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Consiglio di Stato, Sez. VI, 22/3/2022 n. 2069
La mancata astensione del funzionario in conflitto d'interessi comporta una illegittimità procedimentale che si riflette sulla validità dell'atto finale

Materia: pubblica amministrazione / attività
Pubblicato il 22/03/2022

N. 02069/2022REG.PROV.COLL.

N. 05340/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5340 del 2021, proposto da
ASSOCIAZIONE ‘ARTE DEL FAR RIDERE’ ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Michela Reggio D'Aci, Renate Holzeisen, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Jutta Segna, Renate Von Guggenberg, Cristina Bernardi, Luca Graziani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Luca Graziani in Roma, via Po, 22;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, n. 289 del 2020;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Jutta Segna e Luca Graziani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.? I fatti principali, utili ai fini del decidere, sono così riassumibili:

- a seguito dell’approvazione della nuova disciplina provinciale per le attività culturali di cui alla legge della Provincia Autonoma di Bolzano del 27 luglio 2015, n. 9 (Legge provinciale per le attività culturali), venivano adottate: la delibera della Giunta provinciale 20 settembre 2016, n. 1008, recante l’«approvazione dei criteri per la concessione di vantaggi economici per attività e investimenti culturali e artistici per il gruppo linguistico italiano»; la delibera della Giunta provinciale del 9 agosto 2016, n. 886, recante i «criteri per la concessione di vantaggi economici per attività e investimenti culturali e artistici per il gruppo linguistico tedesco, nonché per le pubblicazioni e per l’attività editoriale per il gruppo linguistico tedesco e ladino»; la delibera della Giunta provinciale del 18 ottobre 2016, n. 1127, recante i «criteri per l’incentivazione di attività e investimenti culturali e artistici da parte della Ripartizione provinciale Cultura e Intendenza scolastica ladina»;

- in data 27 settembre 2019, l’Associazione ‘Arte del Far Ridere’ (di seguito: l’‘Associazione’), presentava due domande (ai sensi dell’art. 8 dei criteri applicativi di cui alla delibera della Giunta provinciale 20 settembre 2016, n. 1008), e segnatamente: i) la richiesta di contributo straordinario per la realizzazione del programma di attività culturale per il gruppo linguistico italiano per l’anno 2019, per la digitalizzazione del materiale storico e fragile a rischio di deterioramento dell’associazione ‘La Comune’; ii) una domanda volta ad ottenere un contributo straordinario per attività culturali per l’anno 2019, per la realizzazione dell’iniziativa straordinaria teatrale “Arte del far ridere 2019”;

- la Provincia Autonoma di Bolzano, dopo avere comunicato (in data 14 ottobre 2019) l’avvio del procedimento relativo alle predette domande di contributo, chiedeva all’Associazione, in data 8 novembre 2019, di produrre la seguente documentazione integrativa: copia del bilancio consuntivo degli ultimi due anni; verbali di approvazione dei bilanci consuntivi di cui sopra da parte dell’assemblea dei soci; copia dell’atto costitutivo e dello statuto sottoscritti dai soci fondatori debitamente registrati; copia del verbale in cui l’assemblea dei soci approva lo statuto e nomina i membri degli organi associativi di cui all’articolo 6 dello statuto dell’Associazione; l’IBAN dell’istituto bancario o postale di riferimento, in quanto il relativo campo non era stato compilato nella domanda di contributo;

- la richiesta di documentazione integrativa veniva riscontrata dall’Associazione con PEC del 18 novembre 2019;

- l’Amministrazione provinciale ? ritenuta la documentazione prodotta insufficiente, in quanto: il requisito dell’attività continuativa del sodalizio da almeno due anni sul territorio provinciale non era sufficientemente documentato, non avendo l’associazione inviata alcuna rassegna stampa delle attività elencate nella relazione; l’atto costitutivo e lo statuto dell’Associazione riportavano una data di registrazione presso l’Agenzia delle Entrate successiva alla richiesta di contributo (in data 18 novembre 2019); la copia del verbale con cui l’assemblea dei soci aveva approvato lo statuto e nominava i membri degli organi associativi di cui all’articolo 6 dello statuto dell’Associazione non era stata inviata; l’associazione non possedeva un conto corrente bancario e chiedeva la liquidazione del contributo con assegno circolare ? con provvedimento del 13 dicembre 2019, prot. n. 835857, rigettava le domande di assegnazione di contributo straordinario.

1.1.? Con il ricorso di primo grado, l’Associazione impugnava quindi il predetto provvedimento di rigetto, unitamente alla nota di integrazione documentale dell’8 novembre 2019 e alla deliberazione della Giunta provinciale 20 settembre 2016, n. 1008 recante i criteri per la concessione di vantaggi economici, ponendo a fondamento della domanda di annullamento le seguenti censure:

a) violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 11-bis della legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 17 del 1993, in quanto l’Amministrazione aveva omesso di inviare alla richiedente il prescritto preavviso di rigetto;

b) violazione di legge dell’obbligo di astensione (art. 12-bis della legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 17 del 1993, dell’art. 54 del d.lgs. n. 165 del 2001, del d.P.R. n. 62 del 2003) ed eccesso di potere derivante dalla circostanza che: la dottoressa Marisa Giurdanella, la quale aveva svolto tutta l’istruttoria sul procedimento concluso con il diniego, sarebbe stata da lungo tempo componente del Comitato culturale dell’Associazione Teatro Cristallo ed avrebbe concesso negli ultimi anni alla «sua associazione» contributi di rilevante valore (€ 2.708.500,00) come risulterebbe comprovato da un riepilogo di tutti i decreti emessi ed erogati dal 2015 al 2019 in favore della stessa; tale posizione di privilegio dell’Associazione Teatro Cristallo integrerebbe «di per sé il vizio di eccesso di potere e di sviamento, che rileverebbe anche rispetto al comportamento tenuto dalla dirigente in relazione alla Associazione ricorrente»;

c) la motivazione di rigetto delle due domande di contributo per lo svolgimento di attività culturali per l’anno 2019 ? con riferimento, sia alla assenza del requisito di cui all’art. 2 della deliberazione della Giunta Provinciale n. 1008/2016, secondo il quale i beneficiari devono svolgere un’attività continuativa da almeno due anni sul territorio provinciale (attività che era stata invece svolta e provata), sia in relazione alla circostanza per cui al momento della presentazione della domanda l’associazione non era in possesso di un atto costitutivo registrato o redatto con scrittura privata autenticata ? sarebbe erronea nei suoi presupposti di fatto e di diritto (soprattutto in quanto la deliberazione presupposta della Giunta Provinciale n. 1008 del 2016 sarebbe gravemente discriminatoria);

d) violazione dell’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9 del 27 luglio 2015, da leggersi in combinato disposto con l’art. 9 della Costituzione, non avendo l’Amministrazione provinciale svolto una valutazione del contenuto culturale delle iniziative per cui la Associazione aveva richiesto il contributo provinciale, come se tale richiesta di finanziamento riguardasse una attività d’impresa con scopo di lucro invece che una attività culturale;

e) in via pregiudiziale, la disciplina normativa recante le modalità di selezione dei giudici del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, di cui agli articoli 91 del d.P.R. n. 670 del 31 agosto 1972 ed al d.P.R. n. 426 del 6 aprile 1984 (articoli 1, 2, 4 e 14), sarebbe contraria a Costituzione e non conforme al diritto europeo (con riferimento ai principi in materia di terzietà del giudice di cui agli artt. 6 e 13 della CEDU ed all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).

Su queste basi, l’Associazione chiedeva altresì la condanna della Provincia Autonoma di Bolzano al risarcimento del danno corrispondente alle somme negate con il provvedimento impugnato pari a oltre € 40.440,00 (di cui € 35.440,00 per il progetto di programmazione teatrale riferito al periodo novembre/dicembre 2019, ed € 5.000,00 per il progetto di digitalizzazione) e al risarcimento di tutti i danni conseguiti dal rigetto in relazione all’attività dell’Associazione culturale, con riserva di ulteriore quantificazione in corso di causa.

2.? Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, con sentenza n. 289 del 2020, rigettava il ricorso, con condanna al pagamento delle spese di lite.

3.? Avverso la predetta sentenza l’Associazione Arte del Far Ridere Organizzazione di Volontariato, ha proposto appello, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

a) il giudice di prime cure avrebbe erroneamente escluso la violazione del contraddittorio, senza tenere conto che, in sede di contraddittorio. l’Associazione avrebbe potuto evidenziare e provare la infondatezza delle motivazioni poste a fondamento del rigetto;

b) sarebbe evidente la situazione di incompatibilità in cui avrebbe operato e avrebbe continuato ad operare la direttrice dell’Ufficio Cultura dottoressa Giurdanella, avendo quest’ultima svolto l’attività istruttoria relativa alle domande di contributo di cui è causa, mentre era stata componente del comitato culturale dell’Associazione Cristallo, e avendo concesso a tale associazione contributi di valore rilevante; la Direttrice avrebbe sottoscritto (da sola) tutti i dinieghi e tutte le richieste di integrazione documentale; inoltre, «da informazioni acquisite», risulterebbe che la stessa avrebbe ricevuto negli anni dalla Associazione Cristallo (nel cui comitato culturale avrebbe seduto per quasi 15 anni) abbonamenti gratuiti a tutta la programmazione del Teatro per lei e per i suoi familiari ed amici;

c) quanto alle motivazioni del diniego di contributo: la sentenza sarebbe erronea laddove non ha considerato che l’Associazione ha provato di aver svolto l’attività culturale sul territorio altoatesino per oltre 2 anni dopo la sua costituzione; l’affermazione secondo cui il requisito dei due anni di attività sul territorio si riferirebbe solo ai contributi straordinari previsti per le associazioni italiane sarebbe palesemente smentita dall’art. 2, comma 1, lettera a), della delibera n. 1008 del 2016, il quale richiede il requisito dei 2 anni di attività per tutte le tipologie di finanziamenti previsti dalla legge provinciale n. 9 del 2015; la prescrizione del necessario presupposto dei 2 anni imposto alle associazioni italiane e non a quelle ladine, oltre che confliggente con tutte le norme ed i principi nazionali indicati in epigrafe, risulterebbe contrastante con i principi in materia di concorrenza della comunità europea (artt. 101-109 del TFUE) con specifico riferimento agli aiuti concessi dagli stati, di cui agli artt. 107 e seguenti del TFUE ed alla disciplina di cui alla direttiva 123/2006/UE sulla libera circolazione dei servizi nel mercato interno; il provvedimento e la fonte regolamentare presupposta sarebbero peraltro del tutto irragionevoli e palesemente sanzionatori del gruppo linguistico italiano anche considerando che, ai fini della ammissione ai finanziamenti, l’amministrazione dovrebbe valutare, ex ante, la attendibilità e sostenibilità del programma culturale da sovvenzionare e, poi, la corretta attestazione delle spese sostenute, con verifica delle fatture attestanti l’effettiva destinazione delle somme pubbliche ricevute per la realizzazione del programma teatrale; in relazione alla circostanza per cui al momento della registrazione la associazione non era in possesso di un atto costitutivo registrato ovvero redatto con scrittura privata autenticata (in quanto la registrazione sarebbe stata perfezionata solo dopo la richiesta di chiarimenti da parte della amministrazione), il giudice di prime cure non avrebbe considerato che la fonte regolamentare richiederebbe la prova della registrazione prima della ammissione ai contributi, ma non certo prima al momento della presentazione della domanda, atteso che la tale registrazione non aggiungerebbe alcun elemento ulteriore al dato storico della costituzione della associazione; la motivazione per cui «i nominativi degli organi sociali e lo statuto non risultano formalmente approvati dai soci fondatori, non essendo pervenuta all’ufficio cultura la relativa documentazione comprovante», sarebbe erronea perché tali dati risulterebbero dalla documentazione allegata alla domanda ed inoltre la contestazione non sarebbe fondata su alcuna previsione normativa o regolamentare (ed infatti l’amministrazione non farebbe alcun riferimento a una fonte normativa a corredo della apodittica affermazione);

d) la sentenza sarebbe erronea anche nella parte in cui non avrebbe rilevato la fondatezza del quarto motivo di impugnazione, incentrato sul fatto che l’Amministrazione provinciale non avrebbe svolto alcuna valutazione del contenuto culturale delle iniziative per cui la Associazione aveva richiesto il contributo provinciale.

L’appellante insiste altresì per l’accoglimento della domanda risarcitoria e ripropone la questione di legittimità costituzionale e di conformità al diritto europeo del meccanismo di designazione dei giudici del TRGA di Bolzano.

L’associazione contesta, da ultimo, anche il capo di sentenza che ha confermato il decreto di mancata ammissione al gratuito patrocinio. In particolare: la Commissione del gratuito patrocinio del TRGA di Bolzano, con decreto n. 3 del 2020, ha negato l’ammissione della Associazione di volontariato odierna appellante al gratuito patrocinio motivando che stessa avrebbe «un introito minimo per la vendita dei biglietti seppur di entità non sufficiente a coprire i costi di esercizio»; secondo l’appellante tale decisione sarebbe contrastante con la normativa di riferimento, in quanto l’Associazione non persegue scopo di lucro (e per evitare equivoci ha inserito nella propria denominazione quello di organizzazione di volontariato, come da modifica statutaria da ultimo adottata) e avrebbe conseguito un reddito imponibile complessivo per l’anno 2019 pari ad € 594,53 e nessun reddito per l’anno 2020 (dalla documentazione allegata alla domanda di ammissione al gratuito patrocinio risulterebbe che l’Associazione avrebbe conseguito finanziamenti, elargizioni dei soci e bigliettazione pari ad € 7.278,19 per il 2019, ed € 8.502,00 per il 2020; tali importi sarebbero inferiori al costo delle attività, pari ad € 24.278,00 per il 2019, ed € 22.795,21 per il 2020).

4.? Si è costituita in giudizio la Provincia Autonoma di Bolzano, eccependo la sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento della deliberazione n. 1008 del 2016 (in quanto la stessa sarebbe stata nel frattempo sostituita dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 682 del 2021), e per il resto insistendo per il rigetto del gravame.

5.? Con ordinanza n. 4553 del 27 agosto 2021, la Sezione ? «Considerato che sulla base della delibazione sommaria, propria della fase cautelare, e nel bilanciamento degli interessi contrapposti, il Collegio ritiene che la questione sollevata a mezzo dell’appello cautelare meriti adeguato approfondimento nella sede di merito e che la sollecita fissazione dell’udienza di discussione, ex articolo 55 comma 10, c.p.a. costituisca, allo stato, misura sufficiente» ? ha accolto l’istanza cautelare ai soli fini della fissazione dell’udienza di discussione ai sensi dell’art. 55 comma 10, c.p.a.

6.? All’odierna udienza del 17 febbraio 2022, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.? Ritiene il Collegio di affrontare, in via preliminare, la questione di legittimità costituzionale (prospettata con riferimento agli articoli 25, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 6 e 13 della CEDU) e di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea (con riguardo all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) delle norme statutarie e di attuazione (segnatamente: l’art. 91 del d.P.R. n. 670 del 1972, gli articoli 1, 2, 4 e 14 del d.P.R. n. 426 del 1984) che disciplinano il meccanismo di designazione dei giudici del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano.

Secondo l’appellante, il vigente impianto normativo non garantirebbe l’indipendenza dei magistrati, i quali sarebbero chiamati a decidere della legittimità di provvedimenti assunti dalla stessa Amministrazione provinciale che avrebbe concorso alla loro nomina.

2.? La questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

2.1.? Le disposizioni costituzionali, di cui agli artt. 101, 102, 104, 108 della Costituzione, connotano tutti gli organi giurisdizionali come necessariamente dotati di indipendenza e autonomia.

La terzietà ed imparzialità del giudice ? requisiti che indicano l’equidistanza dell’autorità giudiziaria rispetto agli interessi perseguiti dai soggetti che operano all’interno del processo ? vanno realizzate, non solo attraverso la pre-costituzione del giudice, da cui «nessuno può essere distolto» (art. 25, primo comma), ma anche mediante la previsione di garanzie organizzative e procedurali idonee a separare il potere giudiziario dagli altri poteri, anche con riferimento ai giudici speciali, la cui indipendenza, secondo quanto prevede l’art. 108, secondo comma, Cost., è assicurata dalla legge.

Dalla giurisprudenza costituzionale si ricava il principio per cui fonte e modalità della nomina sono momenti non decisivi ai fini della verifica di legittimità costituzionale inerente ai parametri della indipendenza e della imparzialità, assumendo, invece, rilievo centrale il grado di autonomia che il legislatore ha garantito all’organo giurisdizionale rispetto all’autorità designante nel concreto esercizio della funzione.

Il giudice delle leggi, in particolare, ha avuto modo di chiarire, sin dalle pronunce n. 1 del 1967 (relativa ai consiglieri della Corte dei conti di nomina esterna) e n. 177 del 1973 (sulla nomina dei consiglieri di Stato di estrazione governativa), che l’art. 108, comma 2, Cost. rimette alla discrezionalità del legislatore la individuazione dei modi e degli strumenti da adottare al fine di assicurare l’indipendenza dei giudici speciali, e che l’indipendenza dei giudici speciali va ravvisata piuttosto che nelle modalità di nomina, nelle modalità con cui si svolge la funzione (sentenze n. 1 del 1967, n. 196 del 1982 e n. 266 del 1988), escludendo gli ipotizzati condizionamenti sulla base del centrale rilievo che «gli eventuali rapporti tra il prescelto e la pubblica Amministrazione che abbiano preceduto la nomina o che, intervenuta questa, potrebbero in ipotesi suscitare vincoli di sorta, si dissolvono nelle persone che siano idonee a ricoprire l’ufficio e all’atto in cui esse acquistano uno status. E per ciò non hanno alcun rilievo in sede di valutazione in astratto della ricorrenza o meno dell’indipendenza del giudice» (sentenza n. 177 del 1973).

In tale prospettiva, si richiede soltanto che i giudici di nomina governativa dispongano di adeguate garanzie di indipendenza ed autonomia, quali l’inamovibilità e la non soggezione a poteri di revoca discrezionale ad opera delle amministrazioni ed organi che li hanno designati (sentenze n. 49 del 1968, n. 25 del 1976, n. 281 del 1989).

Dunque, a giudizio della Corte Costituzionale, il valore dell’autonomia ed indipendenza non e` vulnerato dalla nomina di un giudice da parte dell’esecutivo (sentenze n. 177 del 1973 e n. 1 del 1967), bensì occorre che il suo status non ne sia condizionato e che non si determini una situazione di soggezione formale o sostanziale ad altri soggetti (sentenza n. 135 del 1982), non dovendo il giudice avere timore di alcun pregiudizio o aspettativa di alcun vantaggio per la sua attivita` (sentenza n. 60 del 1969).

Va pure ricordato che, nella sentenza n. 316 del 2004, la Corte ha affermato che il carattere temporaneo del mandato dei membri del Consiglio di Giustizia Amministrativa non contrasta, di per sé, con i principi costituzionali che garantiscono l’indipendenza e con essa l’imparzialità dei giudici, dal momento che a tali fini «non appare necessaria una inamovibilità assoluta», specialmente per i membri ‘laici’, i quali «ben possono essere nominati per un determinato e congruo periodo di tempo». L’indipendenza, ritiene la Corte costituzionale, potrebbe invece ritenersi messa in pericolo ove si prevedesse la possibilità di una riconferma del mandato: eventualità espressamente esclusa dal comma 4 dell’art. 6 del d.lgs. n. 373 del 2003.

2.2.? Con specifico riferimento ai magistrati del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1097 del 1991, previa ricostruzione del quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale, ha affermato la conformità al principio dell’indipendenza esterna (dai poteri esecutivi e legislativi, provinciali e statali) della composizione dell’organo giurisdizionale in questione, in particolare rilevando che «che la scelta dei magistrati, ancorché non concorsuale, avviene nell’ambito di categorie qualificate (art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 426 del 1984, come modificato dall’art. 2, del d.P.R. 17 dicembre 1987, n. 554), e che, con la nomina, tutti i predetti magistrati sono collocati in un ruolo speciale, con peculiare garanzia-vincolo di inamovibilità e per il resto con lo statuto giuridico dei magistrati amministrativi regionali (art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 426 del 1984). In particolare, questi ultimi elementi sembrano idonei a concretare quel nucleo minimo di requisiti, indispensabile per garantire l’indipendenza del giudice speciale ex art. 108 comma 2 Cost, e corrispondente, secondo l’orientamento della Corte Costituzionale, alle esigenze che l’organo giudicante sia immune da vincoli che comportino la sua soggezione formale o sostanziale ad altri organi (sentenza n. 92 del 1962) e che sia assicurata una certa forma di inamovibilità anche se diversamente articolata da quella prevista per i giudici ordinari (sentenza n. 103 del 1964).

Questo Consiglio di Stato (sentenza sez. V, 14 settembre 2021, n. 6282) ha rigettato anche la censura sulla conformità al diritto eurounitario della durata temporanea dell’incarico di componente laico del Consiglio di Giustizia Amministrativa, motivando che, sotto tale profilo, non vi sia alcuna violazione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 (relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato).

2.3.? È poi significativo osservare ? come fatto da questo Consiglio di Stato, con la sentenza, Sezione VI, n. 3556 del 2021 ? che al d.P.R. n. 426 del 1984 (norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernenti istituzione del tribunale amministrativo regionale di Trento e della sezione autonoma di Bolzano) siano state nel frattempo apportate rilevanti modifiche (con il d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 236) che, per un verso, hanno elevato i requisiti tecnico-professionali richiesti ai fini dell’accesso alla carriera e, per altro verso, hanno accentuato la selettività della procedura di scelta dei magistrati nominati dal consiglio provinciale, che viene ora effettuata all’interno di una rosa di candidati individuati da una commissione esaminatrice composta da magistrati, professori universitari e avvocati.

Il fondamento della novella da ultima apportata è quella di garantire che anche la selezione dei quattro magistrati nominati dal consiglio provinciale passi attraverso la valutazione dell’idoneità dei candidati da parte di un organo tecnico indipendente, mentre, per i magistrati nominati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, siffatta valutazione era (e resta) garantita dal parere tecnico espresso dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, ossia dall’organo di autogoverno della magistratura amministrativa, il quale, a norma dell’art. 13 delle legge n. 186 del 1982, delibera sullo stato giuridico dei magistrati amministrativi, in piena autonomia e indipendenza da ogni altro potere (con la precisazione che la legge n. 186 del 1982 costituisce attuazione degli artt. 100, terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, sancendo la garanzia di indipendenza dei magistrati amministrativi, garantita per la magistratura ordinaria dall’art. 105 Cost., quindi ponendosi come legge costituzionalmente necessaria).

Peraltro, la nomina dei magistrati del TRGA di Bolzano è adottata con decreto del Presidente della Repubblica, organo di garanzia, quindi all’esito di una decisione pluristrutturata, in cui rilievo centrale assume la valutazione di idoneità espressa dall’organo tecnico (commissione e, rispettivamente, Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa) che, nella prassi, è venuta ad assumere valenza decisiva.

Analoga procedura composita e pluristrutturata è prevista per la nomina dei consiglieri di Stato appartenenti ai gruppi di lingua tedesca o di lingua ladina facente parte delle Sezioni del Consiglio di Stato investite dei ricorsi in appello proposti avverso le sentenze del TRGA - Sezione autonoma di Bolzano (ai sensi dell’art. 93 d.P.R. n. 670/1970), i quali sono nominati «con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, con l’assenso del Consiglio provinciale di Bolzano», nonché previo «parere del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» (art. 14, comma 2, del d.P.R. n. 426 de 1984; sul ruolo istituzionale svolto dai Consiglieri di Stato, ai sensi dell’art. 93 del d.P.R. n. 670 del 1972, è intervenuto il parere n. 541 del 2017 dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato).

Non è pertanto condivisibile – in quanto non tiene conto del sopra riportato assetto ordinamentale – l’assunto secondo cui la disciplina vigente attribuirebbe alla Provincia il potere di nominare i giudici che saranno chiamati a decidere sui ricorsi contro la stessa proposti e di nominare tutti i Consiglieri di Stato relatori delle cause di impugnazione delle sentenze del TRGA di Bolzano e che la Provincia sceglierebbe i propri giudici di primo grado e designerebbe il relatore di tutte le cause proposte davanti al Consiglio di Stato.

A tale ultimo riguardo occorre precisare che i Consiglieri di Stato nominati ai sensi del citato art. 93 dello Statuto speciale devono far parte dei collegi investiti dagli appelli proposti avverso le decisioni del TRGA Bolzano, a pena di nullità della sentenza deducibile ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost. (cfr.: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 26388 del 2020 e n. 26389 del 2020), ma non necessariamente come relatori, con la precisazione che – contrariamente all’assunto, secondo cui esisterebbe una «prassi» nel senso che «tutte le cause» di appello avverso le sentenze del TRGA Bolzano verrebbero assegnate ai predetti consiglieri – nell’assegnazione delle cause ai relatori in seno ai collegi delle varie Sezioni del Consiglio di Stato trovano applicazione i criteri generali predeterminati dall’organo di autogoverno della magistratura amministrativa.

Occorre, altresì, ricordare, che il Consiglio di Stato non decide in composizione monocratica, bensì con l’intervento di cinque magistrati, di cui un presidente di sezione e quattro consiglieri (art. 6, comma 2, del c.p.a,), secondo le modalità di votazione disciplinate dagli articoli 76, comma 3, c.p.a. e 276, commi 2, 4 e 5, del c.p.c.

Giova poi puntualizzare, in una prospettiva più ampia, che, secondo le previsioni dello Statuto speciale di autonomia approvato con il d.P.R. n. 670 del 1972 (di rango costituzionale) e delle relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 426 del 1984 (di rango paracostituzionale): il collegio giudicante del TRGA - Sezione autonoma di Bolzano, al fine di garantire la parità fra i due maggiori gruppi linguistici e di evitare prevaricazioni dell’uno sull’altro, è composto da due componenti del gruppo italiano e da due componenti del gruppo tedesco; in tutti i giudizi che rientrano nelle competenze ordinarie del giudice amministrativo il voto del presidente del collegio è determinante nel senso che in caso di parità di voti prevale il voto del presidente; sempre a garanzia della parità dei gruppi, i presidenti della Sezione autonoma di Bolzano si alternano ogni due anni fra i gruppi; al TRGA Bolzano sono riservate alcune speciali materie, per questioni ritenute particolarmente sensibili in quanto suscettibili di influire sui rapporti di pacifica convivenza fra i gruppi linguistici presenti sul territorio (quali le questioni relative agli atti lesivi dei principio di parità fra i gruppi, la c.d. garanzia di bilancio, il riconoscimento della rappresentatività del sindacato etnico, l’iscrizione nelle scuole nonché l’uso della lingua nei rapporti con la pubblica amministrazione); in tali ipotesi il TRGA Bolzano decide senza il voto determinante del presidente con atto non soggetto ad alcun gravame, e, qualora non sia raggiunta la maggioranza dei voti dei componenti, la sezione ne dà atto nella decisione e il ricorso si intende respinto (cfr. Consiglio Stato, Sezione VI, 25 ottobre 2011, n. 5701).

In definitiva, le ragioni della particolare composizione del TRGA - Sezione autonoma di Bolzano si rinvengono, pertanto, nelle particolari attribuzioni allo stesso assegnate dalle citate fonti di rango costituzionale e paracostituzionale, a loro volta ancorate ad accordi internazionali, nel contesto di un modello autonomistico improntato alla tutela delle minoranze linguistiche insediate sul territorio provinciale e alla convivenza pacifica di tutti i gruppi linguistici presenti sul territorio (così la richiamata sentenza del Consiglio di Stato, n. 3556 del 2021).

2.4.? Neppure appare ravvisabile una violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

Il diritto a un processo equo previsto dall’articolo 6, paragrafo 1 CEDU richiede che la controversia sia decisa da un «tribunale indipendente e imparziale».

Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il termine ‘indipendente’ si riferisce all’indipendenza, sia nei confronti degli altri poteri dello Stato (l’esecutivo e il Parlamento: Beaumartin c. Francia, paragrafo 38), sia nei confronti delle parti (Sramek c. Austria, paragrafo 42).

Il rispetto di questo requisito è valutato sulla base di criteri quali le modalità di nomina dei membri del tribunale, la durata del loro mandato, l’esistenza di garanzie sufficienti contro il rischio di pressioni esterne e l’esistenza di un’apparenza d’indipendenza (cfr. sentenza 6 novembre 2018, Grande Camera della Corte EDU, caso Ramos Nunes de Carvalho e Sác. Portogallo, paragrafo 144: «In order to establish whether a tribunal can be considered to be “independent” within the meaning of Article 6 § 1, regard must be had, inter alia, to the manner of appointment of its members and their term of office, the existence of guarantees against outside pressures and the question whether the body presents an appearance of independence»).

La ratio di questi criteri va ravvisata nella fiducia che i tribunali in una società democratica devono ispirare a quanti sono sottoposti alla loro giurisdizione, ed in particolare alle parti del procedimento.

Ebbene, con riguardo alle modalità di nomina dei membri di un tribunale, è sorta più volte la questione se l’intervento dell’esecutivo nella nomina o nella rimozione dall’ufficio dei membri di un organo decisionale sia in linea con l’art. 6 CEDU.

Poiché nessuna disposizione della Convenzione obbliga gli Stati a conformarsi ad alcun concetto costituzionale teorico riguardante i limiti ammissibili dell’interazione tra i poteri, la nozione di indipendenza dei tribunali comporta la verifica, di volta in volta, dell’esistenza di garanzie procedurali che separino il potere giudiziario dagli altri poteri.

La Corte EDU ha ritenuto rilevante che i giudici, una volta nominati, non potessero ricevere dall’autorità governativa istruzioni (cfr. sentenza 9 novembre 2006, caso Sacilor Lormines c. Francia: «the very fact that legal officers are appointed by a member of the executive, or in some cases by Parliament, does not render them subordinate to the authorities if, once appointed, they receive no pressure or instructions in the performance of their judicial duties»).

Nella decisione Clarke c. Regno Unito, la Corte europea, al fine di ritenere l’incarico di un magistrato compatibili con i requisiti posti dall’art. 6 CEDU, ha valorizzato la circostanza che: il giudice fosse stato selezionato dopo una procedura competitiva; il giuramento prestato lo vincolasse ad un esercizio imparziale delle sue funzioni; fosse stato nominato per una posizione a tempo pieno, la cui durata arrivava al pensionamento, con retribuzione e pensioni corrispondenti alle previsioni di legge; poteva essere rimosso solo a causa di incapacità o cattiva condotta, ed in ogni caso ogni decisione in tale senso avrebbe dovuto essere motivata ed essere sottoponibile a ricorso giurisdizionale. Per tutte queste ragioni (a conclusioni analoghe si è pervenuti nella sentenza 23 aprile 1987, Ettl e altri contro Austria).

Allo stesso modo il semplice fatto che i giudici del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia siano nominati dall’autorità amministrativa regionale non può far dubitare della loro indipendenza o della loro imparzialità, purché, dopo essere stati nominati, essi non subiscano pressioni, non ricevano istruzioni ed esercitino la loro attività giudiziaria in completa indipendenza (sentenza Majorana c. Italia).

Sotto altro profilo, l’importanza del principio di inamovibilità dei giudici durante il loro mandato è stata sottolineata dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo nella sentenza del 1 dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráddsson c. Islanda (pur rilevando che tale principio non è assoluto, sebbene un’eccezione allo stesso sarebbe accettabile solo «if it is justified by a legitimate objective, it is proportionate in the light of that objective and in as much as it is not such as to raise reasonable doubt in the minds of individuals as to the imperviousness of the court concerned to external factors and its neutrality with respect to the interests before it»).

In definitiva, il fatto che i giudici siano nominati dall’esecutivo e siano rimovibili non equivale di per sé ad una violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. La nomina di giudici da parte dell’esecutivo è ammissibile a condizione che i nominati siano liberi da influenze o pressioni nello svolgimento del loro ruolo giudicante (Flux c. Moldavia, paragrafo 27).

3.? Neppure sussistono i presupposti per la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, attesa la evidente conformità della disciplina censurata anche ai parametri euro-unitari (come già ritenuto dalla sentenza della Sezione VI, n. 3556 del 2021).

La giurisprudenza della Corte di giustizia, formatasi in tema di compatibilità euro-unitaria delle procedure di nomina e di status dei giudici, sia ordinari che speciali, nei vari ordinamenti degli Stati membri, è costante nell’affermare i seguenti principi (coincidenti, peraltro, con quelli elaborati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale sopra richiamata):

- poiché l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi in particolare dell’articolo 47 della Carta, quest’ultima disposizione deve essere debitamente presa in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (sentenze del 14 giugno 2017, Online Games e a., C-685/15, punto 54; sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a., C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punto 168 e giurisprudenza ivi citata);

- sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi loro incombenti in forza del diritto dell’Unione, il che può valere, in particolare, con riguardo alle norme nazionali relative all’adozione delle decisioni di nomina dei giudici (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a., C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punti da 134 a 139 e 145);

- conformemente al principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto, l’indipendenza dei giudici deve segnatamente essere garantita nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo (sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a., C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punto 124 e giurisprudenza ivi citata);

- a tal riguardo è, in particolare, necessario che i giudici si trovino al riparo da interventi o da pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza, dovendo la relativa disciplina essere tale da consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni o direttive, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati nell’esercizio delle loro funzioni (sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia, C-619/18, punto 112, e del 19 novembre 2019, A.K. e a., C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punto125 e giurisprudenza ivi citata);

- quanto alle procedure di nomina, il solo fatto che i giudici interessati siano nominati da organi appartenenti a poteri diversi da quello giurisdizionale di uno Stato membro non è idoneo a creare una loro dipendenza da tali organi, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni o direttive nell’esercizio delle loro funzioni (sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a., C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punto 133 e giurisprudenza ivi citata);

- in tale contesto, le condizioni sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle decisioni di nomina non devono essere tali da non poter suscitare dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati nei confronti di elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati (sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a, C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punti 134 e 135, e giurisprudenza ivi citata).

Ebbene, la disciplina della nomina dei giudici del TRGA Bolzano (e dei consiglieri di Stato ai sensi dell’art. 93 del d.P.R. n. 670 del 1972) soddisfa appieno i parametri stabiliti dalla sopra richiamata giurisprudenza della CGUE, assumendo nell’ambito dei procedimenti di nomina, pluristrutturati, rilievo dirimente i requisiti selettivi prestabiliti dalla legge e i pareri espressi dagli organi indipendenti di natura tecnica, ed essendo i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni interamente sottratti a qualsiasi influenza, sia diretta che indiretta, dei poteri esecutivi, legislativi o di altra natura sia dello Stato che della Provincia. Dopo la loro nomina, gli atti riguardanti il loro stato giuridico sono riservati alla competenza esclusiva dell’organo di autogoverno costituito dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, e gli stessi, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, a norma dell’art. 101, comma 2, Cost., sono assoggettati alla sola legge.

4.? Sgombrato il campo dalle eccezioni pregiudiziali, possono ora scrutinarsi i motivi di gravame.

5.? Il motivo di appello incentrato sulla situazione di asserita incompatibilità, nella quale avrebbe operato la dottoressa Marisa Giurdanella, è destituito di fondamento.

5.1.? L’art. 6-bis della legge n. 241 del 1990 prevede che «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».

Tale regola è espressione del principio generale di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., il quale impone che «le scelte adottate dall’organo devono essere compiute nel rispetto della regola dell’equidistanza da tutti coloro che vengano a contatto con il potere pubblico» (cfr. Consiglio di Stato, comm. spec., n. 667 del 2019, sullo schema di Linee guida ANAC in materia di conflitti di interesse nell'affidamento dei contratti pubblici).

Una declinazione del principio è contenuta anche nell’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), il quale prevede che: «il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente».

Alla medesima esigenza si ispira la disciplina relativa alle incompatibilità nell’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché il d.lgs. n. 39 del 2013, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico).

Una specifica disciplina è prevista, in materia di procedure di affidamento dei contratti pubblici, dall’art. 42 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Per quanto non esista, all’interno del quadro normativo appena richiamato, una definizione univoca che preveda analiticamente tutte le ipotesi e gli elementi costitutivi di tale fattispecie, il conflitto di interessi può definirsi quella condizione giuridica che si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che ha contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse funzionalizzato. Operare in conflitto di interessi significa agire nonostante sussista una situazione del genere e, quindi, sorge l’obbligo del dipendente di informare l'Amministrazione e di astenersi.

La mancata astensione del funzionario comporta una illegittimità procedimentale che refluisce sulla validità dell’atto finale, a meno che non venga rigorosamente dimostrato (dall’Amministrazione procedente) che la situazione d’incompatibilità del funzionario non ha in alcun modo influenzato il contenuto del provvedimento facendolo divergere con il fine di interesse pubblico.

5.2.? Nel caso in esame, non è emerso che la dottoressa Giurdanella fosse portatrice di un interesse personale confliggente con quello all’imparziale finanziamento delle iniziative culturali sul territorio.

In primo luogo, dalla carica di membro del Comitato culturale dell’Associazione Teatro Cristallo, la dottoressa si è dimessa in data 13 giugno 2019, prima quindi della presentazione in data 27 settembre 2019 delle due domande di contributo straordinario oggetto del presente ricorso.

Il Comitato culturale di cui si parla, peraltro, è un organo meramente consultivo del Consiglio Direttivo dell’Associazione Teatro Cristallo che fornisce pareri in merito alla qualità della proposta artistica e dove i componenti non percepiscono nessuna indennità o emolumento di altro genere.

Sotto altro profilo, dalla documentazione prodotta in giudizio si ricava che la dottoressa Giurdanella non era il titolare dell’organo competente a decidere sull’ammissione dei contributi, spettando tale attribuzione al Direttore di Ripartizione provinciale Cultura italiana (la dottoressa Marisa Giurdanella rilasciava invece il visto, ai sensi dell’art. 13 della legge della Provincia di Bolzano n. 17 del 1993, sulla responsabilità tecnica, amministrativa e contabile).

Va pure rimarcato che, in ordine ad analoghe accuse sollevate in sede penale, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano, con provvedimento del 15 marzo 2021, ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero.

L’ulteriore affermazione, secondo cui la dottoressa Giurdanella avrebbe ricevuto negli anni abbonamenti gratuiti a tutta la programmazione del Teatro Cristallo, è rimasta poi sfornita di qualsivoglia riscontro.

6.? Anche il motivo di gravame che ripropone il terzo motivo di impugnazione in primo grado va rigettato.

6.1.? Va ricordato che il rigetto delle domande di contributo si è basato sui seguenti tre aspetti: a) assenza del requisito di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), dei criteri della delibera n. 2008/2016, il quale prevede che i beneficiari, per poter accedere ai contributi della cultura, devono aver svolto un’attività continuativa da almeno due anni sul territorio provinciale; b) mancata registrazione dello statuto e dell’atto costitutivo al momento della presentazione della domanda, come invece previsto dall’art. 2, comma 4, della delibera n. 1008/2016; c) i nominativi degli organi sociali e lo statuto non risultano ufficialmente approvati dai soci fondatori, non essendo pervenuta all’Ufficio Cultura la relativa documentazione comprovante.

6.2.? In primo luogo, l’Amministrazione ha legittimamente ritenuto non documentato lo svolgimento di attività culturale per oltre due anni, come richiesto dall’art. 2, comma 1, lettera a), della deliberazione della Giunta provinciale n. 1008 del 2016.

L’associazione si è limitata infatti ad elencare alcuni spettacoli che avrebbe organizzato a titolo gratuito, senza fornire alcuna prova dell’attività svolta, delle date degli spettacoli, dei luoghi di loro svolgimento, degli attori coinvolti (non è stata depositata alcuna rassegna stampa, volantini o altro documento utile).

6.3.? Appare priva di rilievo la censura secondo cui il giudice di prime cure avrebbe errato nell’affermare che i contributi straordinari riguardano solo i criteri che disciplinano la cultura italiana.

I contributi in questione sono previsti dall’art. 8 della delibera n. 1008 del 2016, secondo cui: «1. I contributi straordinari si riferiscono a progetti specifici che per loro natura non rientrano nella programmazione ordinaria o non erano prevedibili prima del termine stabilito per la presentazione della domanda di contributo ordinario. 2. La concessione dei contributi straordinari dipende, oltre che dalla valutazione del progetto secondo i criteri qualitativi, anche dalle disponibilità residue sui capitoli di spesa pubblica dell’unità organizzativa responsabile del procedimento».

Le delibere relative al gruppo linguistico tedesco e ladino non contengono un’analoga previsione.

Su queste basi, il giudice di primo grado ha quindi correttamente evidenziato che i criteri ed i vantaggi economici per attività e investimenti culturali e artistici per il solo gruppo linguistico italiano, non hanno alcuna efficacia nei confronti delle associazioni del gruppo linguistico tedesco e ladino, i cui vantaggi economici sono disciplinati da distinte e apposite deliberazioni, le quali non prevedono la concessione di contributi straordinari.

Peraltro, anche se i contributi in esame fossero stati previsti per le associazioni tedesche e ladine, non si comprende in che termini tale circostanza si sarebbe potuta ripercuotere sull’esito delle domande dell’appellante.

6.4.? L’Associazione insiste nel sostenere che il requisito di svolgere «un’attività continuativa da almeno due anni sul territorio provinciale» sarebbe discriminatoria rispetto alle associazioni appartenenti al gruppo linguistico italiano, atteso che la delibera della Giunta Provinciale n. 1127 del 18 ottobre 2016, relativa ai criteri per il sostegno delle attività culturali svolte dalle associazioni di lingua ladina, prevede invece solo lo svolgimento di attività continuativa, senza alcun riferimento ai due anni. Sussisterebbe un contrasto con l’art. 9 della legge della Provincia Autonoma n. 9 del 2015, con la CEDU (art. 14) e con la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (articoli 20, 21 e 41), che vietano all’Amministrazione di approvare atti che comportino discriminazioni sulla base della appartenenza linguistica ovvero della razza.

In senso contrario, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1993 del 2021, ha già escluso l’asserita disparità di trattamento, sulla base dei seguenti argomenti, pienamente condivisi dal Collegio:

- va, in particolare, rimarcato come, alla luce del quadro costituzionale e di normazione primaria, quale correttamente ricostruito nella impugnata sentenza, deve ritenersi che nell’ordinamento autonomistico provinciale il settore della cultura e della formazione sia informato ai principi di autodeterminazione e autonomia amministrativa di ciascuno dei tre gruppi linguistici, nel rispetto delle rispettive tradizioni culturali e, quindi, del pluralismo culturale e linguistico, al fine di preservare le relative caratteristiche identitarie e di prevenire il pericolo della prevaricazione di uno dei gruppi sugli altri;

- ed infatti, i settori della cultura e della formazione sono connotati da un’organizzazione amministrativa rispettosa dell’autonomia dei vari gruppi linguistici, attraverso la previsione di strutture amministrative distinte in ragione dei gruppi medesimi: così, sono previste le tre ripartizioni provinciali – italiana, tedesca e ladina – per la cultura e, nell’ambito della giunta provinciale, le competenze in materia di cultura e formazione sono attribuite a tre assessori rappresentativi dei rispettivi gruppi linguistici; inoltre, nello specifico settore dei sussidi per le attività culturali, l’art. 3 della legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 9 del 2015 prevede l’istituzione di tre consulte culturali quali organi consultivi, presiedute dai rispettivi componenti della giunta provinciale, di cui ciascuna competente per il rispettivo gruppo linguistico e, al contempo, in loro coordinazione per l’individuazione di indirizzi comuni di politica culturale;

- la disciplina autonoma e differenziata, unitamente alla gestione autodeterminata, dei mezzi di sostegno alle attività culturali, artistiche e di formazione di ciascun gruppo linguistico, nel rispetto delle rispettive caratteristiche e peculiarità, si pone pertanto in piena sintonia con l’ordinamento autonomistico provinciale (che trova la propria fonte nelle norme di rango costituzionale puntualmente citate nelle appellate sentenze), sicché va ritenuta senz’altro legittima l’adozione di distinti atti regolamentari a disciplina – peraltro autodeterminata, attraverso il contributo determinante degli organi sopra menzionati – dei criteri di attuazione per la concessione dei vantaggi economici di cui alla legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 9 del 2015;

- ne consegue, altresì, che – in disparte l’insussistenza di profili discriminatori riconducibili alla diversità delle discipline previste nelle varie delibere regolamentari – non può venire in rilievo, ai fini di un giudizio di disparità di trattamento, il mero fatto della diversità della disciplina regolamentare attuativa dell’art. 9 della legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 9 del 2015, differenziata per gruppi linguistici, proprio in quanto espressione dei principi di autodeterminazione ed autonomia amministrativa connotanti il settore delle attività culturali nell’ordinamento autonomistico provinciale e giustificativi delle discipline differenziate.

Come sottolineato dall’Amministrazione provinciale, la richiesta della dimostrazione del requisito dell’operatività da almeno due anni sul territorio provinciale ? di cui sono onerate le sole organizzazioni appartenenti al gruppo linguistico tedesco e a quello italiano ? trova ragionevole fondamento nella differenza esistente tra il fabbisogno culturale delle ristrette comunità montane di lingua ladina (piccole realtà operanti in contesti sociali molto ristretti geograficamente riferibili ai paesi di montagna), rispetto a quello ascrivibile alle ampie comunità cittadine di lingua italiana e tedesca (attive in ampi contesti urbani come quello della città di Bolzano e degli altri centri cittadini della provincia). La predetta differenza è idonea a giustificare la diversa disciplina del requisito per accedere ai contributi, legato alla dimostrazione, attraverso la continuità di attività per almeno due anni, di un serio legame culturale con il territorio che legittimi il sostegno pubblico all’attività svolta.

Su queste basi, dal momento che tutte le organizzazioni italiane che intendono accedere ai contributi devono soddisfare il requisito dell’operatività da almeno due anni in provincia di Bolzano, non sussiste alcuna discriminazione perpetrata ai danni dell’Associazione.

6.5.? L’ulteriore argomento ? secondo cui il provvedimento e la fonte regolamentare presupposta risulterebbero irragionevoli anche considerando che ai fini dell’ammissione ai finanziamenti l’Amministrazione dovrebbe valutare, ex ante, l’attendibilità e sostenibilità del programma culturale da sovvenzionare e, poi, la verifica della effettiva destinazione delle somme pubbliche ricevute per la realizzazione del programma teatrale per cui le stesse sono state erogate ? non coglie nel segno.

È dirimente osservare che il requisito della continuità operativa non è richiesto in funzione del controllo della corretta destinazione delle somme impiegate, bensì è volto a soddisfare l’esigenza che le risorse pubbliche vengano destinate alle organizzazioni più in grado, in quanto radicate sul territorio provinciale, di garantire la realizzazione degli obiettivi di promozione culturale perseguiti dal legislatore provinciale.

Per questo motivo, il possesso dei requisiti di ammissibilità deve necessariamente precedere l’erogazione del contributo e va distinto dalla successiva verifica contabile.

Va peraltro pure rimarcato che l’Amministrazione provinciale ha dedotto di erogare anticipi sui contributi assegnati di norma fino all’80% del loro ammontare.

6.6.? È noto che, nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze.

Ad ogni modo, con riguardo alle altre motivazioni del diniego, l’Amministrazione ha correttamente rilevato la mancanza (al momento della presentazione della domanda) della registrazione dello statuto e dell’atto costitutivo (previsto dall’art. 2, comma 4, della delibera n. 1008 del 2016). La registrazione offre la certezza giuridica della data di costituzione di un’associazione (la quale deve essere anteriore rispetto alla data di presentazione della domanda).

Per quanto concerne poi la terza motivazione del diniego (secondo cui: «i nominativi degli organi sociali e lo statuto non risultano ufficialmente approvati dai soci fondatori, non essendo pervenuta all’ufficio cultura la relativa documentazione comprovante»), la dimostrazione che i soci avevano eletto democraticamente i propri organi sociali (tramite l’esibizione del verbale di assemblea) si ricollegava anch’essa alla necessità di fornire una prova della data di costituzione dell’ente.

7.? L’Associazione lamenta che la Provincia Autonoma di Bolzano nell’atto impugnato non avrebbe svolto una valutazione del contenuto culturale delle iniziative per cui la Associazione ha richiesto il contributo provinciale, come se la richiesta di finanziamenti riguardasse una attività d’impresa con scopo di lucro invece che una attività culturale.

Anche tale censura non può essere accolta.

7.1.? Come si è detto, l’Associazione non ha dimostrato di possedere i requisiti richiesti dall’art. 2, comma 1, lettera a) (svolgimento di un’attività continuativa da almeno due anni sul territorio provinciale), e comma 4 (atto costitutivo e statuto redatti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata), della delibera n. 1008/2016 per la concessione dei vantaggi economici.

Il mancato soddisfacimento dei predetti requisiti precludeva l’accesso ai finanziamenti pubblici. Non era quindi affatto necessario verificare anche la bontà della proposta culturale, la quale non avrebbe comunque potuto accedere al finanziamento.

Neppure rappresenta un indice di sviamento la circostanza dei contributi percepiti dall’Associazione dal Comune di Bolzano, trattandosi di altra Amministrazione e di istituti soggetti a diversa regolazione.

8.? Alla luce di quanto sopra riferito, va respinta anche la censura procedimentale, relativa alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto.

Essendo stato appurato che l’Associazione non possedeva i requisiti necessari per la concessione dei contributi richiesti, il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (art. 21-octies, della legge n. 241 del 1990).

Inoltre, ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge della Provincia di Bolzano n. 17 del 1993, in caso di provvedimento adottato in forma semplificata non è richiesta la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda.

9.? L’impugnazione del capo di sentenza che ha confermato il rigetto della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (con decreto n. 3 del 18 marzo 2020 dell’apposita Commissione presso il TRGA), è inammissibile.

9.1.? La materia del patrocinio a spese dello stato dinanzi al giudice amministrativo è contenuta agli artt. 74-89 del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002.

Il gratuito patrocinio possono essere ammessi i cittadini non abbienti quando le loro ragioni non siano manifestamente infondate (art. 74, comma 2). È ammesso al beneficio (art. 76) soltanto chi sia titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.746,68 (importo aggiornato al decreto del Ministero della Giustizia del 23 luglio 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2021). Possono richiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche gli enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica.

L’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, che in precedenza andava presentata presso la segreteria del consiglio dell’ordine degli avvocati competente ai sensi dell’art. 124, comma 2, D.P.R. 115/2002, va oggi presentata (ai sensi dell’art. 14, allegato 2, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) dinanzi alla Commissione appositamente costituita presso i T.A.R., il Consiglio di Stato o il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

9.2.? Ai sensi dell’art. 126, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002, se l’istanza viene respinta o dichiarata inammissibile, la medesima «può essere proposta al magistrato competente per il giudizio, che decide con decreto».

Posto che il regime dell’atto con cui il giudice si pronuncia sul ‘reclamo’ è il «decreto» ? e tale valore giuridico resta immutato anche quando la relativa decisione venga inserita, per motivi di economicità, tra i capi della sentenza conclusiva del giudizio ?, ne consegue che non è ammesso appello (va richiamata sul punto la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 860, secondo cui va esclusa la natura ‘amministrativa’ delle pronunce delle Commissioni e quindi la loro impugnabilità in sede di giurisdizione generale di legittimità; altrimenti «tale rimedio dovrebbe avere ingresso per tutte le decisioni rese dalle Commissioni, quale che sia la giurisdizione presso la quale sono istituite»).

9.3.? Va invece respinto in questa sede, per motivi di economicità, il reclamo spiegato (in data 4 agosto 2021) dall’Associazione avverso il decreto del 14 luglio 2021 n. 101, con cui la Commissione per il gratuito patrocinio a spese dello stato presso il Consiglio di Stato, la respinto l’istanza di ammissione al beneficio in relazione al presente giudizio di appello.

Le motivazioni della presente sentenza confermano infatti la correttezza della motivazione assunta dalla Commissione, secondo cui «le prospettazioni difensive dell’istante appaiono manifestamente infondate».

In senso contrario, non vale richiamare l’annullamento, ad opera della sentenza del Consiglio di Stato n. 1993 del 9 marzo 2021, della deliberazione della Giunta Provinciale 20 settembre 2016 n. 1008, in quanto lo stesso è stato disposto soltanto «nella parte in cui prevede quale requisito di ammissione ai contributi in questione la dimostrazione della solidità finanziaria delle organizzazioni richiedenti», e dunque non assume rilievo nel presente giudizio in cui il diniego di finanziamento si è basato sulla insussistenza di requisiti diversi.

10.? L’appello va dunque integralmente respinto.

10.1.? La liquidazione delle spese di lite del secondo grado lite segue la regola generale della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio in favore dell’Amministrazione appellata, che si liquida in € 3.000,00, oltre accessori di legge se dovuti.

Respinge il reclamo proposto dall’Associazione avverso la decisione di rigetto n. 101 del 14 luglio 2021 della Commissione per il patrocinio a spese dello Stato presso il Consiglio di Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere, Estensore

Stefano Toschei, Consigliere

Ulrike Lobis, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Dario Simeoli Sergio De Felice
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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