazio, n. 6609/13 cit.).

Può aggiungersi, del resto, che per le stesse ragioni, ancorché antiteticamente, altre realtà locali, sia pur ritenute, sempre storicamente, lontane dagli stessi fenomeni per ragioni geografiche, non possono, per ciò solo, e soprattutto nell’attuale nuova conformazione delle strutture criminali, implementatasi in conformità allo sviluppo delle forme di comunicazione e al più elevato grado di complessità delle sottostanti organizzazioni, essere ritenute indenni dalla possibilità di un loro radicamento.

Si deve in sostanza concludere che, in base alle specifiche caratteristiche di ciascuna parte del territorio nazionale, l’accertamento da compiersi ex art. 143 del d.lgs. 267/2000, ai fini del suo positivo riscontro di legittimità in via giudiziale, deve necessariamente far trasparire l’esistenza di un modello di collegamento diretto o indiretto tra amministratori e criminalità organizzata di tipo mafioso o similare ovvero di forme di condizionamento dei primi, che possono anche riflettersi, caso per caso, in una diversa conformazione degli elementi che denotano la presenza delle condizioni patologiche che determinano i gravi effetti negativi nella gestione della cosa pubblica richiamati dalla disposizione, ma che non può che essere identico nell’apprezzamento della consistenza degli elementi stessi, che, laddove conduca allo scioglimento dell’organo elettivo locale, deve dar conto in ogni caso della loro concretezza, univocità e rilevanza.

10. Medesima assenza di significatività, lamentata dal ricorrente con l’atto introduttivo e con i motivi aggiunti, va ravvisata con riferimento agli elementi che la relazione individua quali atti a definire la figura del sindaco.

E infatti, la stessa relazione prefettizia dà conto del fatto che la denuncia a carico del -OMISSIS- per i reati di cui agli artt. 110, 56 e 319 quater c.p. si è conclusa con una pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto.

Come argomentato nei motivi aggiunti, peraltro, la motivazione dell’assoluzione, che scredita fortemente la figura della denunciante, fornisce argomenti anche per contestare la ritenuta sintomaticità della medesima accusa, ancora pendente e per i medesimi fatti, in capo al consigliere Prestipilo.

Ancora con riferimento al sindaco, la relazione riferisce come la società della quale questi è dipendente annovera, quale ex socio ed attuale dipendente, -OMISSIS-, figlia e sorella di appartenenti all’omonimo “clan” locale.

Sulla valenza probatoria della vicenda, tuttavia, è rimasto incontestato quanto riferito dal ricorrente in ordine al fatto che i soci della ditta per cui lavora non sono pregiudicati, che il precedente socio, oggi dipendente, è a sua volta gravato da meri “pregiudizi” penali, ma non da precedenti in senso tecnico, e che, a seguito dell’elezione, egli ha chiesto di essere collocato in aspettativa.

Come poi sostenuto nei motivi aggiunti, non può attribuirsi particolare rilievo ai “precedenti di polizia” menzionati a carico del ricorrente, atteso che gli stessi, anche ove molto risalenti, non risultano aver dato luogo a sentenze di condanna.

L’argomento della radicale differenza tra la mera segnalazione di polizia e la condanna in sede penale, peraltro, è spesa dal ricorrente con riferimento alle numerose e diverse segnalazioni a carico dei vari consiglieri, al fine di evidenziare la sostanziale inconsistenza dei rilievi a questi mossi.

In proposito occorre rilevare come effettivamente la relazione conferisca a tali dati grande rilievo, tanto che gli stessi costituiscono, nella maggior parte dei casi, gli unici elementi riferiti.

Né maggior consistenza presentano le indicazioni delle frequentazioni, atteso che le stesse, ove presenti, fanno riferimento a rapporti di consuetudine con altri membri della giunta o del consiglio (coinvolti nell’operazione -OMISSIS- e poi assolti) e a incontri con pregiudicati, la descrizione dei quali, pur nella sede più analitica costituita dal verbale della Commissione d’accesso, presenta, tuttavia, un alto tasso di assertività e uno scarso tasso di dettaglio, tale da non consentire all’interprete di vagliarne la significativa reiterazione e la collocazione nel tempo.

Ne deriva la generale ravvisabilità della censurata ricorrenza, nella proposta ministeriale e nella relazione prefettizia, di formule generiche e assertive, evocative di collegamenti e cointeressenze degli amministratori locali con la criminalità organizzata, non puntualmente correlate a dati fattuali e concreti, spesso tautologicamente ripetuti per rafforzare la reciproca valenza argomentativa.

Ciò non corrisponde, tuttavia, al paradigma normativo disegnato dall’art. 143 del Tuel atteso che la delicata attività di ricostruzione del presupposto “soggettivo” dello scioglimento del consiglio comunale, pur risultando operata nell’esercizio di ampia discrezionalità, richiede sempre “un costante e concreto aggancio ad elementi rilevanti ed univoci che, pur non assurgendo al rango di prova, contribuiscono ad indicare un percorso di ragionevolezza valutativa e di proporzionalità ed adeguatezza della misura adottata”. ”( Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876, nello stesso senso sez. III, 24 febbraio 2016, n. 748, che rileva come “Se è vero, in altri, termini che, ai fini della legittima adozione della misura in esame, non è necessaria la dimostrazione di responsabilità penali degli amministratori locali, è anche vero, tuttavia, che gli indici dell’infiltrazione mafiosa nel Comune devono essere precisi e stringenti, nella loro portata univocamente significativa di un reale e concreto condizionamento della libera determinazione degli organi elettivi comunali da parte delle locali consorterie mafiose […] Perché la decisione in questione possa reputarsi conforme al parametro legislativo che la autorizza, risulta, in definitiva, indispensabile la prova, seppur nella ridotta modalità della raccolta di indizi gravi e concordanti, che la libertà decisoria degli organi elettivi del Comune, che risultano, infatti, colpiti, dalla misura del commissariamento, sia concretamente conculcata e limitata, se non annullata, dall’opera di condizionamento della criminalità organizzativa di stampo mafioso”).

Come osservato in giurisprudenza occorre, cioè, evitare che più elementi “deboli”, raccolti in sede istruttoria “nella ricostruzione dell’interprete, si “stampellino” reciprocamente, con il risultato di produrre un quadro dove la suggestione del disegno complessivo oscuri e nasconda il difetto di elementi concreti, ovvero la loro (incerta) rilevanza ed univocità” (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876).

11. Alla luce del descritto ampio utilizzo di argomentazioni suggestive va allora apprezzato l’episodio del lancio, durante la festa patronale, di una mongolfiera ad opera della -OMISSIS-, la quale, come riferisce la relazione, costituisce una delle organizzazioni criminali dominanti nel paese.

In proposito deve, in primo luogo, rilevarsi come non sia contestato che il lancio del pallone aerostatico sia avvenuto su iniziativa della sola -OMISSIS- e che lo stesso era del tutto estraneo al programma redatto dal comitato organizzatore.

È rimasta del pari incontestata l’affermazione del ricorrente secondo cui il lancio è avvenuto nel cuore della notte e senza che vi abbiano in qualche modo preso parte sindaco e assessori, i quali non erano, in concreto, nella possibilità di conoscere e prevenire l’evento.

La stessa relazione prefettizia, del resto, individua il disvalore della vicenda non in una partecipazione della Giunta o di suoi singoli componenti all’aspetto organizzativo nella sua materialità, ma nel fatto che il Sindaco e alcuni consiglieri di maggioranza non si siano dissociati dalla vicenda, fornendone, anche nella sede consiliare, una lettura “negazionista”.

Deve tuttavia rilevarsi, dall’esame della trascrizione del contenuto della seduta, che il Sindaco ha chiaramente condannato l’evento in sé, manifestando, tuttavia, contestualmente, la sua disapprovazione per la campagna di stampa che aveva automaticamente fatto discendere dal lancio della mongolfiera la riconducibilità dell’intero paese all’orbita della criminalità organizzata.

La medesima finalità di difesa dell’immagine del Comune ricorre nelle dichiarazioni dei consiglieri, sebbene alcuni di essi, come osservato nella relazione, non abbiano preso le distanze dall’ambiente criminale nel quale il lancio dimostrativo era maturato.

Tale ultimo dato tuttavia, in assenza di ulteriori argomenti, non può assumere una valenza dirimente ai fini dello scioglimento.

12. Ad analoghe conclusioni deve giungersi con riferimento alla pluralità di irregolarità amministrative riscontrate, che costituiscono, al fine dell’adozione del provvedimento dissolutorio, l’ “elemento di tipo oggettivo, che deve rappresentare, in ossequio ai criteri della rilevanza ed univocità, il “risultato” del collegamento/condizionamento, e cioè la “alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi”, e la compromissione del buon andamento e dell’imparzialità delle amministrazioni e del regolare funzionamento dei servizi, ovvero il “grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”( Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876) .

12.1 Partendo dall’esame della vicenda “-OMISSIS-” (ditta durante i lavori della quale un pregiudicato, coniuge di un consigliere comunale, si sarebbe aggirato nel cantiere comportandosi “da padrone”), è rimasto incontestato dalla difesa erariale quanto affermato dal ricorrente in ordine al fatto che il soggetto, che peraltro la relazione prefettizia riferisce essere pregiudicato per reati comuni (reati contro il patrimonio e traffico di stupefacenti), presenziava ai lavori senza alcun titolo. Né è in alcun modo indicato se e come esponenti della Giunta avessero avuto cognizione del fatto o avessero autorizzato la sua presenza.

12.2 Con riferimento poi all’assegnazione dei lavori per l’efficientamento energetico degli edifici scolastici appare condivisibile quanto osservato dal ricorrente nei motivi aggiunti, laddove rileva che la relazione non individua criticità nelle modalità di assegnazione dell’appalto alla “-OMISSIS-”.

La ricostruzione del Prefetto, infatti, si limita a richiamare il fatto che il titolare è gravato da “pregiudizi di polizia” per reati comuni e a menzionare, senza utili specificazioni temporali, episodi in cui quest’ultimo è stato controllato in compagnia di pregiudicati affiliati ai locali “clan”.

12.3 Quanto poi alla “-OMISSIS-”, affidataria dal 2014 del servizio di igiene urbana e raggiunta nel 2016 da interdittiva antimafia, il ricorrente ha depositato in atti copia dell’ordinanza cautelare di primo grado con la quale è stata respinta la domanda cautelare avverso l’affidamento alla ditta e ha pure dimostrato documentalmente di aver sostituito la ditta appena avuta notizia dell’interdittiva.

12.4 Con riferimento all’affidamento della gestione cimiteriale, poi la stessa relazione enfatizza l’aspetto dei collegamenti parentali dell’affidataria e l’irregolare formulazione della sua domanda di partecipazione ad opera di un dipendente comunale, ma non riconduce l’affidamento medesimo ad un condizionamento “mafioso”.

Anche dalla lettura della più dettagliata relazione della Commissione, poi, emerge come l’attenzione di questa si sia focalizzata su possibili irregolarità dell’affidamento determinate da vincoli parentali e amicali, ciò che si ritiene essere avvenuto “in dispregio dei più elementari principi di buona gestione del [la] res pubblica”.

In sostanza, benché venga molto enfatizzato il rapporto di parentela dell’aggiudicataria con un pregiudicato, la vicenda dell’affidamento della gestione cimiteriale non appare contestualizzata al fine di dimostrare una provata permeabilità dell’apparato amministrativo ai condizionamenti mafiosi.

12.5 Va ancora considerato, quanto al mercato domenicale, che il ricorrente ha prodotto in atti copia della diffida allo svolgimento dell’attività di mercatino del 7 marzo 2017 e copia di successiva richiesta di intervento delle forze dell’ordine per far cessare l’attività abusiva.

12.6 Le ulteriori vicende menzionate poi, dalla stessa lettura della relazione, paiono più propriamente riconducibili a episodi di “mala gestione” amministrativa, non univocamente ascrivibili, sia nel momento genetico che nelle finalità, ai predetti profili di connivenza o condizionamento.

I descritti episodi di irregolarità amministrativa risultano in conclusione non inseriti “in un quadro che consenta di collocarle, in modo univoco, come effetti di una situazione di connivenza o di condizionamento, che ad esse teleologicamente orienta l’attività amministrativa”; ciò è indispensabile a fini di distinguere i casi di vero e proprio collegamento e condizionamento da “quelli, purtroppo pur diffusi, di attività amministrativa fortemente contrassegnata da illegittimità e/o illiceità” (così, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2016, n. 876, nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. III, 19 ottobre 2015, n. 4792, che ricorda come “gli elementi dedotti dalla Amministrazione, in assenza del condizionamento di tipo mafioso, non possono giustificare l’adozione del provvedimento straordinario di cui all’art. 143 TUEL secondo i parametri indicati ai paragrafi 6.2., 6.3. e 6.4., prevalendo al riguardo le tutele predisposte a favore del rispetto della volontà popolare e dell’autonomia territoriale. Le misure previste dal suddetto art. 143, infatti, non costituiscono strumento generale a garanzia del corretto funzionamento dell’ente, ma uno strumento specifico per fronteggiare i malfunzionamenti dell’Amministrazione in conseguenza e in dipendenza di rapporti con la criminalità organizzata”).

In conclusione, ad avviso del Collegio gli atti gravati, non sono riusciti ad evidenziare, per assenza di univocità e concretezza delle evidenze utilizzate, la ricorrenza di un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, tale da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali in quanto tesa a favorire o a non contrastare la penetrazione della suddetta criminalità nell’apparato amministrativo.

13. Per tutto quanto precede, il ricorso e i motivi aggiunti, assorbita ogni altra censura, devono essere accolti, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento del gravato provvedimento di scioglimento.

14. Le spese di lite possono essere compensate in considerazione della complessità della vicenda.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e le altre persone, fisiche e giuridiche, menzionate e il comune oggetto di scioglimento.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Ivo Correale, Presidente FF

Roberta Cicchese, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberta Cicchese Ivo Correale
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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