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Avvocato Generale Laila Medina, 3/2/2022 n. C-436/20
Il diritto dell’Ue non osta ad una norm. naz. che esclude gli enti che perseguono scopi di lucro dalla conclusione di accordi di azione concertata con le amm. pubb. ai fini dell’erog.di servizi sociali, permettendo invece alle Onlus di concluderli

Gli artt. da 74 a 76 della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, e l’articolo 49 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente a un’amministrazione pubblica di aggiudicare, senza attenersi ai requisiti procedurali imposti dal diritto dell’Unione, un appalto pubblico in forza del quale tale amministrazione affida unicamente ad enti senza scopo di lucro l’erogazione di determinati servizi sociali in cambio del rimborso delle spese sostenute da tali enti, purché tale normativa rispetti i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

L’articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale ai sensi della quale i bandi e gli avvisi di gara devono essere pubblicati soltanto nella Gazzetta ufficiale regionale.

L’articolo 76 della direttiva 2014/24 e l’articolo 49 TFUE ostano a una normativa nazionale che, per la conclusione di accordi di azione concertata, prevede un criterio di selezione ai sensi del quale le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire rilevanza al fatto che i potenziali offerenti per la prestazione dei servizi sociali di cui trattasi siano ubicati nel luogo in cui tali servizi devono essere erogati, salvo che tale criterio persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione, sia idoneo a garantirne la realizzazione e non vada oltre quanto necessario per conseguirlo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Materia: appalti / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 3 febbraio 2022(1)

Causa C-436/20

Asociación Estatal de Entidades de Servicios de Atención a Domicilio (ASADE)

contro

Consejería de Igualdad y Políticas Inclusivas

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana (Corte superiore di giustizia della Comunità autonoma di Valencia, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Articoli 49 e 56 TFUE – Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi – Attività economica – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 1, paragrafo 2, articolo 2, paragrafo 1, e articolo 4, lettera d) – Condizioni di applicabilità – Articolo 20, paragrafo 1, e articolo 77 — Appalti riservati— Articoli da 74 a 76 e allegato XIV – Prestazione di servizi sociali – Appalti pubblici nel settore dei servizi sociali — Regime semplificato – Accordi di azione concertata per la prestazione di tali servizi – Esclusione degli enti che perseguono scopi di lucro – Principi di trasparenza, uguaglianza e proporzionalità – Condizioni dell’offerta – Limitazione geografica – Direttiva 2006/123/CE – Ambito di applicazione ratione materiae – Articolo 2, paragrafo 2, lettera j) – Esclusione dei servizi sociali»

Indice

I. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1. Direttiva 2014/24

2. Direttiva sui servizi

B. Diritto spagnolo

II. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

III. Analisi

A. Osservazioni preliminari

B. Sulla prima e sulla seconda questione

1. Natura dei servizi sociali di cui trattasi

2. Condizioni di applicabilità della direttiva 2014/24

a) Sulla nozione di «appalto»

b) Sulle caratteristiche di un appalto pubblico

1) Contratto concluso a titolo oneroso

2) Contratto concluso tra un operatore economico e una o più amministrazioni aggiudicatrici

3) Contratto di prestazione di servizi

c) Criteri concernenti la soglia

3. Appalti riservati e regime semplificato nella direttiva 2014/24

a) Appalti riservati

1) Appalti riservati ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2014/24

2) Appalti riservati ai sensi dell’articolo 77 della direttiva 2014/24

b) Regole di cui agli articoli 75 e 76 della direttiva 2014/24

4. Libertà di stabilimento

C. Sulla terza questione

1. Compatibilità del criterio di selezione di cui trattasi con la direttiva 2014/24

2. Compatibilità del criterio di selezione con la direttiva sui servizi

3. Compatibilità del criterio di selezione con le libertà fondamentali

IV. Conclusione

1.        L’Asociación Estatal de Entidades de Servicios de Atención a Domicilio (Associazione nazionale degli enti che erogano servizi di assistenza domiciliare; in prosieguo: l’«ASADE», Spagna) è un’associazione di categoria che raggruppa imprese private. Essa chiede al giudice del rinvio, il Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana (Corte superiore di giustizia della Comunità autonoma di Valencia, Spagna), l’annullamento del decreto 181/2017 (2) adottato dalla Comunitat Valenciana (Comunità autonoma di Valencia, Spagna), nella parte in cui tale decreto impedisce agli enti che perseguono scopi di lucro di concludere «accordi di azione concertata» con le amministrazioni pubbliche (3).

2.        In forza di tali accordi, le amministrazioni pubbliche affidano la gestione di taluni servizi sociali ad enti di iniziativa sociale. Nel farlo, esse non sono tenute ad attenersi alle procedure previste dalla normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici. Tuttavia, in forza del decreto 181/2017, soltanto le organizzazioni private senza scopo di lucro possono concludere tali accordi ai fini dell’erogazione di servizi sociali, che possono includere l’assistenza ai minori, agli adolescenti, ai giovani, agli anziani, ai disabili, ai migranti, alle donne in situazione di vulnerabilità e ai membri delle comunità LGBTI (4) e Rom (in prosieguo: i «servizi di cui trattasi») (5).

3.        È in tale contesto che si chiede alla Corte, in sostanza, di precisare se il diritto dell’Unione, e in particolare gli articoli 49 e 56 TFUE, gli articoli 74, 76 e 77 della direttiva 2014/24/UE (6), nonché l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE (7) (in prosieguo: la «direttiva sui servizi»), ostino a una normativa nazionale che esclude gli enti che perseguono scopi di lucro dalla conclusione di accordi di azione concertata con le amministrazioni pubbliche ai fini dell’erogazione di servizi sociali, permettendo invece a organizzazioni senza scopo di lucro di concludere siffatti accordi.

4.        La complessità del tema e il carattere tecnico delle regole applicabili, discendenti da vari strumenti del diritto dell’Unione, non dovrebbero celare l’indubbia importanza di tale questione, poiché la Corte è chiamata a stabilire il rapporto tra attività economiche e questioni sociali, nonché tra diritto dell’Unione e diritto nazionale.

5.        A tal riguardo, è utile citare l’avvocato generale Tesauro, il quale, oltre 20 anni fa, ha sottolineato il fatto che il settore previdenziale non costituisce «un’isola impermeabile all’influenza del diritto [dell’Unione]» (8). Ciò era vero allora e lo è, a maggior ragione, oggi. Sebbene gli Stati membri restino autonomi per quanto riguarda l’organizzazione dei loro sistemi di previdenza sociale, tale autonomia non osta all’applicazione delle libertà fondamentali previste dai Trattati (9), delle quali le norme relative agli appalti pubblici costituiscono parte integrante (10).

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 2014/24

6.        La direttiva 2014/24 stabilisce norme dirette a coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti pubblici il cui valore è superiore a una determinata soglia al fine di assicurarne la conformità con i principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, nonché di garantire l’attuazione di principi quali la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la trasparenza. Tale direttiva mira inoltre a garantire una concorrenza effettiva negli appalti pubblici.

7.        I considerando 1 e 6 della direttiva 2014/24 enunciano quanto segue:

«(1)      L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.

(…)

(6)       È altresì opportuno ricordare che la presente direttiva non dovrebbe incidere sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Essa non dovrebbe neppure trattare la liberalizzazione di servizi di interesse economico generale, riservati a enti pubblici o privati, o la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

Occorre parimenti ricordare che gli Stati membri sono liberi di organizzare la prestazione di servizi sociali obbligatori o di altri servizi, quali i servizi postali, in quanto servizi di interesse economico generale o in quanto servizi non economici di interesse generale ovvero in quanto combinazione di tali servizi. È opportuno chiarire che i servizi non economici di interesse generale non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva».

8.        Il considerando 114 di detta direttiva chiarisce le ragioni della previsione di un regime semplificato specifico per alcuni servizi alla persona, quali taluni servizi sociali, sanitari e scolastici, mentre il suo considerando 118 precisa il regime concernente gli appalti riservati per i servizi elencati all’articolo 77, paragrafo 1, della medesima direttiva.

9.        Nel titolo I della direttiva 2014/24, intitolato «Ambito di applicazione, definizioni e principi generali», l’articolo 1, paragrafi 1, 2, 4 e 5, prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva stabilisce norme sulle procedure per gli appalti indetti da amministrazioni aggiudicatrici, per quanto riguarda appalti pubblici e concorsi pubblici di progettazione il cui valore è stimato come non inferiore alle soglie stabilite all’articolo 4.

2.      Ai sensi della presente direttiva si parla di appalto quando una o più amministrazioni aggiudicatrici acquisiscono, mediante appalto pubblico, (...) servizi da operatori economici scelti dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse, indipendentemente dal fatto che (...) i servizi siano considerati per una finalità pubblica o meno.

(…)

4.      La presente direttiva fa salva la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto dell’Unione, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti di Stato, e a quali obblighi specifici debbano essere soggetti. Analogamente, la presente direttiva fa salva la possibilità per le amministrazioni pubbliche di decidere se, come e in che misura desiderino espletare funzioni pubbliche autonomamente in conformità dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26.

5.      La presente direttiva fa salve le modalità con cui gli Stati membri organizzano i propri sistemi in materia di previdenza sociale».

10.      L’articolo 2, paragrafo 1, n. 5, della direttiva 2014/24 definisce gli «appalti pubblici» come «contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».

11.      L’articolo 2, paragrafo 1, n. 10), di tale direttiva definisce l’«operatore economico» come «una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o di un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».

12.      L’articolo 4 della medesima direttiva, rubricato «Importi delle soglie», così dispone:

«La presente direttiva si applica agli appalti con un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie seguenti:

(…)

d)      750 000 EUR per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all’allegato XIV».

13.       L’articolo 20 della direttiva 2014/24, rubricato «Appalti riservati», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto a laboratori protetti e ad operatori economici il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate o possono riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30% dei lavoratori dei suddetti laboratori, operatori economici o programmi sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati.

(...)».

14.      Il titolo III della direttiva, intitolato «Particolari regimi di appalto», contiene un capo I, comprendente gli articoli da 74 a 77. Detti articoli recano disposizioni concernenti il regime semplificato, che è applicabile agli appalti di «servizi sociali e di altri servizi specifici».

15.      L’articolo 74 della direttiva 2014/24, rubricato «Aggiudicazione degli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici», così recita:

«Gli appalti pubblici di servizi sociali e di altri servizi specifici di cui all’allegato XIV sono aggiudicati in conformità del presente capo quando il valore di tali contratti sia pari o superiore alla soglia indicata all’articolo 4, lettera d)».

16.      L’articolo 75 di tale direttiva, rubricato «Pubblicazione degli avvisi e dei bandi», prevede condizioni relative alla pubblicazione degli avvisi e dei bandi di cui all’articolo 74.

17.      L’articolo 76 della direttiva 2014/24, rubricato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», così dispone:

«1.      Gli Stati membri introducono norme a livello nazionale per l’aggiudicazione degli appalti ai sensi delle disposizioni del presente capo, al fine di garantire il pieno rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici da parte delle amministrazioni aggiudicatrici. Gli Stati membri sono liberi di determinare le norme procedurali applicabili fintantoché tali norme consentono alle amministrazioni aggiudicatrici di prendere in considerazione le specificità dei servizi in questione.

2.      Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici possano prendere in considerazione le necessità di garantire la qualità, la continuità, l’accessibilità, anche economica, la disponibilità e la completezza dei servizi, le esigenze specifiche delle diverse categorie di utenti, compresi i gruppi svantaggiati e vulnerabili, il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli utenti e l’innovazione. Gli Stati membri possono altresì prevedere che la scelta del prestatore di servizi avvenga sulla base dell’offerta che presenta il miglior rapporto qualità/prezzo, tenendo conto dei criteri di qualità e sostenibilità dei servizi sociali».

18.      L’articolo 77, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, rubricato «Appalti riservati per determinati servizi», stabilisce che gli Stati membri possono prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici possano riservare ad organizzazioni il diritto di partecipare alle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici esclusivamente per i servizi sanitari, sociali e culturali di cui all’articolo 74 identificati con i codici CPV elencati in tale articolo (11). L’articolo 77, paragrafo 2, di tale direttiva stabilisce le condizioni che tali organizzazioni devono soddisfare per partecipare ad appalti riservati. Ai sensi dell’articolo 77, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, la durata massima del contratto non può essere superiore a tre anni.

19.      L’allegato XIV della direttiva 2014/24 contiene un elenco dei servizi di cui all’articolo 74.

2.      Direttiva sui servizi

20.      Il considerando 27 della direttiva sui servizi è formulato come segue:

«La presente direttiva non dovrebbe applicarsi ai servizi sociali nel settore degli alloggi, dell’assistenza all’infanzia e del sostegno alle famiglie e alle persone bisognose, forniti dallo Stato a livello nazionale, regionale o locale da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato per sostenere persone che si trovano in condizione di particolare bisogno a titolo permanente o temporaneo, perché hanno un reddito familiare insufficiente, o sono totalmente o parzialmente dipendenti e rischiano di essere emarginate. È opportuno che la presente direttiva non incida su tali servizi in quanto essi sono essenziali per garantire i diritti fondamentali alla dignità e all’integrità umana e costituiscono una manifestazione dei principi di coesione e solidarietà sociale».

21.      L’articolo 2 di detta direttiva prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

(…)

j)      i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato;

(...)».

B.      Diritto spagnolo

22.      In virtù delle competenze che la Costituzione spagnola le conferisce in materia di servizi sociali, la Comunità autonoma di Valencia ha approvato la legge 5/1997. Occorre tener conto degli articoli 44 bis, 53, 56, 62, 63, 64, 66, 67 e 68 della legge 5/1997.

23.      Il decreto 181/2017 attua la legge 5/1997 ed è oggetto del procedimento principale. Sebbene la legge 5/1997 sia stata abrogata dalla legge 3/2019 (12), ai sensi di quest’ultima il decreto 181/2017 rimane in vigore. Occorre tener conto degli articoli 3, 6, 11, 13, 15, 17, 19 e da 21 a 26 del decreto 181/2017, che attuano le norme stabilite dalla legge 5/1997.

II.    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

24.      L’ASADE ha adito il giudice del rinvio con un ricorso diretto all’annullamento del decreto 181/2017 e alla dichiarazione di inapplicabilità di talune disposizioni della legge 5/1997 (13). A suo avviso, il decreto 181/2017 è illegittimo, poiché esclude per gli enti che perseguono scopi di lucro la possibilità di erogare servizi pubblici mediante accordi di azione concertata, mentre consente agli enti senza scopo di lucro – non soltanto alle associazioni di volontariato (14) – di erogare detti servizi in cambio di una remunerazione, senza che tali organizzazioni debbano partecipare a un processo concorrenziale trasparente che garantisca la parità di trattamento.

25.      L’ASADE sostiene che il decreto 181/2017 e talune disposizioni della legge 5/1997 sono contrarie, in primo luogo, alla libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE, in secondo luogo, alla direttiva 2014/24, poiché tali norme non rispetterebbero il principio di parità di trattamento tra gli operatori economici e, in terzo luogo, all’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Inoltre, a suo avviso, la restrizione alla libertà di stabilimento causata dalla normativa nazionale di cui trattasi non sarebbe giustificata da motivi di interesse generale. L’ASADE osserva che la normativa nazionale di cui trattasi non riguarda solo il settore sanitario e della previdenza sociale, ma si estende a tutti i tipi di servizi sociali e può essere applicata alle organizzazioni senza scopo di lucro e non solo alle associazioni di volontariato (15). A suo avviso, ciò significa che le eccezioni all’applicazione delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici stabilite nella giurisprudenza della Corte (16) non sono applicabili al caso di specie.

26.      Dal canto suo, la Consejería de Igualdad y Políticas Inclusivas de la Generalitat Valenciana (dipartimento del governo regionale competente per la parità e le politiche di inclusione della Comunità autonoma di Valencia, Spagna) ritiene che sia la legge 5/1997 sia il decreto 181/2017 siano conformi alla direttiva 2014/24 e alla direttiva sui servizi.

27.      In primo luogo, la convenuta sostiene che la Corte ha già ammesso talune eccezioni al principio della libera concorrenza nel caso di contratti conclusi con enti senza scopo di lucro nell’ambito del sistema di previdenza sociale, dato che i servizi sociali e sanitari presentano una serie di caratteristiche che rendono necessario un trattamento differenziato con riguardo alle norme in materia di appalti pubblici (17).

28.      In secondo luogo, la convenuta sostiene che, conformemente al principio dell’efficienza di bilancio, gli accordi di azione concertata si configurano come un’alternativa alla gestione diretta e indiretta dei servizi pubblici non economici, che sono erogati da enti senza scopo di lucro, i quali ricevono come remunerazione il rimborso delle spese (senza poter includere alcun margine di utile commerciale). Essa ritiene altresì che detti accordi non violino la direttiva sui servizi, poiché quest’ultima non si applica ai servizi non economici d’interesse generale né ai servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato.

29.      In terzo luogo, la convenuta ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia priva di fondamento, poiché la legge 5/1997 è stata abrogata dalla legge 3/2019.

30.      I dubbi del giudice del rinvio discendono, in particolare, da due sentenze della Corte, pronunciate segnatamente nelle cause Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e Piepenbrock (18). In queste due sentenze, la Corte ha definito la nozione di «contratto a titolo oneroso» come comprendente anche i contratti nei quali la remunerazione concordata è limitata al rimborso dei costi per l’erogazione del servizio convenuto. Il giudice del rinvio chiede quindi se il ricorso ad accordi di azione concertata, quali disciplinati dalla legge 5/1997, come modificata dalla legge 13/2016 (19), sia conforme agli articoli 49 e 56 TFUE, agli articoli 76 e 77 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 74 e con l’allegato XIV della stessa, nonché all’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva sui servizi.

31.      In tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 49 TFUE e gli articoli 76 e 77 della [direttiva 2014/14] (in combinato disposto con l’articolo 74 e l’allegato [XIV della stessa]) debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale che consente alle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere alla concertazione con enti privati senza scopo di lucro – non solo associazioni di volontariato – ai fini dell’erogazione di ogni tipo di servizi sociali alle persone in cambio del rimborso delle spese, senza attenersi alle procedure previste dalla [direttiva 2014/24] e a prescindere dal valore stimato, semplicemente mediante la previa qualificazione di tali figure come non contrattuali.

2)      Nel caso in cui la risposta sia negativa e sussista pertanto tale possibilità: se l’articolo 49 del TFUE e gli articoli 76 e 77 della [direttiva 2014/24] (in combinato disposto con l’articolo 74 e l’allegato [XIV della stessa] debbano essere interpretati nel senso che consentono alle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere alla concertazione con enti privati senza scopo di lucro (non solo organizzazioni di volontariato) ai fini dell’erogazione di ogni tipo di servizi sociali alle persone in cambio del rimborso delle spese, senza attenersi alle procedure previste dalla direttiva sugli appalti e a prescindere dal valore stimato, semplicemente previa qualificazione di tali fattispecie come non contrattuali, quando, inoltre, detta normativa nazionale non preveda espressamente le condizioni poste dall’articolo 77 della direttiva, bensì rinvii al riguardo a una successiva attuazione per via regolamentare senza esplicitamente includere tra i criteri cui dovrà informarsi tale attuazione quello secondo cui la medesima deve prevedere espressamente le condizioni poste dall’articolo 77 della menzionata direttiva.

3)      Nel caso in cui anche la risposta a tale questione sia negativa e sussista pertanto la suddetta possibilità: se gli articoli 49 e 56 del TFUE, gli articoli 76 e 77 della [direttiva 2014/24] (in combinato disposto con l’articolo 74 e l’allegato XIV [della stessa]), nonché l’articolo 15, paragrafo 2, della [direttiva sui servizi], debbano essere interpretati nel senso che consentono alle amministrazioni aggiudicatrici, a fini della selezione degli enti senza scopo di lucro (non solo associazioni di volontariato) con i quali concertare la prestazione di ogni tipo di servizi sociali alle persone – oltre a quelli menzionati all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), di detta direttiva –, di includere tra i criteri di selezione lo stabilimento nel luogo in cui sarà erogato il servizio».

32.      La ricorrente, la convenuta, i governi spagnolo, italiano e norvegese, nonché la Commissione europea, hanno presentato osservazioni scritte. Dopo aver deciso di statuire senza udienza, la Corte ha sottoposto alle parti e agli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea taluni quesiti ai quali rispondere per iscritto, ai quali la ricorrente, convenuta, i governi spagnolo e dei Paesi Bassi nonché la Commissione hanno risposto.

III. Analisi

A.      Osservazioni preliminari

33.      Anzitutto, ritengo che le questioni pregiudiziali, nella parte in cui vertono sulla legge 5/1997, siano ricevibili. Il giudice del rinvio ha chiaramente indicato che la legittimità del decreto 181/2017 può essere valutata soltanto esaminando la compatibilità della sua base giuridica, ossia la legge 5/1997, con le disposizioni del diritto dell’Unione. Al giudice è stato chiesto di pronunciarsi sulla legittimità del decreto 181/2017 al momento della sua adozione. Nella sua decisione di rinvio il giudice nazionale afferma che, all’epoca, la legge 5/1997, come modificata dalla legge 13/2016, era ancora in vigore. Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla convenuta dovrebbe essere respinta.

34.      In secondo luogo, mi occuperò della censura del governo italiano secondo cui la domanda di pronuncia pregiudiziale non precisa i tipi di servizi sociali che possono essere oggetto degli accordi di azione concertata di cui trattasi nel procedimento nazionale.

35.      Secondo una giurisprudenza costante, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione e sul nesso a suo avviso intercorrente tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito (20).

36.      Riconosco che la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame non elenca gli specifici servizi sociali di cui trattasi ed è spiacevole che tale informazione sia assente. Tuttavia, dal contesto normativo descritto nella decisione di rinvio, nonché dalla formulazione delle questioni proposte, risulta che si può trattare, in sostanza, di «ogni tipo di servizi sociali». Pertanto, a mio avviso, il giudice del rinvio ha precisato in modo sufficiente il contesto normativo in cui si inserisce la sua domanda di interpretazione del diritto dell’Unione.

37.      In terzo luogo, ritengo che, nei limiti in cui vertono sugli articoli 49 e 56 TFUE, le questioni pregiudiziali debbano essere dichiarate ricevibili. È vero che dalla decisione di rinvio non risulta se la controversia di cui al procedimento principale abbia o meno una dimensione transfrontaliera.

38.      Tuttavia, mi sembra che il rinvio in esame si collochi esattamente nella stessa situazione che ha dato luogo alla sentenza nella causa Libert e a. (21), richiamata dalla Corte al punto 51 della sentenza nella causa Ullens de Schooten (22). In tale punto, la Corte ha dichiarato che una domanda di pronuncia pregiudiziale può essere dichiarata ricevibile in una situazione puramente interna quando «il giudice del rinvio si rivolge alla Corte nell’ambito di un procedimento di annullamento di disposizioni applicabili non solo nei confronti dei cittadini nazionali, ma anche dei cittadini degli altri Stati membri» (23). Ciò sembra verificarsi nel procedimento principale, dato che l’ASADE ha proposto un ricorso diretto all’annullamento del decreto 181/2017, che si applica non soltanto ai cittadini del suo stesso paese, ma anche a quelli degli altri Stati membri.

39.      Ne consegue, a mio avviso, che, nei limiti in cui tali questioni vertono sulle summenzionate disposizioni del Trattato, esse devono essere dichiarate ricevibili.

B.      Sulla prima e sulla seconda questione

40.      Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente, poiché riguardano lo stesso problema, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE e gli articoli 74, 76 e 77 della direttiva 2014/24 debbano essere interpretati nel senso che consentono a un’amministrazione pubblica, senza che questa sia tenuta a conformarsi ai requisiti procedurali imposti dal diritto dell’Unione, di concludere, unicamente con organizzazioni private senza scopo di lucro, accordi in forza dei quali tale amministrazione affida a detti enti taluni servizi sociali in cambio del rimborso delle spese da essi sostenute per l’erogazione di tali servizi.

41.      Rispondere a tali questioni è come avventurarsi in un labirinto di diversi problemi giuridici. Per facilitare il compito, scomporrò le questioni in quattro problemi distinti. In via preliminare, occorre determinare la natura dei servizi sociali di cui trattasi nel procedimento principale, al fine di determinare se essi debbano essere qualificati come «attività economiche» ai sensi delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici. In seguito, analizzerò le condizioni di applicabilità della direttiva 2014/24. Quindi, esaminerò il «regime semplificato» previsto agli articoli da 74 a 77 di tale direttiva e, infine, le norme sulla libertà di stabilimento sancite dall’articolo 49 TFUE.

42.      Tuttavia, prima di esaminare tali questioni, desidero formulare le seguenti due osservazioni. In primo luogo, menzionando l’articolo 49 TFUE nelle questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio ritiene che la presente causa rientri nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, e non in quello della libera prestazione di servizi.

43.      A mio avviso, tale premessa è corretta, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante, la prestazione di servizi si distingue dallo stabilimento per il fatto che quest’ultimo concerne un’attività stabile e permanente, mentre la prima concerne un’attività di carattere temporaneo (24). Mi sembra che la prestazione dei servizi sociali di cui trattasi nel procedimento principale esiga una siffatta stabilità e che, quindi, le attività in questione possano rientrare nella libertà di stabilimento.

44.      In secondo luogo, poiché il giudice del rinvio richiama la direttiva 2014/24, sembra che si parta dalla premessa secondo cui gli accordi di azione concertata in questione non sono contratti di concessione disciplinati dalla direttiva 2014/23/UE (25). La concessione di servizi è un contratto dello stesso tipo rispetto a un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della prestazione dei servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. La concessione di servizi implica un trasferimento da parte dell’amministrazione pubblica al concessionario di un rischio operativo di gestione di tali servizi (26). Sebbene la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non osti a che gli utenti siano tenuti a pagare, in parte, i servizi sociali oggetto di tali accordi (27), non risulta che, in forza di tale normativa, si sia verificato detto trasferimento (28). Ritengo pertanto che gli accordi di azione concertata di cui trattasi non rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23/UE.

45.      Pertanto, sulla base dei quesiti proposti, mi occuperò delle questioni facendo riferimento alla direttiva 2014/24 o alle disposizioni concernenti la libertà di stabilimento contenute nel Trattato FUE.

1.      Natura dei servizi sociali di cui trattasi

46.      Anzitutto, vorrei sottolineare che l’obiettivo principale delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici e, segnatamente, della direttiva 2014/24, è la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi (29). Poiché tale direttiva mira ad attuare le disposizioni del Trattato FUE concernenti tali libertà (30), i servizi sociali di cui trattasi nel procedimento principale rientrano necessariamente nell’ambito di applicazione ratione materiae delle stesse libertà fondamentali.

47.      Ne consegue che, qualora i servizi sociali oggetto degli accordi di azione concertata di cui trattasi debbano essere considerati attività non economiche ai sensi delle suddette disposizioni del Trattato, anche detti accordi sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2014/24, dato che quest’ultima non può ampliare la portata delle libertà fondamentali che mira ad attuare (31).

48.      Peraltro, dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 4, e del considerando 6 della direttiva 2014/24 risulta che gli Stati membri sono liberi di definire i loro «servizi d’interesse economico generale» e che i «servizi non economici di interesse generale» non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Al contempo, occorre rilevare che la direttiva 2014/24 non definisce specificamente le nozioni di «servizi non economici» e di «servizi d’interesse economico generale».

49.      Ritengo pertanto che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2014/24, le nozioni di «attività economica» e di «servizi non economici d’interesse generale» ivi contenute debbano essere interpretate alla luce della giurisprudenza della Corte concernente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, quali previste dal Trattato FUE (32).

50.      Sebbene le prime due questioni pregiudiziali menzionino soltanto l’articolo 49 TFUE – e non l’articolo 56 TFUE – le nozioni di «servizi» e di «attività economica» sono ampiamente definite da quest’ultima disposizione del Trattato. Non vi è un criterio per distinguere agevolmente le due libertà, benché la distinzione sembri risiedere nel carattere temporaneo delle attività (33). A causa della zona grigia tra queste due libertà e poiché, congiuntamente, esse costituiscono la base della direttiva 2014/24, nell’analisi della prima e della seconda questione si fa riferimento, nelle presenti conclusioni, non soltanto alla libertà di stabilimento, ma anche alla libera prestazione dei servizi.

51.      In tale contesto, le due nozioni di «attività economica» e «servizi non economici di interesse generale» determinano, ciascuna, se una determinata attività rientri o meno nell’ambito di applicazione della normativa dell’Unione (34). Occorre altresì sottolineare che siffatto accertamento non è una scienza esatta. Tuttavia, esiste un punto di partenza comune per la definizione di tali nozioni. Infatti, poiché la nozione di «attività economica» definisce l’ambito di applicazione delle libertà fondamentali previste dal Trattato FUE, essa non deve essere interpretata restrittivamente (35).

52.      Poiché le norme in materia di appalti pubblici nel diritto dell’Unione sono state sviluppate, in un primo tempo, nel contesto delle libertà fondamentali, e pur riconoscendo che vi è una certa sovrapposizione tra tali libertà e altri settori del diritto – segnatamente il diritto della concorrenza o degli aiuti di Stato (36) – le nozioni di «servizi di interesse generale» e di «attività economica», utilizzate nel contesto delle libertà fondamentali, tendono a variare rispetto a quelle sviluppate nel quadro del diritto della concorrenza (37). Pertanto, secondo la giurisprudenza in materia di libertà di stabilimento, è la prestazione di servizi dietro remunerazione che dev’essere considerata un’attività economica (38).

53.      Inoltre, la caratteristica essenziale della retribuzione va ravvisata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione considerata  (39), ossia nel fatto che «l’attività non deve essere prestata senza corrispettivo» (40). Sottolineo pertanto che l’elemento determinante, che fa rientrare un’attività nell’ambito di applicazione del Trattato FUE per quanto concerne le libertà fondamentali, è il suo carattere economico, indipendentemente dal soggetto – utente o Stato membro – che paga per il servizio (41). La Corte ha statuito, ad esempio, che il fatto che lo Stato partecipi al finanziamento di prestazioni mediche non esclude la qualificazione di un’attività medica come servizio (42).

54.      Tenuto conto dell’ampia definizione della nozione di «attività economica» ai sensi delle libertà fondamentali, la Corte non ha esitato, ad esempio, a qualificare come servizi, ai sensi della direttiva 2004/18/CE (43), accordi contrattuali in materia di trasporto sanitario, anche nei casi in cui l’amministrazione aggiudicatrice aveva concluso detti accordi con associazioni di volontariato ed essi si basavano sul principio di solidarietà (44). Inoltre, il fatto che l’attività sia esercitata senza scopo di lucro da un soggetto privato quale un ente caritativo non impedisce di qualificarla come attività economica (45).

55.      Nella presente causa, l’allegato al decreto 181/2017 elenca i servizi che possono essere oggetto degli accordi di azione concertata in questione (46). Come già menzionato nelle presenti conclusioni, i servizi di cui trattasi possono includere servizi diretti a minori, adolescenti, giovani, anziani, disabili, migranti, donne in situazione di vulnerabilità e persone che rientrano nella categoria «Eguaglianza nella diversità» (LGBTI e Rom) (47).

56.      Per quanto riguarda il contenuto dei servizi di cui trattasi, occorre ricordare che le attività fornite nell’ambito di accordi di azione concertata includono un’ampia gamma di attività diverse (48), comprendenti, ad esempio, servizi di alloggio, centri diurni, assistenza in strutture residenziali e accoglienza, sostegno alle persone in stato di bisogno, fornitura di un sostegno finanziario e persino programmi consistenti nell’esecuzione di provvedimenti giudiziari. A titolo di esempio, i servizi includono la messa a disposizione di strutture destinate a ospitare minori posti sotto la custodia o la tutela delle autorità regionali; centri per l’esecuzione di provvedimenti giudiziari concernenti minori; sostegno all’emancipazione e all’autonomia personale di giovani posti sotto tutela e che abbiano raggiunto la maggior età; programmi di provvedimenti giudiziari per minori; luoghi per riunioni familiari; interventi in famiglie di accoglimento di minori; misure destinate all’adozione e alle famiglie adottive; centri diurni per minori in situazione di vulnerabilità; servizi di alloggio e di fornitura di mezzi di sussistenza per giovani; centri di impiego per giovani; assistenza residenziale e centri diurni per anziani; alloggi sociali per anziani; centri per donne esposte al rischio di esclusione sociale e centri di accoglienza per le donne vittime di violenze.

57.      Tuttavia, spetta al giudice del rinvio verificare se i servizi di cui trattasi siano offerti dietro remunerazione e costituiscano, quindi, un’«attività economica» ai sensi della giurisprudenza citata.

58.      A tal riguardo, mi sembra che i beneficiari dei servizi oggetto degli accordi di azione concertata non paghino, di regola, la prestazione di detti servizi, salvo in casi eccezionali in cui possono essere tenuti al pagamento di un corrispettivo previamente approvato dall’amministrazione aggiudicatrice (49). Tuttavia, poiché il carattere economico di un’attività non dipende dalla questione se la prestazione sia pagata dagli utenti o dall’amministrazione aggiudicatrice (50) e poiché, in forza della normativa nazionale in questione, un siffatto pagamento ha luogo (51), tali servizi possono essere considerati un’«attività economica» ai sensi dell’articolo 49 TFUE. Ne consegue altresì che la natura giuridica e il meccanismo di solidarietà attuato dagli enti prestatori dei servizi di cui trattasi sono irrilevanti (52).

59.      Partirò quindi dal presupposto che almeno una parte dei servizi oggetto degli accordi di azione concertata di cui trattasi potrebbe essere considerata come un’«attività economica» qualora tali servizi siano effettivamente prestati dietro remunerazione, anche se tale remunerazione non è pagata direttamente dagli utenti del servizio, bensì dalle amministrazioni pubbliche.

60.      Per ragioni di completezza, occorre esaminare se i servizi di cui trattasi rientrino nella nozione di «esercizio dei pubblici poteri» ai sensi dell’articolo 51 TFUE, poiché ciò costituisce una deroga all’articolo 49 TFUE. Sebbene, nelle questioni proposte, il giudice del rinvio non si sia espressamente interrogato sull’eccezione prevista all’articolo 51, primo comma, TFUE, non si può escludere che alcune di queste attività possano rientrare nella nozione di «esercizio dei pubblici poteri» ai sensi di tale disposizione. Ad esempio, risulta che l’allegato del decreto 181/2017 prevede attività quali l’esecuzione di pronunce giudiziarie da parte degli enti di iniziativa sociale nell’ambito di accordi di azione concertata.

61.      La nozione di «esercizio dei pubblici poteri» deve essere interpretata restrittivamente, poiché si tratta di una deroga alla libertà di stabilimento (53). Tale deroga è limitata alle attività che, considerate di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri (54). Inoltre, essa non si estende a talune attività accessorie o preparatorie all’esercizio dei pubblici poteri (55), né a talune attività il cui esercizio, pur implicando contatti, anche regolari ed organici con le autorità amministrative o giudiziarie, ovvero la partecipazione, sia pure obbligatoria, al loro funzionamento, lascia intatto il potere discrezionale e decisionale (56). Essa non interessa neppure le attività che non implicano l’esercizio di poteri decisionali (57), esecutivi (58) o coercitivi (59).

62.      In ogni caso, spetta al giudice del rinvio, e non alla Corte, verificare la natura specifica delle attività affidate a tali enti mediante accordi di azione concertata e determinare se talune di dette attività possano implicare una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri. In caso affermativo, tali attività non sono di natura economica.

63.      Una volta accertato, tenuto conto della natura delle attività di cui trattasi, che una determinata attività costituisce un’«attività economica» ai sensi dell’articolo 49 TFUE e della direttiva 2014/24, il passo successivo consiste nel determinare se la lex specialis rappresentata dalla normativa in materia di appalti pubblici – la direttiva 2014/24 – sia applicabile alla normativa nazionale in questione.

2.      Condizioni di applicabilità della direttiva 2014/24

64.      L’applicazione della direttiva 2014/24 è sottoposta a una serie di condizioni. In primo luogo, l’iter previsto dalla normativa nazionale deve rientrare nell’ambito di applicazione della nozione di «appalto» ai fini dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24. In secondo luogo, l’accordo di azione concertata in questione deve rientrare nell’ambito di applicazione della nozione di «appalti pubblici», definita all’articolo 2, paragrafo 1, n. 5) di tale direttiva. In terzo luogo, il valore di detti appalti deve essere uguale o superiore al valore soglia previsto all’articolo 4, lettera d), di tale direttiva. Esaminerò, nell’ordine, ciascuna di tali condizioni.

a)      Sulla nozione di «appalto»

65.      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, essa si applica all’«appalto», che è definito come l’acquisizione mediante appalto pubblico, inter alia, di servizi da parte di una o più amministrazioni aggiudicatrici, da operatori economici scelti dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse, indipendentemente dal fatto che i servizi siano destinati a una finalità pubblica o meno.

66.      Da tale definizione risulta che l’appalto implica, in particolare, la scelta di uno o più operatori economici da parte di una o più amministrazioni aggiudicatrici. Di converso, il semplice finanziamento di servizi sociali o la concessione di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfano le condizioni definite in precedenza dall’amministrazione aggiudicatrice, senza che vengano previsti limiti o quote, non costituisce un appalto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva (60).

67.      La questione della scelta è stata affrontata per la prima volta nella causa Falk Pharma (61). In tale causa, concernente la direttiva 2004/18, la Corte ha statuito che, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non designi un operatore economico a cui sia accordata l’esclusiva su un appalto, ciò fa sì che non sussista la necessità d’inquadrare l’azione di tale amministrazione aggiudicatrice ai fini del rispetto delle norme dettagliate previste dalla direttiva (62). La Corte ha quindi sottolineato che la scelta di un’offerta e quindi di un aggiudicatario, è un elemento intrinsecamente legato all’inquadramento degli appalti pubblici da parte di tale direttiva (63).

68.      Sulla scia di tale sentenza, la Corte ha statuito, nella sentenza Tirkkonen (64), che, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non abbia menzionato alcun criterio di aggiudicazione dell’appalto destinato a permettere di confrontare e classificare le offerte accettabili, non si è in presenza di un appalto pubblico ai sensi di tale direttiva (65). La Corte ha statuito che «non costituisce un appalto pubblico, ai sensi di tale direttiva, un sistema di consulenza alle aziende agricole (...) mediante il quale un ente pubblico seleziona tutti gli operatori economici che soddisfano i requisiti di idoneità stabiliti dal bando recante invito a presentare proposte e che superano l’esame menzionato in detto bando, anche se nessun nuovo operatore può essere ammesso durante il periodo di validità limitata di tale sistema» (66).

69.      Ciò premesso, mi sembra che il criterio di scelta, quale definito nelle citate sentenze Falk Pharma e Tirkkonen, possa condurre a una situazione dubbia nella quale gli Stati membri possono escludere talune procedure dall’applicazione della direttiva 2014/24 eliminando la «scelta» quale definita in tali sentenze. Come sottolineato da alcune voci critiche, con le quali tendo a concordare, l’approccio restrittivo adottato dalla Corte in tali sentenze potrebbe in particolare, dissuadere gli Stati membri dall’applicare la direttiva 2014/24 e compromettere l’effettività delle norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici (67). Ad esempio, per compromettere l’effettività di tali regole, un’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe soltanto includere nella gara d’appalto una clausola su misura che possa essere soddisfatta unicamente da taluni operatori specifici, e prevedere che tutti gli operatori economici che rispettano tale clausola saranno scelti.

70.      Aggiungo altresì che tali sentenze attenuano la linea di demarcazione tra, da un lato, il criterio di scelta ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e, dall’altro, i criteri di selezione e di aggiudicazione previsti dalla medesima direttiva (68). A prima vista, nutro dubbi sul fatto che un singolo elemento costituisca, al contempo, un criterio di applicabilità della direttiva 2014/24 e una condizione che deve essere soddisfatta dagli offerenti ai sensi di tale direttiva (69). Suggerisco quindi alla Corte di non seguire questo filone giurisprudenziale. La Corte dovrebbe, invece, attribuire alla nozione di «appalto» una definizione più ampia, comprensiva delle procedure che consistono nell’aggiudicare appalti a taluni prestatori di servizi e, al contempo, nell’escluderne altri per un certo periodo di tempo.

71.      Qualora la Corte decida, ciò nonostante, di seguire tale filone giurisprudenziale, non è chiaro se, nella presente causa, analogamente alle cause di cui alle sentenze menzionate, la normativa nazionale in questione preveda un sistema in cui le amministrazioni aggiudicatrici concedono un’«autorizzazione» e gli utenti dei servizi di cui trattasi operano una scelta tra gli enti che forniscono tali servizi oppure se la scelta spetti, in ultima analisi, alle amministrazioni aggiudicatrici (70).

72.      Il decreto 181/2017 sembra prevedere una gara d’appalto in cui sono fissati un punteggio minimo e i criteri di selezione degli enti per l’adozione degli accordi di azione concertata (71); le offerte sono esaminate dal comitato di valutazione (72). La decisione concernente gli enti sociali aggiudicatari (73), che possono quindi stipulare accordi vincolanti per la prestazione di servizi sociali, è pubblicata nel Diari Oficial de la Generalitat Valenciana (74). Tuttavia, non mi è chiaro se esista un numero limitato di enti aggiudicatari ai quali è concessa un’«autorizzazione», ai sensi della sentenza Falk Pharma o se vi sia un numero limitato di enti effettivamente scelti dalle amministrazioni aggiudicatrici. Inoltre, i criteri di selezione previsti all’articolo 64, paragrafi 2, e 3, della legge 5/1997 sembrerebbero rientrare nell’ambito della nozione di scelta e configurare, quindi, un «appalto» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24. In ogni caso, spetta al giudice del rinvio accertare se la scelta effettiva sia traslata sugli utenti dei servizi di cui trattasi o se sia compiuta dalle amministrazioni aggiudicatrici stesse. Tuttavia, per le ragioni esposte nelle presenti conclusioni (75), ritengo che l’applicabilità della direttiva 2014/24 non dovrebbe dipendere dal modo in cui gli Stati membri scelgono gli enti aggiudicatari, bensì dall’oggetto principale degli appalti.

73.      Tuttavia, devo nuovamente sottolineare che spetta al giudice del rinvio stabilire se gli accordi di azione concertata di cui trattasi siano soggetti, di per sé, a una scelta ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24.

b)      Sulle caratteristiche di un appalto pubblico

74.      L’esistenza di un appalto pubblico è una condizione sostanziale per l’applicabilità della direttiva 2014/24. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, n. 5, di tale direttiva, gli «appalti pubblici» sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.

75.      Sulla base di tale definizione, oltre all’evidente esigenza che il contratto sia concluso per iscritto, il che chiaramente non rappresenta un problema nel caso in esame (76), le caratteristiche principali di un appalto pubblico sono le seguenti: l’esistenza di un contratto a titolo oneroso, stipulato tra un operatore economico e una o più amministrazioni aggiudicatrici, il cui oggetto sia la prestazione di servizi.

1)      Contratto concluso a titolo oneroso

76.      In via preliminare, occorre tenere a mente che la definizione di appalto pubblico rientra nel diritto dell’Unione e che, al fine di determinare l’ambito di applicazione della direttiva 2014/24, l’elemento decisivo non è la qualificazione del contratto in questione ai sensi della normativa nazionale, né l’intenzione del legislatore nazionale o delle parti. La qualificazione dei contratti in questione è disciplinata dalle norme previste in tale direttiva (77). È quindi irrilevante, a mio avviso, che l’articolo 62, paragrafo 1, della legge 5/1997 e l’articolo 3, lettera c), del decreto 181/2017 qualifichino l’accordi di azione concertata come «non contrattuali» (78).

77.      Quanto al significato dei termini «a titolo oneroso», la Corte ha già statuito che essi designano un contratto mediante il quale ciascuna delle parti s’impegna ad effettuare una prestazione quale corrispettivo di un’altra prestazione (79). Poiché la prestazione di un servizio può essere remunerata mediante diverse forme di corrispettivo, quali il rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio convenuto (80), resta il fatto che il carattere sinallagmatico di un contratto pubblico conduce necessariamente alla creazione di obblighi giuridicamente vincolanti per entrambe le parti del contratto, la cui esecuzione deve poter essere esigibile in sede giurisdizionale. Il carattere sinallagmatico del contratto rappresenta quindi una caratteristica essenziale di un appalto pubblico (81).

78.      Nella presente causa, in primo luogo, per quanto riguarda il carattere sinallagmatico dell’appalto pubblico, dalle definizioni di cui all’articolo 3 e agli articoli da 21 a 26 del decreto 181/2017 risulta che i documenti sottoscritti dalle parti possono costituire accordi formali. Inoltre, dall’articolo 65, paragrafo 2, della legge 5/1997 si può dedurre che gli accordi di azione concertata creano obblighi in capo agli enti erogatori dei servizi di cui trattasi, che sono specificamente definiti nei titoli IV e V di detto decreto. L’articolo 66, paragrafo 2, di detta legge e l’articolo 22, paragrafo 1, del decreto 181/2017 fissano le tariffe e i meccanismi di rimborso di tali enti. L’articolo 26 del decreto 181/2017 prevede un sistema di ricorsi giurisdizionali, e il titolo V contiene un elenco di obblighi concernenti l’esecuzione dei servizi. Sulla base di tali elementi, sono incline a ritenere che gli accordi di azione concertata istituiscano un rapporto di carattere sinallagmatico (82).

79.      In secondo luogo, per quanto riguarda la nozione di «titolo oneroso», l’articolo 22, paragrafo 2, del decreto 181/2017 prevede che l’amministrazione aggiudicatrice sopporti, al massimo, i costi variabili, fissi e permanenti dei servizi in questione, ad esclusione di qualsiasi utile commerciale per tale ente. Sebbene gli utenti dei servizi in questione non paghino, di regola, per la prestazione di tali servizi, salvo in casi eccezionali in cui possono essere tenuti al pagamento di un importo previamente autorizzato (83), gli enti in questione sono rimborsati dei costi dei servizi. A tale riguardo, la Corte ha già precisato che un contratto non può esulare dall’ambito di applicazione di detta nozione per il solo fatto che la remunerazione è limitata al rimborso delle spese sostenute per la prestazione del servizio. In altri termini, una remunerazione limitata alla copertura dei costi soddisfa il criterio del «titolo oneroso» ai fini delle direttive in materia di appalti pubblici (84). Ne consegue che il ruolo del giudice nazionale è semplicemente quello di garantire che vi sia un corrispettivo, indipendentemente dalla sua adeguatezza. L’assenza di utili per gli enti che erogano i servizi è quindi irrilevante ai fini dell’accertamento dell’esistenza dell’onerosità.

80.      Ne consegue che, nel caso di specie, esiste un quid pro quo nell’ambito degli accordi di azione concertata di cui trattasi poiché, da un lato, gli enti erogano ai singoli servizi sociali alle condizioni definite dall’amministrazione pubblica e, dall’altro, tali enti percepiscono una remunerazione in forma di rimborso spese da parte dell’amministrazione pubblica. Concludo che, nel caso di specie, il criterio dell’esistenza di un contratto a titolo oneroso è soddisfatto.

2)      Contratto concluso tra un operatore economico e una o più amministrazioni aggiudicatrici

81.      Occorre sottolineare che le nozioni di «operatore economico» e di «amministrazioni aggiudicatrici» sono entrambe molto ampie ai sensi della direttiva 2014/24 e della giurisprudenza concernente le norme in materia di appalti pubblici. A mio avviso, è chiaro che, nella presente causa, quest’ultima nozione non è controversa, dal momento che gli accordi di azione concertata sono conclusi dalle autorità della Regione di Valencia (85).

82.      Per quanto concerne la nozione di «operatore economico», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, n. 10, della direttiva 2014/24, essa comprende qualsiasi ente, indipendentemente dalla sua natura, che offra, in particolare, la prestazione di servizi sul mercato. Tale definizione riflette la giurisprudenza ai sensi della quale, ai fini delle regole dell’Unione in materia di appalti pubblici, è irrilevante la forma dell’ente, poiché l’accento è posto, piuttosto, sulle sue attività (86).

83.      Nella presente causa, la normativa nazionale in questione si applica agli «enti di iniziativa sociale», definiti all’articolo 3, lettera e), del decreto 181/2017, come le fondazioni, le associazioni, le organizzazioni di volontariato e altri enti senza scopo di lucro che esercitano attività di servizio sociale. Tale definizione comprende anche le società cooperative qualificate come enti senza scopo di lucro conformemente alla normativa specifica in materia (87). Secondo una giurisprudenza costante, il fatto che la controparte contrattuale dell’amministrazione aggiudicatrice sia un’associazione senza scopo di lucro non dà luogo a problemi (88).

84.      Di conseguenza, concludo che la condizione concernente l’esistenza di un contratto tra un operatore economico e una o più amministrazioni aggiudicatrici è soddisfatta.

3)      Contratto di prestazione di servizi

85.      La condizione relativa a un «contratto di prestazione di servizi» si riferisce alla sostanza del contratto ed esige l’individuazione del suo oggetto.

86.      L’articolo 6, paragrafo 2, del decreto 181/2017 definisce i servizi che possono essere prestati ai sensi degli accordi di azione concertata di cui trattasi, che sono elencati nell’allegato di tale decreto. Come menzionato al paragrafo 57 delle presenti conclusioni, il giudice del rinvio deve anzitutto verificare se tali servizi implichino un’«attività economica» e rientrino, pertanto, nell’ambito di applicazione delle libertà fondamentali e della direttiva 2014/24 (89).

87.      La convenuta e il governo spagnolo hanno insistito in modo deciso sul fatto che l’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 2014/24 stabilisce espressamente che la direttiva fa salve le modalità con cui gli Stati membri organizzano i propri sistemi in materia di previdenza sociale e sulla circostanza che, ai sensi del considerando 6 della medesima direttiva, «i servizi non economici di interesse generale non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione» della direttiva. Tuttavia, ritengo che, nel caso di specie, la libertà degli Stati membri di decidere sulla destinazione dei fondi pubblici non sia direttamente chiamata in causa. Quando un’amministrazione pubblica decide di indire una procedura di appalto ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e di aggiudicare un appalto pubblico ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, n. 5), della stessa, detto appalto rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, e le norme in materia di appalti pubblici previste dalla stessa devono pertanto trovare applicazione.

88.      In tal caso, la direttiva 2014/24 contiene disposizioni specifiche relative ai servizi sociali e ad altri servizi specifici, che sono elencati nell’allegato XIV di tale direttiva. Detto elenco include vari codici CPV, che rientrano nel regime semplificato previsto agli articoli da 74 a 76 della direttiva 2014/24. L’allegato in questione precisa, in una nota, che i servizi di sicurezza sociale obbligatoria, classificati con il codice CPV 75300000-9, «non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva se sono organizzati in quanto servizi non economici di interesse generale» (90).

89.      Dalle informazioni di cui dispone la Corte, non è chiaro se i servizi di cui trattasi figurino in tale elenco o tra i servizi sociali obbligatori che gli Stati membri possono escludere dall’ambito di applicazione della direttiva 2014/24. I quesiti scritti posti alle parti non hanno consentito di risolvere tale problema.

90.      Ritengo pertanto che il giudice del rinvio debba effettuare le verifiche necessarie e confrontare l’elenco allegato al decreto 181/2017 con l’elenco contenuto nell’allegato XIV della direttiva 2014/24 (91). Qualora i servizi elencati nell’allegato del decreto 181/2017 rientrino nei codici CPV di cui all’allegato XIV di tale direttiva, i servizi elencati rientrerebbero, ad eccezione dei summenzionati servizi di sicurezza sociale obbligatori, nell’ambito di applicazione del «regime semplificato» previsto agli articoli da 74 a 76 della direttiva 2014/24. Nell’analisi che segue, partirò dal presupposto che taluni dei servizi di cui trattasi rientrino in tale regime. Poiché le procedure, le parti e l’oggetto sono stati definiti, mi occuperò dell’esame della questione se gli accordi di azione concertata di cui trattasi superino l’importo delle soglie fissate dalla direttiva 2014/24.

c)      Criteri concernenti la soglia

91.      La soglia per gli appalti di servizi relativi a servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell’allegato XIV della direttiva 2014/24 che sono sottoposti al «regime semplificato» di cui agli articoli da 74 a 76 della medesima direttiva è stabilita all’articolo 4, lettera d), di tale direttiva. Esso precisa che la direttiva 2014/24 si applica agli appalti di importo pari o superiore a EUR 750 000 (92).

92.      A tal riguardo, è importante sottolineare che, ai sensi del considerando 114 della direttiva 2014/24, talune categorie di servizi, in particolare alcuni servizi sociali, hanno una dimensione transfrontaliera limitata e rientrano, quindi, in un regime specifico, caratterizzato da una soglia più elevata di quella che si applica ad altri servizi (93).

93.      Di conseguenza, le norme previste dalla direttiva 2014/24 non si applicano agli appalti il cui importo non raggiunga la soglia fissata dall’articolo 4, lettera d), di tale direttiva (94). Detti appalti devono tuttavia rispettare le norme sulla libera circolazione nonché i principi di parità di trattamento, mutuo riconoscimento, non discriminazione e proporzionalità (95).

94.      Nella presente causa, la normativa nazionale di cui trattasi non sembra fornire alcuna informazione sul valore economico dei servizi oggetto degli accordi di azione concertata. Poiché la soglia di cui all’articolo 4, lettera d), della direttiva 2014/24 è elevata, non si può escludere che, in taluni casi, l’importo superi tale soglia; di converso, in altri casi, esso può essere inferiore a tale soglia. Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se questa condizione della direttiva 2014/24 sia soddisfatta dagli accordi di azione concertata di cui trattasi.

95.      Qualora siano soddisfatte tutte le condizioni summenzionate, di cui all’articolo 1, paragrafo 2, all’articolo 2, paragrafo 1, n. 5) e all’articolo 4, lettera d), della direttiva 2014/24, gli accordi di azione concertata di cui trattasi rientrerebbero nell’ambito di applicazione di tale direttiva. In particolare, in risposta alle questioni del giudice del rinvio, ritengo che il mero fatto che tali accordi siano fondati sul principio di solidarietà non significa che questi ultimi debbano essere esclusi dalla nozione di appalto pubblico ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, n. 5), della direttiva 2014/24. Inoltre, il fatto che i servizi di cui trattasi siano rimborsati dalle amministrazioni pubbliche, che non generino utili per gli enti che li erogano o che siano prestati gratuitamente agli utenti, è irrilevante ai fini di determinare se esista o meno un appalto pubblico. Tuttavia, per quanto riguarda le condizioni previste all’articolo 1, paragrafo 2, e dall’articolo 4, lettera d), riguardanti rispettivamente gli appalti e la soglia, spetta al giudice del rinvio verificare se la procedura e l’importo dell’appalto soddisfino le condizioni richieste.

96.      Ciò detto, mi accingo ora ad affrontare il problema centrale della questione: se gli enti che perseguono scopi di lucro possano essere esclusi dall’aggiudicazione di appalti pubblici ai sensi delle specifiche disposizioni della direttiva 2014/24.

3.      Appalti riservati e regime semplificato nella direttiva 2014/24

97.      Supponendo che almeno alcuni degli accordi di azione concertata di cui trattasi nel procedimento principale rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/24, il giudice del rinvio chiede se il «regime semplificato» al quale tali accordi sono sottoposti consenta agli Stati membri di escludere gli enti che perseguono scopi di lucro da qualsiasi possibilità di concluderli.

98.      In primo luogo, le specifiche disposizioni della direttiva 2014/24 non precisano se gli appalti pubblici nel settore dei servizi sociali debbano essere riservati agli enti senza scopo di lucro. Tuttavia, l’articolo 20 e l’articolo 77, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 consentono espressamente agli Stati membri di determinare il tipo di organizzazioni che possono partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici relativi a determinati servizi sociali (96). Gli appalti pubblici di servizi sociali di cui all’articolo 74 che sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 20 e dell’articolo 77, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 rientrano nel regime semplificato di cui agli articoli da 74 a 76 di tale direttiva che, a mio avviso, deve essere esaminato di seguito.

a)      Appalti riservati

99.      Poiché l’articolo 20 e l’articolo 77, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 costituiscono una deroga alle regole generali enunciate in tale direttiva, ritengo che la portata di dette disposizioni debba essere interpretata restrittivamente. Ciò significa, in particolare, che le disposizioni in questione contengono un elenco tassativo dei casi in cui è possibile ricorrere ad appalti riservati.

1)      Appalti riservati ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2014/24

100. L’articolo 20 della direttiva 2014/24 prevede due ipotesi alternative: i) la possibilità, per le amministrazioni aggiudicatrici, di riservare appalti a laboratori protetti e ad operatori economici il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate, o ii) la possibilità prevedere che tali contratti siano eseguiti nel contesto di programmi di lavoro protetti (97).

101. Sebbene spetti al giudice del rinvio accertare l’applicabilità di tale disposizione ai servizi di cui trattasi, ritengo che, nel caso di specie, l’applicazione di questa disposizione non possa essere esclusa. Infatti, la sezione IV dell’allegato del decreto 181/2017 include le persone con «diversità funzionali» e, in particolare, il punto 2 di tale allegato si occupa della loro integrazione sociale. Pertanto, nei limiti in cui gli accordi di azione concertata di cui trattasi riguardano servizi prestati a dette persone in qualità di destinatari, l’articolo 20 della direttiva 2014/24 può trovare applicazione.

102. Tale articolo consente, ma non obbliga, le amministrazioni aggiudicatrici a riservare appalti a laboratori protetti e ad operatori economici che perseguano iniziative sociali o a prevedere che tali appalti siano eseguiti nel contesto di programmi di lavoro protetti. La questione se gli Stati membri possano, ai sensi di tale disposizione, imporre limitazioni aggiuntive che restringano la cerchia dei partecipanti ammessi e, in tal modo, riservare gli appalti, è stata recentemente esaminata dalla Corte nella causa Conacee (98).

103. In tale causa, la Corte ha sottolineato che dalla formulazione dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, nonché dagli obiettivi perseguiti da quest’ultima, risulta che essa non contiene condizioni tassativamente elencate alle quali un’amministrazione aggiudicatrice può limitare il tipo di operatori economici con i quali concludere un appalto riservato. Di converso, tale direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di adottare criteri supplementari che definiscano tali condizioni, purché detti criteri contribuiscano a garantire gli obiettivi di politica sociale e di occupazione perseguiti dall’articolo 20 della direttiva 2014/24. Sulla scia della posizione dell’avvocato generale Tanchev, secondo cui i requisiti di cui a tale disposizione devono essere intesi come requisiti minimi (99), la Corte ha statuito che gli Stati membri sono liberi di restringere la cerchia dei partecipanti ammessi alle procedure di appalto riservate ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2014/24 (100).

104. Da quanto precede risulta che gli Stati membri possono aggiungere criteri quali il criterio consistente nell’esclusione di enti che perseguono scopi di lucro, previsto dalla normativa nazionale, purché siffatta esclusione «contribuisc[a] a garantire gli obiettivi di politica sociale e di occupazione perseguiti da [tale disposizione]» (101). Tuttavia, occorre rilevare che, nel caso di specie, alla Corte non è stata fornita alcuna informazione concernente le ragioni alla base di detta esclusione da parte del legislatore nazionale. Si potrebbe sostenere che gli enti senza scopo di lucro possiedono una dimensione sociale maggiore rispetto agli enti che perseguono scopi di lucro e sono, pertanto, più adatti al perseguimento di tali obiettivi. Di converso, si potrebbe sostenere che enti con scopi di lucro possono fornire servizi di qualità elevata a un costo inferiore e, pertanto, sono in grado di perseguire detti obiettivi. Ciò precisato, spetta interamente al giudice del rinvio valutare se l’esclusione di cui trattasi contribuisca a «garantire (...) obiettivi di politica sociale e di occupazione».

105. A questo punto, devo sottolineare che esistono due limiti alla facoltà prevista all’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24.

106. In primo luogo, l’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva impone agli Stati membri, quando si avvalgono della facoltà da esso prevista, di fare esplicito riferimento a tale articolo nel bando di gara, pena l’impossibilità di riservare i relativi appalti. Nella presente causa, spetta al giudice del rinvio verificare se detto requisito sia stato soddisfatto.

107. In secondo luogo, quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà prevista dall’articolo 20 della direttiva 2014/24, essi devono rispettare, in particolare, la libertà di stabilimento, nonché i principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento e di proporzionalità (102). Per quanto concerne i servizi sociali di cui trattasi nel procedimento principale, i cui utenti sono persone che presentano una diversità funzionale, spetta al giudice del rinvio verificare se le condizioni enunciate nella normativa nazionale siano necessarie e adeguate a garantire l’integrazione di tali persone, come richiesto dall’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24. Inoltre, occorre rilevare che la Corte ha già dichiarato che, quando gli Stati membri limitano appalti riservati alle associazioni di volontariato, il principio di uguaglianza non è, in sostanza, violato (103).

2)      Appalti riservati ai sensi dell’articolo 77 della direttiva 2014/24

108. L’articolo 77, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 si applica a taluni servizi sociali specifici. Sebbene sembri possibile che taluni dei servizi di cui all’allegato al decreto 181/2017 rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 77, mi è chiaro che né gli enti, né gli accordi di azione concertata in questione soddisfano le condizioni di cui all’articolo 77, paragrafi 2, e 3, della direttiva 2014/24.

109. Il tenore letterale e l’economia dell’articolo 77 di tale direttiva non forniscono molte indicazioni ai fini della sua interpretazione (104). Tuttavia, il considerando 118 della direttiva 2014/24 precisa la finalità delle procedure di appalto che possono essere riservate ad enti specifici in forza dell’articolo 77 di tale direttiva. Detto considerando prevede che, al fine di garantire la continuità dei servizi pubblici la direttiva dovrebbe prevedere che la partecipazione alle procedure di appalto per taluni servizi nei settori dei servizi sociali possa essere riservata a determinate organizzazioni, quali le organizzazioni basate sull’azionariato dei dipendenti o sulla loro partecipazione attiva al governo societario e le cooperative. Gli Stati membri possono quindi circoscrivere la cerchia dei partecipanti a tali organizzazioni, che partecipano all’erogazione di detti servizi agli utenti finali. Da queste precisazioni risulta che le procedure di appalto ai sensi dell’articolo 77 della direttiva 2014/24 costituiscono un mero sottoinsieme degli appalti rientranti nel regime semplificato, e che le condizioni enunciate in tale disposizione devono essere interpretate restrittivamente (105).

110. In primo luogo, l’articolo 77, paragrafo 2, di tale direttiva contiene un elenco di quattro condizioni cumulative. Le prime tre riguardano la governance degli enti prestatori dei servizi, mentre la quarta verte su una limitazione imposta agli appalti consecutivi. Nella presente causa, per quanto riguarda la normativa nazionale di cui trattasi, la terza e la quarta di tali condizioni appaiono controverse. Da un lato, la normativa nazionale di cui trattasi non sembra riguardare enti la cui governance economica implichi principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi (106). Pertanto, è altamente improbabile che gli enti parte degli accordi di azione concertata di cui trattasi soddisfino la condizione di cui all’articolo 77, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2014/24. Dall’altro lato, nell’esaminare la normativa nazionale in questione non mi sono imbattuta in una clausola di divieto di appalti consecutivi, quale quella prevista all’articolo 77, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2014/24. Al contrario, la frase finale dell’articolo 23 del decreto 181/2017 sembra ammettere il rinnovo dell’appalto, anche a seguito della proroga di dieci anni prevista in tale articolo. Pertanto, la normativa nazionale in questione non mi sembra rispondere ai criteri di cui all’articolo 77, paragrafo 2, della direttiva 2014/24.

111. Gli accordi di azione concertata di cui trattasi non soddisfano neppure la condizione enunciata all’articolo 77, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, ai sensi della quale la durata massima dell’appalto non deve superare i tre anni. Ai sensi dell’articolo 23 del decreto 181/2017, tali accordi possono essere conclusi per un periodo massimo di a 4 anni e, se del caso, possono essere prorogati fino a 10 anni (con possibilità di concludere un altro accordo immediatamente dopo).

112. Alla luce di quanto precede, concludo che l’articolo 77 della direttiva 2014/24 non è applicabile alla presente causa.

113. Partirò dal presupposto che, per quanto riguarda gli accordi di azione concertata rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/24, tali accordi, fatta eccezione per quelli che rientrano nell’articolo 20 della stessa, devono soddisfare i criteri del regime semplificato di cui agli articoli 75 e 76 di tale direttiva.

b)      Regole di cui agli articoli 75 e 76 della direttiva 2014/24

114. Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le amministrazioni pubbliche possano concludere accordi di azione concertata soltanto con enti privati senza scopo di lucro, accordi ai sensi dei quali tali amministrazioni affidano a detti enti taluni servizi sociali menzionati all’articolo 74 della direttiva 2014/24. Per rispondere a tale questione, dovrò esaminare le norme previste agli articoli 75 e 76 della direttiva, che, in particolare, riguardano rispettivamente l’obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi e il principio di uguaglianza.

115. In primo luogo, l’articolo 75 della direttiva 2014/24, concernente la pubblicazione degli avvisi e dei bandi, impone alle amministrazioni aggiudicatrici di annunciare la loro intenzione di aggiudicare un appalto all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (107) mediante un bando di gara o un avviso di preinformazione. L’articolo 74 della direttiva 2014/24 istituisce un regime speciale per l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi sociali e di altri servizi specifici quando il valore di tali contratti sia pari o superiore alla soglia indicata all’articolo 4, lettera d), di tale direttiva. Dal canto suo, l’articolo 75 di tale direttiva pone l’accento sul fatto che le amministrazioni pubbliche devono, ciò nonostante, rispettare le norme relative alla pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara relativi a tali appalti. In tal modo, detto requisito diviene espressione del principio di trasparenza, quale enunciato nella sezione 2 e nell’articolo 76, paragrafo 1, di detta direttiva.

116. Nella presente causa, a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, del decreto 181/2017, gli avvisi e i bandi di gara pertinenti sono pubblicati nel Diari Oficial de la Generalitat Valenciana (Gazzetta ufficiale del governo regionale di Valencia). Tuttavia, per quanto riguarda gli avvisi e i bandi di gara, tale forma di pubblicità, limitata alla Comunità di autonoma di Valencia, non è sufficiente, a mio avviso, per soddisfare i requisiti di cui all’articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, che si riferisce specificamente alla procedura prevista dall’articolo 51 nel caso in cui le amministrazioni aggiudicatrici decidano di pubblicare un avviso o un bando di gara. Di conseguenza, la normativa nazionale in questione non sembra conforme alle regole di trasparenza previste all’articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2014/24.

117. In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, di tale direttiva, anche nell’ambito del regime semplificato gli Stati membri devono rispettare, in particolare, il principio di parità di trattamento degli operatori economici. Occorre ricordare che la direttiva 2014/24 mira a garantire la libertà di stabilimento nonché i principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza (108).

118. Pertanto, il giudice del rinvio dovrà esaminare se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, consentendo di escludere, de facto, gli enti che perseguono scopi di lucro dalla prestazione di taluni servizi sociali ai sensi degli accordi di azione concertata di cui al decreto 181/2017 (109), sia conforme a tali principi.

119. Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio di parità di trattamento richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato (110). La comparabilità delle situazioni deve essere valutata alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi (111).

120. Pertanto, nel caso di specie, il giudice del rinvio dovrà stabilire se gli «enti di iniziativa sociale», come definiti all’articolo 3, lettera e), del decreto 181/2017, si trovino nella stessa situazione degli enti che perseguono scopi di lucro per quanto concerne l’obiettivo perseguito dal regime semplificato previsto agli articoli da 74 a 76 della direttiva 2014/24 (112).

121. Per quanto riguarda tali obiettivi, il considerando 114 della direttiva precisa che il regime semplificato riguardante, in particolare, taluni servizi sociali deve essere stabilito tenendo conto del contesto culturale e della sensibilità di tali servizi. Pertanto, e tenuto conto della formulazione dell’articolo 1, paragrafo 5, della direttiva 2014/24, gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità così da organizzare la scelta dei fornitori di servizi nel modo che considerano più adeguato. Tale considerando menziona altresì gli obiettivi della semplificazione e della riduzione dell’onere amministrativo per le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici.

122. A mio avviso, tale considerando deve essere interpretato in combinato disposto con l’articolo 76, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, che fa riferimento alla qualità, continuità, accessibilità, anche economica, disponibilità e completezza dei servizi, nonché alle esigenze specifiche delle diverse categorie di utenti. Mi sembra, quindi, che sia la natura specifica dei servizi sociali in questione a giustificare l’esistenza del regime semplificato. Di conseguenza, ritengo che il criterio pertinente dovrebbe essere la natura dei servizi sociali di cui trattasi erogati dalle due categorie di enti (113).

123. Nel caso di specie, la convenuta e il governo spagnolo non hanno spiegato il motivo per cui gli enti che perseguono scopi di lucro sono automaticamente esclusi dall’ambito di applicazione del decreto 181/2017. Sebbene si possa sostenere che gli «enti di iniziativa sociale», come definiti all’articolo 3, lettera e), del decreto 181/2017, e gli enti che perseguono scopi di lucro possiedono una natura giuridica diversa e operano in modo differente, le due categorie di enti possono anche essere chiamate a prestare servizi sociali similari e possono prestare servizi di qualità analoga a costi simili. Ne consegue che, fatte salve le verifiche del giudice del rinvio, queste due categorie di enti possono trovarsi in una situazione comparabile alla luce dell’obiettivo del regime previsto agli articoli da 74 a 76 della direttiva 2014/24.

124. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, le norme stabilite dagli Stati membri nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2014/24 non devono andare oltre quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti da quest’ultima (114). A tal riguardo, mi sembra evidente che la giurisprudenza della Corte non possa essere interpretata nel senso che consente di escludere taluni enti dall’applicazione del regime semplificato per il solo fatto che perseguono scopi di lucro (115).

125. In particolare, non vedo in che modo l’esclusione automatica degli enti che perseguono scopi di lucro dall’ambito di applicazione della normativa nazionale garantisca una prestazione adeguata dei servizi di cui trattasi, semplificando e riducendo al contempo l’onere amministrativo, come previsto al considerando 114 della direttiva 2014/24. Inoltre, siffatta esclusione automatica non sembra contribuire alla qualità, continuità, accessibilità, anche economica, disponibilità e completezza dei servizi, come richiesto dall’articolo 76, paragrafo 2, della direttiva 2014/24. Nell’attuazione del regime semplificato, sembrerebbe più opportuno concentrarsi sulla capacità di fornire servizi sociali di qualità economicamente vantaggiosi, anziché sulla natura dell’ente prestatore (116).

126. Di conseguenza, è inconcepibile, a mio avviso, che tale esclusione sia giustificata o proporzionata; essa è quindi contraria al principio di parità di trattamento.

4.      Libertà di stabilimento

127. Se gli accordi di azione concertata di cui trattasi non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/24 (117), circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, ciò non significa, tuttavia, che detti accordi siano necessariamente esclusi dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che gli accordi di azione concertata in questione possono comunque soggiacere alle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto dell’Unione, in particolare ai principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché all’obbligo di trasparenza che ne deriva, purché tali accordi abbiano una dimensione transfrontaliera certa (118). Inoltre, fatta salva detta regola, tali libertà e principi fondamentali si applicano se non vi è una scelta tra gli operatori interessati. Infatti, la Corte ha già dichiarato che, a differenza della direttiva 2014/24, la libertà di stabilimento e il principio di parità di trattamento si applicano a sistemi di concessioni diversi qualora non vi sia una scelta (119).

128. Nella presente causa, come già menzionato, poiché la Corte non dispone di alcuna informazione sul valore degli accordi di azione concertata di cui trattasi, presumo che in taluni casi il valore di detti accordi superi la soglia fissata all’articolo 4, lettera d), della direttiva 2014/24, mentre in altri casi sia inferiore a tale soglia (120), circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (121). In questi ultimi casi, ricordo che la Corte ha già statuito che, a causa del «valore economico (...) limitato» si può ragionevolmente sostenere che un’impresa con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui l’appalto è stato aggiudicato non avrebbe interesse all’appalto in questione, con la conseguenza che non si giustifica l’applicazione delle norme contenute nel diritto primario dell’Unione (122).

129. Pertanto, sempre che i servizi sociali oggetto degli accordi di azione concertata di cui trattasi consistano in un’attività economica e abbiano una dimensione transfrontaliera, il giudice del rinvio dovrebbe esaminare se l’assenza di un’adeguata pubblicazione del bando di gara e l’esclusione de facto degli enti che perseguono scopi di lucro costituiscano o meno un ostacolo alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE e una violazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza che ne derivano (123).

130. In primo luogo, per quanto riguarda la libertà di stabilimento e il principio di parità di trattamento, la Corte ha già dichiarato che il requisito ai sensi del quale le persone che intendano esercitare un’attività economica devono adottare una determinata forma giuridica costituisce una restrizione alla loro libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE. Infatti, un siffatto requisito impedisce agli operatori economici stabiliti nello Stato membro di origine e dotati di una forma giuridica diversa di creare uno stabilimento secondario nello Stato membro ospitante (124).

131. Tuttavia, poiché tale restrizione non comporta discriminazioni dirette in base alla nazionalità, essa può perseguire qualsiasi obiettivo riconosciuto come legittimo alla luce del diritto dell’Unione. A tale riguardo, ritengo che le considerazioni svolte ai paragrafi da 122 a 125 delle presenti conclusioni per quanto concerne la giustificazione e la proporzionalità della normativa nazionale si applichino mutatis mutandis. In assenza di una giustificazione addotta dalle autorità spagnole quanto all’esclusione degli enti che perseguono scopi di lucro dagli accordi di azione concertata di cui trattasi, la normativa nazionale risulta contraria alla libertà di stabilimento e al principio di parità di trattamento. In ogni caso, l’esclusione automatica degli enti che perseguono scopi di lucro dall’ambito di applicazione della normativa nazionale non risulta appropriata, poiché non si concentra sulla natura e sulla qualità dei servizi prestati, bensì sulla forma giuridica dell’ente. Ciò detto, spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione e, in tal caso, valutare se detta normativa sia conforme al principio di proporzionalità.

132. In secondo luogo, per quanto concerne l’obbligo di trasparenza ai sensi dall’articolo 49 TFUE, è opportuno osservare che, a differenza dei requisiti specifici discendenti dalla direttiva 2014/24, tale obbligo non esige la pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale obbligo si limita, invece, ad esigere un livello di pubblicità adeguato per garantire, da un lato, l’apertura alla concorrenza e, dall’altro, il controllo sull’imparzialità della procedura di aggiudicazione (125).

133. Nel caso di specie, poiché il Diari Oficial de la Generalitat Valenciana è la Gazzetta ufficiale del governo regionale di Valencia e costituisce, dunque, la modalità di pubblicazione ordinaria nel settore degli appalti pubblici, mi sembra che la normativa nazionale di cui trattasi soddisfi i summenzionati criteri di pubblicità.

134. Ritengo quindi che, qualora le condizioni di applicazione della direttiva 2014/24 siano soddisfatte, gli articoli da 74 a 76 di tale direttiva debbano essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente a un’amministrazione pubblica di aggiudicare, senza attenersi ai requisiti procedurali imposti dal diritto dell’Unione, un appalto pubblico in forza del quale tale amministrazione affida unicamente ad enti senza scopo di lucro l’erogazione di determinati servizi sociali in cambio del rimborso delle spese sostenute da tali enti, purché tale misura legislativa rispetti i principi di parità di trattamento e proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. L’articolo 75 della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale ai sensi della quale i bandi e gli avvisi di gara devono essere pubblicati soltanto nella Gazzetta ufficiale regionale.

135. Per quanto riguarda i servizi il cui valore è inferiore alla soglia prevista all’articolo 4, lettera d), della direttiva 2014/24 e le procedure che non implicano una scelta ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale siffatta, purché la misura legislativa persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione e rispetti i principi di parità di trattamento e proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

C.      Sulla terza questione

136. In caso di risposta negativa alle prime due questioni, con la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 56 TFUE, l’articolo 76 della direttiva 2014/24 e l’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva sui servizi debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede un criterio di selezione per la conclusione degli accordi di azione concertata in questione ai sensi del quale le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire rilevanza al fatto che i potenziali offerenti per la prestazione dei servizi sociali di cui trattasi siano stabiliti nel luogo in cui tali servizi devono essere erogati.

137. Al fine di rispondere a tale questione, analizzerò la compatibilità del criterio di selezione di cui trattasi con la direttiva 2014/24, con la direttiva sui servizi e, in seguito, con le libertà fondamentali.

1.      Compatibilità del criterio di selezione di cui trattasi con la direttiva 2014/24

138. Per quanto concerne la compatibilità del criterio di selezione di cui trattasi con la direttiva 2014/24, il problema di un criterio geografico è già stato esaminato nella causa Grupo Hospitalario Quirón (126), che riguardava gare d’appalto nel settore dei servizi sanitari (127). In particolare, la Corte è stata chiamata a valutare la compatibilità con la direttiva 2004/18 di un requisito di gara ai sensi del quale gli offerenti dovevano essere ubicati nel territorio del comune in cui le prestazioni sanitarie in questione sarebbero state erogate. La Corte ha dichiarato che un siffatto requisito costituiva un «vincolo di esecuzione territoriale» (128). Tale requisito non garantiva un accesso pari e non discriminatorio per tutti gli offerenti agli appalti in questione, poiché rendeva accessibili gli appalti in parola unicamente agli offerenti in grado di fornire i servizi in questione in una struttura ubicata nel comune indicato dalle amministrazioni aggiudicatrici (129).

139. Nella presente causa, dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del decreto 181/2017 risulta che, ai fini della selezione degli enti di iniziativa sociale incaricati dell’erogazione dei servizi sociali in questione, le amministrazioni aggiudicatrici possono, in particolare, attribuire rilevanza al fatto che tali enti siano ubicati nella zona in cui deve essere erogato un determinato servizio (130). Ritengo quindi che il criterio geografico di cui trattasi nel caso di specie sia analogo a quello oggetto della causa Grupo Hospitalario Quirón. Anche tale criterio costituisce un «vincolo di esecuzione territoriale» (131) poiché ha l’effetto di porre in una situazione di svantaggio gli offerenti che non possono fornire i servizi di cui trattasi in una struttura situata in un dato comune, nonostante il fatto che soddisfino eventualmente le altre condizioni stabilite nei capitolati d’oneri e le specifiche tecniche degli appalti considerati.

140. Ritengo pertanto che il criterio di selezione controverso nel procedimento principale comporti una disparità di trattamento tra gli enti che soddisfano tale requisito e quelli che non lo soddisfano. Salvo che queste due categorie di potenziali offerenti non si trovino in una situazione oggettivamente comparabile o che tale differenza di trattamento sia oggettivamente giustificata, detto requisito è contrario al principio di parità di trattamento al quale l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi è soggetta in forza dell’articolo 76 della direttiva 2014/24.

141. Quanto alla questione se questi due gruppi di potenziali offerenti si trovino in una situazione oggettivamente comparabile, mi sembra che ciò avvenga, sempre che la loro capacità di erogare i servizi sociali di cui trattasi sia la stessa in termini di qualità e di costi. Pertanto, fermo restando che spetta al giudice del rinvio verificare tale condizione, ritengo che siffatto requisito tratti in modo diverso situazioni oggettivamente comparabili.

142. Per quanto riguarda la giustificazione, nella normativa nazionale di cui trattasi e nel fascicolo sottoposto alla Corte non vi è alcun elemento che suggerisca una giustificazione del criterio di selezione di cui trattasi. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, in ultima analisi, verificare se questo sia effettivamente il caso.

2.      Compatibilità del criterio di selezione con la direttiva sui servizi

143. Si chiede alla Corte se il criterio di selezione per la conclusione degli accordi di azione concertata in questione sia compatibile con la direttiva sui servizi.

144. In via preliminare, occorre stabilire se i servizi sociali di cui trattasi rientrino nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

145. A tale riguardo, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi, in combinato disposto con il considerando 27 della stessa, esclude espressamente dall’ambito di applicazione di detta direttiva «i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato».

146. Il considerando 27 precisa che l’obiettivo di tale esclusione è «sostenere persone che si trovano in condizione di particolare bisogno a titolo permanente o temporaneo, perché hanno un reddito familiare insufficiente, o sono totalmente o parzialmente dipendenti e rischiano di essere emarginate». Tale considerando aggiunge che «[è] opportuno che la [direttiva sui servizi] non incida su tali servizi in quanto essi sono essenziali per garantire i diritti fondamentali alla dignità e all’integrità umana e costituiscono una manifestazione dei principi di coesione e solidarietà sociale».

147. Devo sottolineare che la Corte ha fornito una duplice definizione della nozione di «servizi sociali» di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi. Nella sua sentenza nella causa Femarbel, la Corte ha statuito che soltanto i servizi che soddisfano due requisiti cumulativi rientrano nell’ambito di applicazione dell’esclusione prevista da tale disposizione. Il primo verte sul carattere delle attività, mentre il secondo sullo status del prestatore di servizi (132).

148. Per soddisfare il primo requisito, le attività di cui trattasi devono essere «essenziali per garantire i diritti fondamentali alla dignità e all’integrità umana» e costituire «una manifestazione dei principi di coesione e solidarietà sociale» (133). In tale causa, la Corte ha dichiarato che il giudice del rinvio doveva valutare se le attività in questione presentassero un carattere realmente sociale, nel senso che erano intese a fornire ai loro destinatari «cure adeguate alla loro perdita di autonomia» accompagnate da uno specifico programma di animazione, o le cure necessarie «che non possono essere loro garantit[e] in modo continuativo dai familiari».

149. Nella causa in esame, come già menzionato nelle presenti conclusioni, l’allegato del decreto 181/2017 elenca un’ampia gamma di servizi sociali, che possono variare in funzione della loro natura e dei gruppi di persone che ne fruiscono (134). Tuttavia, tutti questi servizi sembrano avere l’obiettivo comune di aiutare persone in stato di bisogno e di garantire loro un’assistenza. Pertanto, ritengo che tali servizi soddisfino il primo requisito elaborato dalla Corte nella causa Femarbel (135).

150. Per quanto riguarda il secondo requisito, la Corte ha dichiarato, nella sentenza Femarbel, che i servizi sociali possono essere assicurati dallo Stato stesso, da un’associazione caritativa riconosciuta come tale dallo Stato o da un prestatore di servizi privato incaricato da quest’ultimo (136). Tenuto conto della definizione ratione personae così ampia data dalla Corte, gli enti che erogano servizi nell’ambito degli accordi di azione concertata di cui trattasi, che sono associazioni senza scopo di lucro, possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

151. Di conseguenza, ritengo che la direttiva sui servizi non sia applicabile ai servizi sociali previsti dal decreto 181/2017, dal momento che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), di tale direttiva, detti servizi sono espressamente esclusi dal suo ambito di applicazione.

3.      Compatibilità del criterio di selezione con le libertà fondamentali

152. Per quanto riguarda la compatibilità del criterio di selezione di cui trattasi con le libertà fondamentali, come ho già precisato nelle presenti conclusioni, da un lato, gli accordi di azione concertata di cui trattasi sembrano rientrare nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE, piuttosto che in quello della libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE (137). Pertanto, nonostante il fatto che la terza questione proposta dal giudice del rinvio verta su entrambe tali libertà, ritengo che la risposta debba essere limitata alla prima. Dall’altro lato, occorre ricordare che l’articolo 49 TFUE può trovare applicazione soltanto se gli accordi di azione concertata possiedono una dimensione transfrontaliera (138).

153. Per quanto riguarda la libertà di stabilimento, un criterio di selezione come quello previsto all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del decreto 181/2017, può ostacolare o scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento (139). A tale riguardo, ricordo che la Corte ha già statuito che una normativa nazionale che impedisca ad enti di esercitare un’attività economica indipendente nei locali di loro libera scelta costituisce una restrizione (140). Nella presente causa, il fatto di stabilirsi nella Comunità autonoma di Valencia può comportare conseguenze finanziarie e oneri amministrativi per gli enti che hanno esercitato tale libertà fondamentale (141). Ciò si verificherebbe, ad esempio, nel caso di un ente stabilito in uno Stato membro diverso dalla Spagna che abbia costituito uno stabilimento secondario in tale Stato membro, ma al di fuori della Comunità autonoma di Valencia. Di conseguenza, ritengo che il requisito in questione costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

154. Tuttavia, esso può nondimeno essere giustificato qualora persegua obiettivi riconosciuti come legittimi dal diritto dell’Unione e rispetti il principio di proporzionalità (142).

155. Ritengo che le considerazioni esposte al paragrafo 142 delle presenti conclusioni, concernenti le giustificazioni della violazione del principio di parità di trattamento ai sensi dell’articolo 76 della direttiva 2014/24, si applichino, mutatis mutandis, alla presente causa. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio procedere a una valutazione della questione se il criterio di cui trattasi persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione, sia idoneo a garantirne la realizzazione e non vada oltre quanto necessario per conseguirlo.

156. Infine, per una questione di completezza, e contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta e dal governo spagnolo, desidero sottolineare che la formulazione dell’articolo 1, secondo trattino, del protocollo n. 26 del TFUE non incide sulla questione se il criterio di selezione di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del decreto 181/2017 sia compatibile con la libertà di stabilimento. Ciò poiché i valori che detto protocollo mira a tutelare non si riflettono nel requisito di selezione di cui trattasi. Siffatto criterio, puramente geografico, non può spiegarsi con la necessità di garantire «la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse». Ritengo, pertanto, che l’articolo 1, secondo trattino, del protocollo n. 26 del TFUE non possa essere invocato per giustificare restrizioni geografiche alle libertà fondamentali.

157. In conclusione, qualora si accerti l’esistenza di una dimensione transfrontaliera per quanto concerne gli accordi di azione concertata di cui trattasi, l’articolo 76 della direttiva 2014/24 e l’articolo 49 TFUE ostano a un criterio di selezione per la conclusione degli accordi di azione concertata in questione ai sensi del quale le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire rilevanza al fatto che i potenziali offerenti per la prestazione dei servizi sociali di cui trattasi siano ubicati nel luogo in cui tali servizi devono essere erogati, salvo che tale criterio persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione, sia idoneo a garantirne la realizzazione e non vada oltre quanto necessario per conseguirlo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

IV.    Conclusione

158. Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana (Corte superiore di giustizia della Comunità autonoma di Valencia, Spagna), nei termini seguenti:

Gli articoli da 74 a 76 della direttiva 2014/24/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, e l’articolo 49 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente a un’amministrazione pubblica di aggiudicare, senza attenersi ai requisiti procedurali imposti dal diritto dell’Unione, un appalto pubblico in forza del quale tale amministrazione affida unicamente ad enti senza scopo di lucro l’erogazione di determinati servizi sociali in cambio del rimborso delle spese sostenute da tali enti, purché tale normativa rispetti i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

L’articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale ai sensi della quale i bandi e gli avvisi di gara devono essere pubblicati soltanto nella Gazzetta ufficiale regionale.

L’articolo 76 della direttiva 2014/24 e l’articolo 49 TFUE ostano a una normativa nazionale che, per la conclusione di accordi di azione concertata, prevede un criterio di selezione ai sensi del quale le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire rilevanza al fatto che i potenziali offerenti per la prestazione dei servizi sociali di cui trattasi siano ubicati nel luogo in cui tali servizi devono essere erogati, salvo che tale criterio persegua un obiettivo legittimo riconosciuto dal diritto dell’Unione, sia idoneo a garantirne la realizzazione e non vada oltre quanto necessario per conseguirlo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

1      Lingua originale: l’inglese.

2      Decreto 181/2017, de 17 de noviembre, del Consell, por el que se desarrolla la acción concertada para la prestación de servicios sociales en el ámbito de la Comunitat Valenciana por entidades de iniciativa social (decreto del Consell 181/2017, del 17 novembre 2017, che attua l’azione concertata per l’erogazione di servizi sociali nell’ambito della Comunità autonoma di Valencia (DOGV n. 8197, del 23 dicembre 2017, pag. 48245 (in prosieguo: il «decreto 181/2017»).

3      Il diritto nazionale utilizza l’espressione «acuerdos de acción concertada». V., in tal senso, articoli 44 bis, 53 e 56, nonché il titolo VI della Ley 5/1997, de 25 de junio, por la que se regula el Sistema de Servicios Sociales en el ámbito de la Comunidad Valenciana (legge 5/1997, del 25 giugno 1997, che disciplina il sistema dei servizi sociali nell’ambito della Comunità autonoma di Valencia) (BOE n. 192 del 12 agosto 1997, pag. 24405), come modificata dalla Ley 13/2016, de 29 de diciembre, de medidas fiscales, de gestión administrativa y financiera, y de organización de la Generalitat (legge 13/2016, del 29 dicembre 2016, in materia di misure fiscali, gestione amministrativa e finanziaria e organizzazione del governo regionale) (BOE n. 34 del 9 febbraio 2017, pag. 8694) (in prosieguo: la «legge 5/1997»).

4      Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali.

5      Tale elenco non figura nel rinvio pregiudiziale sottoposto alla Corte. Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha fornito alla Corte il collegamento internet alla pubblicazione del decreto 181/2017 (v. https://www.dogv.gva.es/datos/2017/12/23/pdf/2017_11941.pdf). L’articolo 6, paragrafo 2, del decreto rinvia all’allegato di quest’ultimo, che include l’elenco dei servizi in questione.

6      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65).

7      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).

8      Conclusioni nella causa Decker (C-120/95 e C-158/96, EU:C:1997:399, paragrafo 17).

9      Sentenze del 28 aprile 1998, Kohll (C-158/96, EU:C:1998:171, punto 21); del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms (C-157/99, EU:C:2001:404, punto 54); del 13 maggio 2003, Müller-Fauré e van Riet (C-385/99, EU:C:2003:270, punto 39); e del 23 ottobre 2003, Inizan (C-56/01, EU:C:2003:578, punto 17).

10      Sentenza dell’8 febbraio 2018, Lloyd of London (C-144/17, EU:C:2018:78, punto 33).

11      Il CPV prevede un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici, che mira a uniformare i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per la descrizione dell’oggetto degli appalti. V. https://simap.ted.europa.eu/cpv.

12      Ley 3/2019, de 18 de febrero, de servicios sociales inclusivos de la Comunitat Valenciana (legge 3/2019, del 18 febbraio 2019, sui servizi sociali di inclusione della Comunità autonoma di Valencia) (BOE n. 61 del 12 marzo 2019, pag. 23249).

13      In particolare, dell’articolo 44 bis, paragrafo 1, lettera c), dell’articolo 53, dell’articolo 56, paragrafo 2, e del titolo VI della legge 5/1997.

14      Il riferimento a tale espressione sembra discendere dalle sentenze dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440) e del 28 gennaio 2016, CASTA e a. (C-50/14, EU:C:2016:56), entrambe riguardanti associazioni di volontariato nel contesto di appalti pubblici.

15      Ibidem.

16      V., ad esempio, sentenze del 19 giugno 2014, Centro Hospitalar de Setúbal e SUCH (C-574/12, EU:C:2014:2004), e del 28 gennaio 2016, CASTA e a. (C-50/14, EU:C:2016:56).

17      A tal riguardo, essa richiama i considerando 6, 7 e 114 della direttiva 2014/24, nonché l’articolo 77 di quest’ultima.

18      Sentenze del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a. (C-159/11, EU:C:2012:817) e del 13 giugno 2013, Piepenbrock (C-386/11, EU:C:2013:385).

19      Articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera c), articolo 53, articolo 56, paragrafo 2, e titolo VI della legge 5/1997.

20      V., ad esempio, sentenza del 10 marzo 2016, Safe Interenvíos (C-235/14, EU:C:2016:154, punto 115), e ordinanza del 12 maggio 2016, Security Service e a. (da C-692/15 a C-694/15, EU:C:2016:344, punto 20).

21      Sentenza dell’8 maggio 2013 (C-197/11 e C-203/11, EU:C:2013:288).

22      Sentenza del 15 novembre 2016 (C-268/15, EU:C:2016:874).

23      V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2013, Libert e a. (C-197/11 e C-203/11, EU:C:2013:288, punto 35). V., più recentemente, sentenza dell’11 febbraio 2021, Katoen Natie Bulk Terminals e General Services Antwerp (C-407/19 e C-471/19, EU:C:2021:107, punto 53).

24      V., in particolare, sentenza del 30 novembre 1995, Gebhard (C-55/94, EU:C:1995:411, punti 25 e segg.). Sulla distinzione tra la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, v. anche conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Yellow Cab Verkehrsbetrieb (C-338/09, EU:C:2010:568, paragrafi da 15 a 18).

25      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1).

26      La direttiva 2014/23 definisce la «concessione di servizi» all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), in sostanza, come un contratto a titolo oneroso in virtù del quale un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore affida la fornitura e la gestione di servizi a un operatore economico. Secondo la giurisprudenza della Corte, la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler, C-274/09, EU:C:2011:130, punti 24, 26, 37 e giurisprudenza ivi citata).

27      V. articolo 65, paragrafi 3 e 4, della legge 5/1997, il quale prevede che, «non può essere addebitato agli utenti un importo aggiuntivo rispetto a quello previsto per la prestazione di servizi soggetti ad accordo» e che «la riscossione presso gli utenti di qualsiasi forma di pagamento per la prestazione di servizi supplementari, nonché il suo importo, devono essere previamente autorizzati».

28      V. articolo 66, paragrafo 2, e articolo 65, paragrafo 3, della legge 5/1997. A tal riguardo, l’ASADE, nelle sue risposte ai quesiti scritti della Corte, sostiene che la normativa in questione prevede che le amministrazioni pubbliche sopportino tutte le perdite legate alle spese per i servizi in questione. La convenuta sostiene che l’articolo 11, paragrafo 1, del decreto 181/2017 prevede che i beneficiari dei servizi oggetto degli accordi di azione concertata fruiscano di tali servizi gratuitamente.

29      La base giuridica per l’adozione della direttiva 2014/24 è costituita, in particolare, dall’articolo 53, paragrafo 1, e dall’articolo 62 TFUE, contenuti nel titolo IV, dedicato alla «Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali», di cui al capo 2, rubricato «Il diritto di stabilimento» (articolo 53), e al capo 3, relativo a «I servizi» (articolo 62).

30      V. conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Sintesi (C-247/02, EU:C:2004:399, paragrafo 27).

31      V., per analogia, sentenza del 29 aprile 2010, Commissione/Germania (C-160/08, EU:C:2010:230, punti 73 e 74).

32      V., in particolare, sentenze del 21 luglio 2005, Coname (C-231/03, EU:C:2005:487); dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440); e del 28 gennaio 2016, CASTA e a. (C-50/14, EU:C:2016:56).

33      V., in particolare, sentenza del 30 novembre 1995, Gebhard (C-55/94, EU:C:1995:411, punti 25 e segg.). Sulla distinzione tra la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, v. anche conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Yellow Cab Verkehrsbetrieb (C-338/09, EU:C:2010:568, paragrafi da 15 a 18).

34      Secondo una giurisprudenza costante, nel settore della previdenza sociale il diritto dell’Unione non pregiudica, in linea di principio, la competenza degli Stati membri ad organizzare i propri sistemi di previdenza sociale [v. da ultimo, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovna (C-262/18 P e C-271/18 P, EU:C:2020:450, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)].

35      Sentenza del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine (C-176/96, EU:C:2000:201, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

36      Sanchez-Graells, A., «State Aid and EU Public Procurement: More Interactions, Fuzzier Boundaries» (8 ottobre 2019). Hancher, L, e Piernas López, JJ, (a cura di), Research Handbook on European State Aid Law, 2ª ed., Edward Elgar, 2020, disponibile in SSRN: https://ssrn.com/abstract=3466288.

37      Su tale distinzione v., in particolare, conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa FENIN/Commissione (C-205/03 P, EU:C:2005:666, paragrafo 51). V. anche Wauters, K., Bleux, S., «A new generation of public procurement Directives: background, objectives and results», In: Marique Y., Wauters K. (a cura di), EU Directive 2014/24 on public procurement. A new turn for competition in public markets ?, Larcier, Bruxelles, 2016, pag. 9.

38      Sentenza del 1º febbraio 2017, Commissione/Ungheria (C-392/15, EU:C:2017:73, punto 100). È opportuno aggiungere che, per quanto riguarda i lavoratori, la Corte ha stabilito che una prestazione di servizi retribuita deve essere considerata come attività economica, «purché le attività esercitate siano reali ed effettive e non tali da presentarsi come puramente marginali e accessorie» (sentenza del 20 novembre 2001, Jany e a., C-268/99, EU:C:2001:616, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, questi ultimi criteri, che si riferiscono a un rapporto di lavoro, non sembrano pertinenti nel caso di specie.

39      V., in particolare, sentenza del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).

40      V., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C-179/14, EU:C:2016:108, punto 154).

41      Ibidem (punto 157 e giurisprudenza ivi citata).

42      Sentenza del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms, C-157/99, EU:C:2001:404, punto 58).

43      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).

44      V., in tal senso, sentenze del 29 novembre 2007, Commissione/Italia (C-119/06, non pubblicata, EU:C:2007:729, punti da 36 a 41); dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440, punti da 32 a 43); e del 28 gennaio 2016, CASTA e a. (C-50/14, EU:C:2016:56, punti 26 e da 33 a 41).

45      V., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2014, Centro Hospitalar de Setúbal e SUCH (C-574/12, EU:C:2014:2004, punto 40).

46      V. nota 5 delle presenti conclusioni.

47      V. paragrafo 2 delle presenti conclusioni.

48      Per l’elenco completo, v. i riferimenti di cui al paragrafo 2 delle presenti conclusioni.

49      V. articolo 65, paragrafi 3 e 4, della legge 5/1997 e articolo 11, paragrafo 1, lettera c), del decreto 181/2017.

50      V., supra, paragrafo 53.

51      V. articolo 22 del decreto 181/2017.

52      Ibidem.

53      V., in tal senso, sentenza del 1º dicembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-157/09, non pubblicata, EU:C:2011:794, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

54      V., in particolare, sentenza del 1º dicembre 2011, Commissione/Paesi Bassi (C-157/09, non pubblicata, EU:C:2011:794, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

55      V., in tal senso, sentenze del 13 luglio 1993, Thijssen (C-42/92, EU:C:1993:304, punto 22); del 30 marzo 2006, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (C-451/03, EU:C:2006:208, punto 47); e del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo (C-438/08, EU:C:2009:651, punto 36).

56      V., in tal senso, sentenza del 21 giugno 1974, Reyners (C-2/74, EU:C:1974:68, punti 51 e 53).

57      V., in tal senso, sentenze del 13 luglio 1993, Thijssen (C-42/92, EU:C:1993:304, punti 21 e 22); del 29 novembre 2007, Commissione/Austria (C-393/05, EU:C:2007:722, punti 36 e 42); del 29 novembre 2007, Commissione/Germania (C-404/05, EU:C:2007:723, punti 38 e 44); e del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo (C-438/08, EU:C:2009:651, punti 36 e 41).

58      V., in tal senso, inter alia, sentenza del 29 ottobre 1998, Commissione/Spagna (C-114/97, EU:C:1998:519, punto 37).

59      V., in tal senso, sentenze del 30 settembre 2003, Anker e a. (C-47/02, EU:C:2003:516, punto 61), e del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo (C-438/08, EU:C:2009:651, punto 44).

60      V. considerando 114 della direttiva 2014/24.

61      Sentenza del 2 giugno 2016 (C-410/14, EU:C:2016:399).

62      Ibidem, punto 37.

63      Ibidem, punto 38.

64      Sentenza del 1º marzo 2018, Tirkkonen (C-9/17, EU:C:2018:142).

65      Ibidem, punto 35.

66      Ibidem, punto 41.

67      V. Turudic, M. «Article 76 Principles Of Awarding Contracts» in European Public Procurement: Commentary on Directive 2014/24/EU, a cura di Caranta, R. e Sanchez-Graells, A., 2021, Edward Elgar Publishing Limited, pag. 863. V. anche Sanchez-Graells, A., https://www.howtocrackanut.com/blog/2018/3/5/the-end-of-procurement-as-we-knew-it-cjeu-consolidates-falk-pharma-approach-to-definition-of-procurement-c-917.

68      V., in particolare, articoli 58 e 67 della direttiva 2014/24.

69      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Hernández Vidal e a. (C-127/96, C-229/96 e C-74/97, EU:C:1998:426, paragrafo 80), nelle quali egli descrive come un risultato assurdo o un circolo vizioso la situazione in cui la conseguenza dell’applicazione della direttiva diventa una condizione della sua applicazione.

70      Nella sentenza del 2 giugno 2016, Falk Pharma (C-410/14, EU:C:2016:399), la scelta era rimessa al paziente mentre, nella sentenza del 1º marzo 2018, Tirkkonen (C-9/17, EU:C:2018:142), al beneficiario dell’aiuto in questione.

71      Articolo 9, paragrafi 1 e 2, del decreto 181/2017.

72      Articolo 17 del decreto 181/2017.

73      Articolo 19 del decreto 181/2017.

74      Articolo 19, paragrafo 1, del decreto 181/2017.

75      V. supra, paragrafi 69 e 70.

76      L’articolo 3, lettera d), e l’articolo 21, paragrafo 1, del decreto 181/2017 forniscono una definizione della nozione di «accordi sociali», che fa riferimento a «documenti» che formalizzano l’accordo tra l’amministrazione e gli enti sociali.

77      V., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2007, Auroux e a. (C-220/05, EU:C:2007:31, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

78      V., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2005, Commissione/Francia (C-264/03, EU:C:2005:620, punto 36) e del 22 aprile 2021, Commissione/Austria (Locazione di un edificio non ancora costruito) (C-537/19, EU:C:2021:319, punto 43).

79      V., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2018, IBA Molecular Italy (C-606/17, EU:C:2018:843, punto 28).

80      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, solo un contratto concluso a titolo oneroso può costituire un appalto pubblico rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18 [v. sentenze del 25 marzo 2010, Helmut Müller (C-451/08, EU:C:2010:168, punto 47) e del 21 dicembre 2016, Remondis (C-51/15, EU:C:2016:985, punto 43)]. Sebbene la direttiva 2014/24 abbia abrogato la direttiva 2004/18, tale condizione è prevista in termini analoghi nelle due direttive. Tale giurisprudenza può quindi applicarsi alla nuova direttiva.

81      Sentenza del 10 settembre 2020, Tax-Fin-Lex (C-367/19, EU:C:2020:685, punti 25 e 26 e giurisprudenza ivi citata).

82      V., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2010, Helmut Müller (C-451/08, EU:C:2010:168, punti da 60 a 62).

83      V. articolo 11, paragrafo 1, lettera c), del decreto 181/2017.

84      V. sentenze del 12 luglio 2001, Ordine degli Architetti e a. (C-399/98, EU:C:2001:401, punto 77), e del 18 gennaio 2007, Auroux e a. (C-220/05, EU:C:2007:31, punto 45). È utile osservare che, nelle sue conclusioni nella causa Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a. (C-159/11, EU:C:2012:303, paragrafo 32), l’avvocato generale Trstenjak ha dichiarato che «si può sostenere che soltanto un’interpretazione estensiva della nozione di “titolo oneroso” soddisfa la finalità delle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti, consistente nell’apertura dei mercati ad una concorrenza effettiva».

85      V. articolo 2, paragrafi 1 e 2, del decreto 181/2017.

86      V. sentenze del 29 novembre 2007, Commissione/Italia (C-119/06, non pubblicata, EU:C:2007:729, punti da 37 a 41); del 23 dicembre 2009, CoNISMa (C-305/08, EU:C:2009:807, punti 30 e 45); e del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a. (C-159/11, EU:C:2012:817, punto 26). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:291, paragrafo 24 e giurisprudenza ivi citata).

87      La circostanza che il decreto 181/2017 escluda gli enti che perseguono scopi di lucro dalla prestazione dei servizi sociali di cui trattasi sarà oggetto di esame nella sezione III.B.3 delle presenti conclusioni.

88      V. giurisprudenza citata alla nota 86.

89      V. sezione III.B.1 delle presenti conclusioni.

90      L’ASADE sostiene che i servizi di cui trattasi non rientrano tra i servizi esclusi dalla direttiva ai sensi del considerando 6 e dell’allegato XIV (codice CPV 75300000-9) e, nella sua risposta scritta ai quesiti posti dalla Corte, sembra suggerire che i servizi in questione rientrino nei codici CPV da 85000000-9 a 85321000-5. Tale affermazione deve essere esaminata dal giudice del rinvio, il solo competente a interpretare la normativa nazionale di cui trattasi.

91      V., per analogia, sentenza del 21 marzo 2019, Falck Rettungsdienste e Falck (C-465/17, EU:C:2019:234, punto 37).

92      Tale disposizione precisa che si tratta dell’importo al netto dell’imposta sul valore aggiunto.

93      Devo tuttavia sottolineare che taluni appalti possono avere una dimensione transfrontaliera anche se il loro importo è inferiore alla soglia summenzionata, ad esempio se la procedura di appalto si svolge in zone vicine alle frontiere con altri Stati membri dell’Unione [v., in tal senso, sentenze del 15 maggio 2008, SECAP e Santorso (C-147/06 e C-148/06, EU:C:2008:277, punto 31) e del 17 novembre 2015, RegioPost (C-115/14, EU:C:2015:760, punto 51)]. Tale estensione non sembra applicarsi al caso di specie.

94      V., per analogia, ordinanza del 7 luglio 2016, Sá Machado & Filhos (C-214/15, non pubblicata, EU:C:2016:548, punto 29).

95      V., in tal senso, considerando 1 della direttiva 2014/24.

96      Secondo una giurisprudenza costante, le sole deroghe consentite all’applicazione della direttiva 2014/24 sono quelle in essa espressamente menzionate (v. sentenza del 18 gennaio 2007, Auroux e a. (C-220/05, EU:C:2007:31, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

97      Sulla genesi legislativa degli appalti riservati ai sensi dell’articolo 20, v. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Conacee (C-598/19, EU:C:2021:349, paragrafo 60).

98      Sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810).

99      Conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Conacee (C-598/19, EU:C:2021:349, paragrafo 40).

100      Sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punti da 24 a 28).

101      Sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punto 28).

102      Sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

103      Per quanto riguarda la direttiva 2004/18, la Corte ha dichiarato che, qualora appalti pubblici di trasporto sanitario possano essere inclusi tra gli appalti di servizi rientranti nell’allegato II B di tale direttiva e, pertanto, non siano soggetti all’insieme delle sue disposizioni, tali appalti possono essere riservati ad associazioni di volontariato senza con ciò violare il principio della parità di trattamento (sentenza dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a., C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 59).

104      I lavori preparatori dell’articolo 77 non forniscono molte indicazioni quanto alla sua interpretazione, poiché tale disposizione non figurava, inizialmente, nella proposta legislativa della Commissione [v. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici [COM(2011) 0896 definitivo – 2011/0438 (COD)] ed è stata aggiunta in una fase successiva della procedura legislativa [v. posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 15 gennaio 2014 in vista dell’adozione della direttiva 2014/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2014/18/CE (EP-PE_TC1-COD(2011)0438)].

105      Secondo alcuni autori, tale disposizione è stata introdotta al fine di tener conto delle esigenze specifiche del Regno Unito. Essa è applicabile soltanto a un determinato sottoinsieme di servizi del regime semplificato (v. Turudic, pag. 867, citato supra, alla nota 67, e la dottrina citata da tale autore). Tale approccio è confermato dalle ultime due frasi del considerando 118 della direttiva 2014/24, le quali implicano che taluni servizi rientranti nel regime semplificato possano essere assoggettati al regime previsto all’articolo 77 della direttiva.

106      Come precisato dal governo norvegese, l’articolo 77 della direttiva 2014/24 concerne la possibilità di riservare appalti a talune società di nuova costituzione da parte di persone precedentemente impiegate nel settore pubblico. Esso non è limitato alle organizzazioni senza scopo di lucro, ma riguarda altresì enti commerciali.

107      V. articoli da 48 a 51 della direttiva 2014/24.

108      Considerando 1 della direttiva 2014/24. V. anche sentenza del 3 ottobre 2019, Irgita (C-285/18, EU:C:2019:829, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

109      V., supra, paragrafo 83.

110      V., in particolare, sentenza del 14 dicembre 2004, Swedish Match (C-210/03, EU:C:2004:802, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

111      V., in particolare, sentenza del 1º marzo 2011, Association belge des Consommateurs Test-Achats e a. (C-236/09, EU:C:2011:100, punto 29).

112      V., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punto 38).

113      La stessa convenuta attribuisce un peso notevole a tale aspetto allorché sottolinea che la direttiva 2014/24 mira a tener conto delle caratteristiche specifiche dei servizi alle persone (v. punto 17 delle osservazioni della convenuta).

114      V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punti da 42 a 44 e giurisprudenza ivi citata). V., per analogia, sentenze del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887, punto 25), e del 26 aprile 2012, Commissione/Paesi Bassi (C-508/10, EU:C:2012:243, punto 75).

115      V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Conacee (C-598/19, EU:C:2021:810, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

116      V., supra, paragrafo 122.

117      Ad esempio, se il valore degli appalti pubblici non raggiunge la soglia prevista all’articolo 4, lettera d), della direttiva 2014/24, esso non è soggetto alle disposizioni di tale direttiva.

118      V., in tal senso, sentenze del 15 maggio 2008, SECAP e Santorso (C-147/06 e C-148/06, EU:C:2008:277, punti 20 e 21); dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440, punti 45 e 46); del 18 dicembre 2014, Generali-Providencia Biztosító (C-470/13, EU:C:2014:2469, punto 32); e del 16 aprile 2015, Enterprise Focused Solutions (C-278/14, EU:C:2015:228, punto 16).

119      V. sentenza del 16 febbraio 2021, Costa e Cifone (C-72/10 e C-77/10, EU:C:2012:80, punti da 70 a 73 e giurisprudenza ivi citata).

120      V., supra, paragrafo 94.

121      A differenza delle cause in cui la Corte ha dichiarato il rinvio irricevibile, poiché il giudice del rinvio non aveva fornito alla Corte informazioni sull’esistenza di una dimensione transfrontaliera [v., in particolare, sentenza del 6 ottobre 2016, Tecnoedi Costruzioni (C-318/15, EU:C:2016:747)], nella causa in esame il procedimento principale verte su un ricorso di annullamento, il che implica che si applica il punto 51 della sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C-268/03, EU:C:2005:487) (v. supra, paragrafo 38). Pertanto, una siffatta dimensione è presunta.

122      V., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2005, Coname (C-231/03, EU:C:2005:487, punto 20).

123      Nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 50), la Corte ha dichiarato che i principi generali di trasparenza e di parità di trattamento «derivano» dagli articoli 49 e 56 TFUE.

124      V., in tal senso, sentenze del 12 luglio 1984, Klopp (107/83, EU:C:1984:270, punto 19); del 7 luglio 1988, Stanton e L’Étoile 1905 (143/87, EU:C:1988:378, punto 11); del 29 aprile 2004, Commissione/Portogallo (C-171/02, EU:C:2004:270, punto 42); e del 9 settembre 2010, Engelmann (C-64/08, EU:C:2010:506, punto 28).

125      V., in particolare, sentenza del 13 novembre 2008, Coditel Brabant (C-324/07, EU:C:2008:621, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

126      Sentenza del 22 ottobre 2015 (C-552/13, EU:C:2015:713).

127      La causa riguardava appalti pubblici nel settore della sanità, rientranti nell’ambito di applicazione dell’allegato II B della direttiva 2004/18.

128      Sentenza del 22 ottobre 2015, Grupo Hospitalario Quirón (C-552/13, EU:C:2015:713, punto 28).

129      Ibidem, punti da 29 a 33.

130      Un criterio analogo è previsto all’articolo 64, paragrafo 3, lettera a), della legge 5/1997.

131      Sentenza del 22 ottobre 2015 (C-552/13, EU:C:2015:713, punto 29)

132      Sentenza dell’11 luglio 2013 (C-57/12, EU:C:2013:517, punto 42).

133      Ibidem, punto 43, che rinvia al Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2007.

134      V., supra, paragrafo 56.

135      Sentenza dell’11 luglio 2013 (C-57/12, EU:C:2013:517).

136      Ibidem, punto 44. A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che il giudice del rinvio doveva verificare l’esistenza di un atto di pubblica potestà che conferisse in modo chiaro e trasparente agli operatori dei centri di accoglienza diurni e dei centri di accoglienza notturni in questione un vero e proprio obbligo di garantire siffatti servizi, rispettando determinate condizioni di esercizio specifiche, e se un siffatto accreditamento potesse pertanto essere ritenuto un atto di conferimento di un incarico ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi (sentenza dell’11 luglio 2013, Femarbel, C-57/12, EU:C:2013:517, punto 52).

137      V., supra, paragrafi 42 e 43.

138      V., supra, paragrafo 128.

139      V., ad esempio, sentenze del 5 febbraio 2015, Commissione/Belgio (C-317/14, EU:C:2015:63, punto 22), e del 20 dicembre 2017, Simma Federspiel (C-419/16, EU:C:2017:997, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

140      V., in tal senso, sentenza del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

141      V., per analogia, sentenza del 27 febbraio 2020, Commissione/Belgio (Contabili) (C-384/18, EU:C:2020:124, punto 76).

142      Sentenze del 27 ottobre 2005, Commissione/Spagna (C-158/03, non pubblicata, EU:C:2005:642, punto 70) e del 27 ottobre 2005, Contse e a. (C-234/03, EU:C:2005:644, punto 41). Più precisamente, la Corte ha dichiarato che le libertà fondamentali ostano a un criterio di selezione che tenga conto, attribuendo punti supplementari, della vicinanza di una struttura al luogo in cui devono essere prestati i servizi, qualora tale criterio sia applicato in modo discriminatorio, non sia giustificato da motivi imperativi di interesse pubblico né sia idoneo a garantire il conseguimento dello scopo perseguito o vada al di là di quanto necessario per il raggiungimento di questo, circostanze che spetta al giudice nazionale accertare (sentenza del 27 ottobre 2005, Contse e a. (C-234/03, EU:C:2005:644, punto 79).

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