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Consiglio di Stato, Adunanza Sezione I, 30/3/2022 n. 1592
Sulla gestione della farmacia comunale mediante società in house e normativa sostanziale e processuale applicabile

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

Numero 00687/2022 e data 30/03/2022 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 26 gennaio 2022


NUMERO AFFARE 01592/2019

OGGETTO:

Ministero della salute.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da Francesca Pascale e Maurizio Bolognini, in qualità di soci e legali rappresentanti della "Farmacia Bolognini Snc di Bolognini Maurizio & C.", con sede in Castel Bolognese, avverso la deliberazione della Giunta dell'Unione della Romagna Faentina n. 189 del 18 ottobre 2018, avente ad oggetto “Revisione biennale della pianta organica delle farmacie situate nei comuni dell'Unione della Romagna Faentina (Brisighella - Casola Valsenio - Castel Bolognese - Faenza - Riolo Terme - Solarolo) ai sensi dell'art. 4 della L.R. n. 2 del 03/03/2016 – Approvazione”, nella parte in cui istituisce la nuova sede farmaceutica straordinaria n. 3 di Castel Bolognese;
ricorso per motivi aggiunti avverso la deliberazione del Consiglio comunale n. 20 dell'8 aprile 2019 avente ad oggetto “Farmacia comunale di Castel Bolognese decisioni della gestione attraverso Sfera s.r.l. (società pubblica in house)”, contro il comune di Castel Bolognese e l'Unione della Romagna Faentina, e nei confronti della Regione Emilia Romagna, dell’AUSL della Romagna, della società Sfera s.r.l.;

LA SEZIONE

Vista la nota prot. n. DGDMF 0062582-P del 6 novembre 2019 di trasmissione della relazione (pervenuta in data 12 novembre 2019) con la quale il Ministero della salute ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

visto il parere interlocutorio 25 novembre 2020, n. 1937;

vista la nota del Ministero della salute 27 maggio 2021, n. 38698;

visto il parere interlocutorio 16 agosto 2021 n. 1404;

vista la nota del Ministero della salute 11 novembre 2021, n. 80700;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri;


Premesso.

1. I ricorrenti, titolari di una delle due farmacie situate lungo la via Emilia nel comune di Castel Bolognese, con ricorso introduttivo chiedono l’annullamento della deliberazione della Giunta dell'Unione della Romagna Faentina n. 189 del 18 ottobre 2018 nella parte in cui istituisce la nuova sede farmaceutica straordinaria n. 3 di Castel Bolognese.

In particolare, con un unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell’articolo 11, comma 1, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. decreto crescitalia-liberalizzazioni) ed eccesso di potere per illogicità e sviamento, contestando la collocazione della terza nuova sede farmaceutica “straordinaria”.

L'Unione della Romagna Faentina, l'Ausl della Romagna e il comune di Castel Bolognese hanno presentato controdeduzioni.

2. Con ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha sottoposto a gravame la deliberazione del Consiglio comunale n. 20 dell'8 aprile 2019 con cui il Comune, dopo avere esercitato il diritto di prelazione sulla nuova sede con deliberazione della Giunta comunale n. 189 del 2018, ha disposto l’affidamento diretto del servizio di farmacia comunale alla società operante in house providing Sfera s.r.l.

Parte ricorrente deduce quattro censure:

a. violazione dell’articolo 9 l. 475/98 (come modificato dall’articolo 10 della l. 362/91) perché, stante la prevalenza delle norme di settore in materia di gestione del servizio farmaceutico rispetto alle norme che in generale disciplinano i servizi pubblici locali, non sarebbe possibile l’affidamento della gestione della farmacia col ricorso al modulo dell’in house, ma solo secondo i moduli di gestione previsti dal citato articolo 9 (in economia, mediante azienda municipalizzata o consortile, e mediante società partecipata con i dipendenti farmacisti);

b. violazione dell’articolo 9 l. 475/98 sotto altro aspetto, perché l’affidamento in house sarebbe avvenuto in favore di una società che non è partecipata dal comune di Castel Bolognese, ma dal consorzio (al quale partecipa il comune) e da altri comuni, senza dunque alcuna partecipazione diretta nella compagine sociale di Sfera s.r.l.;

c. violazione dell’articolo 2598 n. 3 c.c. ed eccesso di potere per disparità di trattamento; esercizio di posizione dominante da parte di Sfera anche in violazione dell’art. 101- 102 TFUE. Ciò in quanto la società Sfera, che non ha partecipato ad alcuna procedura di evidenza pubblica, avrebbe avuto un accesso privilegiato al mercato in violazione dei principi generali sulla concorrenza e sulla parità di trattamento ed avrebbe consolidato una posizione dominante nel mercato di riferimento;

d. violazione dell’articolo 97 Cost, eccesso di potere per illogicità e violazione dei criteri di economicità, poiché la somma che la società Sfera si è impegnata a pagare al Comune per i primi cinque anni (€ 6000 annui) sarebbe irrisoria con grave nocumento per l’interesse pubblico.

Il Comune di Castel Bolognese (con memoria del 25 luglio 2019), la società Sfera s.r.l. (con memoria del 18 luglio 2019), l'Unione della Romagna Faentina (con memoria del 3 aprile 2019) e l’AUSL della Romagna (con memoria dell’8 aprile 2019) hanno presentato controdeduzioni al ricorso introduttivo e al ricorso per motivi aggiunti.

3. Il Ministero con la relazione trasmessa al Consiglio di Stato il 6 novembre 2019, esaminati il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti, rilevata l’inammissibilità del solo ricorso per motivi aggiunti ai sensi dell'articolo 120, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2010, ha concluso per l’infondatezza di entrambi.

Inoltre, il Ministero, unitamente alla relazione, il 6 novembre 2019 ha trasmesso la documentazione aggiuntiva prodotta da parte ricorrente il 3 ottobre 2019 e, in particolare, una “perizia urbanistica relativa alla revisione della pianta organica del comune di Castel Bolognese di cui alla deliberazione della Giunta dell’Unione della Romagna Faentina . 189 del 18 ottobre 2018” che dimostrerebbe l’irrazionale collocazione della nuova farmacia.

4. Con parere 25 novembre 2020, n. 1937, la Sezione ha invitato il Ministero a:

1. predisporre relazione integrativa sulla perizia di parte prodotta dai ricorrenti;

2. nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 47 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, trasmettere – previa formazione di un indice analitico dettagliato – tutti i documenti inerenti al ricorso (ricorso principale, ricorso per motivi aggiunti, controdeduzioni, memorie, atti allegati, ecc.), creando per ciascun documento un singolo e specifico file, esclusivamente in formato pdf, e intitolando ogni file con il richiamo al singolo atto ivi contenuto”.

5. Il Ministero ha adempiuto l’istruttoria con nota 27 maggio 2021, prot. n. 38698, nella quale è analiticamente esaminata la perizia integrativa di parte ricorrente.

6. La Sezione, considerato che la relazione integrativa e la documentazione allegata non risultavano trasmesse ai ricorrenti e alle altre parti interessate, ha ritenuto opportuno che, prima dell’adozione del parere finale, fosse garantito il contraddittorio con le parti interessate.

Pertanto, con parere del 16 agosto 2021 n. 1404, la Sezione ha invitato il Ministero “a trasmettere la relazione integrativa e la relativa documentazione ai ricorrenti e alle altre parti interessate, assegnando loro un termine per produrre memorie, scaduto il quale il Ministero stesso provvederà a trasmettere le memorie eventualmente depositate, con le osservazioni ministeriali sulle stesse, presso la Segreteria della Sezione”.

7. In seguito, il Ministero, con relazione 11 novembre 2021 prot. n. 80700, ha riferito che - con nota prot. n. 63909 dell'8 settembre 2021 - ha trasmesso la documentazione alle parti e che in seguito il comune di Castel Bolognese e l'Unione della Romagna Faentina hanno depositato memorie di identico contenuto, nelle quali è ribadito quanto in precedenza esposto nelle controdeduzioni al ricorso. Ha riferito inoltre che l’Ausl della Romagna, con memoria integrativa, ha formulato osservazioni in ordine alla perizia urbanistica relativa alla revisione della pianta organica del comune di Castel Bolognese prodotta dai ricorrenti ed ha ribadito quanto già esposto nelle precedenti controdeduzioni.

Considerato.

8. La Sezione ritiene di dover esaminare, in primo luogo, il ricorso introduttivo per l’annullamento della deliberazione della Giunta dell'Unione della Romagna Faentina n. 189 del 18 ottobre 2018 avente ad oggetto “Revisione biennale della pianta organica delle farmacie situate nei comuni dell'Unione della Romagna Faentina (Brisighella - Casola Valsenio - Castel Bolognese - Faenza - Riolo Terme - Solarolo) ai sensi dell'art. 4 della L.R. n. 2 del 03/03/2016 – Approvazione” nella parte in cui istituisce la sede farmaceutica straordinaria n. 3 di Castel Bolognese.

Parte ricorrente, con un unico motivo di ricorso, deduce violazione dell’articolo 11, comma 1, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 ed eccesso di potere per illogicità e sviamento, contestando la collocazione della terza nuova sede farmaceutica “straordinaria” nello stesso asse viario dove si trovano le altre due esistenti, ovvero nella via Emilia, ritenendo che l’ente locale avrebbe dovuto individuare una sede diversa sia per “decentrare” la farmacia, garantendo l’accessibilità al servizio farmaceutico ai cittadini più svantaggiati residenti in aree scarsamente abitate, in conformità con lo scopo della legge, sia per evitare che la nuova sede potesse far loro concorrenza. In sintesi, l’Ente, con l’atto impugnato, avrebbe rispettato solo in parte la ratio della norma che sarebbe quella di stabilire un’equa distribuzione degli esercizi in tutto il territorio comunale.

8.1. La Sezione ritiene opportuno ricostruire brevemente il quadro giuridico in relazione alla questione sottoposta alla decisione della Sezione.

Il d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 2012, n. 27 - Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (Crescitalia) (Liberalizzazioni) – con l’articolo 11 - Potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie, modifica alla disciplina della somministrazione dei farmaci e altre disposizioni in materia sanitaria - al fine di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche, garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico, ha apportato modificazioni alla l. 2 aprile 1968, n. 475 - Norme concernenti il servizio farmaceutico -.

Quest’ultima legge dispone oggi all’articolo 1, tra l’altro, che “il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.300 abitanti” e che “ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona”.

Il successivo articolo 2 prevede poi che “al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.

8.2. In materia di organizzazione dei servizi farmaceutici, la Corte costituzionale, con sentenza n. 255/2013, ha chiarito quali siano le competenze relative al servizio farmaceutico, precisando che "la legislazione statale distribuisce le competenze distinguendo tre tipi di attività. In primo luogo, vi è la determinazione del numero delle farmacie (cosiddetta disciplina del contingentamento delle sedi farmaceutiche), per la quale il legislatore statale, pur non precisando il soggetto competente alla determinazione, detta una specifica proporzione (una farmacia ogni 3.300 abitanti). In secondo luogo, vi sono la individuazione delle nuove sedi farmaceutiche e la loro localizzazione, attività che la normativa statale demanda ai Comuni (l'art. 2 della legge 2 aprile 1968, n. 475, recante "Norme concernenti il servizio farmaceutico", così come modificato dall'art. 11, comma 1, lettera c), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 - Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività - , convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, stabilisce che "il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie ..."). In terzo luogo, vi è l'assegnazione dei servizi farmaceutici attraverso procedure concorsuali, a cui segue il rilascio delle autorizzazioni ad aprire le farmacie e a esercitare detti servizi; per queste attività, il legislatore statale determina i requisiti di base per la partecipazione ai concorsi ai fini del rilascio delle autorizzazioni all'esercizio dei servizi farmaceutici, attribuendo alle Regioni e alle Province autonome la competenza ad adottare i bandi di concorso (art. 4 della legge 8 novembre 1991, n. 362 - Norme di riordino del settore farmaceutico; art. 11, comma 3, del d.l. n. 1 del 2012)".

8.3. Ricorda la Sezione che la revisione della pianta organica va qualificata come atto generale di pianificazione, funzionale al miglior assetto delle farmacie sul territorio comunale, al fine di garantire l'accessibilità dei cittadini al servizio farmaceutico.

Secondo consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 16 gennaio 2018, n. 223), le scelte relative alla localizzazione di una farmacia, laddove siano rispettati il criterio demografico e quello della distanza minima, sono caratterizzate da un elevato tasso di discrezionalità e, quindi, sono sindacabili solo nei ben noti limiti entro i quali è consentito il sindacato sull'eccesso di potere.

Pertanto, fermo il rispetto del nuovo parametro relativo alla popolazione, la localizzazione da parte dell'Amministrazione deve obbedire unicamente ai vincoli in tema di distanze minime stabiliti dalla legge e trarre ispirazione dall'obiettivo primario della maggiore fruibilità del servizio farmaceutico e della sua capillare articolazione sul territorio, purché la scelta in concreto adottata sia immune da illogicità o da palese irragionevolezza.

In particolare, è stato chiarito (Consiglio di Stato, Sez. III, 12 febbraio 2015, n. 749; id., 10 aprile 2014, n. 1727) che non è manifestamente irrazionale l'ubicazione di una nuova farmacia in area già servita da preesistenti esercizi, laddove ciò risulti giustificato dall'entità della popolazione interessata; difatti, se è vero che l'aumento del numero delle farmacie risponde anche allo scopo di estendere il servizio farmaceutico alle zone meno servite, è anche vero che tale indicazione non è tassativa né esclusiva, stante il prioritario criterio della "equa distribuzione sul territorio", di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 475/1968.

Inoltre, è stato precisato (Consiglio di Stato, Sez. III, 20 marzo 2017, n. 1250) che la zonizzazione del territorio assolve alla funzione di vincolare l'esercente a mantenere il suo esercizio all'interno del perimetro assegnato e non anche a dislocare le farmacie secondo la regola della corrispondenza esatta di una ogni 3.300 residenti nella zona di riferimento; la scelta del legislatore statale di attribuire ai comuni il compito di individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde, quindi, all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, corrispondente agli effettivi bisogni della collettività, tenendo conto di fattori diversi dal numero dei residenti, come l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie.

In definitiva, secondo la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 2 maggio 2016, n. 1659), rientra nella discrezionalità dell'amministrazione comunale consentire una relativa concentrazione di esercizi farmaceutici in alcune zone più frequentate e determinare la localizzazione delle nuove sedi in un determinato ambito territoriale, fermo restando il rispetto del generale parametro demografico e del parametro della distanza minima, così come è legittimo che il Comune determini l'ampiezza della circoscrizione di ciascuna sede valutando una pluralità di esigenze, ivi compresi i flussi quotidiani di spostamento per motivi di lavoro, di affari, etc., anche di chi non è residente.

Da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 15 marzo 2021, n. 2240 riassume efficacemente i termini della questione: “giova anzitutto premettere che questa Sezione ha più volte evidenziato che nel nuovo assetto ordinamentale il legislatore ha privilegiato l'esigenza di garantire l'accessibilità degli utenti al servizio distributivo dei farmaci senza però che ciò debba tradursi in una regola cogente secondo la quale occorra procedere all'allocazione delle nuove sedi di farmacia in zone disabitate o del tutto sprovviste (di farmacie), né può significare che deve essere evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti, essendo, invece, fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma l'eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d'utenza di una o più sedi preesistenti; la riforma, in altri termini, vuole realizzare l'obiettivo di assicurare un'equa distribuzione sul territorio e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio che occorre tener altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate (cfr. da ultimo Cons. St., sez. III, 14 dicembre 2020 n. 7998). All'interno della suddetta cornice regolatoria lo scopo della perimetrazione della zona di una sede farmaceutica è quello di delimitare la libertà di scelta del farmacista, nel senso che questi è, in linea di massima e salvo eccezioni, libero di scegliere l'ubicazione del proprio esercizio, purché rimanga all'interno di quel perimetro; a fronte di tale libertà di scelta, i titolari delle zone contigue non hanno tutela, salva la distanza minima obbligatoria di duecento metri, essendo illegittimo il comportamento di un Comune che, anziché provvedere alla delimitazione dell'area di pertinenza della nuova sede farmaceutica, entro la quale il farmacista titolare della sede può decidere ove collocare il proprio esercizio farmaceutico (previo rispetto della distanza di m. 200 da quello più vicino), provvede esso stesso ad individuare nel dettaglio l'area nella quale avrebbe dovuto collocarsi la sede, così invadendo l'ambito di discrezionalità spettante al farmacista assegnatario”.

9. Venendo alle censure mosse con ricorso introduttivo, i ricorrenti contestano in sintesi la collocazione da parte del Comune della nuova sede farmaceutica “straordinaria” nella via Emilia, ovvero nello stesso asse viario dove si trovano le altre due farmacie, e rilevano che l’Ente avrebbe dovuto individuare una zona diversa che al tempo stesso consentisse di “decentrare” il servizio farmaceutico e di evitare che si faccia concorrenza alle farmacie già istituite.

A tale scopo parte ricorrente ha prodotto una perizia che descrive la modifica che ha subito la pianta organica del comune di Castel Bolognese a seguito dell’istituzione della terza sede farmaceutica, osservando che la decisione di istituire una nuova farmacia non sarebbe giustificata in base al parametro numerico; analizza poi l’evoluzione urbanistica del comune e, infine, la mobilità nel territorio comunale rilevando come questa sia caratterizzata da una certa rigidità dovuta alla mancanza di itinerari alternativi alla via Emilia, lungo la quale si concentra la maggior parte del traffico.

Il Ministero, con relazione del 27 maggio 2021, conclude che, anche alla luce dei rilievi mossi da parte ricorrente con la perizia, la localizzazione della terza sede farmaceutica rappresenta un bilanciamento dei diversi bisogni della collettività e non è pertanto irrazionale o illogica.

Osserva la Sezione che, alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale delineato nei precedenti paragrafi, le doglianze di parte ricorrente risultano prive di pregio.

Come visto, infatti, l’ordinamento assegna all’ente il potere di istituire o meno la farmacia comunale, decisione che rientra dunque nella discrezionalità che l’ente locale deve esercitare, evidentemente, in relazione agli interessi pubblici da perseguire e alla promozione dello sviluppo della comunità amministrata: tale facoltà risulta esercitata, nel caso in esame, coerentemente con le finalità evidenziate.

L'esigenza di garantire l'accessibilità agli utenti del servizio farmaceutico non deve tradursi in una regola cogente secondo la quale occorre procedere all'allocazione delle nuove sedi di farmacia in zone disabitate o del tutto sprovviste di farmacie. Inoltre, la coincidenza con il bacino di utenza delle altre due farmacie non contrasta con la ratio della riforma, laddove è rispettata la distanza minima obbligatoria di duecento metri.

In conclusione, la scelta in concreto adottata dall’Ente è coerente con le finalità indicate dall’ordinamento, è immune da illogicità o da palese irragionevolezza e, pertanto, non è sindacabile.

10. Passando adesso all’esame del ricorso per motivi aggiunti - che attiene unicamente al modello gestionale della società in house scelto dal Comune - la Sezione esamina in via preliminare l’eccezione l’inammissibilità proposta dal Comune, dall’Unione della Romagna Faentina e dalla controinteressata Sfera s.r.l. ai sensi dell'articolo 120, comma 1, d.lgs. n. 104/2010, secondo cui “gli atti delle procedure di affidamento, …, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i provvedimenti dell'Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferiti, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente".

Sostengono gli interessati che l’articolo 120 c.p.a. si applica alla concessione del servizio pubblico e, in maniera altrettanto pacifica, anche agli affidamenti in house.

I ricorrenti per motivi aggiunti ritengono invece che il codice degli appalti pubblici e delle concessioni resterebbe del tutto estraneo alla fattispecie in questione e che, dunque, non troverebbe applicazione l’articolo 120 c.p.a.

10.1. Rileva la Sezione che l’assistenza farmaceutica, ai sensi dell’art. 28, comma 1, della legge n. 833 del 1978 (di istituzione del servizio sanitario nazionale), è erogata dalle aziende sanitarie locali attraverso le farmacie, di cui sono titolari enti pubblici (comuni e aziende ospedaliere) o soggetti privati.

Sgombrando il campo da ipotesi alternative, per la Sezione il servizio farmaceutico va qualificato in termini di servizio pubblico di rilevanza economica. Infatti, come rilevato dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. III, 11 febbraio 2019, n. 992) l'esercizio di una farmacia costituisce pubblico servizio, così come riconosciuto dall'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998 e, in particolare, va collocato tra i servizi di rilevanza economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 febbraio 2007, n. 637).

Per Corte Costituzionale 10 ottobre 2006, n. 87, "la complessa regolamentazione pubblicistica dell'attività economica di rivendita dei farmaci è infatti preordinata al fine di assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale sia l'indubbia natura commerciale dell'attività del farmacista".

10.2. Ulteriore questione attiene alle modalità gestionali delle farmacie comunali. Il d.l. 25 settembre 2009, n. 135, come convertito in l. n. 166/2009, ha escluso le farmacie comunali dall'ambito applicativo dell'art. 23-bis d.l. n. 112/2008, convertito in l. n. 133/2008 - esclusione confermata dall'art. 1, c. 3, lett. d), del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 168 e poi dall'art. 4, co. 34, del d.l. n. 138/2011 (successivamente inciso dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012) e s.m.i. - stabilendo che le modalità gestionali delle farmacie comunali siano quelle di cui all'art. 9 della legge n. 475/1968, così come modificato dall'art. 10 della l. n. 362/1991 recante "Norme concernenti il servizio farmaceutico".

Le farmacie pubbliche, dunque, non risultano attratte nella sfera di applicazione delle norme concernenti i servizi pubblici locali.

Il citato articolo 9 l. 475/68 dispone che “la titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per la metà dal comune. Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, nelle seguenti forme:

a) in economia;

b) a mezzo di azienda speciale;

c) a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari;

d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità. All'atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti”.

10.3. La giurisprudenza di questo Consiglio ha esaminato più volte la questione concernente l’ammissibilità di forme di gestione delle farmacie comunali non previste dall’articolo 9 della l. 475 del 1968, poiché, ad esempio, fra le forme di gestione individuate dalla predetta norma speciale non è stato previsto l’affidamento in concessione a terzi.

Sul punto osserva la sentenza, sez. III, 13 novembre 2014, n. 5587, che lo stesso legislatore ha previsto forme di gestione del servizio farmaceutico comunale ulteriori rispetto a quelle indicate nell'art. 9 della legge 475 del 1968 che, dunque, non sono tassative.

Ed invero, “non si dubita … che la gestione di una farmacia comunale possa essere esercitata da un comune mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), benché tale modalità non sia stata prevista dal legislatore del 1968 (e del 1991), in coerenza con l’evolversi degli strumenti che l’ordinamento ha assegnato agli enti pubblici per svolgere le funzioni loro assegnate; e non si dubita che la gestione possa essere esercitata, come si è accennato, anche da società miste pubblico/private (…), con il superamento del limite dettato dall’art. 9 della l. n. 475 del 1968, secondo cui la gestione poteva essere affidata a società solo se costituite tra il comune e i farmacisti. (…) L’affidamento della gestione è peraltro consentito in house a patto che il Comune eserciti sulla società un “controllo analogo” a quello che eserciterebbe su proprie strutture organizzative, nel concetto di controllo analogo essendo peraltro ricompresa la destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell’amministrazione aggiudicatrice”.

È stato altresì chiarito con la stessa pronuncia che “si deve ritenere che un comune, nel caso in cui non intenda utilizzare per la gestione di una farmacia comunale i sistemi di gestione diretta disciplinati dall’art. 9 della legge n. 475 del 1968, possa utilizzare modalità diverse di gestione anche non dirette; purché l’esercizio della farmacia avvenga nel rispetto delle regole e dei vincoli imposti all’esercente a tutela dell’interesse pubblico. In tale contesto, pur non potendosi estendere alle farmacie comunali tutte le regole dettate per i servizi pubblici di rilevanza economica, non può oramai più ritenersi escluso l’affidamento in concessione a terzi della gestione delle farmacie comunali attraverso procedure di evidenza pubblica.

Del resto l’affidamento in concessione a terzi attraverso gare ad evidenza pubblica costituisce la modalità ordinaria per la scelta di un soggetto diverso dalla stessa amministrazione che intenda svolgere un servizio pubblico”.

Peraltro, si ritiene oggi unanimemente che l’assenza di una norma positiva che autorizzi la dissociazione tra titolarità e gestione non crei un ostacolo insormontabile all’adozione del modello concessorio. Con riguardo al profilo afferente alla tutela della salute, l’obiettivo del mantenimento in capo al Comune delle proprie prerogative di Ente che persegue fini pubblicistici può essere garantito – in caso di affidamento a terzi – dalle specifiche regole di gara e, più precisamente, dagli obblighi di servizio pubblico da imporre al concessionario, idonei a permettere un controllo costante sull’attività del gestore e di garantire standard adeguati di tutela dei cittadini. In questo senso, l’impostazione risulta perfettamente in linea con il principio comunitario di proporzionalità, per cui le restrizioni al regime di piena concorrenza sono effettivamente ammesse nei limiti in cui risulti strettamente necessario con l’obiettivo da perseguire (nella specie, la salvaguardia della salute pubblica e del benessere dei cittadini) (così T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 1 marzo 2016, n. 309).

11. Sulla base delle norme e della giurisprudenza richiamate, la Sezione osserva che la gestione di una farmacia comunale – da qualificarsi, si ripete, servizio pubblico di rilevanza economica –, può essere esercitata dall’ente, oltre che con le forme dirette previste dal citato articolo 9 l. n. 475 del 1968, sempre in via diretta, anche mediante società di capitali a partecipazione totalitaria pubblica (in house), ovvero può essere affidata in concessione a soggetti estranei al comune previo espletamento di procedure di evidenza pubblica in modo da garantire la concorrenza.

12. Occorre ora chiedersi se la scelta di affidare in house la gestione della farmacia possa essere attratta, come sostenuto dalle amministrazioni resistenti, nella disciplina del Codice degli appalti (d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50) e conseguentemente nel regime processuale previsto dagli artt. 119 e 120 c.p.a.

L’adunanza plenaria, con sentenza 27 luglio 2016, n. 22, ha affermato che con l’espressione lessicale utilizzata dagli articoli 119 e 120 c.p.a., “provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture”, si intendono anche i provvedimenti che riguardano le procedure aventi ad oggetto le concessioni di servizi e che, pertanto, “gli artt.119 e 120 del c.p.a. sono applicabili alle procedure di affidamento di servizi in concessione”.

Sempre la giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì chiarito che le impugnazioni di affidamenti  diretti di contratti di lavori, servizi e forniture ad un ente in house sono soggette al “rito appalti” di cui agli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120 del codice del processo amministrativo. A tale conclusione deve giungersi in ragione dell’ampiezza delle formule impiegate dal legislatore: «procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture» e «atti delle procedure di affidamento». Esse si incentrano, infatti, sul concetto di «procedure», concetto questo che, nella sua latitudine, è idoneo a racchiudere tutta l’attività della pubblica amministrazione espressiva del suo potere di supremazia attraverso atti autoritativi e nelle forme tipiche del procedimento amministrativo (“Sulla base di tale ricostruzione - ripetutamente affermata ai fini del riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici tra giudice amministrativo e giudice ordinario (ex multis: Cass., Sez. Un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149, 18 novembre 2016, n. 23468; sent. 3 novembre 2016, n. 22233) – anche l’affidamento diretto di contratti di lavori, servizi e forniture ad un ente in house deve ritenersi riconducibile al concetto di «procedure» utilizzato dai più volte citati artt. 119, comma 1, lett. a), e 120, comma 1, del codice del processo amministrativo. Infatti, quand’anche estrinsecatosi uno actu, l’affidamento in questione è sempre espressione della presupposta potestà autoritativa della pubblica amministrazione, manifestatasi nelle forme del procedimento amministrativo cui quest’ultima è soggetta in via generale nell’esercizio dei suoi poteri, ancorché in tesi con modalità estremamente semplificate”, Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2017, n. 2533; con specifico riferimento all’affidamento in house di una farmacia, Consiglio di Stato, sez. III, 3 marzo 2020, n. 1564 nonché Consiglio di Stato, sez III, 2 novembre 2020 n. 6760, sul ricorso avverso l’aggiudicazione della gara per l’affidamento della gestione, mediante concessione trentennale, della farmacia comunale di nuova istituzione).

13. Per le ragioni sino a qui esposte, dunque, la Sezione ritiene che il ricorso per motivi aggiunti sia inammissibile, potendosi impugnare gli atti relativi all’affidamento in house della gestione del servizio farmaceutico unicamente con ricorso innanzi al tribunale amministrativo regionale.

14. Conclusivamente il Consiglio esprime parere nel senso che il ricorso principale vada respinto e il ricorso per motivi aggiunti sia dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso introduttivo vada respinto e il ricorso per motivi aggiunti sia dichiarato inammissibile.



 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Neri Paolo Troiano
 
 
 
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