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TAR Lombardia, Milano, sez. III, 14/12/2020 n. 2486
Sulla possibilità di autorefezione in orario scolastico

In merito alla cosiddetta libertà di scelta alimentare, la possibilità per i singoli istituti scolastici di regolamentare e financo escludere, in presenza di particolari e concrete situazioni di non rispondenza all'interesse pubblico, l'accesso dello studente che ha portato il proprio cibo da casa nello stesso contesto spaziale dove i suoi compagni di scuola consumano il pasto gestito dal servizio di mensa istituzionale, non incide sulla libertà di scelta alimentare, in sé e per sé considerata. L'interessato resta infatti libero di alimentarsi come crede, all'interno del "tempo mensa", e di sottrarsi conseguentemente al "servizio mensa", servizio che conserva ex lege natura facoltativa e a domanda individuale. In altri termini, fin quando non viene introdotto dall'istituto scolastico, anche surrettiziamente, l'obbligo per lo studente di aderire al servizio mensa, il diritto di scelta alimentare non viene compromesso e non risulta seriamente posto in discussione. Né può essere considerato alla stregua di un trattamento discriminatorio l'allestimento di diverso spazio all'interno dello stesso istituto scolastico per lo studente che voglia consumare il proprio pasto -allorché risulti inefficiente da un punto di vista dell'azione amministrativa la gestione contestuale negli stessi locali di autorefezione e servizio mensa -, perché ciò tiene insieme, secondo un giusto compromesso, i diversi interessi coinvolti, senza sacrificare in alcun modo né diritti soggettivi assoluti né il principio - anch'esso costituzionalmente garantito - di un'organizzazione dei pubblici uffici tale da assicurare il buon andamento dell'amministrazione.

Materia: servizi pubblici / disciplina
Pubblicato il 14/12/2020

N. 02486/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02041/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2041 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in proprio nonché nella sua veste di genitore esercente la potestà genitoriale sul minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Giorgio Vecchione, Riccardo Vecchione e Vincenzo Luca Carrera, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffci è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia, 1

nei confronti

Dussmann Service S.r.l., non costituita in giudizio

per l'annullamento

a) quanto al ricorso introduttivo:

della nota prot. n. 4177/C01 del 11 settembre 2019 con la quale la dirigente scolastica ha respinto la richiesta dei ricorrenti in tema di autorefezione in orario scolastico,

nonché di ogni altro atto preordinato, preparatorio, connesso e/o consequenziale, anche non noto;

b) quanto al ricorso per motivi aggiunti:

della deliberazione del Consiglio di Istituito dell’I.C. della Margherita in data 30 settembre 2019, prodotta in atti dall’Avvocatura dello Stato, con la quale è stata deliberata la sospensione del regolamento mensa in attesa di chiarimenti da parte del MIUR;

nonché per l’accertamento

del diritto del minore, figlio della ricorrente, ad essere ammesso a consumare i propri pasti di preparazione domestica nel locale adibito a refettorio, unitamente ai compagni di classe, sotto la vigilanza e con l’assistenza educativa dei propri docenti, al fine di consentire al minore la possibilità di condividere i contenuti educativi e formativi tipici del tempo mensa;

e per la conseguente condanna

della dirigente scolastica convenuta, di attivarsi affinché, nell’interesse generale della propria comunità scolastica, siano adottate tutte le misure e gli accorgimenti di legge atti a disciplinare la coesistenza nel medesimo locale adibito a refettorio di pasti di preparazione domestica e di pasti forniti dalla ditta comunale di ristorazione collettiva, senza divisioni e separazioni, garantendo ed assicurando per tutti i discenti l’assistenza educativa del personale docente oltre che le dovute prestazioni di pulizia e di sanificazione dei locali senza oneri in capo alle famiglie.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2020 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 1 ottobre 2019, -OMISSIS-, madre del minore -OMISSIS-, in proprio e nella qualità di genitore dello stesso, ha chiesto l’annullamento dell’atto con cui la dirigente dell’istituto scolastico di riferimento ha rigettato la richiesta degli interessati in tema di autorefezione in orario scolastico, nonché l’accertamento del diritto del minore ad essere ammesso a consumare i propri pasti “di preparazione domestica” nel locale adibito a refettorio, unitamente ai compagni di classe.

Sul versante della domanda di annullamento, la difesa di parte ricorrente ha evidenziato che non sarebbe stato comunicato agli interessati l’avvio del procedimento, e che sussisterebbe il dedotto vizio di incompetenza, in relazione al fatto che il dirigente scolastico, adottando il provvedimento impugnato, avrebbe provveduto “autonomamente, ad annullare/revocare e, comunque, vanificare un regolamento scolastico debitamente approvato dal Consiglio di Istituto in data 26 giugno 2019”; l’atto impugnato sarebbe infine affetto anche da difetto di motivazione e carenza di istruttoria.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione convenuta, che ha chiesto il rigetto del ricorso, e la Sezione ha respinto la domanda cautelare proposta, rilevando che “il Consiglio di Istituto con la deliberazione 30 settembre 2019 n. 39 ha disposto di sospendere il Regolamento Mensa in attesa di chiarimenti da parte del MIUR ed eventualmente adeguarlo alle più recenti indicazioni fornite dagli enti competenti, nel frattempo non consentendo il consumo del pasto domestico”.

Successivamente, parte ricorrente ha proposto motivi aggiunti contro la sopra citata deliberazione del 30 settembre del 2019 del Consiglio di Istituto, considerandola illegittima sia in via derivata che in via autonoma, e in particolare censurandone la motivazione inerente alla revoca del regolamento precedentemente approvato e al diniego definitivo della possibilità di autorefezione, in quanto tale motivazione sarebbe stata rappresentata dal mero richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione n. 20504/19.

La Sezione ha quindi respinto anche la nuova domanda cautelare proposta con la seguente motivazione: “Premesso che:

- con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23 ottobre 2019 la ricorrente, madre di un minore iscritto presso l’I.C. della Margherita di Vizzolo Predabissi, ha impugnato la deliberazione 30 settembre 2019 n. 39 con cui il Consiglio di Istituto ha disposto di sospendere il Regolamento Mensa in attesa di chiarimenti da parte del MIUR ed eventualmente adeguarlo alle più recenti indicazioni fornite dagli enti competenti, nel frattempo non consentendo il consumo del pasto domestico;

- con successiva istanza cautelare depositata in data 24 ottobre 2019 la ricorrente ha chiesto al Tribunale di disporre “l’immediata ammissione del minore a consumare i propri pasti di preparazione domestica nel locale adibito a refettorio, unitamente ai compagni di classe, sotto la vigilanza e con l’assistenza educativa dei propri docenti, al fine di consentire al medesimo la possibilità di condividere i contenuti educativi e formativi tipici del tempo mensa, disponendo le opportune prescrizioni organizzative volte a prevenire la commistione di cibi ed alimenti all’interno del refettorio”;

Ritenuto che la domanda cautelare, così come formulata, non possa essere accolta in quanto:

- la posizione giuridica soggettiva di cui la parte ricorrente è portatrice (la cui qualificazione in termini di diritto soggettivo assoluto non è pacifica ed in ogni caso va demandata alla più appropriata sede di merito) non può ritenersi incondizionata, dovendo essere conformata dal pubblico potere che deve effettuare le valutazioni, e, conseguentemente, compiere le scelte che tengano conto dei contrapposti interessi, e dei diversi profili coinvolti (quali, a titolo di esempio, quello logistico-organizzativo e quello della sicurezza alimentare del complesso contesto-mensa);

- nel caso di specie l’Amministrazione ha valutato, con la deliberazione impugnata, “che al momento non sussistono condizioni tali per concedere il pasto domestico in mancanza di personale scolastico utile ad evitare la contaminazione e necessario per la sorveglianza in ambiente protetto”;

- che tale motivazione, allo stato non adeguatamente contestata, appare ragionevole e sufficiente a sostenere il provvedimento impugnato, che in ogni caso non assume carattere definitivo, avendo l’Istituto scolastico ivi dichiarato di essere in attesa di chiarimenti da parte del Ministero (…)”.

La decisione cautelare della Sezione è stata peraltro riformata in appello dal Consiglio di Stato, con la motivazione “che nella fattispecie concreta all’esame del Collegio, non sembrano legittimi i limiti organizzativi, derivanti dalla carenza di personale, che sono stati prospettati dall’amministrazione per giustificare la mancanza di tutela della situazione giuridica soggettiva del minore” e che “le richieste misure di vigilanza nella fase di consumazione del pasto sembrano costituire una modalità organizzativa che può essere, nella specie, ragionevolmente richiesta all’amministrazione scolastica”.

La causa è stata infine definitivamente trattenuta in decisione in data 1 dicembre 2020.

Il Collegio osserva, in via preliminare, e con riferimento alle domande di annullamento proposte con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, che il “regolamento mensa scolastica e consumo del pasto domestico” approvato in data 26 giugno 2019 dal Consiglio di Istituto dell’Istituto Comprensivo della Margherita – struttura scolastica coinvolta nell’odierno contenzioso – aveva stabilito che gli “alunni con pasto domestico” avrebbero consumato, sotto la sorveglianza dei docenti e previo coinvolgimento della responsabilità dei genitori sotto il profilo del tipo di pietanze da introdurre a scuola, il cibo portato da casa “all’interno dello spazio dedicato alla mensa scolastica, in uno spazio appositamente individuato, aggregando alunni anche di classi diverse”.

Tale regolamento aveva altresì previsto che, qualora gli alunni “con pasto domestico” fossero stati limitati ad una classe e con un numero di massimo due alunni, il pranzo avrebbe dovuto essere consumato “in una postazione attigua al tavolo della classe di appartenenza”, fatta salva, in ogni caso, la facoltà dell’azienda di ristorazione di non permettere l’ingresso e la consumazione di alimenti “no sotto il controllo dell’azienda stessa”, e la conseguente possibilità che tali alimenti fossero “consumati in altro locale”.

Il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, a firma della dirigente scolastica, ha respinto temporaneamente la “richiesta di pasto domestico”, di fatto disapplicando il regolamento sopra citato.

Il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, deliberato dal Consiglio di Istituto competente, ha poi sospeso il regolamento stesso, motivando nel senso “che in data successiva all'approvazione del Regolamento Mensa la Corte di Cassazione SS. UU. si è pronunciata con sentenza n. 20504, del 30 luglio 2019” e “che al momento non sussistono condizioni tali per concedere il pasto domestico in mancanza di personale scolastico utile ad evitare la contaminazione e necessario per la sorveglianza in ambiente protetto”.

Il ricorso introduttivo è da considerarsi improcedibile mentre i motivi aggiunti sono fondati, per quanto di ragione, e limitatamente alla domanda di annullamento svolta.

Il provvedimento del dirigente scolastico è stato superato dalla successiva deliberazione del Consiglio di Istituto, che peraltro era l’unico organo istituzionale ad avere la competenza di sospendere un regolamento vincolante da sé stesso in precedenza adottato; parte ricorrente non ha dunque più interesse ad ottenere l’annullamento di un atto che è stato superato dalla successiva deliberazione dell’organo competente.

Il provvedimento del Consiglio di Istituto è invece affetto dai dedotti vizi di motivazione e di istruttoria.

Da un lato, il mero riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite non individua alcun elemento utile, concreto, e riferibile allo specifico istituto scolastico, per motivare la sospensione del precedente regolamento, che, invece, come visto, costituiva un apprezzabile compromesso tra le varie esigenze esistenti in materia, nel senso più avanti precisato.

Sotto altro profilo, la mera “mancanza di personale utile” non può essere declinata in via assoluta, e senza l’indicazione di dati ed elementi di fatto a suffragio della tesi espressa, dal Consiglio di Istituto, che stabilisce regole generali di contemperamento di tutte le esigenze scolastiche aventi rilievo all’interno della singola struttura, ma è una circostanza che deve essere eventualmente segnalata, in sede di applicazione del regolamento esistente, dal dirigente scolastico; più in generale, in presenza di un regolamento che stabilisce modalità idonee a garantire il consumo del pasto preparato a casa contestualmente con il servizio mensa, con valutazione preventiva e astratta di tale possibilità, spetta al dirigente scolastico dare corso alla procedimentalizzazione delle successive richieste dei genitori dei singoli alunni, con obbligo di motivare ad esito di ciascun procedimento individualizzato l’eventuale impossibilità di garantire la corretta esecuzione delle norme stabilite dal Consiglio di Istituto e di chiarire che tale circostanza non dipende da una carenza di organizzazione ma da fatti oggettivi, insuperabili e imprevedibili.

Tale onere motivazionale, peraltro, diventa ancora più gravoso, in presenza di un regolamento che ha già preventivamente risolto in senso positivo la possibilità di coesistenza delle diverse esigenze in discorso.

Il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti deve dunque essere annullato, con conseguente reviviscenza del regolamento sospeso.

Quanto infine alla domanda azionata in giudizio, scaturente dal presupposto che la posizione soggettiva di parte ricorrente debba essere qualificata come di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, il Collegio ritiene di potere rinviare, condividendole, alle argomentazioni espresse dalla Sezione nella recente sentenza n. 1836 del 2020.

In sintesi, si ritiene condivisibile l’orientamento – da ultimo avallato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – secondo cui si tratterebbe di un “diritto procedimentale”, condizionato cioè all’organizzazione che decide di darsi, in modo procedimentalizzato e coerente con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, il singolo istituto scolastico.

Ciò, in ragione dell’innegabile connessione tra posizione giuridica soggettiva di cui la parte ricorrente è portatrice e le valutazioni affidate dall’ordinamento in materia di diritto all’istruzione al pubblico potere, il quale deve compiere, conformando l’interesse del singolo, scelte che tengano conto dei contrapposti interessi coinvolti, quali, ad esempio, quello logistico-organizzativo e quello della sicurezza alimentare del complesso contesto della mensa scolastica, a cui si agganciano le esigenze individuali degli altri ospiti della struttura scolastica interessata, che hanno compiuto la scelta di non portare il pasto da casa.

Ne consegue che la posizione soggettiva azionata dall’odierna ricorrente è di interesse legittimo, in quanto la lesione denunciata non inerisce ad una compromissione del diritto all’istruzione in sé e per sé considerato ma, eventualmente, alla lesione dell’interesse procedimentale volto ad influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa – scelte in ogni caso rimesse all’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche -, ciò che determina l’impossibilità, anche in sede di giurisdizione esclusiva, di una pronuncia di accertamento di un diritto (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 20504 del 2019).

Ne deriva altresì che sono da considerare infondati, e devono essere come tali respinti, tutti i motivi di ricorso che partono dall’assunto che il cosiddetto diritto all’autorefezione costituisca esercizio del diritto all’istruzione e alla formazione, e ripropongono le censure già bocciate – in modo, come detto, condivisibile – dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Alle considerazioni già svolte nella sentenza n. 1836 del 2020 emessa dalla Sezione, rispetto alle quali non è sopraggiunto alcun ulteriore elemento di riflessione che possa far ritenere superato quanto affermato in materia dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, occorre soggiungere anche un chiarimento sulle argomentazioni svolte dal difensore degli odierni ricorrenti, in merito alla cosiddetta libertà di scelta alimentare.

A tale riguardo, ritiene il Collegio che la possibilità per i singoli istituti scolastici di regolamentare e financo escludere, in presenza di particolari e concrete situazioni di non rispondenza all’interesse pubblico, l’accesso dello studente che ha portato il proprio cibo da casa nello stesso contesto spaziale dove i suoi compagni di scuola consumano il pasto gestito dal servizio di mensa istituzionale, non incide sulla libertà di scelta alimentare, in sé e per sé considerata.

L’interessato resta infatti libero di alimentarsi come crede, all’interno del “tempo mensa”, e di sottrarsi conseguentemente al “servizio mensa”, servizio che, come ricordato dalla stessa difesa della ricorrente, conserva ex lege natura facoltativa e a domanda individuale.

In altri termini, fin quando non viene introdotto dall’istituto scolastico, anche surrettiziamente, l’obbligo per lo studente di aderire al servizio mensa, il diritto di scelta alimentare non viene compromesso e non risulta seriamente posto in discussione.

Né può essere considerato alla stregua di un trattamento discriminatorio l’allestimento di diverso spazio all’interno dello stesso istituto scolastico per lo studente che voglia consumare il proprio pasto – allorché, come detto, risulti inefficiente da un punto di vista dell’azione amministrativa la gestione contestuale negli stessi locali di autorefezione e servizio mensa -, perché ciò tiene insieme, secondo un giusto compromesso, i diversi interessi coinvolti, senza sacrificare in alcun modo né diritti soggettivi assoluti né il principio – anch’esso costituzionalmente garantito – di un’organizzazione dei pubblici uffici tale da assicurare il buon andamento dell’amministrazione.

In conclusione, dunque, i motivi aggiunti devono essere parzialmente accolti, limitatamente alla domanda di annullamento svolta, mentre il ricorso introduttivo è da considerarsi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ferma restando la necessità per gli interessati di proporre una nuova istanza “di autorefezione” e per il dirigente scolastico di riferimento di “procedimentalizzare” tale istanza.

La novità della questione esaminata, il parziale accoglimento delle domande proposte, oltre che le oscillazioni giurisprudenziali esistenti in materia, consentono di compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

dichiara improcedibile la domanda di annullamento introdotta con il ricorso introduttivo;

accoglie parzialmente i motivi aggiunti, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla la deliberazione adottata in data 30 settembre 2019 dal Consiglio di Istituito dell’I.C. della Margherita;

respinge ogni altra domanda.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in caso di riproduzione in qualsiasi forma, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la potestà genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare il medesimo interessato riportato nella sentenza o nel provvedimento.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio, tenutasi mediante collegamento da remoto, del giorno 1 dicembre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere

Roberto Lombardi, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Lombardi Ugo Di Benedetto
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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