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TAR Liguria, Sez. I, 9/11/2021 n. 946
Il Comune può esercitare anche i servizi pubblici di interesse economico (oltre a quelli privi di tale rilievo) nelle forme dell’amministrazione diretta, ossia internalizzandoli e gestendoli con la propria organizzazione.

L'affidamento della gestione di un porto turistico si caratterizza per il fatto che, accanto alla concessione di beni demaniali marittimi, impone la prestazione di servizi funzionali all'esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.). Si tratta, quindi, di una figura complessa e peculiare nella quale profili in tema di concessione di beni pubblici coesistono con aspetti attinenti all'affidamento di servizi pubblici. Di qui l'astratta convergenza della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e degli appalti pubblici, nonché della normativa in materia di demanio marittimo e delle regole concernenti l'autorizzazione delle attività economiche . Nella prassi, peraltro, accade sovente che, per gestire l'approdo direttamente oppure tramite una società in house o mista, i Comuni si autoaffidino in concessione il compendio portuale. Ciò ha fatto anche il comune, nel caso di specie, la quale si è autointestata il titolo demaniale (e, quindi, ha assunto l'esercizio diretto dei servizi nautici). Siffatto modus operandi è legato sia all'esigenza formale di redigere un atto scritto ai fini dell'iscrizione nel registro delle concessioni demaniali marittime, sia alla distinzione, risalente al codice della navigazione del 1942, fra profili dominicali e gestionali del demanio marittimo. Invero, la proprietà dei beni demaniali marittimi fa capo allo Stato, sì che attualmente i poteri attinenti alla situazione proprietaria (ad esempio, la sdemanializzazione) vengono esercitati di concerto fra il Ministero delle Infrastrutture e l'Agenzia del Demanio. Invece, le competenze gestorie spettano alle Regioni o, nel caso di rilascio di concessioni demaniali, ai Comuni, ove non attribuite alle Autorità di Sistema Portuale dalla legge n. 84/1994. Ciò premesso, la gestione di un porto turistico è qualificabile come servizio pubblico locale di rilevanza economica e a domanda individuale, giacché, nonostante la finalità turistico-ricreativa soddisfi interessi privati di una fascia ristretta di utenti, sussistono nondimeno rilevanti interessi pubblici quali la valorizzazione turistica ed economica del territorio, l'accesso alla via di comunicazione marina e la potenziale fruizione da parte dell'intera collettività laddove ricorrano eccezionali esigenze di trasporto pubblico. In virtù del principio di autoorganizzazione ed in base al diritto unionale, il Comune può esercitare anche i servizi pubblici di interesse economico (oltre a quelli privi di tale rilievo) nelle forme dell'amministrazione diretta, ossia internalizzandoli e gestendoli con la propria organizzazione. In particolare, per quanto concerne il quadro normativo nazionale, è pacifico che attualmente non sussiste alcun obbligo degli enti locali di affidare a terzi sul mercato i servizi pubblici di rilevanza economica, potendo senz'altro optare per la gestione in via diretta (tale assunto è oggi unanimemente condiviso, essendo venuta meno l'originaria previsione che consentiva l'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica solamente a società miste o ad imprese private selezionate con gara, oppure, in presenza dei relativi presupposti, ad enti in house. Né un simile obbligo è rinvenibile nel diritto europeo, che configura la gestione diretta o tramite società in house come modulo generale alternativo all'affidamento a terzi mediante selezione pubblica.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione
Pubblicato il 09/11/2021

N. 00946/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00176/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 176 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Edoardo Boldrini, in qualità di titolare dell’impresa individuale Nautica Boldrini, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Balletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Portofino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Giuseppe Pericu e Daniela Adamo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

sia per quanto riguarda il ricorso introduttivo sia per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- della determinazione del Comune di Portofino n. 60 del 30.12.2020, avente ad oggetto la concessione demaniale marittima in favore del Comune degli specchi acquei, delle aree e dei beni costituenti l’approdo turistico portofinese;

- della deliberazione della Giunta comunale n. 124 del 21.12.2020, recante indirizzi per le determinazioni relative al rilascio delle concessioni demaniali marittime;

- della deliberazione del Consiglio comunale n. 4 del 10.2.2021, recante l’approvazione delle tariffe dei servizi nautici per l’anno 2021;

- degli atti presupposti, conseguenti e/o connessi;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Portofino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2021, la dott.ssa Liliana Felleti e viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 26 febbraio 2021 e depositato il 10 marzo 2021 Edoardo Boldrini, in qualità di titolare dell’impresa individuale Nautica Boldrini, ha impugnato la concessione demaniale marittima assentita in favore del Comune di Portofino con determinazione comunale n. 60 del 30 dicembre 2020, nonché la previa delibera giuntale n. 124 del 21 dicembre 2020, recante gli indirizzi in ordine al rilascio delle concessioni demaniali marittime, e la successiva deliberazione consiliare n. 4 del 10 febbraio 2021, avente ad oggetto l’approvazione delle tariffe dei servizi nautici per l’anno 2021.

Il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

I) Violazione e/o falsa applicazione dei principi eurounitari di par condicio, non discriminazione e concorrenza; dei principi espressi da Corte Giust. UE n. 458/2016; dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e dell’art. 18 del d.lgs. n. 59/2010; degli artt. 36 e 37 cod. nav e 18 reg. cod. nav. Violazione dell’art 3 della legge n. 241/1990, difetto o perplessità della motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; illogicità. L’Amministrazione civica avrebbe omesso la valutazione comparativa fra l’istanza del ricorrente e quella del Sindaco, necessaria in base al diritto dell’Unione ed al codice della navigazione, autoaffidandosi la concessione demaniale marittima senza alcuna istruttoria né motivazione.

II) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e 37 cod. nav., dell’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; contraddittorietà estrinseca. Il Sindaco avrebbe presentato la domanda di assegnazione del bene demaniale in difetto di previa manifestazione di volontà dell’ente e persino in contrasto con la precedente delibera di Giunta n. 124/2020.

III) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e 37 cod. nav. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; contraddittorietà estrinseca. Il provvedimento di autoconcessione avrebbe ignorato l’incapacità del Comune di gestire in via diretta il porticciolo, mentre avrebbe valorizzato sia aspetti ininfluenti, quali l’installazione di presidi funzionali alla sicurezza dell’abitato e dell’ambiente marino, sia prestazioni ottenibili anche da un concessionario privato, come l’impiego di parte dei proventi per la manutenzione straordinaria dell’infrastruttura portuale.

IV) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e 37 cod. nav., dell’art. 823 cod. civ. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; contraddittorietà estrinseca. Sviamento. L’autoattribuzione si fonderebbe sull’erroneo presupposto per il quale l’uso generale del bene pubblico costituisce la regola: l’approdo turistico, invece, sarebbe incompatibile con una fruizione generalizzata da parte della collettività, in quanto destinato ad un impiego specialistico a vantaggio di un’utenza più ristretta. Ne discende che gli atti impugnati avrebbero illegittimamente sottratto il bene demaniale alla concorrenza.

Il Comune di Portofino si è costituito in giudizio con atto di stile, opponendosi all’accoglimento dell’impugnativa. In seguito, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto plurimi profili: per mancanza di immediata lesività della delibera di Giunta n. 124/2020; per carenza di interesse, sia perché il ricorrente avrebbe formulato istanza per una concessione di servizi e non di beni demaniali, sia in quanto risulterebbe sfornito dei requisiti di idoneità professionale e di moralità per gestire il porto turistico; per omessa impugnazione del piano di utilizzo delle spiagge e dei litorali del 2015 e del piano di utilizzazione delle aree demaniali marittime del 2017, rispetto ai quali gli atti gravati rivestirebbero carattere meramente esecutivo.

Con successivo ricorso ex art. 43 c.p.a., notificato e depositato il 28 giugno 2021, il deducente ha articolato i seguenti motivi aggiunti:

V) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e 37 cod. nav., dell’art. 823 cod. civ. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; contraddittorietà estrinseca. Sviamento. Gli atti con cui il Comune ha affidato a terzi l’espletamento delle prestazioni nel porto turistico disvelerebbero l’uso particolare del bene, che verrebbe sfruttato economicamente per fornire un servizio volto a soddisfare l’interesse di natura privata al ricovero di imbarcazioni.

VI) Violazione e/o falsa applicazione dei principi eurounitari di par condicio, non discriminazione e concorrenza; dei principi espressi da Corte Giust. UE n. 458/2016; dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e dell’art. 18 del d.lgs. n. 59/2010; degli artt. 36 e 37 cod. nav e 18 reg. cod. nav. Violazione dell’art 3 della legge n. 241/1990, difetto o perplessità della motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e conseguente travisamento; illogicità. Il Comune avrebbe dovuto valutare comparativamente la domanda dell’esponente e quella del Sindaco, in ragione della destinazione del bene demaniale (non ad un uso generale né diretto ma) ad un uso particolare degli operatori economici privati, tanto più che successivamente l’ente ha affidato a terzi i servizi portuali.

Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni con memorie ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., insistendo nelle rispettive conclusioni.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza del 6 ottobre 2021.

DIRITTO

1. Con l’impugnativa in esame il ricorrente, premesso di avere chiesto la concessione demaniale del porto turistico di Portofino, ha gravato:

- la determina n. 60 del 30 dicembre 2020, con cui il Comune, in accoglimento di un’istanza del Sindaco, ha rilasciato in proprio favore, per il periodo 1° gennaio 2021 - 31 dicembre 2026, una concessione demaniale marittima avente ad oggetto gli specchi acquei, le aree ed i beni (gavitelli per ormeggio, pontili, gru girevole, colonnine e cavi elettrici) costituenti l’approdo turistico portofinese;

- la delibera giuntale n. 124 del 21 dicembre 2020, con cui sono stati impartiti al preposto ufficio comunale indirizzi per il rilascio delle concessioni demaniali marittime;

- la deliberazione consiliare n. 4 del 10 febbraio 2021, con la quale sono state approvate le tariffe di ormeggio per l’anno 2021.

Può prescindersi dallo scrutinio delle eccezioni in rito sollevate dalla difesa civica, attesa l’infondatezza del gravame nel merito.

2. Con i motivi I), III) e IV) del ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti V) e VI), scrutinabili congiuntamente per la loro intima connessione e parziale sovrapponibilità contenutistica, l’esponente sostiene che:

- l’approdo turistico non potrebbe essere oggetto di utilizzo generale della cittadinanza, né di impiego diretto dell’Amministrazione, ma solo di uso particolare degli operatori affidatari dei servizi portuali: da ciò discenderebbe l’obbligo di confronto concorrenziale fra tutti i soggetti interessati allo sfruttamento economico del bene, ivi incluso lo stesso Comune concedente, sia ai sensi degli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav., sia in virtù dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE;

- l’ente locale non avrebbe comparato la domanda del Sindaco con quella dell’impresa individuale Nautica Boldrini, né avrebbe motivato la scelta di assegnare il compendio demaniale a sé stesso anziché all’operatore privato;

- l’autoconcessione si appaleserebbe vieppiù illegittima in quanto il Comune, non avendo le capacità per provvedere alla gestione diretta del porticciolo, avrebbe incaricato terzi soggetti dello svolgimento dei singoli servizi portuali.

Le censure non sono meritevoli di accoglimento.

L’affidamento della gestione di un porto turistico si caratterizza per il fatto che, accanto alla concessione di beni demaniali marittimi, impone la prestazione di servizi funzionali all’esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.).

Si tratta, quindi, di una figura complessa e peculiare (sebbene non isolata, potendo talvolta la concessione di un bene pubblico risultare servente alla prestazione di un servizio al pubblico: cfr., ex aliis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, 13 giugno 2017, n. 6985), nella quale profili in tema di concessione di beni pubblici coesistono con aspetti attinenti all’affidamento di servizi pubblici. Di qui l’astratta convergenza della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (artt. 112 e ss. del d.lgs. n. 267/2000) e degli appalti pubblici (norme europee e d.lgs. n. 50/2016), nonché della normativa in materia di demanio marittimo (codice della navigazione e relativo regolamento di esecuzione) e delle regole concernenti l’autorizzazione delle attività economiche (direttiva 2006/123/CE e d.lgs. n. 59/2010).

Nella prassi, peraltro, accade sovente che, per gestire l’approdo direttamente oppure tramite una società in house o mista, i Comuni si autoaffidino in concessione il compendio portuale. Ciò ha fatto anche l’odierna resistente, la quale si è autointestata il titolo demaniale (cfr. determina 30.12.2020, n. 60, doc. 4 ricorrente) e, quindi, ha assunto l’esercizio diretto dei servizi nautici (cfr. delibera consiliare n. 2 del 10.2.2021 e relativi allegati, doc. 7 resistente).

Siffatto modus operandi è legato sia all’esigenza formale di redigere un atto scritto ai fini dell’iscrizione nel registro delle concessioni demaniali marittime, sia alla distinzione, risalente al codice della navigazione del 1942, fra profili dominicali e gestionali del demanio marittimo (in argomento cfr. Cons. St., commissione speciale, parere n. 1808 in data 12 aprile 2012). Invero, la proprietà dei beni demaniali marittimi fa capo allo Stato, sì che attualmente i poteri attinenti alla situazione proprietaria (ad esempio, la sdemanializzazione) vengono esercitati di concerto fra il Ministero delle Infrastrutture e l’Agenzia del Demanio. Invece, le competenze gestorie spettano alle Regioni o, nel caso di rilascio di concessioni demaniali, ai Comuni, ove non attribuite alle Autorità di Sistema Portuale dalla legge n. 84/1994 (artt. 105, comma 2, del d.lgs. n. 112/1998 e 42 del d.lgs. n. 96/1999; art. 10 della L.R. n. 13/1999).

2.1. Ciò premesso, la gestione di un porto turistico è qualificabile come servizio pubblico locale di rilevanza economica e a domanda individuale (cfr. D.M. 31 dicembre 1983, art. un., n. 14), giacché, nonostante la finalità turistico-ricreativa soddisfi interessi privati di una fascia ristretta di utenti, sussistono nondimeno rilevanti interessi pubblici quali la valorizzazione turistica ed economica del territorio, l’accesso alla via di comunicazione marina e la potenziale fruizione da parte dell’intera collettività laddove ricorrano eccezionali esigenze di trasporto pubblico (in tal senso cfr., ex aliis, Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6488; T.A.R. Liguria, sez. I, 23 gennaio 2021, n. 59).

In virtù del principio di autoorganizzazione ed in base al diritto unionale, il Comune può esercitare anche i servizi pubblici di interesse economico (oltre a quelli privi di tale rilievo) nelle forme dell’amministrazione diretta, ossia internalizzandoli e gestendoli con la propria organizzazione.

In particolare, per quanto concerne il quadro normativo nazionale (artt. 112 e 113 del d.lgs. n. 267/2000), è pacifico che attualmente non sussiste alcun obbligo degli enti locali di affidare a terzi sul mercato i servizi pubblici di rilevanza economica, potendo senz’altro optare per la gestione in via diretta (tale assunto è oggi unanimemente condiviso, essendo venuta meno l’originaria previsione che consentiva l’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica solamente a società miste o ad imprese private selezionate con gara, oppure, in presenza dei relativi presupposti, ad enti in house: sul punto cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 27 maggio 2014, n. 2716; Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2012, n. 6488, cit.; T.A.R. Lazio, sez. II-ter, 22 marzo 2011, n. 2538).

Né un simile obbligo è rinvenibile nel diritto europeo, che configura la gestione diretta o tramite società in house come modulo generale alternativo all’affidamento a terzi mediante selezione pubblica.

Segnatamente, il quinto “considerando” della direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici precisa che “nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici”.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2, par. 1, della direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, “le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione…Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni”.

È peraltro vero che, ai sensi dell’art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, per affidare ad una società in house un contratto avente ad oggetto un servizio remunerativo, l’Amministrazione deve dare conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività. Come noto, infatti, il legislatore nazionale ha approntato una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dalla normativa comunitaria, in quanto non limitata a garantire la concorrenza “nel mercato” attraverso le procedure competitive, ma estesa alla concorrenza “per il mercato” attraverso il predetto onere motivazionale (cfr., ex aliis, Corte cost., 27 maggio 2020, n. 100).

Tuttavia, tale supplementare obbligo di motivazione non pare estensibile all’internalizzazione pura e semplice del servizio pubblico, ossia con assunzione della gestione direttamente in capo agli uffici comunali, in quanto non espressamente previsto dalla citata disposizione, né ricavabile dal diritto dell’Unione (sul punto si veda Corte di Giustizia UE, 9 giugno 2009, C-480/06, secondo cui un’autorità pubblica può adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti senza fare ricorso ad entità esterne, non contrastando tale modalità con la tutela della concorrenza, poiché nessuna impresa privata viene posta in una situazione di privilegio rispetto alle altre).

2.2. Sotto altro profilo si osserva che la gestione diretta del bene demaniale da parte dell’Amministrazione è la modalità fondamentale per garantirne l’uso generale, che, a sua volta, costituisce la regola (in tal senso Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1296, relativa proprio ad un porticciolo turistico, secondo cui “una condivisibile giurisprudenza ha ripetutamente individuato la finalità basilare dei beni pubblici come funzione di interesse generale e ciò specificamente per quei beni che assolvono la propria funzione sociale servendo immediatamente non la pubblica amministrazione, ma la collettività ed in particolare i suoi componenti che sono ammessi a godere indistintamente in modo diretto: tale uso è denominato uso generale e la gestione diretta da parte del titolare del bene demaniale – quello marittimo ne è un esempio tra i più tipici – costituisce l’estrinsecazione fondamentale per garantire alla collettività il predetto uso generale”).

In proposito, il Collegio non ignora che, secondo una ricostruzione interpretativa, nella fattispecie in esame non potrebbe configurarsi un uso generale del bene demaniale, non essendovi un godimento indiscriminato da parte della cittadinanza (come avviene, ad esempio, per le spiagge libere): donde risulterebbe necessaria la procedura comparativa ex art. 37 cod. nav. anche laddove l’Amministrazione intenda gestire direttamente il porticciolo. Diversamente, l’ente può sempre assumere in capo a sé l’esercizio dei beni del patrimonio indisponibile, quali gli impianti sportivi di proprietà comunale, ai sensi dell’art. 826, ultimo comma, cod. civ.

La tesi in parola, richiamata dall’esponente, riecheggia la tradizionale concezione dell’incompatibilità tra demanialità e servizio pubblico, la cui erogazione sottrarrebbe il bene alla collettività; visione che, a sua volta, è legata alla distinzione codicistica tra beni demaniali, destinati all’uso pubblico della generalità dei cittadini, e beni patrimoniali indisponibili, strumentali ai servizi pubblici forniti tramite gli stessi beni.

Deve tuttavia evidenziarsi che, negli anni più recenti, è stata elaborata una nozione unitaria di “bene pubblico”, che ricomprende entrambe le categorie dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili e si caratterizza per la “vocazione” a soddisfare interessi generali (c.d. proprietà-funzione).

In tale prospettiva, allora, anche il bene demaniale marittimo costituito dal porto turistico, non diversamente da un bene del patrimonio indisponibile quale uno stadio, rappresenta uno strumento per realizzare fini pubblici (oltre che per fornire un servizio ad una platea indifferenziata, seppur ristretta, di utenti), sì che la prospettata differenziazione fra le due tipologie di beni, ai fini della scelta delle modalità di gestione, si appalesa, a ben vedere, ingiustificata ed irragionevole.

Ciò posto, nel caso in cui l’ente locale preferisca gestire direttamente l’approdo, non risultano applicabili gli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav. invocati dal deducente.

Infatti, per le ragioni illustrate (supra, § 2.1), il provvedimento comunale di autoaffidamento è superfluo (v. Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1296, cit., secondo cui “l’atto di concessione a se stesso…costituisce un’irrilevante superfetazione formale della scelta della gestione diretta del bene”). Di conseguenza, non può parlarsi di concorso fra la (non necessaria) istanza di concessione del Sindaco e quella dell’impresa Nautica Boldrini e, quindi, non deve essere effettuata la valutazione comparativa di cui all’art. 37 cod. nav. (cfr. sempre Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1296, cit., secondo cui “la scelta dell’appellante Comune di riservare a sé l’uso del bene demaniale in questione, pur nella vesta formale della concessione in proprio favore, non risulta in contrasto con i principi dell’evidenza pubblica e concorrenziale”; in argomento si veda anche Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2020, n. 431, che ha ribadito come l’intento del Comune di gestire un’area demaniale in via diretta, e non mediante affidamento a privato, sia logicamente incompatibile con l’avvio di una procedura selettiva).

Né la decisione dell’Amministrazione di assumere l’esercizio diretto del porticciolo, pur in presenza di una domanda di concessione, deve essere fondata su particolari motivazioni, trattandosi, appunto, dell’ordinaria modalità di utilizzo del bene pubblico (in tal senso si veda sempre Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1296, cit.).

2.3. Il caso in specie non ricade nemmeno sotto l’egida della direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), con conseguente insussistenza dell’obbligo di selezione tra i candidati sancito dall’art. 12 della medesima direttiva (e recepito nell’art. 16 del d.lgs. n. 59/2010).

Invero, la non operatività della normativa in parola risulta dai “considerando” nn. 8 e 21 della stessa direttiva 2006/123/CE: il n. 8 precisa che le relative disposizioni non obbligano gli Stati a liberalizzare i servizi di interesse economico generale, sì che i predetti servizi possono essere somministrati dagli enti pubblici (senza attivare una procedura concorrenziale tra loro ed i potenziali fornitori privati); il n. 21, inoltre, esclude dal campo applicativo della direttiva i servizi portuali, nei quali devono ritenersi compresi anche quelli afferenti alla portualità turistica.

2.4. Da ultimo, non coglie nel segno la censura per cui l’Amministrazione avrebbe artatamente ripartito la gestione del porticciolo portofinese tra soggetti affidatari di singoli servizi nautici, cui avrebbe così concesso un uso particolare del bene demaniale marittimo, disvelando altresì la propria incapacità all’esercizio diretto dell’approdo.

Invero, dalla documentazione in atti emerge che il Comune non si è spogliato dell’intero servizio, frazionandolo fra operatori privati, ma ha incaricato alcuni soggetti di svolgere talune prestazioni specialistiche, alle quali non poteva fare fronte con il proprio personale.

Segnatamente, l’ente è ricorso alla somministrazione temporanea di manodopera da parte dell’agenzia Nam s.p.a. per acquisire le prestazioni di operai ormeggiatori (doc. 6 ricorrente e docc. 17-18 resistente). Ha poi affidato a Rina Consulting s.p.a. la redazione del piano di sicurezza dell’impianto portuale e del documento di valutazione della sicurezza (docc. 20 e 20-bis resistente) ed alla società in house Portofino Mare s.r.l. i servizi ausiliari di manutenzione delle colonnine elettriche e di coordinamento con il personale comunale di banchina (doc. 8 ricorrente).

Tutte le altre attività risultano invece espletate direttamente dal Comune di Portofino.

Segnatamente, l’Amministrazione provvede all’assegnazione dei posti nell’approdo ed alla fatturazione degli incassi (doc. 21 resistente).

Inoltre, nel luglio 2021 il Comune ha iniziato la conduzione in proprio del servizio di sicurezza portuale (doc. 22 resistente), dopo un periodo transitorio in cui ha continuato a farvi fronte la precedente concessionaria Portofino Servizi Turistici s.r.l. (docc. 7 e 9 ricorrente). A tal fine la dottoressa Gentoso, funzionaria civica, ha frequentato il corso di formazione P.F.S.O. (port facility security officer), acquisendo le competenze necessarie per svolgere le funzioni di agente di sicurezza dell’impianto portuale (doc. 20-ter resistente).

3. Con il II) motivo di gravame il ricorrente deduce l’illegittimità della determina di autoconcessione perché adottata sulla base di una domanda avanzata dal Sindaco in assenza di una previa delibera consiliare o giuntale, nonché in contrasto con la deliberazione della Giunta comunale n. 124/2020.

Il motivo è infondato.

Come si è detto, l’atto con cui l’Amministrazione civica concede a sé stessa l’uso del bene demaniale marittimo si appalesa superfluo, sì che, a fortiori, è del tutto irrilevante che il Sindaco abbia sottoscritto la relativa istanza in assenza di un atto del Consiglio o della Giunta.

Nessun contrasto, poi, è ravvisabile rispetto alla deliberazione giuntale n. 124/2020, con la quale l’organo politico ha dato mandato al competente ufficio comunale di verificare la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla normativa eurounitaria per il rilascio delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative, mantenendo “fermo, in ogni caso, il principio consolidato secondo cui l’uso generale o la destinazione in favore della collettività di un bene pubblico è la regola”. Come illustrato, infatti, il diritto UE non pone preclusioni alla scelta dell’ente di gestire direttamente l’approdo marittimo.

4. In relazione a quanto precede, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti si appalesano infondati e vanno, quindi, rigettati.

5. In ragione della peculiarità della questione trattata, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Angelo Vitali, Consigliere

Liliana Felleti, Referendario, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Liliana Felleti Giuseppe Caruso
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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