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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Liguria, 21/12/2022 n. 60
Il divieto previsto dall'art. 5, c.9, del d.l. n. 95/2012 non si applica ai soggetti da nominare negli organi di garanzia previsti dalle l. reg., in part., al Dif. civico, al Garante reg. dei diritti dell'infanzia, etc.

Materia: pubblica amministrazione / lavoro

Deliberazione n. 60/2022/PAR

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Regionale di Controllo per la Liguria

composta dai seguenti magistrati:

Maria Teresa POLVERINO Presidente

Elisabetta CONTE Referendario

Sergio Antonio PRESTIANNI Referendario

Francesca COSENTINO Referendario (relatore)

Nell’adunanza in camera di consiglio del 20 dicembre 2022 ha assunto la seguente

 

DELIBERAZIONE

Visto l’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la nota con cui è stata trasmessa la richiesta di parere formulata dal Presidente del Consiglio regionale della Liguria, prot. 2022-1357358 del 1/12/2022;

Vista l’ordinanza n. 58/2022 con cui è stata deferita la questione all’esame collegiale della Sezione con convocazione della Sezione medesima per l’odierna camera di consiglio;

Udito, nella suddetta camera di consiglio, il Magistrato relatore, dott.ssa Francesca Cosentino

 

PREMESSO IN FATTO

Con la nota in epigrafe, il Presidente del Consiglio regionale della Liguria ha posto un quesito riguardante l’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, modificato dall’art. 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 e dall’ art. 17, comma 3, della legge 7 agosto 2015 n. 124, che testualmente dispone “E’ fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonche' alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonche' alle autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le societa' e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti gia' lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni e', altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e societa' da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e lecollaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuita', la durata non puo' essere superiore a un anno, non prorogabile ne' rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell'ambito della propria autonomia. Per il personale in quiescenza delle fondazioni liriche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, il divieto di conferimento di incarichi si applica al raggiungimento del limite ordinamentale di eta' piu' elevato previsto per i dipendenti pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

Il Presidente del Consiglio regionale della Liguria chiede di sapere se il divieto previsto dalla disposizione citata trovi o meno applicazione anche in relazione ai soggetti da nominare negli organi di garanzia previsti dalle leggi regionali, in particolare, al Difensore civico regionale di cui alla legge regionale 5 agosto 1986, n. 17, al Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza di cui alla legge regionale 24 maggio 2006, n. 12, al Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale di cui alla legge regionale 1 giugno 2020, n. 10 e al Garante regionale per la tutela delle vittime di reato di cui alla legge regionale 1 giugno 2020 n. 11.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ammissibilità soggettiva del quesito

La richiesta di parere deve essere dichiarata soggettivamente ammissibile, in quanto formulata dal Presidente del Consiglio regionale. Al riguardo, si evidenzia che la giurisprudenza contabile (cfr. SRC Liguria, deliberazione 65/2021/PAR, SRC Abruzzo, deliberazione n. 152/2020/PAR, SRC Campania, deliberazione n. 130/2018/PAR; SRC Lombardia, deliberazione n. 396/2016/PAR) ha riconosciuto la legittimazione soggettiva del Presidente del Consiglio regionale sia in considerazione dell’autonomia amministrativa, contabile e finanziaria riconosciuta al Consiglio regionale dai singoli ordinamenti (per la Liguria cfr. art. 16 comma 2 dello Statuto regionale) sia in considerazione della “particolare “soggettività giuridica”, di spettro più limitato rispetto alla piena “personalità giuridica”, perché strumentale alle finalità autonomistiche proprie del Consiglio stesso” di cui gode tale organo (SRC Molise, deliberazione n. 10/2021/PAR).

2. Ammissibilità oggettiva del quesito

Preliminarmente, occorre valutare se la questione interpretativa sottoposta all’esame di questa Sezione possa essere ricondotta nell’alveo della nozione di “contabilità pubblica”, strumentale all’esercizio della funzione consultiva della Corte dei conti, alla luce della perimetrazione delineata nelle pronunce di orientamento generale delle Sezioni riunite di controllo (cfr. SRC 54/CONTR/10) e della Sezione delle Autonomie (cfr. deliberazioni 5/AUT/2006, n. 9/AUT/2009, n. 3/2014/QMIG e 9/2022/QMIG).

Trattasi di una nozione di “contabilità pubblica” non solamente coincidente “con il sistema di norme e principi che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti locali e che attiene alla disciplina dei bilanci, all’acquisizione delle entrate, all’organizzazione finanziaria e contabile, alla gestione della spesa, all’indebitamento e alla rendicontazione: in via più generale, a tutti quei profili idonei ad avere impatto sulla sana gestione finanziaria degli enti e sui pertinenti equilibri di bilancio”, ma che ricomprende altresì “questioni non direttamente riferibili alla contabilità pubblica in senso stretto, ma che investono l’interpretazione di limiti e divieti strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa”.

Come specificato nella pronuncia della Sezione delle Autonomie 9/SEZAUT/2022/QMIG, esulano dalla nozione di contabilità pubblica, come sopra delineata, le norme che hanno meri riflessi finanziari ma che non pongono limiti e divieti funzionali al raggiungimento di specifici obiettivi di contenimento della spesa; ciò al fine di evitare che le Sezioni regionali si trasformino in organi di consulenza generale degli enti territoriali, in contrasto con il dato normativo e con le funzioni intestate alla magistratura contabile.

Ai fini del giudizio sulla ammissibilità oggettiva del quesito, si tratta, pertanto, di verificare se l’art. 5, comma 9, del decreto legge 95/2012 possa essere ricompreso tra le norme che pongono limiti e divieti funzionali al raggiungimento di specifici obiettivi di contenimento della spesa.

Sul punto, alcune Sezioni regionali di controllo (cfr. Sez. Sardegna 90/2020/PAR, Sez. Liguria 27/2016/PAR, sez. Lombardia 405/2019/PAR e 178/2020/PAR, Sez. Lazio 88/2021/PAR) hanno ritenuto che l’art. 5, comma 9, del decreto legge 95/2012 sia, certamente, disposizione normativa sostanzialmente volta a disciplinare la riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni (come del resto, titola la stessa rubrica dell’articolo in questione).

Di contro, la Sezione regionale di controllo per la Campania, aderendo all’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia della UE con decisione c-670/18 del 2 aprile 2020 (secondo cui la normativa dettata dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge 95/2012 ricade nella sfera di applicazione della direttiva 78/2000 poiché “incide direttamente sulla formazione del rapporto di lavoro”), ha ritenuto che la norma citata abbia ad oggetto, piuttosto, le condizioni di accesso all’occupazione, con conseguente inammissibilità oggettiva della richiesta di parere (cfr. deliberazione Sez. Campania 226/2021/PAR).

A dirimere il contrasto interpretativo tra le Sezioni regionali è intervenuta la pronuncia della Sezione delle Autonomie 14/SEZAUT/2022/QMIG del 21 luglio 2022, la quale, muovendo dalla duplice finalità perseguita dal legislatore con la norma citata (favorire l’occupazione e contenere la spesa pubblica), ha ritenuto trattarsi di disposizione normativa rientrante nella nozione di contabilità pubblica che legittima l’ esercizio della funzione consultiva della Corte dei conti.

Questa Sezione, nel conformarsi alla pronuncia di orientamento della Sezione delle Autonomie 14/2022/QMIG citata, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, ritiene che il quesito proposto sia, sotto questo profilo, oggettivamente ammissibile.

Sotto ulteriore aspetto, la richiesta di parere non può fare riferimento a comportamenti amministrativi o a fatti gestionali specifici e concreti, ma ad ambiti di portata generale dovendo il quesito essere connotato da “generalità ed astrattezza” (cfr. Sezione delle Autonomie 5/AUT/2006), ad evitare che la funzione consultiva della Corte dei conti si risolva in una surrettizia modalità di co-amministrazione con l’Ente, cui spettano, invece, le valutazioni di ordine prettamente discrezionale.

Anche da questa prospettiva la richiesta di parere, se esaminata nei suoi profili astratti, può essere ritenuta oggettivamente ammissibile, in quanto attinente all’ interpretazione dell’ambito soggettivo di applicazione della norma in questione.

Nel merito.

Il quesito verte sull’ambito di operatività soggettiva dell’art. 5, comma 9, del decreto- legge 95/2012 che pone un divieto di attribuzione, a lavoratori collocati in quiescenza, pubblici o privati, di determinati incarichi, ove retribuiti. Il divieto riguarda, in particolare, gli “incarichi di studio e di consulenza”, gli “incarichi dirigenziali o direttivi” o le “cariche in organi di governo” conferibili dalle pubbliche amministrazioni indicate nel primo periodo della disposizione citata e dagli enti e società da esse controllati.

L’affidamento dei citati incarichi è, invece, consentito ove ne sia prevista la gratuità.

Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, è prevista un’ulteriore limitazione data dalla durata massima non superiore ad 1 anno, non prorogabile né rinnovabile.

I soggetti interessati dal divieto normativo sono “i lavoratori pubblici o privati”, locuzione che ricomprende, secondo un orientamento ormai consolidato della Corte dei conti, anche i lavoratori autonomi (cfr., tra le altre, Sez. reg.le di controllo per il Piemonte 66/2018/PAR e parere Funzione Pubblica n. 47871 del 20/07/2020).

La norma, che nell’originaria formulazione aveva un fine, principalmente, anticorruttivo (poiché vietava il conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza per lo svolgimento delle medesime attività poste in essere nel periodo precedente il pensionamento), con le modifiche successive assume la duplice ratio di favorire il ricambio generazionale e di contenere la spesa pubblica, come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza 124/2017, che collega la norma “..al carattere limitato delle risorse pubbliche che giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva- e modellata su un parametro prevedibile e certo- delle risorse che l’amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni”.

Sulla portata di tale disposizione normativa sono intervenute due circolari della Funzione Pubblica (circolare 6/2014 integrata dalla circolare 4/2015) le quali hanno sottolineato che “la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica (...). Gli incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati(...)”.

Anche la Corte dei conti, Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ha puntualizzato che “il divieto (...), in quanto norma limitatrice, è da valutare sulla base del criterio della stretta interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi, che non consente operazioni ermeneutiche di indirizzo estensivo, fondate sull’analogia” (cfr. delibera SCCLEG 23/2014/PREV).

L’interpretazione restrittiva della disposizione normativa è anche dettata dall’esigenza di evitare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purché imposte in relazione ad un apprezzabile interesse pubblico (si vedano, in particolare, le sentenze della Corte cost.le n. 566 del 1989 , n. 406 del 1995 e n. 33 del 2013).

In materia è intervenuta anche una pronuncia della Corte di giustizia europea che ha ritenuto che la limitazione dei diritti dei soggetti in quiescenza, prevista dalla citata disposizione, se non supportata da idonea causa di giustificazione, sia contraria al principio di non discriminazione nell’accesso al lavoro sulla base dell’età anagrafica di cui alla direttiva 2000/78/Ce (cfr. Corte di giustizia causa C-670/18 del 2 aprile 2020). La Corte ha precisato che tale discriminazione, se può trovare giustificazione nel perseguimento di un obiettivo di politica dell’occupazione giovanile, non può mai giustificarsi sulla base di considerazioni legate al bilancio dello Stato, perché l’obiettivo della riduzione della spesa pubblica può influire sulla natura e sulla portata di misure di tutela dell’occupazione ma non può costituire, di per sé, una finalità legittima che consenta discriminazioni altrimenti vietate.

Nella stessa direzione la giurisprudenza amministrativa (ad eccezione di un’isolata pronuncia del Consiglio di Stato n. 4718 del 2016), che ha ribadito che, trattandosi di una norma che limita un diritto costituzionalmente garantito, quale quello di esplicare attività lavorative sotto qualunque forma giuridica –non possono essere ammesse interpretazioni estensive o analogiche (cfr. parere del Consiglio di Stato 309 del 15 gennaio 2020). La giurisprudenza, così, ha escluso che il divieto normativo trovi applicazione in relazione alla “attribuzione dei turni vacanti per attività specialistica ambulatoriale e domiciliare” (Cons. St., sez. III, 30 giugno 2016 n. 2949) o ad “un incarico biennale libero professionale di "medico competente" (C.G.A.R.S., sentenza 27 maggio 2019 n. 489) o all’incarico di medico del servizio sanitario a tempo determinato (TAR Sicilia – Palermo, sentenza 18 giugno 2018 n. 1374).

Sulla portata del citato divieto normativo, sono intervenute, poi, numerose pronunce delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti le quali, hanno, ad esempio, ritenuto legittimo il conferimento di un incarico a personale in quiescenza per lo svolgimento di funzioni di staff al Sindaco, ai sensi dell’art. 90 TUEL, purché il medesimo non abbia ad oggetto l’espletamento di funzioni dirigenziali, direttive, di studio o di consulenza (cfr. Sez. reg.le di controllo per la Liguria 27/2016; Sez. reg.le di controllo per la Basilicata 38/2018/PAR, Sez. reg.le di controllo per la Lombardia 126/2022/PAR).

Dalle dette pronunce delle Sezioni di controllo si evince, quindi, l’ulteriore principio secondo cui, al fine di stabilire se un certo incarico ricada o meno nel divieto normativo di cui all’art. 5, comma 9, del decreto -legge 95/2012, occorre prescindere dal nomen juris utilizzato e guardare alla concreta funzione assegnata al soggetto incaricato (cfr., tra le altre, Sez. reg.le di controllo per la Sardegna 139/2022/PAR).

In relazione al quesito proposto, si tratta quindi di verificare se gli incarichi riferibili alle figure di garanzia ivi elencate, astrattamente non ricompresi nel divieto normativo succitato in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati. Soccorrono, sul punto, le norme regionali che disciplinano le figure di garanzia oggetto della richiesta di parere: per il Difensore civico regionale, la legge regionale 5 agosto 1986, n. 17, per il Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la legge regionale 24 maggio 2006, n. 12, per il Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, la legge regionale 1 giugno 2020, n. 10 e per il Garante regionale per la tutela delle vittime di reato, la legge regionale 1 giugno 2020 n. 11.

Dall’esame delle suddette norme regionali risulta che trattasi di figure assimilabili a quelle delle “Autorità indipendenti”, categoria volta a ricomprendere enti/organi pubblici caratterizzati da un elevato grado di autonomia (organizzatoria, finanziaria e contabile) e dalla mancanza di controlli e soggezione al potere direttivo del governo.

Detti soggetti sono, altresì, forniti di garanzie di autonomia nella nomina, nei requisiti soggettivi e nella durata delle cariche.

Trattasi, in via generale (tenuto conto che sono figure differenti non riducibili ad un'unica tipologia), di soggetti pubblici investiti di funzioni tutorie di interessi costituzionali in campi socialmente rilevanti che, per la loro posizione di equidistanza e neutralità rispetto agli interessi su cui la loro attività incide e per la competenza professionale richiesta per l’esercizio delle loro funzioni, sono sottratti, dal punto di vista ordinamentale e funzionale, al controllo e all’indirizzo del potere politico.

Tali caratteristiche non escludono che dette autorità, nel loro operato, siano competenti a svolgere anche funzioni prettamente amministrative; tuttavia, anche nell’esercizio di dette funzioni operano in posizione neutrale e terza rispetto agli interessi in gioco agendo secondo canoni di condotta diversi da quelli che caratterizzano, normalmente, l’agire amministrativo. Al riguardo, la Corte costituzionale, nella sentenza 482/1995, ha chiarito che “le attribuzioni dell’Autorità non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione attiva di controllo; esse esprimono una funzione di garanzia, in ragione della quale è configurata l’indipendenza dell’organo”.

Per le motivazioni suesposte, deve quindi concludersi che gli incarichi riferibili alle figure di garanzia oggetto del quesito proposto, non possono essere assimilati agli incarichi vietati dalla norma citata (“ incarichi di studio e consulenza”, “incarichi dirigenziali o direttivi”, “cariche in organi di governo”), e, non essendo consentite interpretazioni estensive o analogiche della detta disposizione, non possono essere ricompresi nel divieto normativo ivi previsto.

 

P.Q.M.

la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria sulla richiesta di parere avanzata dalla Regione Liguria

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura del funzionario preposto all’attività di supporto della Sezione, al Presidente del consiglio regionale.

Genova, così deciso nella camera di consiglio del 20 dicembre 2022,

Il Magistrato relatore Il Presidente

 

Depositato in segreteria il 21 dicembre 2022

 

Il Funzionario preposto

(Antonella Sfettina)

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