HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 13/2/2020 n. 297
Sulla rimessione alla Corte costituzionale di una disposizione (art. 31, c. 3, ult.capoverso, e c. 4, lett.a) della legge r. Lombardia n. 27/2009, che disciplina i canoni di locazione di alloggi erp

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, c. 3, ultimo capoverso, e c. 4, lett. a), l.r. Lombardia 4 dicembre 2009, n. 27, in relazione all’art. 3 Cost. nella parte in cui non consente l’inserimento nella categoria della protezione ai collaboratori o portatori di partita iva a prescindere dal reddito percepito.

Materia: edilizia ed urbanistica / edilizia residenziale pubblica
Pubblicato il 13/02/2020

N. 00297/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00035/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 35 del 2019, proposto da
Maria Gabriella Tardivo, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Gianbattista Bembo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Corso di Porta Vittoria, 17;

contro

MM S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Monica Piscozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Santa Croce 4;

nei confronti

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Lucia Tamborino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Piazza Città di Lombardia;
Comune di Milano, non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensione,

della nota della MM S.p.A. del 17.10.2018, ritirata presso l’Ufficio postale in data 25.10.2018, con cui veniva respinto il reclamo relativo alla determinazione dei nuovi canoni di locazione per il biennio 2018- 2019 e di ogni atto preordinato e connesso, tra i quali la determinazione del canone di locazione mensile in € 101,44 per il biennio 2018- 2019 di cui alla nota del 7.2.2018;

- “per l’incostituzionalità dell’art. 31 della l.r. Lombardia n. 27/2009”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di MM S.p.A. e della Regione Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2019 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso depositato in data 9 gennaio 2019 la sig.ra Tardivo ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, tra cui, in particolare, il provvedimento con il quale MM S.p.A., gestore del patrimonio di edilizia residenziale pubblica (ERP) del Comune di Milano, respingeva il reclamo relativo alla determinazione dei nuovi canoni di locazione per il biennio 2018- 2019 con riguardo all’abitazione di edilizia popolare assegnata alla ricorrente.

Nello specifico, MM S.p.A., avendo ritenuto che l’interessata, alla luce del suo reddito effettivo e della sua situazione anagrafica, e del corrispondente valore Isee_Erp, dovesse essere collocata nella classe B1 dell’Area “ACCESSO” (la quale determina un canone di locazione, per gli anni 2018 e 2019, pari a euro 101,44 mensili), concludeva, a seguito del reclamo, che “la valutazione dei dati anagrafici e reddituali per l’anno 2018 non consente l’applicazione di un canone inferiore”.

La ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere per difetto o insufficiente motivazione, in quanto la decisione impugnata fonderebbe la propria ragione sulla l.r. della Lombardia n. 27 dell’8.11.2007, norma abrogata dalla dall’art. 51, comma 1, lett. y) della l.r. 4 dicembre 2009, n. 27, senza alcun ulteriore riferimento normativo; inoltre, la motivazione dell’atto circa la valutazione dei dati anagrafici dell’interessata sarebbe vaga e indeterminabile, rendendo il provvedimento arbitrario, oltre a precludere ogni diritto di difesa;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 e ss. della l.r. n. 27/2009; eccesso di potere per difetto o insufficiente motivazione; eccesso di potere per manifesta illogicità, incoerenza, contraddittorietà, in quanto il provvedimento impugnato, assegnando la ricorrente ad una categoria superiore senza tenere conto del suo effettivo reddito, derivante da lavoro autonomo consistente nello svolgimento di servizi stagionali di prenotazione e gestione di locali di terzi per bed & breakfast (€ 2.539,00 nell’anno 2015, € 534,00 nell’anno 2016, € 3.205,00 nell’anno 2017 ed € 3.567,00 nell’anno 2018), e collocandola nell’area denominata di “accesso” anziché in quella di “protezione”, non risponderebbe alla norma o almeno alle sue finalità e risulterebbe pertanto contraddittorio ed incoerente, avendo l’interessata dimostrato documentalmente di possedere un reddito annuo corrispondente alla prima classe dell’area della protezione.

In subordine, la ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 31 della l.r. n. 27/2009, nella parte in cui non consente l’inserimento nella categoria della protezione ai collaboratori o portatori di partita iva a prescindere dal reddito percepito.

Si è costituita la Regione Lombardia, chiedendo la reiezione del ricorso ed eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

Si è costituita MM S.p.A., chiedendo il rigetto del ricorso.

Nessuno si è costituito per il Comune di Milano.

Alla camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2019 la ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare.

In vista dell’udienza pubblica MM S.p.A. ha ribadito le proprie difese.

Alla pubblica udienza del giorno 11 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Preliminarmente, occorre esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa regionale.

Secondo la Regione – che richiama a suo favore le sentenze T.A.R. Lombardia - Milano n. 1565/2012 e n. 1327/2013 - il rapporto instaurato nella fattispecie equivarrebbe ad un rapporto di concessione di un bene, sicché, riguardando la lite il canone, la causa sarebbe sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a.

2.1. L’eccezione non è condivisibile.

La cessione degli alloggi ERP avviene sulla base di un contratto di locazione, a seguito di una procedura amministrativa finalizzata alla predisposizione di graduatorie per la individuazione dei soggetti assegnatari di un alloggio, in esito alla quale si instaura – previa stipula del contratto - un rapporto tra Amministrazione e assegnatario che prevede il godimento dell’alloggio da parte dell’assegnatario dietro il pagamento di un canone predefinito.

In quest’ottica, con riguardo sia all’attività amministrativa volta alla selezione dei soggetti con i quali instaurare il rapporto di locazione di un alloggio ERP, sia all’attività finalizzata alla determinazione dei relativi canoni, non viene in rilievo un rapporto di concessione di beni pubblici, né, conseguentemente, può trovare applicazione il disposto di cui all’art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a., invocato dalla Regione.

In materia, invece, opera il tradizionale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, ossia il criterio della causa petendi (o petitum sostanziale), declinato alla stregua della dicotomia carenza di potere-cattivo esercizio del potere.

Ne consegue che, nella fattispecie, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, poiché si contesta la valutazione effettuata da MM S.p.A. – nell’esercizio del relativo potere attribuito dalla legge - circa il possesso in capo alla ricorrente dei requisiti necessari per la sua collocazione nell’area dell’accesso anziché in quella della protezione, ai fini della determinazione del corrispondente canone.

L’eccezione, quindi, va respinta.

3. Passando al merito, è infondato il primo motivo, con il quale la ricorrente si duole del fatto che il provvedimento impugnato indichi, quale base normativa del rigetto dell’istanza di riesame del canone, la “Legge Regionale n. 27 dell’8/11/2007 e successive modificazioni”.

Sul punto, è sufficiente osservare: i) per un verso, che il riferimento alle “successive modificazioni” può intendersi come riferito anche alla successiva l.r. 4 dicembre 2009, n. 27, che ha abrogato, sostituendola, la l.r. n. 27/2007; ii) per altro verso, che la semplice lettura della comunicazione di MM S.p.A. del 7.2.2018 (avente ad oggetto “Bollettazione primo bimestre 2018”) è sufficiente a capire che la resistente ha dato applicazione alle previsioni contenute nell’art. 31 della l.r. n. 27/2009, espressamente menzionata nella comunicazione in questione.

Quanto alla lamentata genericità del riferimento alla “valutazione dei dati anagrafici” dell’interessata, la documentazione prodotta in giudizio da MM S.p.A. (v. doc. n. 2 e doc. n. 3 di parte resistente) dimostra che sono stati presi in considerazione tutti gli elementi necessari ai fini della decisione e che, pertanto, l’istruttoria procedimentale è stata svolta compiutamente.

La censura, pertanto, va respinta.

4. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente lamenta l’errata applicazione delle disposizioni di cui all’art. 31 della l.r. n. 27/2009, è anch’esso infondato, salvo quanto si dirà successivamente con riguardo alla questione di illegittimità costituzionale sollevata in subordine dalla ricorrente.

4.1. MM S.p.A. ha collocato la sig.ra Tardivo nell’area dell’accesso, e ha conseguentemente individuato il corrispondente canone, ai sensi del combinato disposto dei commi 3, 4 e 5 dell’art. 31 della l.r. n. 27/2009, di cui è utile riportare il contenuto.

Nel dettaglio:

- ai sensi del comma 4, lettera a), nell’area della protezione sono collocati i nuclei con ISEE-ERP fino a € 9.000,00. “In tale area, fino a 8.000,00 euro ISEE-ERP, rientrano i nuclei familiari con reddito imponibile derivante esclusivamente o prevalentemente da pensione o da lavoro dipendente od assimilato, ivi compresi i redditi percepiti ai sensi della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30) o da sussidi erogati da enti pubblici o di assistenza o beneficenza legalmente riconosciuti; l’ammontare di tali redditi non deve comunque essere superiore all’importo di una pensione minima INPS, aumentato dell’importo di una pensione sociale. Nei valori tra 8.001,00 e 9.000,00 euro ISEE-ERP rientrano esclusivamente i nuclei familiari, con un ISEE-ERP fino a 9.000,00 euro, con la tipologia di reddito imponibile sopraddetta, il cui ammontare dei redditi è superiore all’importo di una pensione minima INPS, aumentato dell’importo di una pensione sociale. Il reddito derivante da pensione o da lavoro dipendente o assimilato, si considera prevalente se da tale fonte deriva almeno l'80 per cento del reddito complessivo”;

- la lettera b) del comma 4 individua l’area dell’accesso, per i nuclei con ISEE-ERP da 9.001,00 a 14.000,00 euro;

- il comma 3, ultimo capoverso, stabilisce che “per i nuclei familiari con tipologia di reddito con caratteristiche diverse da quelle previste dal comma 4, lettera a) la verifica dell’incidenza massima del canone sull’ISE-ERP è effettuata sulla base della classe ISEE-ERP di appartenenza, comunque non inferiore a 9.001,00 euro, considerando il corrispondente valore ISE-ERP”;

- ai sensi del comma 5, lett. b), infine, “i nuclei collocati nell’area dell’accesso corrispondono un canone in una misura compresa fra il 43 per cento e il 61 per cento del valore locativo dell’unità abitativa come definito nell’allegato C; la misura è ridotta per i nuclei con un solo componente. Per i nuclei familiari in area dell’accesso, il canone di locazione non può essere superiore ad una incidenza del 20 per cento dell’ISE-ERP del nucleo familiare stesso, fatto salvo il canone minimo mensile di 70,00 euro”.

4.2. Orbene, MM S.p.A. non poteva includere la ricorrente nell’area della protezione, atteso che:

- è incontestato che l’unico reddito percepito dalla sig.ra Tardivo è quello derivante da lavoro autonomo (servizi stagionali di gestione delle prenotazioni e dell’apertura e chiusura di locali di terzi per bed & breakfast);

- tale tipologia di reddito, seppure notevolmente inferiore alle soglie indicate all’art. 31, comma 4, lett. a), della l.r. n. 27/2009, non è riconducibile ad alcuna delle tipologie espressamente indicate dalla medesima disposizione (pensione, lavoro dipendente o assimilato) ai fini della collocazione nell’area della protezione;

- non può che trovare applicazione, quindi, la previsione residuale di cui all’art. 31, comma 3, ultimo capoverso, con l’applicazione di un ISEE-ERP non inferiore a 9.001,00 euro e la conseguente collocazione dell’interessata nell’area dell’accesso, disciplinata dai commi 4, lett. b) e 5, lett. b) del citato articolo 31.

4.3. Non è possibile interpretare diversamente le richiamate previsioni dell’art. 31, al fine di assimilare i redditi da lavoro autonomo, come quello svolto dalla ricorrente, alle diverse tipologie di reddito espressamente indicate alla lettera a) del comma 4 (redditi da pensione, lavoro dipendente o assimilato).

Invero, l’inequivoco tenore testale del comma 3, ultimo capoverso, nel prevedere espressamente che “per i nuclei familiari con tipologia di reddito con caratteristiche diverse da quelle previste dal comma 4, lettera a)” si applica “comunque” una classe ISEE-ERP “non inferiore a 9.001,00 euro” – con la inevitabile riconduzione della ricorrente all’area dell’accesso, ai sensi di quanto previsto dal comma 4, lett. b) - non lascia spazio né all’integrazione analogica né ad un’interpretazione estensiva della norma.

Sotto questo profilo, MM S.p.A. ha correttamente applicato le previsioni contenute nell’art. 31 della l.r. n. 27/2009.

5. Ciò posto, il Collegio ritiene rilevante ai fini del decidere, e non manifestamente infondata, la questione d’illegittimità costituzionale sollevata dalla difesa della sig.ra Tardivo con riferimento all’art. 31 della citata l.r. n. 27/2009, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui le disposizioni sopra richiamate - comma 3, ultimo capoverso, e comma 4, lett. a) e lett. b) – non consentono la collocazione nell’area della protezione a soggetti che percepiscono redditi da lavoro autonomo (come la ricorrente nella fattispecie), a prescindere dall’ammontare del reddito percepito.

Invero, la ricorrente ha espressamente sollevato, subordinatamente alla reiezione dei due motivi di ricorso, la questione di illegittimità costituzionale della norma di cui si è avvalsa MM S.p.A. per collocarla nell’area dell’accesso anziché in quella della protezione.

5.1. In punto di rilevanza della questione di costituzionalità che si sta per esporre, occorre preliminarmente precisare come soltanto l’eventuale accoglimento della relativa questione, con la conseguente caducazione della norma sottoposta al vaglio di costituzionalità, consentirebbe a questo Giudice di annullare il provvedimento impugnato.

Si è visto sopra che l’applicazione della norma della cui legittimità costituzionale si dubita ha determinato il rigetto dell’istanza di revisione avanzata dalla ricorrente.

5.2. Passando al merito della questione di costituzionalità da sottoporre a codesta Corte, il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, ultimo capoverso, e comma 4, lett. a), della l.r. n. 27/2009, per violazione dell’art. 3 della Costituzione - nei termini e nei limiti già in precedenza indicati -, sotto il seguente duplice profilo.

Invero, ritiene il Collegio rimettente che le norme di cui si sospetta l’incostituzionalità violino l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del trattamento diverso di situazioni sostanzialmente uguali e della ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

5.2.1. Con riferimento al primo aspetto, le norme in questione violerebbero l’art. 3 della Costituzione, perché sottopongono a un trattamento differenziato – e, come visto, deteriore - situazioni di precarietà economico-reddituale analoghe o addirittura identiche (in quanto caratterizzate dal possesso di un reddito in entrambi i casi al di sotto di determinate soglie) a quelle prefigurate dal comma 4, lettera a), dell’art. 31 della l.r. n. 27/2009, sol perché il reddito posseduto deriva da lavoro autonomo anziché da pensione, lavoro dipendente o assimilato.

Si tratta, invero, di situazioni di debolezza economica non dissimili tra loro, non potendosi distinguere, sotto il profilo della capacità di far fronte al pagamento di un canone locatizio ERP, la condizione del soggetto che percepisca entrate esigue dalle fonti di cui al citato comma 4, lettera a), dalla condizione di altro soggetto che tragga un reddito di pari ammontare dallo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo.

Ritiene, pertanto, il Collegio rimettente che risulti manifestamente illogica la scelta del legislatore di sottoporre situazioni così simili a trattamenti così differenziati, prevedendo la collocazione degli interessati in aree di assegnazione distinte e l’applicazione agli stessi di canoni di importo ben diverso, senza tenere minimamente in considerazione il fatto che entrambe le situazioni esprimono sostanzialmente un’analoga situazione di bisogno.

5.2.2. Sotto altro, concorrente profilo, non pare al Collegio che il trattamento deteriore riservato ai soggetti percettori di reddito da lavoro autonomo (con l’esclusione “comunque” della possibilità di essere ricondotti nell’area della protezione ai fini della determinazione del canone ERP, a prescindere dall’ammontare del reddito posseduto) possa trovare valida ragione giustificatrice nella differente tipologia di rapporto lavorativo che viene in rilievo.

Né pare sostenibile, ad avviso del Collegio, contrariamente a quanto affermato dalla difesa regionale, che il differente trattamento riservato alle entrate da lavoro dipendente, pensionistiche e provenienti da enti pubblici possa trovare giustificazione nel fatto che le stesse provengono da tipologie lavorative o soggetti che vengono sottoposti a un controllo a monte, mentre tipologie diverse di entrate non sarebbero soggette ad alcun tipo di verifica.

L’ordinamento, infatti, contempla ormai varie tipologie di verifiche e controlli che possono essere svolti, con altrettanta efficacia, anche per l’accertamento delle entrate derivanti da attività di lavoro autonomo; e se – o finché - i redditi che discendono da quest’ultimo genere di attività non sono oggetto di rettifiche, se ne deve presumere la veridicità, e ne devono dunque seguire gli stessi effetti che da redditi in eguale quantità, sebbene di diversa origine, derivano.

6. In ragione delle suesposte considerazioni, il Collegio ritiene dunque necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla questione.

Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge parzialmente, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, ultimo capoverso, e comma 4, lett. a), della l.r. n. 27/2009, in relazione all’art. 3 della Costituzione, secondo quanto stabilito in motivazione.

Dispone la sospensione del presente giudizio.

Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente sentenza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente della Giunta regionale, e comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia.

Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Oscar Marongiu, Primo Referendario, Estensore

Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oscar Marongiu Angelo Gabbricci
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici