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TAR Sicilia, sez. I, 26/7/2019 n. 1940
Sulla rimessione alla Corte costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2, l. r. Sicilia, n. 16/2017, che prevede la gestione diretta dei comuni del servizio idrico

E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 2, l. reg. Sicilia 11 agosto 2017, n. 16, per contrasto con gli artt. 117, c.2, lett e), 97, commi 1 e 2, 119, commi 1 e 4, e 136 Cost., nella parte in cui prevede la gestione diretta dei comuni del servizio idrico, in tal modo disattendendo i principi dell'art. 149-bis, d.lgs. n. 152 del 2006.

Materia: acqua / servizio idrico integrato

Pubblicato il 26/07/2019

N. 01940/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02224/2018 REG.RIC.          

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 2224 del 2018, proposto da

 

Comune di Buseto Palizzolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Franco Campo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

Regione Sicilia - Assessorato dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale n. 6;

Salvatore Lanza n. q. di Commissario ad acta, non costituito in giudizio;

 

nei confronti

Siciliacque s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Stagno D'Alcontres, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento

- del Decreto Assessoriale n. 73/GAB del 3 settembre 2018 dell'Assessorato regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana, notificato al Comune di Buseto Palizzolo in

data 6 settembre 2018, con nota prot. n. 45551/GAB del 4 settembre 2018, con il quale Dott. Salvatore Lanza è stato nominato Commissario ad acta presso i Comuni di Buseto Palizzolo e Paceco per adottare in via sostitutiva ogni provvedimento necessario e/o utile per addivenire alla consegna di reti idriche ed impianti, di cui all'art. 4, comma 1, della l.r. n. 16/2017, riportati nell'elenco allegato ai punti A.1 ed A.8;

- del verbale di insediamento del commissario ad acta - Dott. Salvatore Lanza - del 5 ottobre 2018;

- della nota del commissario ad acta – Dott. Salvatore Lanza - assunta al protocollo comunale al n. 10210 del 05.10.2018, con cui si dispone che il Responsabile del Settore C del Comune di Buseto Palizzolo e il Consiglio Comunale adottino gli atti necessari per la presa in carico delle reti EAS;

- della diffida intimata dall’Assessorato regionale dell'Energia e dei servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana con nota n. prot. 2716/GAB del 28/06/2018;

- della nota prot. n. 4971/Gab. del 17.09.2018 dell'Assessorato regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana;

- della delibera del Commissario ad Acta n. 1 del 23/10/2018, con la quale la gestione degli impianti e delle reti idriche prima gestite dell’EAS in liquidazione è stata posta a carico dell’amministrazione comunale;

- di ogni altro atto, presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Sicilia - Assessorato dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità e di Siciliacque;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2019 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

1. Con ricorso notificato il 31 ottobre 2018, e depositato il successivo 13 novembre, il Comune di Buseto Palizzolo ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, l’Assessorato regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, e la società Siciliacque.

Con ordinanza n. 1176/2018 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 16 aprile 2019.

2. Il Comune di Buseto Palizzolo ha impugnato davanti a questo Tribunale amministrativo:

a) il Decreto Assessoriale n. 73/GAB del 3 settembre 2018 dell'Assessorato regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana, con il quale Dott. Salvatore Lanza è stato nominato Commissario ad acta presso i Comuni di Buseto Palizzolo e Paceco per adottare in via sostitutiva ogni provvedimento necessario e/o utile per addivenire alla consegna di reti idriche ed impianti, di cui all'art. 4, comma 1, della l.r. n. 16/2017;

b) il verbale di insediamento del commissario ad acta - Dott. Salvatore Lanza - del 5 ottobre 2018;

c) la nota del commissario ad acta – Dott. Salvatore Lanza - assunta al protocollo comunale al n. 10210 del 05.10.2018, con cui si dispone che il Responsabile del Settore C del Comune di Buseto Palizzolo e il Consiglio Comunale adottino gli atti necessari per la presa in carico delle reti EAS;

d) la diffida intimata dall’Assessorato regionale dell'Energia e dei servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana con nota n. prot. 2716/GAB del 28/06/2018;

e) la nota prot. n. 4971/Gab. del 17.09.2018 dell'Assessorato regionale dell'Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità della Regione siciliana;

f) la delibera del Commissario ad Acta n. 1 del 23/10/2018, con la quale la gestione degli impianti e delle reti idriche prima gestite dell’EAS in liquidazione è stata posta a carico dell’amministrazione comunale.

Il ricorso risulta affidato alle seguenti censure.

1) “ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 4 COMMA 2 DELLA L.r. n. 16/2017 - VIOLAZIONE DELL'ART. 117, SECONDO COMMA, LETTERA e) COST., IN RELAZIONE AL «PRINCIPIO DI UNICITÀ DELLA GESTIONE PER CIASCUN AMBITO TERRITORIALE OTTIMALE» (ARTT. 147, 149-BIS E 172 DEL D.LGS. n. 152 DEL 2006, E 3-BIS, COMMA L, DEL DECRETO-LEGGE 13 AGOSTO 2011, N. 138) E IN RELAZIONE AL DIVIETO DI GESTIONE DIRETTA DEL S.I.I. (ART. 149-BIS DEL D.LGS. n. 152 DEL 2006) - VIOLAZIONE DEL GIUDICATO COSTITUZIONALE FORMATOSI SULLA SENTENZA N. 93/2017 DELLA CORTE COSTITUZIONALE”.

2) “ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 4 COMMA 2 DELLA L.R. n. 16/2017 DELLA REGIONE SICILIANA, PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 117 LETT. e), e 119, PRIMO, SECONDO, QUINTO, SESTO, SETTIMO ED OTTAVO COMMA DELLA COSTITUZIONE, NONCHÉ CON L’ART. 15, SECONDO COMMA DELLO STATUTO REGIONALE SICILIANO”.

3) “VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 4 comma 2, L.r. n. 16/2017 IN RELAZIONE ALL’ART. 1 COMMA 1 L.r. n. 8/2018”.

4) “ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DIFETTO DI ISTRUTTORIA”.

5) “ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALE COLLABORAZIONE TRA AUTORITA’ REGIONALE E AMMINISTRAZIONE COMUNALE”.

6) “VIOLAZIONE DI LEGGE – ART. 49, comma 3, D.Lgs. n. 267/2000 – DIFETTO DI MOTIVAZIONE”.

7) “VIOLAZIONE DI LEGGE – ART. 239, comma 1 lettera b) n. 3) D.Lgs. n. 267/2000”.

3. Il Collegio, con sentenza non definitiva deliberata alla medesima camera di consiglio, ha respinto l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla difesa regionale in relazione al fatto che “Il Comune ricorrente è solo uno dei soggetti che compongono il nuovo Ente di governo del S.I.I.: è dunque, l’ATI di Trapani il soggetto giuridico-in tesi – legittimato a insorgere contro i provvedimenti riguardanti il S.I.I. dell’ATO della circoscrizione della provincia di Trapani”.

Nel citato provvedimento decisorio si è in proposito osservato che “I provvedimenti impugnati nel presente giudizio producono effetti diretti ed immediati nella sfera giudica del Comune odierno ricorrente, il quale, oltre ad esserne il formale destinatario, è l’ente che sul piano sostanziale ne subisce gli effetti lesivi (meglio descritti infra, in sede di esame delle censure)”.

4. Nel merito, il ricorso lamenta in fatto:

- che la legge regionale n. 16 dell’11//08/2017 (art. 4) ha previsto che l'Ente Acquedotti Siciliani (EAS), in liquidazione da 14 anni, provveda alla consegna degli impianti e delle reti idriche ai comuni per assumerne la gestione, con oneri a carico della tariffa del servizio idrico integrato;

- che l’efficacia temporale dell’assetto fissato da tale disposizione dovrebbe essere temporanea, poiché dovrebbe protrarsi sino all’affidamento della gestione del servizio idrico integrato cui dovrebbe provvedere l’Assemblea Territoriale Idrica prevista per ogni Ambito Territoriale Ottimale dall'articolo 3, comma 2, della legge regionale n. 19 dell’11 agosto 2015 n. 19;

- che la stessa normativa ha previsto che trascorso il termine perentorio in essa fissato, inizialmente in sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge e poi prorogato al 31 ottobre 2018 dall’art. 1, comma 1, L.r. n. 8 dell’08/05/2018, l'Assessore regionale per l'energia e i servizi di pubblica utilità, previa diffida al comune ad adempiere, nomina un commissario ad acta per la presa in consegna degli impianti;

- che i provvedimenti adottati nei confronti del Comune di Buseto Palizzolo in applicazione di tale disposizione, ed impugnati nel presente giudizio, oltre a generare spese insostenibili per l’attuale situazione finanziaria dell’ente, determinano, fra l’altro, “l’impossibilità per il comune di gestire la bollettazione e la riscossione dei canoni idrici, anche per la necessità di sostituire la quasi totalità dei misuratori idrici, con conseguente aggravio di spese per il comune”;

- che la delibera approvata determina significativi riflessi diretti ed indiretti sulla situazione finanziaria dell’Ente: la stessa, tuttavia, non contiene alcun dato che permetta di valutare la sostenibilità della gestione da parte del comune.

5. Nell’ordine logico delle questioni devono essere esaminati con priorità i primi due motivi di ricorso, in quanto attinenti – nella prospettazione della parte ricorrente - alla legittimità costituzionale della norma attributiva del potere (art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2017, n. 16), per contrasto con gli articoli 117, secondo comma, lett e), e 119 (primo, secondo, quinto, sesto, settimo ed ottavo comma) della Costituzione, nonché per contrasto con l’art. 15, secondo comma, dello Statuto regionale siciliano (approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455); la disposizione è altresì censurata per violazione del giudicato costituzionale formatosi sulla sentenza n. 93/2017 della Corte costituzionale.

Le ulteriori censure lamentano infatti il cattivo uso del medesimo potere, e presuppongono l’esistenza dello stesso per come attribuito dalla disposizione regionale censurata, sicché la soluzione di tale quesito appare propedeutica all’esame delle ulteriori censure (nel senso che le stesse possono essere esaminate solo sul presupposto della legittimità costituzionale della disposizione costituente la base legale dei provvedimenti impugnati, il loro scrutinio risultando altrimenti precluso dall’eventuale accoglimento della questione incidentale di costituzionalità).

6. Sulla rilevanza delle questioni.

Si sono appena esposte, al paragrafo precedente, le ragioni per le quali questo giudice deve fare applicazione delle norme oggetto del dubbio di legittimità costituzionale per decidere i primi due motivi di ricorso che vertono proprio sulla legittimità costituzionale delle stesse, e che risultano logicamente propedeutici rispetto all’esame delle ulteriori censure.

Dall'accoglimento della questione di costituzionalità discenderebbe infatti l'accoglimento di tali motivi, mentre dal suo rigetto discenderebbe il rigetto degli stessi e l’esame delle successive censure (vertenti sul cattivo uso del potere), altrimenti precluso in ipotesi di illegittimità costituzionale della norma attributiva del potere.

La questione inerente la legittimità costituzionale della norma attributiva, dedotta nei primi due motivi, appare dunque nell’ordine logico inevitabilmente propedeutica e preliminare rispetto all’esame delle successive censure.

7. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni.

Questa Sezione ha già sommariamente esposto, nel citato provvedimento cautelare, le ragioni che depongono nel senso della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma attributiva del potere, ossia del citato art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2017, n. 16l, che recita:

“1. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Ente Acquedotti Siciliani (EAS) in liquidazione provvede alla consegna degli impianti e delle reti idriche al comune o al consorzio dei comuni interessati, a seconda che gli impianti siano a servizio di un solo comune o di più comuni, che ne assumono la gestione, con oneri a carico della tariffa del servizio idrico integrato, sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015, n. 19.

2. Trascorso il termine perentorio di cui al comma 1, l'Assessore regionale per l'energia e i servizi di pubblica utilità, previa diffida al comune ad adempiere entro il termine di trenta giorni, nomina un commissario ad acta per la presa in consegna degli impianti di cui al comma 1 nel termine dei successivi trenta giorni”.

7.1.Un primo profilo di illegittimità costituzionale che appare non manifestamente infondato è quello relativo alla violazione dell’art. 136 della Costituzione.

La citata sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 2017 aveva ad oggetto l’art. 4, comma 7, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2015, n. 19: “Al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio”.

La Corte costituzionale, nella richiamata sentenza n. 93/2017: ha in proposito osservato:

“5.- Viene impugnato l’art. 4, comma 7, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015, secondo cui, «[a]l fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio». La disposizione violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale esclude la possibilità di una gestione diretta del servizio; l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto, consentendo la costituzione di sub-ambiti, si porrebbe in contrasto con gli artt. 147, 149-bis e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006, e 3-bis, comma l, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, i quali mirano ad assicurare l’unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale e l’integrazione-verticale e orizzontale dei servizi; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e l06 del TFUE.

Il ricorrente chiede altresì che, in via consequenziale, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della legge regionale impugnata, secondo cui «[n]elle more dell’espletamento delle procedure di cui all’art. 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’art. 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4».

5.1.- Le censure formulate dal Governo - riferite, sia alle modalità di affidamento del servizio, in quanto se ne autorizza la gestione diretta, pubblica e in forma associata, sia alla frammentazione dell’unicità della gestione che consegue alla costituzione di sub-ambiti - devono essere accolte.

In primo luogo, la disposizione regionale si pone in contrasto con l’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, nel rispetto del «principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale», non contempla la possibilità per i singoli comuni di associarsi autonomamente per la gestione diretta del servizio idrico «al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti». Come più volte ricordato, la disciplina concernente le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica va ricondotta all’ambito della tutela della concorrenza, «tenuto conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua diretta incidenza sul mercato» (sentenze n. 134 del 2013 e n. 325 del 2010), e quindi rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Consentendo la costituzione di sub-ambiti, inoltre, la norma regionale impugnata vìola anche sotto un altro profilo la riserva statale di disciplina delle materie della «tutela della concorrenza» e della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema». La soluzione adottata dal legislatore regionale si pone invero in contrasto insanabile con l’invocata normativa interposta, costituita dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 13, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), prevede che i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), e che le regioni possono modificare le delimitazioni degli ATO per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, purché ne sia assicurato lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto dei principi, rilevanti in questa sede, di unitarietà della gestione e superamento della frammentazione verticale delle gestioni, nonché di adeguatezza delle dimensioni gestionali in base a parametri fisici, demografici e tecnici.

Questa Corte ha chiarito che la disciplina diretta al superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, con l’assegnazione a un’unica Autorità preposta all’ambito delle funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio idrico integrato, è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, essendo essa diretta ad assicurare la concorrenzialità nel conferimento della gestione e nella disciplina dei requisiti soggettivi del gestore, allo scopo di assicurare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio (sentenze n. 325 del 2010 e n. 246 del 2009). Al contempo, la stessa disciplina ricade nella sfera di competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente in quanto «l’allocazione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale delle competenze sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa “come ‘sistema’ [...] nel suo aspetto dinamico” (sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007)» (sentenza n. 246 del 2009).

5.2.- Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa, in via consequenziale, all’art. 5, comma 6, della legge regionale impugnata, secondo cui «[n]elle more dell’espletamento delle procedure di cui all’articolo 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’art. 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4». L’annullamento di quest’ultima disposizione rende infatti inapplicabile il citato art. 5, comma 6.

6.- Viene impugnato, altresì, l’art. 4, comma 8, che recita: «I comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonché i comuni delle isole minori ed i comuni di cui al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica». Secondo il Governo la norma violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento agli artt. 147, comma 2-bis, e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto contempla un’eccezione non consentita al principio di unicità della gestione nell’ambito ottimale; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE. Il Governo chiede inoltre che in via consequenziale sia dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 9, comma l, secondo cui «[l]’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2».

6.1.- La questione è fondata, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

Per i profili di censura attinenti alle modalità di affidamento, valgono anche in questo caso le considerazioni innanzi illustrate sull’art. 4, comma 7, alle quali si rinvia.

Per quanto concerne invece l’effetto di frammentazione della gestione, è necessaria una precisazione aggiuntiva sul quadro normativo di riferimento.

L’art. 7, comma 1, lettera b), numero 4), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, introduce, tra l’altro, modifiche all’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006. Con esse sono rafforzate le modalità attuative della definizione degli ambiti territoriali ottimali e, dopo il comma 2 del citato art. 147, è aggiunto il seguente comma: «2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti».

Il richiamato comma 5 dell’art. 148 recita: «Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorità d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d’ambito competente».

Alla luce della disciplina citata è agevole constatare che il legislatore regionale non ha rispettato i limiti della deroga introdotta dal legislatore statale in materia di gestione autonoma del servizio idrico integrato, quanto all’individuazione dei comuni ai quali tale facoltà è concessa. Riferendosi alla fattispecie dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione siciliana 9 gennaio 2013, n. 2 (Norme transitorie per la regolazione del servizio idrico integrato), la norma censurata estende infatti l’eccezione ai «comuni che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico integrato», i quali «possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica» (art. l, comma 6, citato). Si tratta di un’eccezione del tutto estranea alla ratio della normativa statale, per la quale la possibilità di derogare all’unicità della gestione del servizio si giustifica esclusivamente in ragione di un elemento tipicamente ambientale costituito dalla peculiarità idrica di talune aree del territorio.

6.2.– Non sussistono peraltro gli estremi per dichiarare, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale consequenziale dell’art. 9, comma l, secondo cui «[l]’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2». La disposizione regionale sui finanziamenti destinati all’adeguamento degli impianti idrici non è legata infatti da un rapporto di necessaria presupposizione rispetto all’art. 4, comma 8, dichiarato incostituzionale. Né può dirsi che la perdurante esistenza dell’art. 9, comma 1, sia idonea a frustrare la precedente dichiarazione di illegittimità.

Il riportato art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2017, n. 16, della cui legittimità costituzionale questo Collegio dubita, ha di mira (e comunque realizza in concreto sul piano disciplinare ed effettuale) il medesimo risultato pratico censurato in precedenza dalla Corte costituzionale:

“1. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Ente Acquedotti Siciliani (EAS) in liquidazione provvede alla consegna degli impianti e delle reti idriche al comune o al consorzio dei comuni interessati, a seconda che gli impianti siano a servizio di un solo comune o di più comuni, che ne assumono la gestione, con oneri a carico della tariffa del servizio idrico integrato, sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015, n. 19.

2. Trascorso il termine perentorio di cui al comma 1, l'Assessore regionale per l'energia e i servizi di pubblica utilità, previa diffida al comune ad adempiere entro il termine di trenta giorni, nomina un commissario ad acta per la presa in consegna degli impianti di cui al comma 1 nel termine dei successivi trenta giorni”.

L’art. 4 qui in esame riproduce infatti, quanto meno sul piano dell’effetto dispositivo, il medesimo assetto normativo già censurato dalla Corte con riferimento alla gestione diretta del servizio idrico da parte dei comuni, prevedendo una soluzione normativa che, di fatto, produce il risultato di vanificare gli effetti della precedente pronuncia di illegittimità costituzionale, e di riprodurre gli effetti delle norme già dichiarate illegittime.

Anche la disposizione oggi in esame prevede infatti una gestione diretta dei comuni del servizio idrico che chiaramente disattende i princìpi dell’art. 149-bis D. Lgs. 152/2006, che costituisce dunque il parametro interposto violato dalla disposizione in esame.

I provvedimenti impugnati realizzano infatti un assetto identico a quello che la citata sentenza della Corte costituzionale ha inteso censurare, proprio in quanto risultano adottati sulla base di una disposizione (art. 4, commi 1 e 2, della L.reg. 11.08.2017 n. 16) che, per quanto qui rileva, appare riproduttiva di analoga disposizione (art. 4, comma 7, della L.reg. 11.08.2015 n. 19) già dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 93/2017 della Corte costituzionale), per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di “ambiente” e “concorrenza” (anche nel settore del servizio idrico): ciò in relazione al contrasto fra le norme regionali con le disposizioni statali (artt. 147 e 149-bis d.lgs. n. 152/2006) che enunciano il principio della unicità della gestione del servizio idrico per ciascun ambito territoriale ottimale, escludendo la possibilità di gestione diretta da parte di comuni associati, e prevedendo il superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche.

Sul piano diacronico, poi, in relazione alla enunciata natura provvisoria della disciplina in esame, il Collegio non può che condividere quanto argomentato dalla parte ricorrente, “Non rileva in contrario la prevista provvisorietà dell’affidamento di detta gestione (… sino alla piena attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, lettera f), della legge regionale 11 agosto 2015 n. 19), intanto perché anche la norma dell’art. 4, comma 8, L.r. n. 19/2015 aveva carattere provvisorio (nelle more dell’approvazione della legge che doveva trasferire ai comuni le funzioni delle Autorità d’Ambito per il loro esercizio in forma associata), ma questo non ha impedito alla Corte di rilevarne l’illegittimità; in secondo luogo perché l’esperienza ha ormai dimostrato che in materia di gestione del servizio idrico integrato il concetto di “provvisorietà” nella regione siciliana è assai relativo, come prova il fatto che a dodici anni dal D.Lgs. n° 152/2006 il sistema appare ancora lontano dalla sua iniziale attuazione”.

7.2. Conseguentemente, un secondo profilo di illegittimità costituzionale che appare non manifestamente infondato è quello che evoca il parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lett e), della Costituzione, essendo la disposizione in esame affetta dal medesimo profilo di illegittimità costituzionale già accertato dalla Corte con riferimento alla precedente disposizione avente identico contenuto e significato normativo.

E’ sufficiente qui richiamare le considerazioni svolte al precedente punto 7.1., al quale si fa integrale rinvio.

La violazione del giudicato costituzionale mediante adozione di una nuova disposizione avente il medesimo contenuto normativo ed identico effetto dispositivo replica infatti il medesimo vizio, in quanto determina la trasmissione in capo alla nuova norma (non solo del significato precettivo, ma anche) del medesimo vizio di incostituzionalità, per le medesime ragioni.

7.3. Un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza riguarda poi il contrasto con i parametri costituiti dall’art. 119, commi primo e quarto, e dall’art. 97, commi primo e secondo, della Costituzione.

Deduce in proposito la parte ricorrente: “l’art. 4 della L.r. n. 16/2017 si pone in evidente contrasto con il principio costituzionale di correlazione fra funzioni e risorse e con il principio di equilibrio dei bilanci pubblici, dal momento che obbliga i comuni siciliani ad assumere la gestione degli impianti e delle reti idriche dall'EAS senza correlare a tale trasferimento di funzioni il trasferimento delle necessarie risorse finanziarie e umane e “scaricando” sui bilanci comunali le conseguenze economico – finanziarie della fallimentare gestione EAS. Significativa in proposito è l’analisi formulata dal responsabile del servizio economico finanziario del comune ricorrente il quale, nella pur sintetica argomentazione del parere reso sulla delibera commissariale, ha evidenziato come il provvedimento impugnato sia stato adottato senza essere preceduto da adempimenti e misure indispensabili per assicurare il mantenimento dell’equilibrio del bilancio dell’ente locale. Egli contesta, infatti, la totale mancanza nella deliberazione commissariale di dati che permettano di valutare la sostenibilità della gestione da parte del comune, come la verifica dello stato di reti e impianti o la verifica del funzionamento dei misuratori idrici. In realtà, il provvedimento impugnato riflette i difetti della disposizione legislativa ad esso sottesa”.

Emerge dalla incontestata – sul piano fattuale - prospettazione della parte ricorrente, riscontrata dalla documentazione prodotta in giudizio, che il conferimento temporaneo degli impianti ai comuni siciliani innovativamente disposto dall’art. 4 della L.reg. n. 16/2017, non tiene conto del parere contrario espresso dagli Organi di consulenza tecnico-finanziaria del Comune ricorrente i quali hanno evidenziato, sostanzialmente, l’assenza di una adeguata attività di concertazione tale da salvaguardare l’attuale situazione finanziaria ed organizzativa dei comuni interessati (mentre la possibilità per questi ultimi di richiedere, occorrendo, un’anticipazione alla Regione, ai sensi dell’art. 4, comma 5, della L.reg. n. 16/2017, non consente di superare i rilievi sollevati dai predetti Organi comunali, in quanto si tratterebbe non di un trasferimento ma di un prestito, da collocare comunque a carico della finanza dell’Ente locale).

Tale profilo, prima ancora di rilevare in punto di (cattivo) uso del potere, investe la preliminare questione della legittimità costituzionale della norma attributiva di detto potere: dal momento che è proprio tale norma a consentire (recte: prevedere) il trasferimento di funzioni ed oneri senza corrispondenti misure, quanto meno di concertazione finanziaria, relative alla copertura dei costi del servizio.

La copertura finanziaria del servizio, oggi temporaneamente affidato ai comuni in applicazione dell’art. 4, L.reg. n. 16/2017, è basata sulla “tariffa” locale transitoria espressamente prevista dal comma 1 dell’art. 4, cit., in attesa della futura determinazione della tariffa d’Ambito di cui all’3, comma 3, lettera f, della L. reg. n. 19/2015.

Tale copertura, tuttavia, non appare esaustiva, attesa la mancanza di una unitaria - seppur temporanea - regolamentazione regionale del servizio di che trattasi, tale da assicurare, nelle more della piena attuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali di cui all’art. 3 della L.reg. 19/2015, l’autonomia finanziaria del Comune, come anche l’efficiente ed uniforme erogazione del servizio idrico integrato in tutti i comuni dell’isola.

Come infatti condivisibilmente affermato in ricorso, “La mancanza di dati certi sullo stato della rete in termini tecnici, sul suo stato di manutenzione e sui quantitativi idrici effettivi da immettere nella rete, rendono impossibile predisporre un apposito piano finanziario per la gestione della rete da consegnare, ai fini della predisposizione della Tariffa e del Bilancio del Servizio dell’Ente”.

Afferma in contrario la difesa regionale che “In realtà con la sentenza n. 93/17 la Consulta ha censurato norme della L.R. n. 19/95 riguardanti soltanto aspetti gestionali del S.I.I. e non già quelle riguardanti la disciplina organizzativa dei nuovi enti di governo del S.I.I.. Ciò è stato puntualmente specificato con la Circolare n. 4586/17, cui è sintomaticamente seguita la L.R. n. 16/17 che – con l’art. 4 – ha inteso “liberare” l’EAS in liquidazione dalla gestione pesantissima, sia finanziariamente che amministrativamente, del S.I.I. e così concludere la fase liquidatoria dell’Ente. Il disposto del citato art. 4 (la cui vincolante cogenza è fuori discussione) è stato poi rinforzato con l’art. 1, L.R. n. 8/18 fissando un termine perentorio per il completamento delle procedure previste dal ridetto art. 4”.

Tale affermazione ad avviso del Collegio conferma il dubbio di costituzionalità in esame.

La circostanza che la norma abbia inteso “liberare l’EAS in liquidazione dalla gestione pesantissima, sia finanziariamente che amministrativamente, del S.I.I. e così concludere la fase liquidatoria dell’Ente”, conferma che si sia inteso scaricare sui Comuni il peso e le conseguenze di tale scelta “liberatoria” per l’ente regionale dante causa, ma corrispondentemente gravosa – in assenza di adeguati meccanismi di finanziamento- per gli enti territoriali aventi causa, i quali evidentemente certant de damno vitando.

La giurisprudenza costituzionale, in materia di riparto di competenze dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, ha affermato – nei rapporti fra Stato e Regioni - l’esistenza del principio del parallelismo tra responsabilità di disciplina della materia e responsabilità finanziaria (in questo senso la sentenza n. 17 del 2004 della Corte costituzionale): il profilo meramente finanziario non può prescindere dalla connessione funzionale con il profilo disciplinare del settore considerato (in argomento anche Corte costituzionale, sentenza n. 51 del 28 gennaio 2005, ove i richiami alle precedenti sentenze che hanno più volte affermato il principio sopra riportato).

Tale affermazione può predicarsi anche nei rapporti fra le Regioni e i Comuni.

In materia analoga, e su questione affine, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicliana., con ordinanza collegiale n. 556/2018, ha sollevato - rispetto al parametro costituito dall'art. 119 Cost. - la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 della l.r. 9.5.1986 n. 22 (che obbliga i comuni a farsi carico del patrimonio delle IPAB estinte e dunque, anche del personale e delle relative situazioni debitorie) in ragione proprio della ritenuta violazione dei princìpi appena richiamati, affermando che "Nel nostro Ordinamento vige il principio di autonomia finanziaria dei Comuni, espressamente declinato sia dall’art. 119 della Costituzione, che dai singoli Statuti delle Regioni speciali; e, con specifico riferimento alla Regione siciliana, dall’art. 15, comma 2, del suo Statuto. Corollario (logico, prim’ancora che giuridico) di tale principio è quello secondo cui ad ogni trasferimento di funzioni deve corrispondere un adeguato trasferimento (o un’attribuzione) di risorse economico-finanziarie per farvi fronte; principio che vale, all’evidenza, anche per il caso di trasferimento di complessi patrimoniali che determinino oneri (quali spese di manutenzione, restauro etc.) forieri di perdite economiche, nonché - ovviamente - per il caso di trasferimento di personale".

Ad avviso del Collegio l’assetto dispositivo portato dai provvedimenti impugnati nel presente giudizio, in attuazione della disposizione regionale in esame, si pone in contraddizione logica - anche in considerazione del fatto che non è prevista una predeterminazione della durata di tale assetto, né un piano degli interventi in cui lo stesso si sostanzia – con il principio del parallelismo fra competenze amministrative e provvista finanziaria necessaria per esercitarle, ricavabile dai plurimi riferimenti costituzionali e di sistema sopra richiamati.

Le considerazioni fin qui svolte appaiono del resto conformi alla più recente giurisprudenza costituzionale resa in fattispecie analoghe (sentenze nn. 22/2012, 188/2015 e 10/2016).

Il risultato dell’assetto voluto dalla disposizione in esame, realizzando un’alterazione strutturale dell’equilibrio fra titolarità delle funzioni e finanziamento delle stesse (come dimostrato in concreto dai provvedimenti impugnati nel presente giudizio), rende per l’ente comunale impossibile la gestione del servizio conforme al parametro del buon andamento nel rispetto della propria autonomia finanziaria e dell’equilibrio del proprio bilancio.

Deve essere dunque sollevata – con gli adempimenti di cui all’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2017, n. 16, per contrasto con gli articoli 117, secondo comma, lett e); 97, primo e secondo comma; 119, commi primo e quarto, e 136 della Costituzione.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima),

visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge regionale della Sicilia 11 agosto 2017, n. 16, per contrasto con gli articoli 117, secondo comma, lett e); 97, primo e secondo comma; 119, commi primo e quarto; e 136 della Costituzione;

visto l’art. 79, comma 1, cod. proc. amm, sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che a cura della Segreteria il presente provvedimento sia comunicato alle parti, nonché al Presidente della Giunta regionale della Regione Siciliana.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente

Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore

Roberto Valenti, Consigliere

IL SEGRETARIO

 

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