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Consiglio di Stato, Sez. V, 27/11/2020 n. 7462
Il divieto di pantouflage e il conflitto di interessi va dimostrato nel concreto, con l'allegazione delle prove o di indizi certi.

Il divieto di pantouflage, dal termine usato per gli alti funzionari pubblici francesi che ottengono ad un certo punto della carriera lavori da soggetti privati, ha valore per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni, ora anche per gli enti privati, dovendo verificare tali condizioni concretamente e non in via astratta. Pertanto, nel caso di specie, poiché i dipendenti ricoprivano il ruolo di ""operai ex qualificati", addetti a compiti esecutivi variabili e non complessi e comunque di livello inferiore rispetto alle mansioni proprie di operaio ex qualificato", e' da escludersi che non esercitassero quei poteri autoritativi o negoziali che impediscono assunzioni o incarichi da parte di soggetti privati e che dunque il richiamo ai divieti di pantouflage non possa trovare nessi di collegamento con la fattispecie concreta in esame.

Nelle procedure di gara pubblica, che la contestazione di trovarsi in una situazione di conflitto di interessi ex art. 42, comma 2, d.lg. n. 50/2016 nell'affidamento di una determinata attività ad un funzionario che, contestualmente, sia anche titolare di interessi personali o di terzi non può essere predicata in via astratta, dovendo essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche.


Materia: pubblica amministrazione / lavoro
Pubblicato il 27/11/2020

N. 07462/2020REG.PROV.COLL.

N. 09786/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9786 del 2019, proposto da
Oasi La Brussa S.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda Ats, Distretto Turistico Venezia Orientale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Simonetta Rottin e Federica Scafarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Veneto Agricoltura – Agenzia Veneta per l’Innovazione nel Settore Primario, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vittorio Miniero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Green Wave S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Flavio Tagliapietra e Luigi Sclebin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ati Limosa Soc. Coop, Regione Veneto non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 1021/2019, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione e l’avviso pubblico di gara “per la concessione in uso dell’area di sosta e dell’immobile casone ad uso piccolo bar, comprensiva dei servizi ecosistemici correlati, nel territorio di Vallevecchia di Caorle (VE)”;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Veneto Agricoltura – Agenzia Veneta per l’Innovazione nel Settore Primario e di Green Wave S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2020 il Cons. Raffaele Prosperi e data la presenza degli avvocati Rottin, Scafarella, Tagliapietra e Sclebin ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, d. l. n. 28/2020 e dell'art. 25 d. l. n. 137/2020, è.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Nel maggio 2017 Veneto Agricoltura - quale ente strumentale della Regione Veneto istituito con legge reg. n. 3 del 2014 a cui era affidata la gestione dell’area di Vallevecchia di Caorle - aveva indetto apposita gara per la concessione in uso del solo casone ad uso piccolo bar per la durata di quattro anni, aggiudicata ad Oasi La Brussa S.r.l., attiva nel campo della divulgazione naturalistica, ma mai avviato a gestione causa la mancata sottoscrizione del relativo contratto. Atteso che l’aggiudicazione era avvenuta a stagione balneare già inoltrata (agosto 2017) e che il casone avrebbe necessitato di importanti lavori di adeguamento igienico-sanitario, la società aveva chiesto di essere esonerata dal pagamento del canone relativamente alla stagione 2017, senza però giungere ad un accordo.

Veneto Agricoltura, con disposizione del direttore n. 104 del 15 giugno 2018, aveva indetto una nuova gara per la concessione in uso dell’area di sosta e dell’immobile casone ad uso piccolo bar, comprensiva dei servizi ecosistemici correlati siti nell’area di Vallevecchia, con l’aggiudicazione che sarebbe dovuta avvenire a favore del concorrente che avesse riportato il punteggio più alto attribuito insindacabilmente da Veneto Agricoltura, articolato sulla proposta gestionale e sul prezzo.

Entro la data indicata nel bando, il 1 ottobre 2018, pervenivano alla stazione appaltante tre offerte, tra le quali quella di Oasi La Brussa.

L’11 dicembre 2018, la commissione di gara - formata esclusivamente da dipendenti di Veneto Agricoltura - proponeva di aggiudicare la gara a Green Wave S.r.l. (mandataria), in costituenda a.t.i. con Limosa Soc. Coop. nonostante - argomentava la Oasi - la prima rappresentasse una new co. costituita appena dieci giorni prima rispetto alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, con un capitale sociale di appena €. 3.000,00, il cui amministratore unico Umberto Roggio era al momento della presentazione dell’offerta dipendente della stazione appaltante addetto alla gestione dello stesso parcheggio di Vallevecchia. In analoga situazione versava anche uno dei soci della Green Wave, Carla Tondello, anch’ella dipendente della stazione appaltante addetta alla gestione del medesimo parcheggio al momento della partecipazione alla gara in questione per sua stessa dichiarazione. L’aggiudicazione era stata proposta – rileva sotto altro profilo la Oasi – nonostante Limosa Soc. Coop avesse, sin dal 2004 ininterrottamente gestito l’area adibita a parcheggio e il centro visitatori (entrambi oggetto della gara de qua) in collaborazione con la Cooperativa A.p.E. e risultasse, quindi, già concessionaria del compendio immobiliare e affidataria dei connessi servizi a seguito di due distinte gare indette rispettivamente nel 2004 e nel 2009. L’ultimo soggetto che aveva gestito in affidamento il parcheggio e l’area visitatori risultava essere proprio la cooperativa Limosa (odierna aggiudicataria in ATI con Green Wave S.r.l.).

L’aggiudicazione a favore di Green Wave S.r.l. in costituenda a.t.i. con Limosa Soc. Coop.veniva confermata con decreto del direttore della Sezione Innovazione e sviluppo n. 9 del 28 gennaio 2019; Oasi La Brussa S.r.l. in costituenda a.t.s. con il Distretto turistico Veneto Orientale si collocava al secondo posto e Adria Global Service al terzo,

il tutto oggetto di comunicazione con nota n. prot. del 4 febbraio 2019 pubblicata sul sito di Veneto Agricoltura in pari data.

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto, Oasi La Brussa impugnava tale aggiudicazione.

Si costituivano in giudizio Veneto Agricoltura – Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario e Green Wave S.r.l., contrastando le domande avanzate dalla società ricorrente.

Non si costituiva Limosa Soc. Coop.

Successivamente Oasi La Brussa proponeva motivi aggiunti ex art. 43 cod. proc. amm. nonché, per quanto di ragione, ricorso autonomo.

La ricorrente rappresentava, dopo la ricostruzione delle vicende sopra sintetizzate, che il 3 aprile 2019 le era giunto l’invito a partecipare alla procedura negoziata per la concessione del servizio di gestione dell’area di sosta di Vallevecchia in Comune di Caorle, il medesimo (servizio) oggetto della gara “sospesa”, per il periodo compreso tra il 1° maggio 2019 e il 31 ottobre 2019, senza previa pubblicazione del bando ai sensi dell’art. 63 del codice dei contratti e senza che fossero indicate le ragioni d’urgenza che avevano giustificato il ricorso alla procedura d’urgenza prevista dalla predetta disposizione e che avendo interesse ad espletare il servizio in questione decideva di partecipare.

La Green Wave S.r.l. si aggiudicava anche tale gara, aggiudicazione confermata con decreto del direttore della sezione ricerca e gestioni agroforestali n. 37 del 18 aprile 2019 con contestuale stipulazione del relativo contratto avvenuta in data 19 aprile 2019.

Oasi La Brussa proponeva motivi aggiunti ex art. 43 cod. proc. amm. nonché, per quanto di ragione, ricorso autonomo.

Veneto Agricoltura e Green Wave S.r.l. si costituivano in giudizio per difendersi.

Con la sentenza 29 settembre 2019 n. 1021 il Tribunale amministrativo riteneva di poter prescindere dalle eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti resistente e controinteressata, nella convinzione dell’infondatezza nel merito del ricorso e puntualizzava inoltre di prescindere da documenti e da una memoria di parte ricorrente, in quanto depositati l’ultimo giorno utile oltre l’orario consentito.

Con il primo motivo del ricorso introduttivo la ricorrente denunciava tramite una compendiosa rubrica, il rapporto di dipendenza che legava la stazione appaltante e i signori Roggio e Tondello, rispettivamente legale rappresentante e socio della Green Wave, alla data della presentazione dell’offerta dipendenti di Veneto Agricoltura e tali fino al 31 ottobre 2018, circostanza non contestata in violazione rispettivamente degli artt. 60 d.p.r. 3 del 1957 - che vieta ai dipendenti pubblici di accettare cariche in società costituite a scopo di lucro in costanza di rapporto di lavoro - e 13.4 del Piano Triennale anticorruzione adottato da Veneto Ambiente, di divieto per tutti i dipendenti di instaurare rapporti di lavoro autonomo o subordinato con soggetti privati che siano destinatari di accordi, contratti o provvedimenti con/da Veneto Agricoltura per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro; circostanza che concretizzava una palese violazione del principio fondamentale della par condicio tra i partecipanti alla gara.

Il motivo veniva ritenuto infondato sulla base del seguente punto di diritto: ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al d. lgs. 165 del 2001, non rientrano nella nozione di Amministrazione gli enti pubblici economici, non ricompresi nell'elencazione contenuta nell'art. 1, co. 2, dello stesso decreto, pertanto i dipendenti di un ente pubblico economico non hanno lo status di pubblico dipendente ai sensi dell'art. 1, comma 1, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165; andava osservato che la resistente Veneto Agricoltura - Agenzia Veneta per l'innovazione nel settore primario rientrava nella categoria degli “enti pubblici economici”, ente pubblico dedito ad attività esclusivamente o prevalentemente economica, dal carattere puramente imprenditoriale, così come riconosciuto espressamente anche dalla Corte costituzionale con la sentenza 19 aprile 2019 n. 100, da cui derivava la natura privatistica dei rapporti di lavoro dei loro dipendenti, regolata dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.

Per le stesse ragioni erano infondate erano le censure dedotte contestualmente riguardanti il divieto di c.d. pantouflage discendente dal piano anticorruzione di Veneto Agricoltura, derivante dall’applicazione dell’art. 53, comma 16-ter, del d. lgs. 165 del 2001, introdotto dall’art. 1, comma 42, lett. l), della l. 190 del 2012: al di là dei contenuti del piano anticorruzione, esso riguardava in ogni caso i dipendenti che avevano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 fra le quali, come sopra detto, non rientrano gli enti pubblici economici.

Con il secondo motivo del ricorso introduttivo la ricorrente deduceva sotto vari aspetti la violazione degli artt. 30 e 36.1 d.lgs. n. 50 del 2016 per violazione dei principi di concorrenza, non discriminazione e di rotazione, poiché l’impresa che in precedenza aveva svolto un determinato servizio non aveva più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata/partecipare ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, come era il caso di Green Wave.

Anche tale censura veniva ritenuta infondata.

Nelle procedure di evidenza pubblica, in caso di appalto sotto soglia, la rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione. Ed invero, allorquando la stazione appaltante apre al mercato dando possibilità a chiunque di candidarsi a presentare un'offerta senza determinare limitazioni in ordine al numero di operatori economici ammessi alla procedura, ha per ciò stesso rispettato il principio di rotazione che non significa escludere chi abbia in precedenza lavorato correttamente con un'Amministrazione, ma significa non favorirlo e ciò come chiarito dalla giurisprudenza alla luce dell’orientamento espresso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (punto 3.6 della delibera n. 206 del 1° marzo 2018, Aggiornamento al decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 delle Linee guida n. 4, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; in breve il principio della rotazione è assorbito dalla massima concorrenzialità tipica della procedura aperta.

Con il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio si deduceva in sintesi l’illegittimità della composizione della commissione di gara formata da tutti dipendenti di Veneto Agricoltura unita al fatto che essa si era trovata a giudicare dell’offerta presentata da un “ex collega” (o tuttora collega), in violazione dell’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, per conflitto di interesse, integrando, tale concomitanza di circostanze, fattispecie distorsiva della concorrenza e violazione del principio di parità di trattamento, il tutto aggravato dai criteri di valutazione “a maglia larga”, peraltro in assenza di predisposizione di sub criteri o griglie di valutazione dettagliate.

Anche tali censure erano infondate a parere del giudice di primo grado.

La nozione di conflitto di interessi fissata dall'art. 42, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, cui rimanda il successivo art. 80, comma 5, lett. d), che ne fa una causa di esclusione dell'operatore economico richiede la sussistenza in capo ai componenti la commissione - in via diretta o indiretta - di "un interesse finanziario, economico o altro interesse personale". Tali espressioni compendiano (in termini generali ed astratti) tutte le situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l'imparzialità richiesta nell'esercizio del potere decisionale, ipotesi che si verificano quando il soggetto chiamato a svolgere una funzione strumentale alla conduzione della gara d'appalto è portatore di interessi della propria o dell'altrui sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l'esercizio imparziale ed obiettivo delle sue funzioni. A tale scopo, non è sufficiente evocare il mero rapporto di "colleganza" ovvero di "conoscenza", in quanto espressione di un approccio congetturale.

In altri termini, doveva escludersi che il conflitto di interessi ex art. 42, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sussistesse in via astratta, richiedendo verifiche in concreto e sulla base di prove specifiche.

Quanto all’ulteriore censura sui criteri di aggiudicazione, andava osservato che l’assenza di sub-criteri non costituiva illegittimità alla luce dell’orientamento giurisprudenziale formatosi nella vigenza dell’art. 83, comma 4, del d. lgs. 163 del 2006, valevole anche in relazione al vigente art. 95, comma 8, del d. lgs. 50 del 2016, secondo cui la mancata previsione di sub-criteri di valutazione non costituisce, di per sé, motivo di illegittimità della lex specialis di gara: la mancata previsione di sub-pesi e sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione qualitativa dell'offerta non era indice di indeterminatezza dei criteri di valutazione, in quanto la possibilità di individuare sub-criteri è meramente eventuale, di carattere discrezionale e censurabile solo per ragioni di illogicità, nel caso concreto non evincibili e comunque non oggetto di critiche puntuali.

Veniva ancora ritenuta infondata l’azione di annullamento proposta con il ricorso per motivi aggiunti sulla violazione dell’art. 63 del d. lgs. 50 del 2016, in merito alla procedura c.d. d’urgenza, con l’impossibilità di rispettare i termini previsti rispettivamente dagli artt. 60 e 61 del codice dei contratti per le procedure aperte e/o ristrette, da ridurre solo in presenza di ragioni d’urgenza debitamente motivate.

La disposizione del direttore di Veneto Agricoltura n. 57 del 3 aprile 2019 poi espressamente richiamata negli atti successivi, osservava tra l’altro che i servizi oggetto della concessione comprendevano la gestione del parcheggio di Vallevecchia, la cui operatività era indispensabile per assicurare l’ordinata fruizione dell’ area di particolare pregio naturalistico, area che avrebbe rischiato di essere danneggiata da flussi di auto non regolamentati particolarmente intensi nel periodo primaverile ed estivo.

Con il ricorso per motivi aggiunti era stata proposta azione di ottemperanza, deducendo l’inefficacia e/o nullità e/o annullabilità degli atti impugnati per violazione e/o elusione del giudicato cautelare in relazione agli artt. 21 septies della l. n. 241 del 1990 e 112 c.p.a.: la procedura negoziata indetta avente ad oggetto il medesimo servizio (gestione del parcheggio) oggetto dell’appalto sub iudice, in spregio ai contenuti dell’ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale adito, era nella sostanza uno “scorporo” dell’oggetto della precedente gara e non rappresentava un malcelato tentativo di ottenere il medesimo risultato della prima aggiudicazione sospesa, impedendo alla ricorrente di approntare ogni utile difesa “mettendola di fronte al fatto compiuto”.

La domanda era infondata per la diversità dell’oggetto, solo il servizio di gestione dell’area di sosta e per l’arco temporale, solo per il periodo 1 maggio-31 ottobre 2019 dell’affidamento da ultimo disposto in favore della controinteressata, rispetto all’affidamento avversato con il ricorso introduttivo del giudizio.

In conclusione le domande di annullamento avanzate con il ricorso introduttivo del giudizio e con i successivi motivi aggiunti venivano respinte ed altrettanto sorte toccava le domande di condanna concernenti aggiudicazioni, stipula di nuovi contratti, ai relativi subentri ed al risarcimento del danno per equivalente.

Con appello in Consiglio di Stato notificato il 13 novembre 2019 Oasi La Brussa S.r.l. impugnava la sentenza e deduceva le seguenti censure:

1.Erroneità della sentenza e/o difetto di motivazione per violazione degli art. 24 Cost., 73, comma 3, c.p.a. e art. 4, comma 4, delle norme di attuazione al c.p.a.

2. Erroneità della sentenza per violazione/falsa applicazione degli artt. 60 d.p.r. 3 del 1957; 13.4 del Piano triennale per la prevenzione della corruzione della trasparenza 2019-2021 di Veneto Agricoltura “agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario” in relazione all’art. 53, comma 16 ter, del d. lgs. 165 del 2011 (introdotto dalla l. 190 del 2012, art. 1 comma 42 lett. l); art. 42 del d. lgs. 50 del 2016 in ragione del rapporto di dipendenza che legava la stazione appaltante e i signori Roggio e Tondello (rispettivamente legale rappresentante e socio della Green Wave).

3. Erroneità della sentenza per violazione/falsa applicazione degli artt. all’art. 42, comma 1, del d. lgs. 50 del 2016 in uno con violazione dell’art. 95 del d. lgs. 50 del 2016 e art. 80 comma 5 lettera d) del d. lgs. 50 del 2016.

4. Erroneità della sentenza per violazione/falsa applicazione degli artt. 30 e 36.1 d.lgs. n. 50 del 2016.

L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso, ivi compreso il risarcimento dei danni nei termini indicati nella relazione di stima depositata, il tutto con vittoria di spese.

La controinteressata e Veneto Agricoltura si sono costituite in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello.

All’udienza da remoto tenutasi il 12 novembre 2020 la causa è passata in decisione.

Appare logico iniziare l’esame della causa dal secondo motivo con cui l’appellante lamenta che Umberto Roggio legale rappresentante dell’affidataria Green Wave ed il suo socio Carla Tondello erano dipendenti di Veneto Agricoltura e tali lo sono stati fino al 31 ottobre 2018, quindi oltre il termine di presentazione delle domande di gara: ciò avrebbe reso evidente la violazione dell’art. 60 del d.P.R. 3 del 1957 e dell’art. 53 comma 16 ter del d. lgs. 165 del 2001 – come modificato dall’art. 1 co. 42 della l. 190 del 2012 – e rinforzato dall’art. 21 co. 1 d. lgs. 8 aprile 2013 n. 39, da ritenersi ricomprendente tutti i dipendenti di qualsiasi soggetto pubblico, ossia del divieto di approfittare della propria posizione privilegiata contrattando con l’amministrazione di appartenenza, includendovi quindi anche i dipendenti degli enti pubblici economici, come nel caso di specie, il che aveva permesso al Tribunale amministrativo veneto di escludere l’applicazione della norma.

La censura è infondata.

L’art. 53 comma 16 ter del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165 stabilisce che “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.

L’art. 21 co. 1 del d. lgs 39 del 2013 ha inoltre stabilito che “Ai soli fini dell'applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell'incarico.

La previsione normativa complessivamente intesa – denominata divieto di pantouflage dal termine usato per gli alti funzionari pubblici francesi che ottengono ad un certo punto della carriera lavori da soggetti privati – va interpretata nel senso che gli ex dipendenti pubblici non possono nei tre anni successivi assumere rapporti di lavoro privati o incarichi professionali presso soggetti privati destinatari dell’attività del soggetto pubblico al tempo datore di lavoro di tali ex dipendenti; il d. lgs. 39 del 2013 ha esteso tale divieto anche agli ex dipendenti di soggetti privati sotto controllo pubblico, il che potrebbe valere anche per Veneto Agricoltura.

Ma sembra ignorare l’appellante che l’art. 53 co. 16 citato e non integrato per tale parte dal d. lgs. 39 del 2013, stabilisce che il divieto ha valore per i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni – ora anche per gli enti privati; ora le difese di Veneto Agricoltura, non contraddette da parte avversa, informano che Umberto Roggio e Carla Tondello erano stati assunti da Veneto Agricoltura dal 18 aprile 2018 al 31 ottobre dello stesso anno come “operai ex qualificati”, addetti a compiti esecutivi variabili e non complessi e comunque di livello inferiore rispetto alle mansioni proprie di operaio ex qualificato.

Non occorrono molti argomenti per ritenere che i due non esercitassero quei poteri autoritativi o negoziali che impediscono assunzioni o incarichi da parte di soggetti privati e che dunque il richiamo ai divieti di pantouflage non possa trovare nessi di collegamento con fattispecie concreta in esame.

Con il terzo motivo si lamenta la violazione delle norme stabilite dal codice dei contratti pubblici in tema di conflitto di interesse, vista la situazione di colleganza da poco dismessa tra i rappresentanti della Green Wave ed i componenti della commissione aggiudicatrice, conflitto che avrebbe permesso un giudizio non cristallino, stante l’assenza di sub criteri di scelta del contraente.

Anche tale motivo è infondato.

L’art. 42 del d. lgs. 50 del 2016 sulla prevenzione dei conflitti di interesse, prevede al comma 2 che “Si ha conflitto d'interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62.

Come si può pacificamente desumere dalla norma il conflitto non può sussistere in via astratta basandosi su un pregresso rapporto di colleganza in cui non era nemmeno dimostrato se i componenti della commissione di gara lavoravano nello stesso ufficio dei rappresentanti della Green Wave, ma deve fondarsi per lo meno su indizi concreti che dimostrino la sussistenza di un interesse comune tra concorrenti e commissari.

La giurisprudenza di questa Sezione ha sempre affermato, in specie nelle pronunce più recenti che nelle procedure di gara pubblica, che la del conflitto di interessi ex art. 42, comma 2, d.lg. n. 50/2016 nell’affidamento di una determinata attività ad un funzionario che, contestualmente, sia anche titolare di interessi personali o di terzi non può essere predicata in via astratta, dovendo essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche ed in ogni caso (Cons. Stato, V, 6 maggio 2020 n. 2863; id., 17 aprile 2019 n. 2511).

Va poi aggiunto che l’assenza di sub criteri non concretizza quelle prove specifiche richieste, anzi il profilo di censura appare inammissibile poiché un suo accoglimento porterebbe all’annullamento dell’intera gara, effetto che non rientra negli intendimenti della parte appellante.

Oltretutto non è nemmeno fondato, visto che la stessa indicazione di sub criteri non è obbligo specifico di qualsiasi gara e nemmeno essi devono essere determinati dalla commissione, ma dalla stessa stazione appaltante.

Con il quarto motivo l’appellante si duole della mancata applicazione del principio di rotazione degli affidatari, vista l’a.t.i. fomata da Green Wave con Limosa Soc. Coop. gestore uscente ed affidataria da un ventennio.

Anche detta censura è infondata.

Non si può che confermare del tutto sul punto la pronuncia impugnata, in quanto, come ricordato dalla giurisprudenza più recente di questa Sezione, nelle procedure negoziate il principio di rotazione è inapplicabile, allorché la stazione appaltante decida di selezionare l'operatore economico attraverso una procedura aperta che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti (Cons. Stato, V, 27 aprile 2020 n. 2655), come si è verificato appunto nel caso di specie.

A questo punto il primo motivo, concernente la tempestività del deposito di documenti in primo grado resta assorbito e l’appello deve essere respinto.

Spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi €. 2000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge in favore di ciascuna delle due parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

Valerio Perotti, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaele Prosperi Francesco Caringella
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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