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Consiglio di Stato, Sez. III, 30/6/2020 n. 4168
Sulla legittimità dell'emissione di un provvedimento di interdittiva antimafia per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito dei rifiuti

L'interesse che da anni muove le organizzazioni criminali di tipo mafioso nel settore dei rifiuti rappresenta oramai un fatto notorio, tanto che è stato coniato un termine ad hoc per definirle, "ecomafie". L'attenzione dell'ordinamento per i fenomeni illeciti che possono interessare l'intero ciclo della gestione dei rifiuti è, pertanto, massima, in ragione del disvalore sociale e del notevole danno, ambientale ma non solo, che l'infiltrazione di soggetti portatori di interessi contrastanti con gli interessi dello Stato-comunità comporta. Il danno ambientale che deriva dalla raccolta, trattamento, smaltimento illecito di rifiuti, specialmente se speciali o pericolosi, è definitivo e, nella quasi totalità delle ipotesi, irreparabile: il che impone all'Autorità preposta di intervenire, esercitando l'ampia gamma di poteri che il Legislatore le ha attribuito, in una fase preventiva rispetto alla causazione del danno. Appare evidente, pertanto, la stretta correlazione che intercorre tra la prevenzione del danno ambientale e le misure anticipatorie e preventive che l'Autorità pubblica è chiamata a porre in essere in tutti i settori interessati. In particolare, nella materia che qui occupa, il Legislatore ha mostrato di ritenere estremamente gravi talune fattispecie di reato, con riferimento alle quali ha posto, in buona sostanza, una presunzione assoluta di pericolosità, che vincola l'Autorità competente (la Prefettura) ad adottare il provvedimento di rigore dell'informativa interdittiva antimafia nei confronti dell'impresa o della società che sia stata interessata da provvedimenti dell'autorità penale per determinati reati.

È sufficiente, ai fini dell'emissione di un'informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l'essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come noto, quello del "più probabile che non", nel rispetto d'altronde della ratio dell'istituto in esame e delle finalità di "cautela avanzata" di fronte ad ogni pericolo o tentativo di infiltrazione mafiosa nel tessuto della attività economica, specialmente se esercitata in ambiti tradizionalmente di interesse per le mafie. L'infiltrazione - ovvero il suo tentativo - delle mafie nel tessuto economico e sociale del Paese costituisce pregiudizio gravissimo proprio al valore di cui l'art. 41 Cost. è espressione, giacche' essa colpisce e mortifica anzitutto la dignità umana, in contrasto con la quale mai, secondo la Carta, l'attività economica può essere svolta. La prevenzione avanzata nei confronti della penetrazione mafiosa nell'economia e nel mercato è, quindi, strumento primario anche a specifica tutela del diritto alla libera (anzitutto del tessuto criminale) iniziativa economica privata. Le condizioni in presenza delle quali un diritto, costituzionalmente protetto, può essere soggetto a limitazioni, sono state da tempo indicate nella cd. "interpretazione tassativizzante", con decisiva e dirimente conferma da parte della Corte Costituzionale proprio in riferimento alle interdittive antimafia, che ha affermato che l'istituto in esame - lungi dal privare il destinatario del diritto costituzionale di libero esercizio della attività economica, così come il destinatario di una misura definitiva di prevenzione personale - rappresenta il corretto strumento di prevenzione avanzata di fronte al fenomeno gravissimo della forza intimidatoria del vincolo associativo mafioso combinato con la presenza di ingenti capitali illeciti destinati ad inquinare il libero e naturale sviluppo dell'attività economica, e cioè proprio il valore costituzionale da tutelare a beneficio della collettività e dello Stato di Diritto, affermandosi coì il principio della "difesa anticipata" della legalità,

Materia: ambiente / rifiuti
Pubblicato il 30/06/2020

N. 04168/2020REG.PROV.COLL.

N. 00075/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 75 del 2020, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vanessa Perdelli e Mario Alberto Quaglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo di La Spezia e, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente una informativa di interdittiva antimafia;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di La Spezia e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 11 giugno 2020 in modalità da remoto il Pres. Franco Frattini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società appellante esercita attività di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti industriali in Provincia di La Spezia. A seguito di richieste di rilascio di comunicazione antimafia avanzate da parte di due stazioni appaltanti (la Motorizzazione civile di Genova e la Camera di commercio di Genova) nei confronti dell’impresa, nonché della richiesta, formulata nel -OMISSIS- dall’Amministratore unico e legale rappresentante, Sig. -OMISSIS-, di rinnovo dell’iscrizione nella c.d. white list, la Prefettura di La Spezia emetteva l’informazione interdittiva per cui è causa, Prot. -OMISSIS- del 31 ottobre 2019.

2. Avverso il suddetto provvedimento, l’odierno appellante proponeva ricorso con istanza cautelare di sospensione degli effetti dinanzi al Tar per la Liguria, chiedendone l’annullamento.

3. Il Giudice di prime cure emetteva, all’esito della camera di consiglio, la sentenza -OMISSIS- del 21 dicembre 2019, qui gravata, con la quale respingeva il ricorso e, per l’effetto, confermava il provvedimento impugnato.

4. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’appellante chiede l’annullamento e/o la riforma della pronuncia, deducendo plurimi motivi di censura e contestualmente riproponendo le doglianze non esaminate in primo grado.

5. Resistono in giudizio la Prefettura – U.T.G. di La Spezia ed il Ministero dell’Interno, chiedendo la conferma della decisione appellata.

6. In vista della presente udienza stabilita con modalità da remoto, le parti hanno depositato memorie e repliche, insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.

7. All’udienza dell’11 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello l’appellante denuncia “Erroneità della Sentenza impugnata. Violazione degli articoli 84, 89 bis, 91, 92 e 94 del d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”). Violazione del principio di libertà di impresa. Violazione dell’articolo 41 Cost. Violazione dei principi di legalità e di proporzionalità. Violazione dell’art. 97 Cost.”.

Nel provvedimento prefettizio per cui è causa veniva rilevata l’esistenza di un’indagine della D.D.A. di Firenze, a carico del sig. -OMISSIS-, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 152/2006, oggi art. 452 quaterdecies c.p.) operante tra le Regioni Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte, per il quale egli era stato anche reso destinatario di un provvedimento cautelare di interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale o direttiva di persone giuridiche o imprese attive nel settore dei rifiuti per -OMISSIS-; la Prefettura, pertanto, adottava l’interdittiva per cui è causa, essendo l’art. 542 quaterdecies c.p. compreso tra i reati elencati dall’art. 51, c. 3 bis, c.p.p., espressamente richiamato all’art. 84, c. 4, lett. a), d.lgs. 159/2011.

Sul punto, l’appellante deduce la manifesta erroneità della sentenza del Tar, evidenziando, innanzitutto, che tale procedimento penale risulta allo stadio di indagine preliminare, suscettibile pertanto di condurre anche ad una decisione diversa dal rinvio a giudizio; in ogni caso e nel merito, l’esistenza, nella giurisprudenza amministrativa, di un consolidato indirizzo che esclude qualsivoglia automatismo tra l’emissione dell’ordinanza cautelare per c.d. delitti-spia e l’emissione dell’informativa interdittiva antimafia.

2. Con il secondo motivo di appello l’appellante denuncia “Erroneità della Sentenza impugnata. Violazione degli articoli 84, 89 bis, 91, 92 e 94 del d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”). Violazione del principio di libertà di impresa. Violazione dell’articolo 41 Cost. Violazione dei principi di legalità e di proporzionalità. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione del principio della presunzione di non colpevolezza. Violazione dell’articolo 27, comma 2, Cost.”.

Avendo sempre per riferimento l’indagine in corso per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito dei rifiuti, l’appellante sostiene che il Giudice di primo grado sia incorso in una valutazione “inappropriata”, per l’essere il procedimento fermo ad uno stadio preliminare, e smentita dalle risultanze in fatto, relativa alla riscontrata presenza degli autocarri della --OMISSIS- all’ingresso di un’altra impresa della zona, la -OMISSIS-, dopo che era stata appurata la consapevolezza, da parte del personale della -OMISSIS- che ne autorizzò il transito, della natura decettiva del passaggio dei mezzi della società appellante.

Quest’ultima rileva che, a fronte di un’indagine essenzialmente volta all’emersione di condotte di gestione abusiva di rifiuti pericolosi ex art. 260 d.lgs. 152/2006 (i quali sarebbero stati fatti transitare attraverso la -OMISSIS- al solo fine di ottenerne la “ripulitura” formale e consentirne, quindi, lo smaltimento illegale), la sentenza del Tar avrebbe tratto conclusioni errate ed indebite, difettando i presupposti integrativi del reato e comunque spettando le relative valutazioni al Giudice penale competente.

Sul punto, riferisce l’appellante che: nell’ordinanza applicativa di misura cautelare, il Gip aveva solo riferito della riscontrata presenza per un tempo limitato, -OMISSIS-, dei mezzi della --OMISSIS- all’interno del piazzale della -OMISSIS-, che effettuavano la pratica illecita del cd. “giro bolla”; il sig. -OMISSIS- non risultava protagonista in alcuna intercettazione effettuata; nell’azienda è attivo -OMISSIS- un impianto selettore utilizzato per separare il materiale riciclabile dalla frazione residua non più riciclabile, qualificabile con codice -OMISSIS-, e dai formulari identificativi dei rifiuti destinati alla -OMISSIS- prodotti durante l’interrogatorio risultava che il materiale non più riciclabile era identificato sin dall’origine con il predetto codice, cosicché non può ipotizzarsi che il materiale in ingresso fosse camuffato con il predetto codice; che il tempo di permanenza dei propri mezzi all’interno dell’altra azienda risultava, in realtà, maggiore di quello rilevato dagli agenti operanti; che l’autorità giudiziaria aveva riscontrato la contestata anomalia in un numero irrisorio di accessi (-OMISSIS-), laddove il reato contestato presuppone la reiterazione del comportamento; infine, i conferimenti alla -OMISSIS- erano marginali, ammontando al -OMISSIS- totale del materiale trattato dalla --OMISSIS-, per la maggior parte conferito invece ad altre società (-OMISSIS- ed -OMISSIS-), tutti al medesimo prezzo, con l’impossibilità di configurare, pertanto, l’elemento dell’ingiusto profitto richiesto dalla fattispecie di reato.

3. Con il terzo ed ultimo motivo di appello l’appellante denuncia: “Erroneità della Sentenza impugnata. Violazione degli articoli 84, 89 bis, 91, 92 e 94 del d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”). Violazione del principio di libertà di impresa. Violazione dell’articolo 41 Cost. Violazione dei principi di legalità e di proporzionalità. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione degli articoli 3, 27 e 35 Cost.”.

Ulteriore profilo valorizzato dalla Prefettura e dal Tar è la circostanza che, tra i dipendenti della società appellante, figurassero anche -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, entrambi pregiudicati e segnalati come referenti della criminalità organizzata -OMISSIS-.

L’appellante contesta l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui l’impresa, avendo assunto soggetti controindicati, avrebbe agevolato l’attività criminale nell’economia, e svolge argomentazioni con riferimento alla posizione dei due dipendenti.

Quanto al sig. -OMISSIS-, l’appellante chiarisce che egli non fa più parte dell’organico da -OMISSIS-; che i suoi precedenti penali consistono nella violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, nei reati di detenzione e porto illegale di armi e munizioni; che risulta condannato, -OMISSIS-, per il reato di tentata estorsione; che è stato prosciolto, -OMISSIS-, dall’accusa di reato di associazione a delinquere di stampo camorristico; che era stato assunto presso la --OMISSIS- per via dell’interessamento di -OMISSIS-, e che prima di allora non aveva mai conosciuto il sig. -OMISSIS-.

Quanto al sig. -OMISSIS-, condannato per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, l’appellante sostiene di averlo assunto mentre era ancora detenuto, nell’ambito del percorso di ammissione al lavoro esterno; che l’attività lavorativa (-OMISSIS-, anno in cui egli rassegnò le dimissioni) è stata sottoposta a frequenti verifiche da parte dell’autorità di Polizia; che, infine, la giurisprudenza amministrativa esclude ogni automatismo tra presenza di dipendenti controindicati ed emissione dell’interdittiva.

4. Da ultimo, l’appellante sostiene che la motivazione della sentenza di primo grado si fondi esclusivamente sul rigetto delle censure dedotte nel motivo unico del ricorso di primo grado, ai punti sub a) e c), senza nulla statuire in ordine alle ulteriori questioni sollevate con riferimento al provvedimento prefettizio agli ulteriori punti, le quali vengono pertanto espressamente riproposte in questa sede.

4.1. Quanto al punto sub b) del motivo unico di ricorso in primo grado, in ordine alle risultanze processuali poste a fondamento dell’impugnato provvedimento e riguardanti la c.d. “mala gestio” dei rifiuti, l’appellante deduce che, tra tutti i procedimenti menzionati, solo uno si è concluso con una condanna definitiva alla sanzione dell’ammenda, disposta per il reato contravvenzionale, commesso -OMISSIS-, di cui all’art. 256, c. 1 e 4, d.lgs. 152/2006 (inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione), mentre gli altri risultano ancora sub iudice ed al più renderebbero l’immagine di un imprenditore che saltuariamente ha posto in essere comportamenti erronei o illeciti, senza rilevare alcuna contiguità con fenomeni di tipo mafioso. Quanto agli altri procedimenti: il provvedimento del --OMISSIS-, emesso in un procedimento penale per la medesima ipotesi di reato di cui all’art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006, non sarebbe propriamente una sentenza di condanna bensì un decreto penale, peraltro non definitivo in quanto impugnato; quanto all’imputazione per il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 380/2001, relativo ad un intervento di livellamento del terreno con aspersione di ghiaia, il Tribunale ha disposto il rinvio a giudizio del Sig. -OMISSIS- al -OMISSIS-; con riferimento al decreto di citazione a giudizio per il -OMISSIS- per il contestato reato di incendio, chiarisce il Sig. -OMISSIS- di aver predisposto ogni misura atta a garantire la sorveglianza ed inibire l’accesso di terzi all’impianto e specifica, altresì, che, quanto alla contestazione del reato di inquinamento colposo di cui all’art. 452 bis e quinquies c.p., i piani di indagine post incendio predisposti da -OMISSIS- in contraddittorio con -OMISSIS- hanno escluso qualsiasi forma di inquinamento; relativamente al procedimento in corso per inosservanza delle prescrizioni contenute nella determina provinciale n. -OMISSIS-, di autorizzazione al superamento temporaneo (fino al -OMISSIS-), nell’ambito del trattamento dei rifiuti ingombranti -OMISSIS-, del limite quantitativo nella misura di 500 metri cubi, chiariva che il superamento del limite autorizzato in deroga era correlato ad un evento alluvionale e comunque era cessato -OMISSIS- mediante la riduzione in pristino del piazzale e la rimozione di tutti i rifiuti ivi stoccati; infine, l’ultimo procedimento in corso attiene a contestazioni, tutte di natura contravvenzionale, relative alla materia dello stoccaggio di rifiuti ex art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006 (relativamente alle quali l’impresa si è peraltro attivata per la riduzione in pristino dell’area sottoposta a vincolo ablativo, smaltendo i rifiuti in eccesso nel rispetto del cronoprogramma stabilito, e dal -OMISSIS- ha ottenuto dal Gip presso il Tribunale di La Spezia il dissequestro dell’area con l’obbligo di autolimitare la gestione del materiale da trattare nella misura del 40% delle potenzialità dell’area), mentre, quanto alla violazione di cui all’art. 64, d.lgs. 81/2008, -OMISSIS- è stato ammesso all’oblazione amministrativa. Da ultimo, quanto alla contestazione in punto di mancata dotazione di dispositivi di protezione individuale, l’appellante sostiene di aver prodotto le schede di consegna relative al periodo -OMISSIS-, sottoscritte dai dipendenti.

4.2. Venendo al punto sub d) del motivo unico di ricorso in primo grado, con riferimento ai rapporti commerciali intrattenuti -OMISSIS- (dimostrati dall’emissione di cinque fatture per un ammontare di -OMISSIS-) con la -OMISSIS-, società anch’essa attinta da interdittiva antimafia -OMISSIS- e -OMISSIS-, l’appellante deduce la risalenza nel tempo di tali rapporti, la loro interruzione già alcuni mesi prima che intervenissero i suddetti provvedimenti interdittivi a carico della -OMISSIS- e, comunque, la loro inconsistenza ai fini della valutazione del contagio.

4.3. Quanto al punto sub e) del motivo unico di ricorso in primo grado, con riferimento ai rapporti commerciali intrattenuti con --OMISSIS- e -OMISSIS-: le società venivano entrambe attenzionate dalla Prefettura per l’emersione di elementi di interesse in ordine a possibili collegamenti con organizzazioni mafiose, sottolineando, con riferimento alla --OMISSIS-, la circostanza che, presso le discariche da questa frequentate e site nel Comune di -OMISSIS-, veniva rilevata, in data -OMISSIS-, la presenza di -OMISSIS-, amministratore unico e socio unico della -OMISSIS-, già segnalato per violazioni urbanistiche e in materia di immigrazione, -OMISSIS- di -OMISSIS-, sottoposto ad una indagine da parte della D.I.A. di Genova, conclusasi con un’archiviazione; quanto alla -OMISSIS-, l’esistenza di rapporti della società e del suo amministratore unico, -OMISSIS-, con -OMISSIS-, capo locale della -OMISSIS-.

A tal proposito, deduce l’appellante di aver intrattenuto solo quattro rapporti commerciali con la --OMISSIS- e sei, -OMISSIS-, con la -OMISSIS-; la non univoca qualificazione delle circostanze sopra riferite a proposito delle due imprese e, comunque, la loro estraneità alla --OMISSIS-; infine, la circostanza per la quale la -OMISSIS- svolge regolarmente servizi per più Comuni liguri e la --OMISSIS- risulta iscritta nella c.d. white list della Prefettura di Savona, con la conseguenza che la --OMISSIS- avrebbe operato con imprese formalmente non controindicate.

4.4. Quanto al punto sub f) del motivo unico di ricorso in primo grado, con riferimento ai rapporti commerciali intrattenuti con -OMISSIS-, il cui autotrasportatore, socio e amministratore delegato, -OMISSIS-, è stato interessato da un procedimento penale per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di illeciti ambientali, deduce l’appellante che tale procedimento risulta prescritto e che, in ogni caso, -OMISSIS- risulta iscritta nella c.d. white list della Prefettura di La Spezia.

4.5. Quanto al punto sub g) del motivo unico di ricorso in primo grado, con riferimento alla richiesta, avanzata dal Questore di La Spezia al Tribunale di Genova in data -OMISSIS-, di applicazione nei confronti di -OMISSIS- della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S., ex articolo 5, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, e/o dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi all’azienda, ex articolo 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, riferisce l’appellante che il relativo procedimento risulta ancora in corso.

5. Resistono in giudizio le intimate Amministrazioni, le quali hanno prodotto una memoria in vista dell’odierna udienza pubblica, nella quale hanno diffusamente argomentato in ordine alla propria posizione.

L’Amministrazione, inquadrata l’interdittiva per cui è causa tra le interdittive c.d. specifiche di cui all’art. 84, c. 4, lett. a), b), c) ed f), aventi natura vincolata, ha sottolineato come la Prefettura non si sia limitata a dare atto della ricorrenza, nel caso di specie, di alcuni dei c.d. delitti-spia, ma abbia compiutamente ricostruito il quadro informativo fornito dalle Forze dell’ordine, facendo anche ricorso agli accertamenti previsti alle lett. d) ed e) del citato art. 84, c. 4, ai fini dell’emissione delle interdittive c.d. generiche.

Più nel dettaglio, nel caso di specie ricorrerebbero tanto circostanze tipizzate dal legislatore (vale a dire: applicazione di una misura cautelare nei confronti del Sig. -OMISSIS- per il reato di cui all’art. 260 d.lgs. 162/2006, oggi art. 452 quaterdecies c.p., rientrante tra i c.d. reati-spia individuati dal Legislatore; condanne e procedimenti penali pendenti a carico dello stesso, per violazioni della normativa rilevante in tema di trattamento dei rifiuti; richiesta, rivolta dal Questore di La Spezia al Tribunale di Genova, di applicazione nei confronti dello stesso della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.), quanto evidenze rimesse al discrezionale apprezzamento dell’Autorità (quali: i rapporti lavorativi con i signori -OMISSIS-; i rapporti commerciali intrattenuti con una società destinataria di interdittiva, nonché con due aziende in relazione alle quali sono emersi elementi di interesse in ordine a possibili collegamenti con organizzazioni mafiose; rapporti con ditte e soggetti segnalati per reati attinenti all’illegale gestione dei rifiuti).

Dalla lettura coordinata di tali elementi, l’Amministrazione avrebbe correttamente individuato l’esistenza di un oggettivo rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nella --OMISSIS-, sussistendo plurime violazioni delle regole che presiedono al settore di attività della stessa, indicative di una sistematica propensione a comportamenti antigiuridici.

6. Parte appellante ha ulteriormente prodotto una memoria di replica, nella quale ha ribadito quanto già espresso nell’atto di appello, contestualmente fornendo un aggiornamento delle evenienze verificatesi medio tempore, e delle conseguenze in termini di chiusura dell’attività derivanti dal rigetto del presente gravame, rappresentando: di esser stata cancellata dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali in data -OMISSIS-; di aver subito la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione di autotrasportatore, nonché la cancellazione dell’iscrizione dal R.E.N. e dall’Albo degli Autotrasportatori con provvedimento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (prot. -OMISSIS-); che la -OMISSIS- ha sospeso sine die il contratto in essere per il ritiro dei rifiuti ingombranti (nota prot. -OMISSIS-); che l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale ha interrotto a far data dal -OMISSIS- i rapporti relativi al contratto di appalto per operazioni di pulizia delle aree portuali; che la Provincia di La Spezia ha revocato in data -OMISSIS- l’autorizzazione per la gestione dell’impianto di messa in riserva con selezione, cernita, recupero e stoccaggio di rifiuti; che la -OMISSIS- ha sospeso, dal -OMISSIS-, il contratto in essere per ritiro e smaltimento rifiuti; che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con nota prot. -OMISSIS-, in seguito all’accoglimento di ricorso gerarchico improprio, ha riavviato un procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 21 del D.M. 3 giugno 2014, n. 120.

Inoltre, l’appellante rappresenta di aver depositato, in data -OMISSIS-, un’istanza al Tribunale di Firenze – Sezione Misure di Prevenzione volta ad ottenere l’ammissione al controllo giudiziario, ai sensi dell’articolo 34 bis del d.lgs. n. 159 del 2011, la quale è stata tuttavia respinta con provvedimento -OMISSIS-, nei confronti del quale la società starebbe predisponendo atto di gravame.

7. L’appello è infondato e va respinto.

8. Oggetto del presente giudizio è l’informativa interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di La Spezia a carico della società --OMISSIS-, odierna appellante, sulla base di numerosi elementi i quali, letti individualmente e nelle loro reciproche interazioni, hanno persuaso l’Autorità prefettizia della permeabilità dell’impresa a tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata.

8.1. La società --OMISSIS- è attiva da molti anni nel delicato settore del trattamento dei rifiuti industriali ed è gestita dal socio di assoluta maggioranza (detenente -OMISSIS- delle quote sociali, mentre il -OMISSIS- è -OMISSIS-) nonché unico amministratore, sig. -OMISSIS-. Le problematiche riscontrate dalla Prefettura concernono tanto l’operato della società, che la persona stessa del titolare.

8.2. Risultano in capo al sig. -OMISSIS- condanne e procedimenti penali pendenti per reati, anche specifici attinenti alla gestione illecita dei rifiuti, e precisamente:

a) una condanna definitiva alla sanzione dell’ammenda, disposta per il reato contravvenzionale, commesso -OMISSIS-, di cui all’art. 256, c. 1 e 4, d.lgs. 152/2006 (inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione);

b) decreto penale di condanna non definitivo, emesso in data --OMISSIS-, per la medesima ipotesi di reato di cui all’art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006;

c) rinvio a giudizio disposto dal Tribunale al -OMISSIS- per il reato contestato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. 380/2001, relativo ad un intervento di livellamento del terreno con aspersione di ghiaia;

d) decreto di citazione a giudizio per il -OMISSIS- per i reati di incendio ed inquinamento colposo di cui all’art. 452 bis e quinquies c.p.;

e) un procedimento in corso per inosservanza delle prescrizioni contenute nella determina provinciale n. -OMISSIS-, di autorizzazione al superamento temporaneo (fino al -OMISSIS-), nell’ambito del trattamento dei rifiuti ingombranti -OMISSIS-, del limite quantitativo nella misura di 500 metri cubi;

f) un procedimento in corso per contestazioni, tutte di natura contravvenzionale, relative alla materia dello stoccaggio di rifiuti ex art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006 ed alla mancata dotazione di dispositivi di protezione individuale ai dipendenti;

g) ammissione all’oblazione amministrativa quanto alla violazione di cui all’art. 64 d.lgs. 81/2008.

8.3. L’elemento di maggior rilievo nelle valutazioni compiute dalla Prefettura attiene, tuttavia, all’esistenza di un’indagine della D.D.A di Firenze, a carico del -OMISSIS- in concorso con altri operatori del settore – alcuni dei quali titolari o dipendenti presso le imprese con le quali la --OMISSIS- ha intrattenuto rapporti commerciali, di cui si dirà a breve - per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 152/2006, oggi art. 452 quaterdecies c.p.) operante tra le Regioni Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte. Nell’ambito del procedimento così instaurato, il -OMISSIS- era stato anche reso destinatario di un provvedimento cautelare di interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale o direttiva di persone giuridiche o imprese attive nel settore dei rifiuti per -OMISSIS-.

8.4. Le evidenze riscontrate a carico del sig. -OMISSIS- non sono le sole poste a fondamento dell’impugnata interdittiva. La Prefettura valorizza, infatti, anche elementi direttamente riferibili allo svolgimento in concreto dell’attività da parte della società appellante e, in particolar modo, la sussistenza di rapporti equivoci con pregiudicati nella qualità di propri dipendenti o partners commerciali.

È emerso, infatti, che la società --OMISSIS- ha intrattenuto rapporti commerciali con imprese operanti nel settore, tutte variamente interessate, negli anni, da provvedimenti di natura interdittiva o penale ovvero da accertamenti legati all’emersione di elementi di connessione con la criminalità organizzata.

Più nel dettaglio, risulta che la società appellante ha intrattenuto rapporti commerciali:

a) con la società -OMISSIS-, società attinta da interdittiva antimafia -OMISSIS- e -OMISSIS-;

b) con le società --OMISSIS- e -OMISSIS-, entrambe sottoposte ad accertamenti da parte della Prefettura per l’emersione di elementi di interesse in ordine a possibili collegamenti con organizzazioni mafiose: in particolare, con riferimento alla --OMISSIS-, presso le discariche da questa frequentate e site nel Comune di -OMISSIS-, veniva rilevata, in data -OMISSIS-, la presenza di -OMISSIS-, amministratore unico nonché socio unico della -OMISSIS-, già segnalato per violazioni urbanistiche e in materia di immigrazione, -OMISSIS- di -OMISSIS-, sottoposto ad una indagine da parte della D.I.A. di Genova, conclusasi con un’archiviazione; quanto alla -OMISSIS-, l’esistenza di rapporti della società e del suo amministratore unico, -OMISSIS-, con -OMISSIS-, capo locale della -OMISSIS-;

c) con la -OMISSIS-, il cui autotrasportatore, socio e amministratore delegato, -OMISSIS-, è stato interessato da un procedimento penale, poi prescritto, per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di illeciti ambientali.

8.5. Veniva poi rilevato che, presso la stessa --OMISSIS-, avevano prestato attività di lavoro subordinato i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, -OMISSIS-, entrambi pregiudicati e segnalati come referenti della criminalità organizzata -OMISSIS-.

Il primo, sig. -OMISSIS-, il quale ha prestato servizio in qualità di dipendente -OMISSIS- presso la società appellante, vanta dei precedenti penali per evasione fiscale, per detenzione e porto illegale di armi e munizioni, ha riportato -OMISSIS- una condanna per il reato di tentata estorsione ed è stato prosciolto, -OMISSIS-, dall’accusa di reato di associazione a delinquere di stampo camorristico.

Quanto al sig. -OMISSIS-, invece, condannato per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la sua assunzione sarebbe avvenuta nel periodo a cavallo tra -OMISSIS-.

8.6. Non sono state solo le interazioni della società con il contesto sociale ed imprenditoriale di riferimento ad indurre gli ulteriori approfondimenti della Prefettura, ma anche - in terzo luogo - l’emersione di condotte sospette nella gestione del ciclo dei rifiuti.

Nell’ambito dell’indagine in corso per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, veniva infatti rilevata la presenza, documentata dalle telecamere di sorveglianza, degli autocarri della --OMISSIS- all’ingresso di un’altra impresa della zona, la -OMISSIS-, e veniva altresì appurata la consapevolezza, da parte del personale della -OMISSIS- che ne autorizzò il transito, della natura decettiva del passaggio dei mezzi della società appellante. Nella prima ricostruzione dei fatti emergente dalle indagini in corso, la finalità del transito degli autocarri della --OMISSIS- attraverso la -OMISSIS- stava nell’ottenere la “ripulitura” formale dei rifiuti pericolosi trasportati per consentirne, quindi, lo smaltimento in realtà illegale.

8.7. Da ultimo, occorre dare atto della richiesta, avanzata dal Questore di La Spezia al Tribunale di Genova in data -OMISSIS-, di applicazione nei confronti di -OMISSIS- della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S., ex articolo 5, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 159 del 2011, e/o dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi all’azienda, ex articolo 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 159 del 2011. A seguito di un arresto dell’iter dovuto ad un difetto di competenza del Giudice adito, nel procedimento è stata avanzata, dalla società --OMISSIS-, in data -OMISSIS-, la richiesta di ammissione alla procedura ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 159/2011; ad essa ha fatto seguito la richiesta, da parte del Procuratore di Firenze e del Questore di Livorno, di applicazione della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni per il sig. -OMISSIS-.

Con decreto -OMISSIS-, il Tribunale di Firenze ha rigettato l’istanza di ammissione al controllo giudiziario ed ha, contestualmente, disposto l’applicazione della misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. per il periodo di -OMISSIS- nei confronti del sig. -OMISSIS-.

9. Il Tar per la Liguria, con la sentenza qui gravata, ha ritenuto esente da censure di sorta l’operato della Prefettura, ed ha valorizzato, a tal fine, solo alcuni tra gli elementi posti a suo fondamento, e precisamente: l’esistenza di una misura cautelare disposta per un delitto-spia ai sensi dell’art. 84, c. 4, d.lgs. 159, 2011; l’attività sospetta posta in essere dalla società --OMISSIS- presso la società -OMISSIS-; i rapporti lavorativi intrattenuti con i signori -OMISSIS-.

10. Con i motivi di appello meglio descritti supra, l’appellante contesta le affermazioni contenute nella sentenza e ripropone le censure mosse avverso il provvedimento prefettizio e non esaminate dal Tar.

Il contenuto delle doglianze di parte appellante può riassumersi nei termini seguenti:

a) quanto ai precedenti ed alle pendenze penali che interessano il sig. -OMISSIS-, valorizzati dalla Prefettura quali indizi di gestione illecita dei rifiuti, l’appellante rappresenta: di aver riportato esclusivamente una condanna definitiva per il reato contravvenzionale, commesso -OMISSIS-, di cui all’art. 256, c. 1 e 4, d.lgs. 152/2006 (inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione); che al decreto penale non definitivo emesso il --OMISSIS- per la medesima ipotesi di reato di cui all’art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006, non può riconoscersi valore di una condanna vera e propria; che gli ulteriori procedimenti penali non sono ancora conclusi e riguardano, l’uno il reato di cui all’art. 44 lett. b) d.P.R. 380/2001 relativo ad un intervento di livellamento del terreno con aspersione di ghiaia, l’altro il reato di incendio (in relazione al quale l’appellante chiarisce di aver predisposto ogni misura atta a garantire la sorveglianza ed inibire l’accesso di terzi all’impianto e specifica, altresì, che, quanto alla contestazione del reato di inquinamento colposo di cui all’art. 452 bis e quinquies c.p., i piani di indagine post incendio predisposti da -OMISSIS- in contraddittorio con -OMISSIS- hanno escluso qualsiasi forma di inquinamento), l’altro ancora l’inosservanza delle prescrizioni contenute nella determina provinciale n. -OMISSIS-, di autorizzazione al superamento temporaneo (fino al -OMISSIS-), nel trattamento dei rifiuti ingombranti -OMISSIS-, del limite quantitativo nella misura di 500 metri cubi (in relazione al quale l’appellante chiariva che il superamento del limite autorizzato in deroga era correlato ad un evento alluvionale e comunque era cessato -OMISSIS- mediante la riduzione in pristino del piazzale e la rimozione di tutti i rifiuti ivi stoccati), ed infine l’ultimo per contestazioni, tutte di natura contravvenzionale, relative alla materia dello stoccaggio di rifiuti ex art. 256, c. 4, d.lgs. 152/2006 (relativamente alle quali l’impresa riferisce di essersi attivata per la riduzione in pristino dell’area sottoposta a vincolo ablativo, smaltendo i rifiuti in eccesso nel rispetto del cronoprogramma stabilito, e di aver ottenuto dal -OMISSIS- dal Gip presso il Tribunale di La Spezia il dissequestro dell’area con l’obbligo di autolimitare la gestione del materiale da trattare nella misura del 40% delle potenzialità dell’area); da ultimo, quanto alla violazione di cui all’art. 64 d.lgs. 81/2008, il sig. -OMISSIS- è stato ammesso all’oblazione amministrativa e, quanto alla contestazione in punto di mancata dotazione di dispositivi di protezione individuale, l’appellante sostiene di aver prodotto le schede di consegna relative al periodo -OMISSIS-, sottoscritte dai dipendenti.

In definitiva, sostiene l’appellante che dall’insieme dei predetti elementi non può derivare alcun sospetto di vicinanza della società agli ambienti criminali di tipo mafioso, rendendo al più l’immagine di un imprenditore che saltuariamente ha posto in essere comportamenti erronei o illeciti;

b) quanto alla valorizzazione dell’indagine della D.D.A. di Firenze, a carico del -OMISSIS-, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 152/2006, oggi art. 452 quaterdecies c.p.) operante tra le Regioni Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte, nonché dell’emissione a suo carico di un provvedimento cautelare di interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale o direttiva di persone giuridiche o imprese attive nel settore dei rifiuti per -OMISSIS-, l’appellante evidenzia che tale procedimento per uno dei c.d. reati-spia risulta allo stadio di indagine preliminare e che la giurisprudenza amministrativa è consolidata nell’escludere l’esistenza di qualsivoglia automatismo tra l’emissione dell’ordinanza cautelare per c.d. delitti-spia e l’emissione dell’informativa interdittiva antimafia;

c) quanto ai rapporti commerciali intrattenuti con imprese riconosciute contigue ad ambienti criminali o, quantomeno, fortemente sospette di esserlo, l’appellante riferisce: di aver intrattenuto rapporti commerciali con la -OMISSIS- (testimoniati dall’emissione di cinque fatture per un ammontare di -OMISSIS-) -OMISSIS-, di averli interrotti alcuni mesi prima che venisse emessa, a carico di quella, l’informativa interdittiva antimafia e che, comunque, la loro intensità e natura li rendeva inconsistenti ai fini di un eventuale contagio; di aver intrattenuto solo quattro rapporti commerciali con la --OMISSIS- e sei, -OMISSIS-, con la -OMISSIS-, che le circostanze riferite a proposito delle suddette non sono univoche e comunque non riguardano la --OMISSIS-, e che, soprattutto, la -OMISSIS- svolge tuttora e regolarmente servizi per più Comuni liguri, mentre la --OMISSIS- risulta iscritta nella c.d. white list della Prefettura di Savona, con la conseguenza che la --OMISSIS- avrebbe operato con imprese formalmente non controindicate; che -OMISSIS- risulta parimenti iscritta nella c.d. white list della Prefettura di La Spezia;

d) quanto alla vicenda lavorativa posta in essere con i signori -OMISSIS- -OMISSIS-, l’appellante contesta innanzitutto l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui l’impresa, avendo assunto soggetti controindicati, avrebbe agevolato l’attività criminale nell’economia; quanto al sig. -OMISSIS-, chiarisce che i suoi precedenti penali non sono riconducibili ad attività organizzata di tipo mafioso, dalla cui accusa è stato peraltro prosciolto -OMISSIS- e che, in ogni caso, non sussistevano rapporti di alcun tipo in data anteriore all’assunzione, alla quale il sig. -OMISSIS- si sarebbe deciso per via dell’interessamento di -OMISSIS-, che gli aveva raccomandato l’assunzione dell’-OMISSIS-; quanto, invece, al sig. -OMISSIS-, l’appellante specifica di averlo assunto al solo fine di consentirgli l’espletamento di un percorso di reinserimento sociale in vista della concessione della misura di detenzione domiciliare, e che l’espletamento del rapporto di lavoro è stato più volte sottoposto a verifiche da parte dell’autorità di Polizia; che, infine, la giurisprudenza amministrativa esclude ogni automatismo tra presenza di dipendenti controindicati ed emissione dell’interdittiva;

e) l’appellante lamenta, poi, che la Prefettura ed il Tar sarebbero giunti a conclusioni affrettate in relazione alla pratica posta in essere con la -OMISSIS-, sulla quale le indagini sarebbero ancora in corso e comunque non sussistendo i presupposti del perfezionamento della fattispecie di reato contestata: in particolare, nell’ordinanza applicativa di misura cautelare, il Gip aveva solo riferito della riscontrata presenza per un tempo limitato, -OMISSIS-, dei mezzi della --OMISSIS- all’interno del piazzale della -OMISSIS-, che effettuavano la pratica illecita del cd. “giro bolla”; il sig. -OMISSIS- non risultava protagonista in alcuna intercettazione effettuata; nell’azienda è attivo -OMISSIS- un impianto selettore utilizzato per separare il materiale riciclabile dalla frazione residua non più riciclabile, qualificato con codice -OMISSIS-, e dai formulari identificativi dei rifiuti destinati alla -OMISSIS- prodotti durante l’interrogatorio risultava che il materiale non più riciclabile era identificato sin dall’origine con il predetto codice, cosicché non poteva ipotizzarsi che il materiale in ingresso fosse camuffato con il predetto codice; che il tempo di permanenza dei propri mezzi all’interno dell’altra azienda risultava, in realtà, maggiore di quello rilevato dagli agenti operanti; che l’autorità giudiziaria aveva riscontrato la contestata anomalia in un numero irrisorio di accessi (-OMISSIS-), laddove il reato contestato presuppone la reiterazione del comportamento; infine, i conferimenti alla -OMISSIS- erano marginali, ammontando al -OMISSIS- totale del materiale trattato dalla --OMISSIS-, per la maggior parte conferito invece alle imprese -OMISSIS- ed -OMISSIS-, tutti al medesimo prezzo, con l’impossibilità di configurare, pertanto, l’elemento dell’ingiusto profitto richiesto dalla fattispecie di reato;

f) da ultimo, con riferimento alla richiesta avanzata dal Questore di La Spezia al Tribunale di Genova in data -OMISSIS-, di applicazione nei confronti di -OMISSIS- della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S., l’appellante riferiva che il procedimento risultava ancora in corso; intervenuto medio tempore il decreto di applicazione della predetta misura, di cui s’è detto, l’appellante specifica di essere intenzionato ad impugnarlo.

11. I motivi di censura, che verranno esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento per le ragioni che si vanno ad esporre.

11.1. L’interesse che da anni muove le organizzazioni criminali di tipo mafioso nel settore dei rifiuti rappresenta oramai un fatto notorio, tanto che è stato coniato un termine ad hoc per definirle, “ecomafie”. L’attenzione dell’ordinamento per i fenomeni illeciti che possono interessare l’intero ciclo della gestione dei rifiuti è, pertanto, massima, in ragione del disvalore sociale e del notevole danno, ambientale ma non solo, che l’infiltrazione di soggetti portatori di interessi contrastanti con gli interessi dello Stato-comunità comporta. Il danno ambientale che deriva dalla raccolta, trattamento, smaltimento illecito di rifiuti, specialmente se speciali o pericolosi, è definitivo e, nella quasi totalità delle ipotesi, irreparabile: il che impone all’Autorità preposta di intervenire, esercitando l’ampia gamma di poteri che il Legislatore le ha attribuito, in una fase preventiva rispetto alla causazione del danno. Come da più parti in dottrina è stato sostenuto, infatti, il bene ambiente non riceve una tutela adeguata se protetto esclusivamente mediante norme di matrice penalistica, volte a reprimere un illecito che si è già perfezionato e che ha già prodotto danni e modifiche permanenti nella realtà naturale: l’intervento dello Stato non è, in tale ipotesi, né tempestivo né esaustivamente utile, consistendo in ultima analisi l’interesse pubblico alla salubrità dell’ambiente non nella percezione di un ristoro monetario in conseguenza della sua compromissione, bensì nell’impedimento stesso della causazione del danno (al di là ovviamente, della sanzione nei confronti dei responsabili, rimessa ad altra autorità giudiziaria).

11.2. Appare evidente, pertanto, la stretta correlazione che intercorre tra la prevenzione del danno ambientale e le misure anticipatorie e preventive che l’Autorità pubblica è chiamata a porre in essere in tutti i settori interessati. In particolare, nella materia che qui occupa, il Legislatore ha mostrato di ritenere estremamente gravi talune fattispecie di reato, con riferimento alle quali ha posto, in buona sostanza, una presunzione assoluta di pericolosità, che vincola l’Autorità competente (la Prefettura) ad adottare il provvedimento di rigore dell’informativa interdittiva antimafia nei confronti dell’impresa o della società che sia stata interessata da provvedimenti dell’autorità penale per determinati reati.

11.3. Com’è noto, infatti, l’art. 84, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 159 del 2011 dispone che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva, di cui al comma 3, sono desunte, fra l’altro, “dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli artt. 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e di cui all’art. 12-quinquies, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356”.

Nell’elaborare tale catalogo di reati, che costituiscono di per sé soli una spia sufficiente della permeabilità dell’impresa ad infiltrazioni e condizionamenti da parte delle consorterie criminali, il Legislatore ha inteso operare una selezione a monte delle fattispecie suscettibili di destare maggiore allarme sociale, al ricorrere delle quali l’Autorità amministrativa non può, pertanto, compiere alcun apprezzamento di natura discrezionale, ma è vincolata all’emissione della misura interdittiva antimafia.

Pertanto, come anche di recente ribadito da questa Sezione (si vedano, per tutte, le sentt. 2 maggio 2019, n. 2855; 27 novembre 2018, n. 6707; 28 ottobre 2016, n. 4555), la finalità preventiva ed anticipatoria che permea l’istituto in esame giustifica l’attivazione dei poteri inibitori di cui è titolare l’Autorità di Pubblica Sicurezza in uno stadio assolutamente preliminare del procedimento penale e, quindi, senza che si sia giunti alla pronuncia di un provvedimento di condanna definitiva ed alla formazione del relativo convincimento “oltre ogni ragionevole dubbio”: la ratio di anticipazione della tutela nel settore del contrasto alla criminalità organizzata impone al Prefetto di attestare, sinché non intervenga una sentenza assolutoria, la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla mera ricognizione della vicenda penale e dalla intervenuta pronuncia di provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna pur se non definitiva.

11.4. Nel caso di specie, risulta in atti che il sig. -OMISSIS- è stato attinto dalla misura cautelare della interdizione dall’esercizio di attività imprenditoriale o direttiva di persone giuridiche o imprese attive nel settore dei rifiuti per -OMISSIS-, e risulta attualmente interessato da un’indagine della D.D.A. di Firenze per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti (art. 260 d.lgs. 152/2006, oggi art. 452 quaterdecies c.p.) operante tra le Regioni Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte.

Orbene, il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. rientra tra i reati elencati dall’art. 51, c. 3 bis, c.p.p., disposizione questa espressamente richiamata all’art. 84, c. 4, lett. a), d.lgs. 159/2011 nell’ambito della tipizzazione delle ipotesi di c.d. delitti-spia, al ricorrere dei quali l’Autorità prefettizia è tenuta ad emettere il provvedimento interdittivo antimafia, pur in assenza di un accertamento definitivo in sede penale e, quindi, anche ad uno stadio assolutamente preliminare quale quello delle indagini preliminari, coerentemente con la finalità marcatamente preventiva dell’istituto.

La gravità della condotta contestata è tale che potrebbe di per sé sola fondare un legittimo provvedimento interdittivo: “il delitto di cui all’art. 260 del d.lgs. n.152/2006 costituisce elemento di per sé bastevole a giustificare l’emissione dell’informativa, perché il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti rappresentano, già da soli, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al rischio di infiltrazioni di malaffare che hanno caratteristiche e modalità di stampo mafioso” (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 1315/2017, n. 6618/2012, n. 1632/2016, n. 4555/2016, n. 4556/2016, n. 1109/2017).

Come la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha avuto più volte modo di ribadire, a fronte di tali gravi condotte il Legislatore ha posto una praesumptio iuris tantum di esistenza di legami con la criminalità organizzata e, se è vero che non vi è spazio per automatismi di sorta tra l’emissione dell’ordinanza e l’adozione dell’interdittiva, purtuttavia la prova contraria, che il soggetto attinto dalla misura di rigore è ammesso a fornire, deve avere una consistenza ed una serietà tali da fugare ogni sospetto ed ogni dubbio, il che non può dirsi avvenuto nel caso di specie.

11.5. L’informativa emessa dalla Prefettura, pertanto, reggerebbe pur se fosse fondata esclusivamente sulla grave circostanza sopra riferita, tanto più che si apprende, dalla lettura del decreto del Tribunale di Firenze -OMISSIS- di applicazione della misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. per il periodo di -OMISSIS-, che è stato nel frattempo disposto il rinvio a giudizio del -OMISSIS- e dei coimputati del reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti.

Nel citato decreto-OMISSIS-del tribunale di Firenze si legge tra l’altro, a conferma di quanto risulta dalla approfondita istruttoria prefettizia, la presenza da oltre un decennio, nelle aziende riconducibili al -OMISSIS- (-OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-) di soggetti appartenenti a consorterie mafiose.

Di conseguenza, con corretta conseguenzialità rispetto ad una ampia serie di valutazioni sulla pericolosità generica e specifica, da un lato è stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza di P.S. per -OMISSIS-, dall’altro è stata respinta l’istanza di controllo giudiziario ex art. 34 Bis Co 6 Codice antimafia.

L’attività aziendale dell’appellante, in proprio e quale rappresentante della sua s.r.l. è stata lo strumento per operare, commettendo attività illecite che hanno condotto a una rilevata pericolosità sociale ed hanno indicato, più che una agevolazione, un vero e proprio modo di agire, per nulla occasionale, a vantaggio della sua azienda, di se stesso e dei numerosi soggetti collusi con consorterie mafiose con cui ha interagito.

12. Numerosi sono gli altri elementi posti a fondamento dell’atto, i quali, se già atomisticamente considerati risultano significativi ove letti alla luce gli uni degli altri e nelle reciproche interazioni, gettano senz’altro sull’operato della società appellante delle ombre cariche di sintomi negativi.

12.1. La figura del sig. -OMISSIS- esce compromessa dalla considerazione delle evenienze processuali che lo interessano e dalla pendenza di un procedimento penale per il delitto di associazione a delinquere finalizzata al compimento del reato di traffico illecito di rifiuti: risulta, infatti, che, quantomeno a far data -OMISSIS-(anno in cui è stato commesso il reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, in relazione al quale risulta una condanna definitiva), le condotte illecite nella gestione del ciclo di rifiuti si sono ripetute con una frequenza che non può non destare allarme. Il bene protetto dall’art. 260 Dlgs n. 152/2006, va sottolineato, è di rilevanza primaria quale la incolumità pubblica nella sua dimensione di protezione ambientale, il che integra una condizione materiale necessaria per la convivenza sociale; La sequenza temporale delle condotte contestate e la loro riferibilità costante al settore di attività della società appellante denotano, in capo al socio ed amministratore unico di essa, l’esistenza di profili di pericolosità sociale, per l’attitudine alla frequente commissione di reati ed illeciti in un settore suscettibile di porre in serio pericolo l’incolumità della popolazione, che impongono l’attivazione dei poteri dell’Autorità di Pubblica Sicurezza a tutela della sanità e della tranquillità pubblica.

Né le giustificazioni addotte con riferimento ai rapporti commerciali e lavorativi intrattenuti con soggetti controindicati valgono a fugare i consistenti dubbi che è lecito nutrire sul reale indirizzo gestionale.

12.2. La vicenda commerciale posta in essere con la -OMISSIS- appare senza dubbio opaca. I rilievi e le contestazioni mosse dalla società appellante mirano a smontare l’impianto accusatorio e saranno prese in considerazione dal Giudice penale: ai fini di questo giudizio, infatti, non rileva l’avvenuto accertamento con carattere di definitività della commissione di un illecito, né si richiede – alla Prefettura come al Giudice amministrativo – di pervenire ad un grado di convincimento che resista ad ogni ragionevole dubbio. È sufficiente, ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come noto, quello del “più probabile che non”, nel rispetto d’altronde della ratio dell’istituto in esame e delle finalità di “cautela avanzata” di fronte ad ogni pericolo o tentativo di infiltrazione mafiosa nel tessuto della attività economica, specialmente se esercitata in ambiti tradizionalmente di interesse per le mafie.

12.3. Come precedentemente esposto, nell’indagine in corso sono emersi movimenti sospetti dei mezzi della --OMISSIS- nell’area di pertinenza della -OMISSIS- Gli argomenti addotti dalla società a propria discolpa non paiono tali da fornire una giustificazione convincente, a maggior ragione se si pone mente al fatto che i rapporti tra le due società non possono ritenersi limpidi in considerazione delle emergenze fattuali risultanti dalle indagini nel corso del procedimento per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti che vede coimputati i rispettivi titolari e dipendenti: nella richiesta di rinvio a giudizio, infatti, viene contestato al sig. -OMISSIS- di avere - in concorso con -OMISSIS- (quale amministratore di fatto della -OMISSIS- e della -OMISSIS-), -OMISSIS- (quale responsabile del piazzale rifiuti della -OMISSIS- e titolare della -OMISSIS-), -OMISSIS- (quale collaboratore e gestore della -OMISSIS- e responsabile commerciale della -OMISSIS-), -OMISSIS- (quale amministratrice di fatto della -OMISSIS- e -OMISSIS-) e -OMISSIS- (quale amministratore unico della -OMISSIS- e della -OMISSIS-) e avvalendosi di -OMISSIS- (quale dipendente della -OMISSIS-) - con attività continuativa organizzata, con conseguimento di un ingiusto profitto e con gestione di un ingente quantitativo di rifiuti, inviato rifiuti nella -OMISSIS-, sita a -OMISSIS-, nel comune di -OMISSIS-, tramite l'impianto -OMISSIS- e mediante la pratica illecita del "giro bolla" (pratica la cui esistenza è stata, d’altronde, ammessa da alcuni dei coindagati).

12.4. Proprio in relazione a tale condotta, ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico di -OMISSIS-, desunti in particolar modo dalle videoregistrazioni che immortalavano i ripetuti passaggi dei mezzi nel piazzale della -OMISSIS- con tempi di permanenza minimi, incompatibili con l’attività di scarico e trattamento dei rifiuti, il Gip del Tribunale di Firenze aveva disposto, -OMISSIS-, la già menzionata ordinanza di interdizione dall'esercizio di ogni attività imprenditoriale o direttiva di persone giuridiche o di altre imprese operanti nel settore dei rifiuti per la durata di -OMISSIS-.

Tale elemento, le varie pendenze ed i precedenti penali esistenti, di fatto finiscono per denotare una vera e propria dedizione alla commissione di reati dello stesso genere, aventi prevalentemente – se non esclusivamente – riguardo al settore in cui la società --OMISSIS- esplica la propria attività.

13. Non è, poi, di poco momento l’avvenuta constatazione della presenza lavorativa stabile dei signori -OMISSIS-. Emerge, infatti, dagli atti del procedimento penale, l’appartenenza di entrambi ad ambienti della camorra, al pari della frequentazione abituale con soggetti pregiudicati appartenenti alla medesima organizzazione di tipo mafioso, nonché la sussistenza, in capo ai medesimi, di plurime condanne (quanto ad -OMISSIS- -OMISSIS-, trattasi di condanne non per reati associativi, mentre in capo ad -OMISSIS- -OMISSIS- risulta un’ultima condanna -OMISSIS- per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 con declaratoria di delinquente abituale).

13.1. Orbene, è difficile pensare che la presenza, -OMISSIS-, del sig. -OMISSIS- -OMISSIS- nel personale della --OMISSIS- (e, prima ancora, nella -OMISSIS-, società gestita dalla -OMISSIS- -OMISSIS-), e successivamente l’assunzione del -OMISSIS-, siano elementi neutri e privi di collegamento tra di loro. L’inserimento stabile e duraturo del sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, la cui vicinanza a consorterie criminali di stampo camorristico è stata valutata dalla competente magistratura, ed il subentro -OMISSIS- lasciano intendere l’esistenza di una comunione di intenti e, evidentemente, di una situazione di vicinanza e di stima tra il datore di lavoro ed i soggetti assunti.

13.2. A tal proposito, non portano in altra direzione neppure le circostanze in cui sarebbero avvenute le due assunzioni, riferite dal -OMISSIS-, ossia l’aver assunto il sig. -OMISSIS- perché raccomandatogli da -OMISSIS-, e successivamente -OMISSIS- al solo scopo di aiutarlo nel reinserimento in società. La durata temporale prolungata dei rapporti lavorativi e la scelta di instaurare una sorta di continuità, con i -OMISSIS- che per circa un biennio si sono ritrovati a lavorare insieme nella --OMISSIS-, non possono ricondursi all’atteggiamento, quasi disinteressato, che il sig. -OMISSIS- vorrebbe far intendere, sostenendo di aver preferito tali soggetti ad altri, disponibili a svolgere le stesse mansioni, solamente per compiacere un conoscente e per avviare al reinserimento sociale.

13.3. Il curriculum criminale dei due -OMISSIS- e le loro note frequentazioni con personaggi vicini ad ambienti mafiosi costituiscono indubbi elementi di allarme, lasciando intuire chiaramente la pericolosità della loro presenza in un’azienda operante nel settore del trattamento dei rifiuti, settore che le consorterie criminali da tempo si contendono.

Non costituisce, pertanto, un’inammissibile presunzione priva di fondamento la convinzione della Prefettura, condivisa dal Tar e da questo Collegio, che l’attività economica svolta dalla --OMISSIS- ed il sostegno economico materialmente fornito ai dipendenti -OMISSIS- per un periodo di tempo prolungato, abbiano considerevolmente agevolato l’attività delle consorterie criminali cui i predetti appartengono.

14. Infine, valgono le stesse considerazioni appena compiute con riferimento ai rapporti intrattenuti con le società -OMISSIS-, --OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, i quali non possono ritenersi neutri o insignificanti: letti nell’ottica complessiva della vicenda che interessa la --OMISSIS-, al contrario, essi rimandano l’immagine di una società verosimilmente collegata, tramite i propri dipendenti, ad ambienti criminali e peraltro bene inserita in un “giro” di società, a loro volta variamente collegate e comunicanti con ambienti delle locali consorterie criminali.

Per queste ed altre valutazioni, tra l’altro, è stata anche respinta l’istanza di ammissione al controllo giudiziario dell’impresa, con contestuale applicazione della misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S., il che non è evidentemente un elemento di poco conto ai fini del presente giudizio.

Deve, in conclusione, essere sgombrato il campo dalle questioni di legittimità costituzionali prospettate dall’appellante, giacche’ manifestamente infondate.

L’infiltrazione – ovvero il suo tentativo – delle mafie nel tessuto economico e sociale del Paese costituisce pregiudizio gravissimo proprio al valore di cui l’art. 41 Cost. è espressione, giacche’ essa colpisce e mortifica anzitutto la dignità umana, in contrasto con la quale mai, secondo la Carta, l’attività economica può essere svolta. La prevenzione avanzata nei confronti della penetrazione mafiosa nell’economia e nel mercato è, quindi, strumento primario anche a specifica tutela del diritto alla libera (anzitutto del tessuto criminale) iniziativa economica privata.

Le condizioni in presenza delle quali un diritto, costituzionalmente protetto, può essere soggetto a limitazioni, sono state da tempo indicate nella cd “interpretazione tassativizzante” di questo Consiglio (cfr da ultimo III Sezione n. 3641 del 2020) con decisiva e dirimente conferma, per due volte e di recente, da parte della Corte Costituzionale proprio in riferimento alle interdittive antimafia.

Con successive sentenza n. 24/2019, n. 195/2019 e n. 57/2020, la Corte Costituzionale ha affermato che l’istituto in esame – lungi dal privare il destinatario del diritto costituzionale di libero esercizio della attività economica, così come il destinatario di una misura definitiva di prevenzione personale – rappresenta il corretto strumento di prevenzione avanzata di fronte al fenomeno gravissimo della forza intimidatoria del vincolo associativo mafioso combinato con la presenza di ingenti capitali illeciti destinati ad inquinare il libero e naturale sviluppo dell’attività economica, e cioè proprio il valore costituzionale da tutelare a beneficio della collettività e dello Stato di Diritto.

Ecco dunque affermarsi il principio della “difesa anticipata” della legalità, su cui l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (cfr sentenza 06/04/2018 n. 3) ha espresso concetti in nessun modo suscettibili di ripensamento.

Questo Collegio, pertanto, non può che confermare le valutazioni già compiute dal Giudice di prime cure in punto di legittimità dell’informativa interdittiva antimafia oggetto del pregiudizio.

15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente integrale conferma della sentenza del Tar Liguria, Sez. I, -OMISSIS- del 21 dicembre 2019.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante alla rifusione in favore di parte resistente delle spese di lite, che liquida nella misura di euro € 8.000,00, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2020 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO



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