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Consiglio di Stato, Sez. IV, 9/2/2022 n. 945
Sulla rimessione all’Adunanza plenaria della questione relativa all’azione risarcitoria se il ricorso è diventato improcedibile

In considerazione dei vari orientamenti giurisprudenziali formatisi sull'ambito di applicazione dell'art. 34, c.3, del c.p.c.(che dovrebbe corrispondere all'interesse di ottenere la riparazione di un possibile danno derivante dal provvedimento illegittimo) la Iv Sezione ritiene di deferire le seguenti questioni all'esame dell'Ad.Plenaria del Consiglio di Stato e di sottoporre i seguenti quesiti, ai sensi dell'art. 99, c. 1, del c.p.a.:
- se - per procedersi all'accertamento dell'illegittimità dell'atto ai sensi dell'art. 34, c.3, c.p.a., quando la domanda d'annullamento sia diventata improcedibile - sia sufficiente formulare un'istanza generica ed espressiva dell'interesse a un accertamento strumentale alla pretesa risarcitoria anche futura (e, in caso di risposta affermativa, se occorrano particolari modalità e se vi siano termini per la sua proposizione) oppure se occorra l'allegazione dei presupposti per la sua successiva proposizione (e, in caso di risposta affermativa, quali siano le modalità ed i termini per tale allegazione) oppure se sia necessaria la proposizione della domanda di risarcimento del danno, nell'ambito del medesimo giudizio nel quale si prospetta la possibile improcedibilità per sopravvenuta carenza d'interesse della domanda di annullamento o, in alternativa, in un autonomo giudizio (e, in caso di risposta affermativa, secondo quali modalità deve avvenire la formulazione di tale domanda);
- qualora si ritenga che, ai fini dell'accertamento di illegittimità ai sensi dell'art. 34, c. 3, c.p.a., sia sufficiente la sola allegazione degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria, se il giudice investito di questa domanda di accertamento possa comunque pronunciarsi su una questione 'assorbente' e dunque su ogni profilo costitutivo della fattispecie risarcitoria, in quanto - anche in assenza della formulazione della domanda risarcitoria - comunque la riscontrata infondatezza di uno degli elementi costitutivi dell'illecito è correlata alla concreta insussistenza dell'interesse espressamente richiesto per la declaratoria di cui all'art. 34, c. 3, c.p.a.


Materia: giustizia amministrativa / processo
Pubblicato il 09/02/2022

N. 00945/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01058/2021 REG.RIC.           

N. 01059/2021 REG.RIC.           

N. 01060/2021 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

sul ricorso numero di registro generale 1058 del 2021, proposto dalle signore Elisabetta Paccanaro e Maria Chiara Paccanaro e dalla società Prunle s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Sergio Dal Prà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, via Morgagni, n. 44;


contro

il Comune di Gallio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Sala, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 1059 del 2021, proposto dalle signore Elisabetta Paccanaro e Maria Chiara Paccanaro e dalla società Prunle s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Sergio Dal Pra', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, via Morgagni n. 44;

contro

il Comune di Gallio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Sala, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 1060 del 2021, proposto dalle signore Elisabetta Paccanaro e Maria Chiara Paccanaro e dalla società Prunle s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Sergio Dal Pra', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, via Morgagni, n. 44;

contro

il Comune di Gallio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Sala, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1058 del 2021:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 768 del 27 agosto 2020, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 1059 del 2021:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 769 del 27 agosto 2020, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 1060 del 2021:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 770 del 27 agosto 2020, resa tra le parti.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gallio;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2021 il consigliere Michele Conforti e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati Sergio Dal Prà e Giovanni Sala;


A. Il giudizio innanzi al Consiglio di Stato.

1. L’appello n.r.g. 1058/2021, l’appello n.r.g. 1059/2021 e l’appello n.r.g. 1060/2021, incardinati innanzi a questo Consiglio di Stato, attengono alle domande di annullamento, proposte, in primo grado, in tre distinti giudizi, nei confronti degli atti di pianificazione che hanno interessato, nel tempo, la proprietà dei soggetti indicati in epigrafe, ubicata nel Comune di Gallio.

B. I giudizi di primo grado.

2. Con il primo ricorso, la parte ricorrente ha gravato la deliberazione del consiglio comunale di Gallio n. 11/2013 di adozione del Piano di assetto del territorio, nella parte in cui tale strumento ha classificato l’area di sua proprietà come “Zona agricola di ammortizzazione e transizione”.

2.1. Con il primo motivo, la parte ricorrente ha dedotto che lo strumento urbanistico di cui trattasi sarebbe stato adottato con la deliberazione consiliare senza il coinvolgimento della Giunta comunale, così come invece espressamente previsto dall’art. 14 della legge regionale n. 11/2004, e senza alcuna valutazione sull’attualità dell’istruttoria già espletata in un precedente procedimento, il cui piano approvato è stato annullato in sede di ricorso straordinario.

2.2. Con il secondo motivo, si è gravato il provvedimento, evidenziando che la finalità «paesaggistica» della “zona di ammortizzazione e transizione”, nel caso di specie, muoverebbe da presupposti di difficile conoscibilità in considerazione che - se lo scopo perseguito dall’Amministrazione è quello di garantire la visuale sul paesaggio - esso risulterebbe comunque già frustrato dalla già compiuta urbanizzazione dell’area.

2.3. Con il terzo motivo, si è evidenziato che la scelta sarebbe illegittima, in quanto frutto di una disparità di trattamento rispetto ad aree contigue e, al contempo, non sorretta da adeguata motivazione.

2.4. Con il quarto motivo, si è lamentato che l’impugnata deliberazione sconterebbe gli effetti dell’illegittimità del rigetto dell’osservazione dei ricorrenti: nelle relative controdeduzioni il Comune avrebbe accennato alla possibilità di ammettere deroghe all’inedificabilità in sede di piano degli interventi, ma quest’ultimo troverebbe un limite nello stesso P.a.t. impugnato, il quale escluderebbe dall’ambito di disciplina del piano degli interventi le aree di cui trattasi.

3. Con il secondo ricorso, la parte ricorrente ha gravato la variante parziale al Piano regolatore generale del Comune di Gallio, adottata dal consiglio comunale con la deliberazione n. 9/2005 ed approvata con la successiva deliberazione n. 40/2005, nella parte in cui classifica l’area di sua proprietà come “zona Fc” destinata a «parco urbano», reiterando il «vincolo preordinato all’espropriazione» imposto dal previgente P.R.G..

3.1. Con la prima censura, si è dedotto che l’area presenterebbe una naturale vocazione edificatoria e sarebbe invece assente un interesse pubblico al mantenimento di un vincolo di inedificabilità in ragione – anche – della mancata attuazione della pregressa, analoga, destinazione a zona Fb (anch’essa fonte di un asserito vincolo di inedificabilità), e ciò non sarebbe stato valutato da parte dell’Amministrazione.

3.2. Con la seconda doglianza, si è affermato che la reiterazione del “vincolo” sarebbe avvenuta per una finalità diversa da quella inerente alla realizzazione di un’opera pubblica.

3.3. Con la terza censura, la parte ricorrente ha allegato che la nuova destinazione dell’area non sarebbe qualificabile come ad effetto conformativo, poiché, in tale ipotesi, il Comune avrebbe dovuto dar luogo ad una procedura di variante “ordinaria”, da assoggettarsi all’approvazione dell’Amministrazione regionale (competente secondo la legislazione regionale vigente ratione temporis).

3.4. Con la quarta doglianza, si è poi dedotto che, qualora la nuova previsione fosse da considerarsi conformativa, la medesima risulterebbe comunque non legittima, in quanto gli standard di piano sarebbero superiori a quelli necessari e previsti dalla legge regionale n. 61 del 1985, sicché la destinazione impressa si sarebbe dovuta basare su una specifica ed approfondita motivazione.

4. Con il terzo ricorso, la parte ricorrente ha gravato la variante parziale al Piano regolatore generale del Comune di Gallio n. 1/2003, adottata dal Consiglio comunale con la deliberazione n. 12/2003 e definitivamente approvata dalla Giunta regionale con la deliberazione n. 501/2006, nella parte in cui essa non avrebbe tenuto conto, dichiarandola “non pertinente”, della richiesta del ricorrente di rendere l’area di sua proprietà edificabile, con previsione di cessione di parte di essa a fini perequativi.

4.1. Con la prima censura, la parte ricorrente ha dedotto che la variante avrebbe dovuto consentire l’edificabilità delle aree dei residenti a condizione che si trattasse di aree situate in aderenza a zone dotate di opere di urbanizzazione e di servizi pubblici, come avverrebbe per il fondo di sua proprietà.

4.2. Con la seconda censura, si è poi affermato che l’area sarebbe in possesso dei necessari requisiti per ottenere questa destinazione urbanistica, in considerazione della sua prossimità alle zone omogenee B e C1.

4.3. Con la terza censura, si è allegato che l’Amministrazione si sarebbe discostata dalle linee di pianificazione precedentemente prefissate.

4.4. Con la quarta censura, si è infine dedotto che sussisterebbe il vizio di disparità di trattamento, in quanto l’Amministrazione avrebbe accolto altre analoghe richieste di destinazione edificatoria, respingendo quella dell’interessato.

5. Nel primo dei giudizi incardinati, il Comune di Gallio non si è costituito e, con l’ordinanza n. 258/2019, il T.a.r. ha domandato al responsabile dell’Ufficio tecnico una relazione concernente i fatti sopravvenuti alla proposizione del ricorso, nella quale il tecnico interpellato ha rappresentato che, con il piano degli interventi approvato nel 2016, l’area sarebbe stata, in gran parte, riclassificata in zona B1, con parziale incremento volumetrico.

6. Nel secondo e nel terzo giudizio si è costituito il Comune di Gallio, il quale, con una memoria depositata in ciascuna controversia, ha evidenziato che, in ragione della sopravvenuta disciplina urbanistica e, segnatamente, con l’approvazione della prima variante al Piano degli interventi (P.I.), impugnata dall’interessata, nei limiti del suo interesse, con il ricorso n.r.g. 632/2019 (in appello, n.r.g. 1061/2021), non sarebbe più attuale l’interesse alla coltivazione di ciascuno dei suddetti gravami.

7. In ciascuno dei giudizi di primo grado, la ricorrente ha depositato una memoria con la quale ha allegato che “permane l’interesse ad ottenere la declaratoria di illegittimità di tutti gli atti impugnati ai fini risarcitori, come da stima già prodotta dei danni patiti a causa della mancata conformazione edificatoria dei terreni”.

8. Con le sentenze innanzi indicate, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha dichiarato improcedibili i ricorsi per sopravvenuta carenza d’interesse, in ragione delle modifiche della disciplina urbanistica dell’area, rilevando che le allegazioni di parte non sarebbero state sufficienti “per giungere all’accertamento incidentale della fondatezza della pretesa sostanziale azionata dalla stessa parte ricorrente in considerazione che essa non ha dato conto, neppure genericamente, della sussistenza o meno di tutti gli altri elementi costitutivi dell’illecito”.

C. L’impugnazione delle sentenze di primo grado.

9. Gli interessati hanno proposto appello avverso ciascuna delle suindicate sentenze di improcedibilità pronunciate in primo grado, deducendo che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., per l’accertamento dell’illegittimità di un atto o di un provvedimento superato da una successiva determinazione dell’amministrazione, non sarebbe necessario aver proposto quella risarcitoria, contestualmente alla domanda di annullamento, e neppure aver allegato nel relativo giudizio i presupposti in base ai quali si procederà alla successiva proposizione della domanda risarcitoria, essendo sufficiente la formulazione dell’istanza con cui si manifesta al giudice l’interesse ad una declaratoria dell’illegittimità dell’atto per l’eventuale proposizione di una domanda risarcitoria.

D. La disposizione da applicare per la definizione dei giudizi pendenti e gli orientamenti interpretativi emersi in Consiglio di Stato.

10. A tale riguardo, giova premettere che l’art. 34, comma 3, c.p.a., prevede che “Quando nel corso del giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

11. Secondo il Collegio può dirsi oramai superata quell’interpretazione della disposizione secondo cui l’accertamento dovrebbe essere compiuto anche d’ufficio dal giudice amministrativo, poiché la domanda d’accertamento dovrebbe essere considerata un minus rispetto a quella d’annullamento e già contenuta in quest’ultima (Cons. Stato, Sez. V, 28 luglio 2014, n. 3997; Sez. VI, 18 luglio 2014, n. 3848; Sez. IV, 18 maggio 2012 n. 2916; Sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817).

12. Sulla base di un primo orientamento di questo Consiglio (definito “orientamento tradizionale”, dalla sentenza n. 4597/2020), cui fa riferimento l’appellante per sostenere le sue deduzioni, a radicare l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto sarebbe sufficiente la sola deduzione dell’interessato di voler proporre in un futuro giudizio la domanda risarcitoria (Cons. Stato, Sez. V, 2 luglio 2020, n. 4253; Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2447; Sez. VI, 4 maggio 2018, n. 2651; Sez. IV, 5 dicembre 2016, n. 5102; Sez. IV, 16 giugno 2015, n. 2979; Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3939; Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1231; Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6539);

13. Sulla base di un secondo orientamento (definito “orientamento più recente”, dalla medesima sentenza n. 4597/2020), per radicare l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto sarebbe necessario allegare, unitamente all’istanza, i presupposti della successiva domanda risarcitoria (Cons. Stato, Sez. VI, 11 ottobre 2021, n. 6824; Sez. III, 4 febbraio 2021, n. 1059; Sez. II, 5 ottobre 2020, n. 5866; Sez. III, 22 luglio 2020, n. 4681; Sez. III, 29 gennaio 2020, n. 736; Sez. IV, 17 gennaio 2020, n. 418; Sez. III, 8 gennaio 2018, n. 5771; Sez. V, 28 febbraio 2018, n. 1214; sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4033; Sez. V, 15 marzo 2016, n. 1023; Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703).

13.1. Partendo dal secondo orientamento, è poi possibile enucleare un ulteriore sotto-orientamento, che richiede, almeno, che si “comprovi sulla base di elementi concreti il danno ingiustamente subito” (Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2018, n. 1214; e, forse, anche Cons. Stato, Sez. III, 29 gennaio 2020, n. 736).

E. Le osservazioni del Collegio sugli orientamenti sopra richiamati.

14. Questo Collegio ritiene opportuno sottoporre all’esame dell’Adunanza Plenaria alcune osservazioni relative agli orientamenti sopra esposti e prospettare una sua soluzione ricostruttiva della disposizione in esame.

15. In relazione al primo orientamento, si premette che l’interesse ad agire consiste nella “prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall’effettiva utilità che potrebbe derivare a quest’ultimo dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato” (Cons. Stato, Ad. plen. n. 4/2018, punto 16.8; ribadito da Cons. Stato, Ad. plen., n. 22/2021, punto 5);

16. Applicando i principi posti a base del primo orientamento, si osserva che, in realtà, si consente che l’interesse ad agire in giudizio - di chi domanda l’accertamento dell’illegittimità ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a. (che dovrebbe corrispondere all’interesse di ottenere la riparazione di un possibile danno derivante dal provvedimento illegittimo) - non sia né allegato né tantomeno comprovato.

Si potrebbe pertanto affermare che non sarebbe sufficiente la mera affermazione di “voler proporre in futuro una domanda risarcitoria”, per ritenersi radicato l’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto.

Infatti, una tale affermazione sulla intenzione di proporre in futuro un ulteriore ricorso potrebbe risultare in contrasto con il consolidato orientamento secondo cui l’interesse ad agire deve essere “concreto e attuale” (da ultimo, si veda anche Cons. Stato, Ad. Plen., 9 dicembre 2021 n. 22).

17. Inoltre, un simile orientamento – sulla sufficienza della mera deduzione di voler proporre un futuro ricorso - potrebbe risultare anche in antitesi con le affermazioni di principio secondo cui la funzione giurisdizionale costituisce una ‘risorsa scarsa’ (Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015 n. 5; Cass civ., Sez. un., 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243), il cui impiego non va dunque ammesso in caso di ‘domande esplorative’, quale sarebbe, per l’appunto, l’istanza formulata per conoscere di eventuali profili di illegittimità dell’atto, senza che sia effettivamente incardinata una domanda risarcitoria e nell’eventualità (che diviene certezza, ove i profili di illegittimità non vengano riscontrati) che una tale domanda non venga incardinata mai.

Ad avviso del Collegio, seri dubbi sulla condivisibilità di tale orientamento derivano anche dal principio sancito dall’art. 97 della Costituzione sul buon andamento dei pubblici uffici (applicabile anche per l’esercizio della amministrazione della giustizia, come chiarito dalla Corte Costituzionale con le sentenze 18 gennaio 1989, n. 18, § 27, e 7 maggio 1982, n. 86), poiché si porrebbe quale intralcio al dovere di dirimere le liti effettivamente pendenti una disposizione che imponga invece al giudice di decidere ‘in astratto’ su profili anche complessi, col concreto rischio che le relative statuizioni – secundum eventum – riguardino una domanda che non sia stata proposta e che neppure lo sarà.

18. Considerazioni pressoché analoghe potrebbero essere formulate con riferimento al secondo orientamento, poiché esso potrebbe risultare soltanto in apparenza più rigoroso del primo, in quanto allegare gli elementi costitutivi di una futura domanda risarcitoria risulta un’operazione non particolarmente complessa ai fini di una cognizione di tali profili.

19. In ogni caso, rileva la Sezione che l’art. 34, comma 3, c.p.a. potrebbe essere comunque interpretato nel senso che – tenuto conto della complessiva disciplina riguardante la tutela risarcitoria nel caso di lesione arrecata all’interesse legittimo – il giudice amministrativo possa non esaminare le censure formulate avverso il provvedimento impugnato, allorquando comunque risulti insussistente uno degli altri elementi costitutivi della fattispecie.

Si pensi al caso, del tutto frequente, in cui emerga senz’altro l’assenza della rimproverabilità dell’Autorità che ha emanato l’atto impugnato, per la complessità del caso o perché essa ha tenuto conto di un orientamento giurisprudenziale, rispetto al quale ve ne sia un altro contrapposto: ad avviso di questo Collegio, sarebbe del tutto inappropriato che il giudice amministrativo debba esaminare i motivi di ricorso e prendere posizione su quale sia l’orientamento giurisprudenziale preferibile, quando poi la domanda risarcitoria debba essere respinta, proprio perché comunque – quand’anche l’atto impugnato sia risultato illegittimo – non si configura alcuna responsabilità.

19.1. Si pone, cioè, la delicata questione di principio sul se – in sede di applicazione dell’art. 34, comma 3 - il giudice amministrativo possa anche non esaminare con priorità le questioni sulla “ingiustizia del danno” e dunque i profili di legittimità del provvedimento gravato, in base ai motivi di ricorso formulati per sostenere la domanda di annullamento, e possa invece senz’altro escludere – con conseguenze ‘assorbenti’ - il “nesso di causalità”, la “spettanza del bene della vita”, la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito o il “danno patrimoniale o non patrimoniale”.

Le relative questioni sono anche connesse all’altra questione su come si coordini l’applicazione del medesimo comma 3 con il principio della domanda, e cioè sul se il giudice – una volta che il ricorrente ne abbia chiesto l’applicazione - possa senz’altro escludere (senza dare l’avviso ai sensi dell’art. 73) che sussista uno degli elementi costitutivi dell’illecito: potrebbe risultare contraddittorio – oltre che contrario al principio del buon andamento della funzione giurisdizionale - affermare che da un lato il ricorrente possa meramente “preannunciare” la proposizione di una domanda risarcitoria e dall’altro che il giudice si debba pronunciare su un ‘frammento di domanda’ e non possa senz’altro escludere la responsabilità.

Sotto tale profilo, si potrebbe affermare che proprio la domanda ‘generica’ formulata ai sensi dell’art. 34, comma 3, consenta di per sé al giudice di valutare previamente se vada escluso un reale e serio interesse, a base della domanda.

F. Alcune possibili interpretazioni alternative dell’art. 34, comma 3, c.p.a..

20. Secondo il Collegio, sarebbe prospettabile un’ulteriore possibile interpretazione dell’art. 34, comma 3, nel senso che - una volta che nel giudizio di annullamento sopraggiunga o venga dichiarata la carenza di interesse della domanda di annullamento dell’atto impugnato - si potrebbe accertare l’illegittimità dell’atto solo se la domanda risarcitoria sia effettivamente formulata nel medesimo giudizio (qualora il processa penda in primo grado), con la proposizione di motivi aggiunti (proposti dalla parte proprio in previsione della possibile declaratoria di improcedibilità del giudizio, in ragione dell’eccezione di una delle parti resistenti o del rilievo officioso della questione), o in un autonomo giudizio, con un autonomo ricorso (qualora la parte proponga un separato giudizio oppure l’improcedibilità si verifichi nel giudizio di appello).

21. Tale interpretazione potrebbe risultare corroborata da diversi argomenti.

21.1. Per l’art. 34, comma 3, c.p.a., affinché vi sia una pronuncia di accertamento sull’illegittimità dell’atto, occorre che “sussist[a] l’interesse ai fini risarcitori”: tale indicativo presente postula la concreta sussistenza dell’interesse risarcitorio, il che, a rigore, si ha soltanto nelle due ipotesi prima indicate di effettiva proposizione della domanda risarcitoria ed è, di contro, escluso qualora la parte si limiti ad una mera enunciazione della sua futura proposizione (il che, peraltro, come si è sopra osservato, potrebbe avvenire soltanto secundum eventum litis, ossia se lo scrutinio ‘preliminare ed ipotetico’ richiesto abbia esito positivo: si tratterebbe dunque di un interesse a fini risarcitorio astratto, futuro e condizionato all’accertamento positivo dell’illegittimità).

21.2. Sempre muovendo dal dato letterale, si potrebbe affermare che il legislatore, se avesse voluto davvero consentire una ‘futura’ domanda risarcitoria, avrebbe adoperato non l’espressione “se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”, ma una ben diversa, del tipo “se è dichiarato un (futuro/eventuale) interesse a fini risarcitori” oppure “se sono allegati i presupposti di un (futuro/eventuale) interesse a fini risarcitori”.

21.3. L’interpretazione proposta potrebbe essere anche preferibile sul piano sistematico.

21.3.1. Infatti, l’art. 30, comma 3, c.p.a., prevede, di regola, che la domanda risarcitoria venga proposta “entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”.

21.3.2. Eccezionalmente, l’art. 30, comma 5, c.p.a., consente, qualora sia stata proposta la domanda di annullamento, che la domanda risarcitoria possa essere proposta entro il termine di 120 giorni, decorrente dalla pronuncia della “relativa sentenza”, ossia, per dirla con una formulazione meno ellittica, entro il termine di 120 giorni, decorrente dalla pronuncia della sentenza che accoglie la domanda di annullamento.

21.3.3. La medesima disposizione prevede, inoltre, che, laddove non si sia rispettato il termine di cui all’art. 30 comma 3, la domanda risarcitoria possa essere “formulata nel corso del giudizio” di annullamento.

Qualora si consenta di formulare la domanda risarcitoria entro il termine di 120 giorni decorrente dalla sentenza che accerta l’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., si potrebbe avere una soluzione non coerente con l’art. 30, comma 5, c.p.a.

L’art. 30, comma 5, c.p.a., risulterebbe coerente con l’art. 34, comma 3, c.p.a., qualora questo sia interpretato nel senso che la domanda risarcitoria sia “formulata nel corso del giudizio” di annullamento, come previsto proprio dall’art. 30, comma 5.

21.4. Sempre sul piano sistematico, questa interpretazione potrebbe risultare più coerente con la nozione di “interesse” cui il comma 3 fa riferimento e che, in linea di principio, dovrebbe essere quello processuale di cui all’art. 100 c.p.c., cioè diretto, concreto e attuale.

I due orientamenti surrichiamati, in definitiva, hanno attribuito rilievo ad un interesse “strumentale” ad una futura azione risarcitoria (così, testualmente, Cons. Stato, n. 4253/2020, punto 1.1.1.), il quale, tuttavia, nel nostro ordinamento, ha rilievo in presenza di una disposizione di legge o quando si tratti di dare tutela giurisdizionale a chi altrimenti non potrebbe averla (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020, Corte cost. n. 271 del 2019; Ad. plen. n. 4 del 2018; n. 9 del 2014).

21.5. Qualora risultassero condivisibili le osservazioni sopra esposte, si eviterebbe che la “scarsa” risorsa giurisdizionale sia impiegata a soli fini esplorativi e che la parte possa ‘costringere’ il giudice ad esaminare questioni che si potrebbero e si dovrebbero considerare irrilevanti, quando il giudice stesso – al quale sia sottoposta la piena cognizione della vicenda – ritenga che, se anche l’atto impugnato risulti illegittimo, non sia ravvisabile la responsabilità, per mancanza di un elemento costitutivo della fattispecie aquiliana (ad es., perché la questione è di particolare complessità), oppure – e con riferimento al ‘secondo orientamento’ – quando le allegazioni poste a base delle “prospettive” risarcitorie siano così esigue da far dubitare che, ragionevolmente, una domanda verrà poi proposta.

21.6. Qualora si dovesse affermare che la domanda risarcitoria vada comunque ‘proposta’ nel corso del medesimo giudizio, il giudice adito potrebbe dunque respingerla anche per profili differenti a quelli correlati alla legittimità dell’atto emanato (perché, ad es., non ravvisa la rimproverabilità della P.a. oppure non ritiene sussistente o adeguatamente provato il danno).

Si può anche ipotizzare che la domanda risarcitoria sia proponibile in un autonomo giudizio, da sospendere ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di quello inerente all’illegittimità del provvedimento: ove possibile, i due giudizi potranno essere riuniti.

21.7. Nella medesima prospettiva, si eviterebbe, inoltre, un defatigante allungamento dei processi e non soltanto in quei casi in cui la disamina in diritto delle censure di illegittimità sia di particolare complessità, ma anche in tutte le controversie in cui l’accertamento dell’illegittimità di un atto richieda necessariamente l’espletamento di taluni approfondimenti istruttori, ad es. mediante verificazioni o consulenze tecniche: si eviterebbe cioè che, per accertare l’illegittimità del provvedimento, nella prospettiva di una futura domanda risarcitoria, vengano compiute laboriose e dispendiose istruttorie su atti che enunciano un assetto di interessi peraltro oramai superato.

21.8. Seguendo l’impostazione proposta, potrebbe risultare maggiormente sicura l’attività amministrativa, anche nella prospettiva della programmazione di bilancio, in quanto la P.a. potrà conoscere, immediatamente, se la domanda risarcitoria viene proposta o meno, e non dovrà invece attendere la definizione del giudizio di accertamento e il futuro incardinarsi del giudizio risarcitorio.

21.9. Va sottolineato che, dall’esame dei casi concreti decisi dalle sentenze sopra citate, risulta come l’adesione all’uno o all’altro orientamento è stata sovente manifestata a supporto di una statuizione di rigetto dell’accertamento dell’illegittimità, negato in alcuni casi per mancanza della richiesta di parte, oppure, ove essa sia presente, perché manca la “compiuta allegazione” dei presupposti per la “futura proposizione dell’azione risarcitoria”.

22. Per evitare la ‘duplicazione di giudizi’ o ‘accertamenti astratti’ sui profili inerenti all’illegittimità del provvedimento a fini risarcitori, il Collegio ritiene, in subordine, che, anche a non voler ritenere necessaria la proposizione di una domanda risarcitoria che investa anche i profili del “quantum”, sia almeno necessaria una domanda che investa gli elementi costitutivi dell’“an”.

22.1. Tale interpretazione darebbe comunque modo al giudice investito della domanda ex art. 34, comma 3, c.p.a. di valutare la sussistenza dell’interesse ad un simile accertamento.

22.2. La fattispecie risarcitoria si compone di più elementi costitutivi e l’ingiustizia del danno – che nell’illecito commesso dall’amministrazione, mediante l’esercizio di poteri autoritativi, corrisponde all’emanazione di un atto o di un provvedimento illegittimo a danno di un interesse legittimo del privato – costituisce soltanto uno di questi elementi.

22.3. A questo elemento, si affiancano, infatti, il nesso di causalità, il giudizio prognostico circa la spettanza del bene della vita, la colpevolezza dall’amministrazione (salve le regole peculiari in tema di appalti pubblici) e il danno arrecato al destinatario del provvedimento.

22.4. Si potrebbe dunque affermare che la domanda di accertamento dell’illegittimità – proposta ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a. e genericamente ipotizzabile l’an della responsabilità - risulterebbe priva di interesse ogniqualvolta, esaminati gli atti di causa, il giudice ritenesse insussistente uno degli altri elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria.

E, sotto tale profilo, si potrebbe affermare che, una volta formulata la ‘domanda generica su una ipotetico an della responsabilità’, la parte sia consapevole della possibilità che la domanda sia sostanzialmente decisa in senso negativo dal giudice, con una sentenza che rilevi l’insussistenza dell’illecito e sia idonea anche sotto tale profilo a passare in giudicato.

G. I quesiti da sottoporre all’Adunanza Plenaria.

23. In considerazione dei vari orientamenti giurisprudenziali formatisi sull’ambito di applicazione dell’art. 34, comma 3, del c.p.c., la Sezione ritiene di deferire le seguenti questioni all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e di sottoporre i seguenti quesiti, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del c.p.a.:

- se - per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., quando la domanda d’annullamento sia diventata improcedibile - sia sufficiente formulare un’istanza generica ed espressiva dell’interesse a un accertamento strumentale alla pretesa risarcitoria anche futura (e, in caso di risposta affermativa, se occorrano particolari modalità e se vi siano termini per la sua proposizione) oppure se occorra l’allegazione dei presupposti per la sua successiva proposizione (e, in caso di risposta affermativa, quali siano le modalità ed i termini per tale allegazione) oppure se sia necessaria la proposizione della domanda di risarcimento del danno, nell’ambito del medesimo giudizio nel quale si prospetta la possibile improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse della domanda di annullamento o, in alternativa, in un autonomo giudizio (e, in caso di risposta affermativa, secondo quali modalità deve avvenire la formulazione di tale domanda);

- qualora si ritenga che, ai fini dell’accertamento di illegittimità ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., sia sufficiente la sola allegazione degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria, se il giudice investito di questa domanda di accertamento possa comunque pronunciarsi su una questione ‘assorbente’ e dunque su ogni profilo costitutivo della fattispecie risarcitoria, in quanto – anche in assenza della formulazione della domanda risarcitoria – comunque la riscontrata infondatezza di uno degli elementi costitutivi dell’illecito è correlata alla concreta insussistenza dell’interesse espressamente richiesto per la declaratoria di cui all’art. 34, comma 3, c.p.a.

La Sezione, in sede di definizione del giudizio, applicherà i principi formulati dall’Adunanza Plenaria.

Ogni ulteriore statuizione, anche sulle spese, resta dunque riservata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sugli appelli n.r.g. 1058/2021, 1059/2021 e 1060/2021, riservata ogni altra decisione, ne dispone il deferimento all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’Adunanza Plenaria.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Conforti Luigi Maruotti
 
 
 

IL SEGRETARIO


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