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AGCM, 19/3/2019 n. AS1574
AS1574 - OSSERVAZIONI IN MERITO ALLA LEGGE DI BILANCIO 2019

BOLLETTINO N. 13 DEL 1 APRILE 2019


Materia: concorrenza / disciplina

 AS1574 - OSSERVAZIONI IN MERITO ALLA LEGGE DI BILANCIO 2019

Roma, 19 marzo 2019

Senato della Repubblica Italiana

Camera dei Deputati

Presidenza del Consiglio dei Ministri

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella propria riunione del 12 marzo 2019, ha inteso svolgere alcune considerazioni, ai sensi dell’articolo 21 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, in merito alle criticità concorrenziali e di tutela del consumatore derivanti da alcune previsioni contenute nella Legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” (legge di Bilancio 2019).

Si tratta, in particolare, delle disposizioni relative alla disciplina in materia di: (i) comunicazioni informative sanitarie e iscrizione all’albo territoriale dei direttori sanitari (art. 1, commi 525 e 536); (ii) affidamento di servizi di tesoreria e di cassa a Poste Italiane S.p.A. (art. 1, comma 908); (iii) secondary ticketing (art. 1, commi 1099 e 1100).

 

Sulle comunicazioni informative sanitarie e l’iscrizione all’albo territoriale dei direttori sanitari (art. 1, commi 525 e 536)

La legge di Bilancio 2019 introduce limiti stringenti alla diffusione delle comunicazioni informative in ambito sanitario, prevedendo in particolare, all’art. 1, comma 525, che “Le comunicazioni informative da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie di cui al capo II della legge 11 gennaio 2018, n. 3, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività, comprese le società di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 4 agosto 2017, n. 124, possono contenere unicamente le informazioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria”.

Ai sensi del successivo comma 536: “In caso di violazione delle disposizioni sulle comunicazioni informative sanitarie di cui al comma 525, gli ordini professionali sanitari territoriali, anche su segnalazione delle rispettive Federazioni, procedono in via disciplinare nei confronti dei professionisti o delle società iscritti e segnalano tali violazioni all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza. Tutte  le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all'albo dell'ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

In sostanza, la norma stabilisce che le comunicazioni informative diffuse dalle strutture sanitarie private di cura e dagli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie possano essere esclusivamente “funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari” e non debbano contenere alcun “elemento di carattere promozionale o suggestivo”. In caso di violazione di tali limiti, è prevista l’eventuale adozione da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (anche “Agcom”) di provvedimenti sanzionatori di competenza. È altresì stabilito che tutte le strutture sanitarie private di cura si dotino, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un direttore sanitario iscritto all’albo dell’ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa.

L’Autorità, nel parere AS1553 – Legge di Bilancio 2019 - Osservazioni in merito agli articoli 41- bis e 51 del disegno di legge AC 1334, inviato il 13 dicembre 2018 al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati, ha già segnalato le distorsioni derivanti dalle disposizioni in esame, le quali tuttavia sono state integralmente confermate nel testo definitivo della legge di Bilancio. Si ritiene pertanto opportuno ribadire che le norme in questione, applicabili a tutte le professioni sanitarie - siano esse esercitate a titolo individuale o in forma societaria - sollevano criticità in relazione ai limiti posti al contenuto della pubblicità sanitaria, alla ripartizione delle competenze in materia di vigilanza sulla pubblicità, nonché all’introduzione di restrizioni all’esercizio dell’attività di direttore sanitario.

Si ricorda che la possibilità per i professionisti che esercitano attività regolamentate, anche nel settore sanitario, di pubblicizzare le proprie prestazioni professionali è stata introdotta dal d.l. n. 223/2006 (convertito nella legge n. 248/2006), il cui articolo 2, lett. b), ha abrogato il divieto di pubblicità informativa dei professionisti intellettuali prima vigente 1. Il processo di liberalizzazione è poi proseguito delineando un quadro normativo che definisce molto chiaramente quali sono i limiti della pubblicità anche nel peculiare e delicato settore sanitario, contemperando l’interesse generale di tutelare la concorrenza con le incomprimibili esigenze di tutela della salute e del consumatore2.

Da ultimo, il legislatore ha previsto una disciplina uniforme in materia di pubblicità per tutte le professioni regolamentate. In particolare, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 137 del 7 agosto 2012, recante la riforma degli ordinamenti professionali, “[è] ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l’attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni. (comma 1). La pubblicità informativa di cui al comma 1 dev’essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale e non dev’essere equivoca, ingannevole o denigratoria (comma 2). La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare, oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206, e 2 agosto 2007, n. 145. (comma 3)”.

L’Autorità ha accolto con favore tale spinta liberalizzatrice, dalla stessa supportata con molteplici interventi di advocacy, da sempre evidenziando l’importanza della pubblicità, sia quale cruciale leva competitiva, soprattutto per i giovani professionisti, sia per la sua funzione di colmare le asimmetrie informative nello specifico settore delle professioni 3. L’Autorità ritiene dunque che la disciplina di cui all’articolo 1, comma 525, della legge di Bilancio 2019 reintroduca ingiustificate limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie, rimosse dai richiamati interventi di liberalizzazione, e non risulti necessaria, né proporzionata all’interesse generale di tutelare la sicurezza del consumatore.

Infatti, prescrivere che il contenuto legittimo di una “comunicazione informativa”, avente ad oggetto i titoli, le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni, debba altresì “garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari” introduce un parametro di valutazione delle comunicazioni talmente vago e indeterminato da generare incertezza circa la legittimità della comunicazione stessa da parte dei professionisti. In particolare, il citato concetto indeterminato potrebbe essere utilizzato strumentalmente da parte degli ordini professionali per reintrodurre restrizioni alla concorrenza anche in violazione della legge n. 248/2006 (c.d. riforma Bersani).

Analoghe considerazioni valgono con riguardo alla previsione secondo cui le “comunicazioni informative” non devono contenere “qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo”, in assenza di una puntuale definizione di tali espressioni. In tal modo, si limita infatti ingiustificatamente l’impiego da parte dei professionisti di un’importante leva concorrenziale e si ostacola la possibilità per i consumatori di effettuare scelte maggiormente consapevoli.

Si rileva peraltro che la sicurezza dei trattamenti sanitari attiene piuttosto alle concrete misure e modalità di esercizio dell’attività sanitaria adottate dai professionisti, nonché ai controlli effettuati sulle stesse da parte dei soggetti preposti.

Di conseguenza, i limiti introdotti dalla legge di Bilancio alla pubblicità sanitaria non risultano proporzionati, comprimendo ingiustificatamente la libertà dei professionisti di pubblicizzare la propria attività economica.

Inoltre, con riguardo a quanto previsto dall’articolo 1, comma 536, l’Autorità intende ribadire che l’attribuzione all’Agcom di una competenza a vigilare sul rispetto dell’informativa sanitaria è suscettibile di determinare una commistione confliggente di competenze tra l’Agcom e l’AGCM, in violazione della competenza generale di quest’ultima a vigilare sul rispetto delle disposizioni introdotte nel Codice del Consumo in sede di recepimento della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori4.

La norma viola pertanto le disposizioni di rango eurounitario e nazionale che attribuiscono all’Autorità la competenza esclusiva a vigilare sulla correttezza e trasparenza delle comunicazioni informative e promozionali anche in ambito sanitario.

Infine, l’Autorità rileva che anche la previsione secondo la quale il direttore sanitario delle strutture sanitarie private di cura debba essere iscritto all’ordine territoriale nel cui ambito ha sede la struttura in cui opera (contenuta nel medesimo articolo 1, comma 536) costituisce una ingiustificata restrizione della concorrenza nell’offerta dei servizi professionali in ambito sanitario, non supportata da obiettive esigenze di interesse generale.

La previsione, infatti, non appare volta a garantire prestazioni sanitarie più sicure a tutela dei consumatori, né si rivengono particolari esigenze di un più pervasivo potere di vigilanza da parte dell’ordine territoriale di appartenenza. Occorre rilevare che l’accesso alla professione sanitaria avviene a seguito di un percorso e con l’acquisizione di un titolo di studio e di un’abilitazione riconosciuti a livello nazionale, aperti anche ai cittadini degli altri Stati Membri in regime di libera prestazione di servizi. Il professionista, dunque, una volta iscritto all’Albo può esercitare l’attività sanitaria su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle relative normative di settore. Del resto, se si considerano le altre professioni protette, come quella degli avvocati, l’iscrizione all’ordine professionale prescinde dal luogo di effettivo esercizio dell’attività.

Pertanto, l’Autorità ritiene che la nuova previsione, facendo coincidere l’ambito geografico di iscrizione all’Albo con quello di esercizio dell’attività di direttore sanitario, finisce per segmentare il mercato e si traduce in un’ingiustificata barriera all’accesso e all’esercizio dell’attività, anche per quei professionisti che operano in più strutture sanitarie.

In definitiva, l’art. 1, commi 525 e 536, della legge di Bilancio 2019: sottrae l’intero comparto delle professioni sanitarie alla possibilità di ricorrere alla leva pubblicitaria, limitando la concorrenza tra professionisti sanitari in misura non proporzionata all’interesse generale di tutelare la sicurezza dei consumatori; viola le disposizioni che attribuiscono all’Autorità la competenza a vigilare sulla correttezza e trasparenza delle comunicazioni informative sanitarie; introduce ingiustificati vincoli all’esercizio della figura del direttore sanitario.

 

Sull’affidamento di servizi di tesoreria e di cassa a Poste Italiane S.p.A. (art. 1, comma 908)

La legge di Bilancio 2019 estende la platea dei soggetti che possono affidare in via diretta i servizi di tesoreria e di cassa a Poste Italiane S.p.A..

L’art. 1, comma 908, prevede infatti che, dopo l’art. 9, comma 3, della legge 6 ottobre 2017 n. 1585 - secondo il quale “I piccoli comuni possono affidare, ai sensi dell’articolo 40, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa alla società Poste italiane Spa” - sia aggiunto il seguente comma 3-bis: “Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 [6], operanti nei piccoli comuni possono anch’esse affidare in via diretta, ai sensi dell’articolo 40, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa alla società Poste italiane Spa”.

Sul punto, si rappresenta che, in base a quanto previsto dagli artt. 208 e ss. del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – TUEL) e dal D.P.R. 27 febbraio 2003, n. 97, gli enti pubblici sono tenuti ad affidare il servizio di tesoreria attraverso procedure ad evidenza pubblica. Tuttavia, in deroga a tale principio generale, la citata legge n. 158/2017 - adottata al fine di promuovere e favorire il sostenibile sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni (i.e. i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, nonché i comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti) - ha disposto che i piccoli comuni possono affidare la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa a Poste Italiane S.p.A..

Trattasi chiaramente di un regime eccezionale e derogatorio rispetto al principio generale dell’affidamento del servizio di tesoreria attraverso gara e, pertanto, soggettivamente circoscritto ai soli ‘piccoli comuni’.

Con la norma contenuta nella legge di Bilancio 2019, il legislatore ha invece previsto che anche le amministrazioni pubbliche operanti nei piccoli comuni possano affidare in via diretta la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa, precisando che l’affidamento del servizio potrà avvenire (solo) a favore della società Poste Italiane S.p.A..

In proposito, si ricorda che in base al consolidato orientamento di questa Autorità7, l’affidamento dei servizi da parte delle Pubbliche Amministrazioni, incluso il servizio in parola, deve avvenire previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, idonea a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e concorrenza, nonché il diritto di accesso di tutti i potenziali concorrenti che esercitano tale attività nel mercato. Al contrario, è stato rilevato che l’affidamento in via diretta preclude il confronto competitivo tra i soggetti interessati all’offerta di tali servizi, limitando il processo di contenimento dei prezzi tipico del gioco concorrenziale. Pertanto, quest’ultima forma di affidamento può essere ammessa solo in ipotesi eccezionali, giustificate dalla presenza di particolari esigenze oggettive; ipotesi che, in quanto eccezionali, non possono essere ulteriormente e arbitrariamente ampliate.

A ciò si aggiunge che la norma in esame espressamente individua Poste Italiane S.p.A. quale unico possibile beneficiario dell’affidamento in via diretta di tali servizi. La società è tuttavia un operatore privato, attivo sul territorio italiano in concorrenza con altri soggetti privati (ad esempio, istituti di credito), parimenti autorizzati a svolgere il ruolo di tesoriere per le pubbliche amministrazioni. Peraltro, il servizio di tesoreria non rientra neanche nell’ambito del servizio universale per il quale Poste Italiane S.p.A. è concessionaria.

Sulla base delle considerazioni esposte si ritiene che l’art. 1, comma 908, della legge di Bilancio 2019, secondo il quale alcune pubbliche amministrazioni possono affidare in via diretta il servizio di tesoreria e di cassa alla società Poste Italiane S.p.A., appare in contrasto con i principi di libera concorrenza, in quanto impedisce il corretto svolgersi delle dinamiche concorrenziali, favorendo indebitamente un operatore privato rispetto ad altri operatori parimenti autorizzati a svolgere il servizio.

 

Sulla disciplina del secondary ticketing (art. 1, commi 1099 e 1100)

La Legge di Bilancio 2019, infine, all’art. 1, commi 1099 e 1100, novella il comma 545 dell’art. 1 della legge 11 dicembre 2016 n. 232 (legge di stabilità 2017) e aggiunge a tale articolo i commi da 545-bis a 545-quinquies.

Tali disposizioni, adottate “al fine di contrastare l’elusione e l’evasione fiscale, nonché di assicurare la tutela dei consumatori e garantire l’ordine pubblico”, hanno rafforzato la regolamentazione delle modalità di rivendita dei biglietti per eventi e hanno affidato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito, “di concerto” con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di accertare il rispetto del divieto di vendita di biglietti da parte di soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione (organizzatori dell’evento o soggetti da questi incaricati) - con l’esclusione della vendita occasionale del biglietto da parte di persone fisiche ad un prezzo non superiore al valore nominale - eventualmente comminando le sanzioni amministrative previste.

In particolare, l’art. 1, comma 545, della Legge di stabilità 2017 dispone che “Al fine di contrastare l’elusione e l'evasione fiscale, nonché di assicurare la tutela dei consumatori e garantire l'ordine pubblico, la vendita o qualsiasi altra forma di collocamento di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetto diverso dai titolari, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, dei sistemi per la loro emissione è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l’inibizione della condotta e con sanzioni amministrative pecuniarie da 5.000 euro a 180.000 euro, nonché ove la condotta sia effettuata attraverso le reti di comunicazione elettronica, secondo le modalità stabilite nel comma 546, con “la rimozione dei contenuti, o, nei casi più gravi, (…) l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere, fatte salve le azioni risarcitorie”.

Il penultimo capoverso del medesimo comma 545, come novellato dall’articolo 1, comma 1099, della legge di Bilancio 2019, prevede che “L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di concerto con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, effettua i necessari accertamenti e interventi, agendo d’ufficio ovvero su segnalazione degli interessati e comminando se del caso le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente comma”.

Tale previsione solleva perplessità in ordine all’individuazione di una specifica competenza dell’AGCM in materia di violazione del divieto di vendita di biglietti da parte di soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione. L’Autorità infatti già persegue la tutela degli interessi dei consumatori nel settore della vendita e rivendita di biglietti, applicando in via esclusiva la disciplina in materia di pratiche commerciali contenuta nel Codice del Consumo. Sotto tale profilo,  l’Autorità ha qualificato come pratiche commerciali scorrette le condotte di un operatore del mercato primario che non adottava misure idonee a limitare il fenomeno dell’accaparramento di biglietti sulla propria piattaforma e le condotte di operatori del mercato secondario che offrivano i propri servizi fornendo informazioni omissive e ingannevoli8.

In quest’ottica, l’attribuzione all’AGCM, sotto la forma del “concerto”, delle competenze sopra descritte, finalizzate anche a “contrastare l’elusione e l'evasione fiscale” e a “garantire l’ordine pubblico”, appare estranea rispetto agli obiettivi che la stessa è tenuta a perseguire nell’applicazione della disciplina del Codice del Consumo relativa alle pratiche commerciali scorrette, nonché agli strumenti di cui la stessa dispone nell’ambito della tutela del consumatore. Nel mutato quadro normativo, peraltro, la posizione che l’Autorità sarà chiamata ad esprimere sui provvedimenti dell’Agcom nell’esercizio delle citate competenze di cui all’articolo 1, comma 545, della legge n. 232/2016, come novellato dalla legge di Bilancio 2019, potrebbe porsi in conflitto con l’attività di vigilanza dalla stessa esercitata in applicazione del Codice del Consumo. Si tratta, infatti, di competenze che potrebbero presentare profili di possibile sovrapposizione, laddove la violazione del divieto di cui all’articolo 1, comma 545, della legge n. 232/2016, posta in essere dagli intermediari attivi nella vendita di biglietti, costituisca una condotta integrante gli estremi di una pratica commerciale scorretta in violazione del Codice del Consumo.

Pertanto, sulla base di quanto precede, si segnala l’opportunità di ripristinare la precedente formulazione dell’art. 1, comma 545, della legge 232/2016, che si limitava ad attribuire all’Agcom un potere sanzionatorio e inibitorio in presenza di condotte riconducibili al fenomeno del “bagarinaggio on line”, non interferendo con le competenze dell’Autorità. Il testo previgente dell’art. 1, comma 545, sul punto prevedeva infatti che: “L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e le altre autorità competenti effettuano i necessari accertamenti e interventi, agendo d’ufficio ovvero su segnalazione degli interessati”.

Si confida che il legislatore vorrà tenere in debita considerazione le considerazioni sopra espresse, in relazione all’articolo 1, commi 525, 536, 908, 1099 e 1100 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” (legge di Bilancio 2019).

La presente segnalazione sarà pubblicata sul Bollettino di cui all’articolo 26 della legge n. 287/90.

IL PRESIDENTE f.f.

Gabriella Muscolo

1 L’articolo 2, lett. b), del d.l. n. 223/06 prevede che “in conformità al principio comunitario di libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:[…] b) il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni; […]”. A garanzia dell’effettiva liberalizzazione così introdotta, il successivo comma 3 ha imposto a Ordini e Collegi professionali di adeguare i rispettivi codici deontologici ai nuovi principi in materia di pubblicità professionale.

2 Cfr. il d.l. n. 138 del 13 agosto 2011 (conv. dalla L. 14 settembre 2011, n. 148), la legge n. 183 del 12 novembre 2011 (legge di stabilità 2012), il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (c.d. decreto “Salva Italia”, conv. dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214), il d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 (decreto liberalizzazioni o Cresci-Italia, conv. dalla legge 24 marzo 2012, n. 27) e il D.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, recante la riforma degli ordinamenti professionali a norma dell’articolo 3, comma 5, d.l. n. 138/11.

3 Cfr. Indagine conoscitiva IC34 Il settore degli Ordini professionali, 2009 e AS988 e AS1137 Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anni 2013 e 2014.

4 Il D.P.R. n. 137 del 2012 aveva correttamente attribuito all’Autorità la competenza a vigilare in materia di rispetto dei criteri di trasparenza e correttezza della pubblicità informativa nel settore sanitario, stabilendo che le violazioni del comma 2 dell’art 4 dello stesso D.P.R. costituissero “una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206, e 2 agosto 2007, n. 145. (comma 3)”.

5 Recante “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”.

6 Tale articolo recita: “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.

7 Cfr., ex multis, AS1183 – Comune di Civitanova Marche (MC) - servizio di tesoreria del mercato ittico, del 3 marzo 2015.

8 L’Autorità è intervenuta nel corso del 2017 con cinque procedimenti riguardanti pratiche commerciali scorrette poste in essere da professionisti attivi nel mercato primario (Ticketone) e secondario della vendita di biglietti per eventi online (Viagogo, Seatwave, Ticketbis e Mywayticket). I quattro provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti di professionisti del mercato secondario hanno avuto ad oggetto informazioni ingannevoli e omissive fornite dai professionisti nel corso del processo di vendita. Si tratta di informazioni quali il ruolo del professionista, le caratteristiche del servizio di intermediazione svolto, la tipologia e il prezzo complessivo dei biglietti offerti. Il procedimento dell’Autorità conclusosi nei confronti del professionista attivo nel mercato primario (Ticketone), titolare del sistema di emissione di biglietti online, ha avuto ad oggetto la pratica commerciale consistente nella mancata predisposizione di misure atte a limitare gli acquisti massivi di biglietti da parte di pochi soggetti, anche da parte di programmi automatici (ticketbots). Cfr. procedimenti PS/8035 Ticketone – biglietti non disponibili; PS/10610 Viagogo – mercato secondario; PS/10611 Ticketbis – mercato secondario; PS/10612 Mywayticket – mercato secondario; PS/10613 Seatwave – mercato secondario, in Bollettino 14/2017 del 18/04/2017.

 

 

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